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Full text of "Condizioni Politiche Ed Economiche Della Citta Di Trieste"

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MEMORIA 



k . 


SULLE 


CONDIZIONI POLITICHE 

ED 


DELLA CITTÀ DI TRIESTE 

PRESENTATA 

A S. E. IL BARONE BETTINO RICASOLI 

presidente del consiglio pei ministri 
DEL REGNO D' ITALIA. 


FIRENZE, 

TIPOGRAFIA Di G. BARBÈRA. \% £> * 

È* £ 

s^raiv^' 


/ 


VI 


1866. 














Tn questo supremo momento, in cui l’Italia è scesa 
in campo contro l’Austria per rivendicare intero il 
proprio diritto, è mestieri si faccia luce completa sulle 
condizioni politiche, che i trattati, di cui stanno per 
lacerarsi gli ultimi lembi, hanno fatto alla città di 
Trieste, la quale attende, non meno che le altre pro- 
vincie oltre Isonzo, la sua liberazione dal dominio 
straniero. Importa altresì, che si conoscano le vere 
condizioni economiche e commerciali di lei, le quali 
soltanto coll’ annessione al Regno italiano possono 
essere sollevate dallo stato di deiezione in cui sono 
cadute. Fa d’uopo innanzi tratto, che chi ha l’onore 
di sedere nei consigli della Corona d’Italia sappia, 
senza reticenze e senza esagerazioni, mediante quali 
procedimenti 1’ Austria abbia creduto di poter prò- 1 
nunziare in onta ai trattati del 15 1’ aggregazione 


4840 1 







— 4 — 


arhitraria, di questa città alla Confederazione Ger¬ 
manica, a quel corpo politico ora in via di completa 
dissoluzione, elle pur potrebbe negli ultimi suoi 
aneliti accampare dei diritti di cui l’insussistenza è 
addimostrata in modo ineccepibile da ciò che andre¬ 
mo ad esporre. 

Trieste, Municipio romano fino alla caduta del- 
l’Impero, poscia libero Comune italico, cinque secoli 
prima che noi fossero ancora gli italo longobardi, 
come lo afferma il Balbo di venerata memoria nel 
suo libro « Speranze d’Italia, » al Capitolo Settimo, 
minacciata ripetutamente nella sua esistenza econo¬ 
mica e politica da vicini più potenti di lei, fu co¬ 
stretta a stipulare trattato di protezione con Leopoldo 
il Lodevole, Duca d’ Austria, in sul finire del quat¬ 
tordicesimo secolo. Nè da questo fatto si può dedurre 
se non che, a modo di tutti i piccoli Comuni di quei 
tempi, Trieste pur mantenendo incolume il governo 
di sè, si ponesse sotto il protettorato di un regnante 
che lontano da lei ed in virtù dei patti stipulati, non 
potesse soggiogarla, ma dovesse bene difenderla dalle 
prepotenze dei più forti. E valga il vero. 

Il trattato di Gratz nel 30 settembre 1382, che 
costituisce il patto politico e giuridico statuito fra 
le due parti contraenti, non contempla a favore del 
protettore nessun potere nè legislativo, nè esecutivo, 
nè giudiziario, ma si limita soltanto ad una facoltà 
ispettoria non bene definita, ed all’ esercizio inaltera¬ 
bile di poche facoltà finanziarie come corrispettive 
dell’obbligo che la Casa Absburghese, patrona, assu- 




meva verso Trieste, senza diritto però dì porvi presìdio 
militare. Trieste pattuiva formalmente la conser¬ 
vazione della sua libera costituzione del 1365, e 
della forma di reggimento insita ad essa. Il trattato 
del 1382 per conseguenza non alterò punto il gover¬ 
no interno municipale e libero di detta città, e contro 
ogni eccezione e dubbio essa durò stato da sè, e 
rimase corpo politico ìndipendente. Ed a corroborare 
il fatto valga il sapere che Trieste conservò della 
sua sovranità la parte più preziosa, che sta nell’ eser¬ 
cizio dei diritti internazionali. Infatti anche dopo 
il 1382 inviava dessa frequentissime ambasciate pro¬ 
prie ad altri stati. Si hanno memorie accertanti T in¬ 
vio di Ambasciatori a Venezia, al re d’ Ungheria, al 
Pontefice, e si nota specialmente la missione al re dj- 
Spagna Carlo V nel 1519 per parte di Pier Giuliani 
triestino. Oltre a ciò che si compieva sempre indi¬ 
pendentemente dai ducili protettori, la libera città 
di Trieste acquistava territori, faceva guerra e pace 
per sè ed in suo nome. Ne fa fede il trattato sti¬ 
pulato con Venezia al 12 novembre 1463 e T amplia- 
zione del suo territorio con acquisizione di Castel- 
nuovo dai conti di Gorizia,, senza che vi partecipassero 
n'e punto nè poco i Duchi cV Austria. Quanto gelosa 
fosse la città di Trieste della propria autonomia ed 
indipendenza emerge dai seguenti vincoli apposti ai 
Duchi d’ Absburgo, nel predetto trattato del 1382. 
Ne citeremo le testuali parole: 

« Noi Leopoldo Duca d’Austria anche per gli eredi 
» e successori nostri dichiariamo che non venderemo, nè 


— 6 - 


» oliili (/Il ere ino, il è da remo sia in enfiteusi od in feudo, 
» nè conferiremo in qualsiasi maniera ad alcuna per- 
» sona od università la /vedetta città di Trieste, suoi 
» diritti e pertinenze, nè la predetta città, castelli, o 
» distretti, giammai alieneremo dalla podestà nostra. » 

I principi Absburgliesi non violarono le «tip il¬ 
lazioni fatte e rispettarono l’indipendenza del Co¬ 
mune fino verso la fine dell’ ultimo secolo. 

La rispettarono per la ferma volontà che regnò 
sempre nei rettori del Comune, d’impedire ogni 
sopraffazione dei capitani ossia delegati dei suddetti 
principi protettori, la rispettarono per la vigoria 
di propositi addimostrata nel non lasciar sminuire 
mai le immunità del Comune in nessuna guisa, ri¬ 
mostrando e protestando energicamente contro ogni 
tentativo siffatto, siccome appare da moltissimi do¬ 
cumenti della storia di quel municipio. Nell’ an¬ 
no 1809, Trieste cadde sotto la dominazione fran¬ 
cese in seguito alle vittorie del grande Napoleone; 
quel reggimento non tornò gradito a lei, perchè 
lesivo di quella indipendenza comunale che fu per 
essa mai sempre una religione, piuttosto che un 
diritto, non presentendo d’altronde il fedifrago pro¬ 
cedere degli Absburgliesi che si fece manifesto 
nel 1813. In quell’anno, e precisamente il 17 otto¬ 
bre, il sedicente restauratore governo austriaco fa¬ 
ceva emettere da Laybach dal generale Lattermann 
un marziale decreto con cui S. M. Apostolica dichia¬ 
rava Trieste una conquista, facendo così tavola rasa 
della sovranità che aveva Trieste di sè e di tutte 






le civili, libere e nazionali sue istituzioni, tante 
volte nei modi i più solenni riconosciute e per 
lungo volgere d’ anni rispettate. 

Ed a quel decreto seguiva l’Imperiale patente di 
Francesco I, che da Schònbrunn al 23 luglio 1814 
definitivamente poneva Trieste nella condizione di 
Provincia dell’ Impero. m 

Per tali violenti abrogazioni dell’ antico diritto 
pubblico anco la libera città italiana di Trieste con- 
fondevasi in quella massa politica eterogenea, che fu 
ed è T Impero d’Austria : fusione che compivasi in onta 
ai più formali patti ed a sfregio all 1 autonomia d’una 
città, che con tanta fermezza l’aveva fin dagli antichi 
tempi difesa dalle altrui usurpazioni. Ma Trieste nè 
per violenza, nè per lusinghe si indusse mai a co¬ 
prire col proprio silenzio la soppressione delle sue 
antiche e nazionali istituzioni. Reclamò, protestò, 
supplicò ripetutamente, ma sempre invano. L’incor¬ 
poramento dello stato triestino nell’ impero d’Austria 
non solamente fu ingiusto, ma nelle sue conseguenze 
fu più deplorevole di quello che sia stato il grave 
delitto politico commesso più tardi dall’Austria stessa 
sull’ altra libera città di Cracovia. Infatti al sopruso 
suaccennato, che faceva passare la spugna sopra sti¬ 
pulazioni che ebbero vita per ben cinque secoli, si 
vedrà come l’Austria, per essere conseguente, vi ag¬ 
giunse un nuovo non meno.impudente arbitrio, col- 
fi aggregare Trieste alla Confederazione Germanica. 

L’atto finale di Vienna del 0 giugno 1815, mentre 
rigorosamente determinava le parti occidentali della 



— 8 — 


nuova Confederazione Germanica, all’art. 53 dispo¬ 
neva genericamente soltanto intorno all’ appartenenza 
a questa federazione di quelle contrade orientali 
e più meridionali dell’Alemagna, che giacevano nelle 
due monarchie d’Austria e Prussia. 

In prova di ciò citeremo testualmente 1’ articolo 

relativo : 

« L’Empereur <V Antri che et le Eoi de Prusse pour 
» toutes celles de lenrs possessione qui ont anciennement 
» appartenu à l’Empire germanique. » 

Successivamente l’Imperatore d’Austria nel giorno 
6 aprile 1818 dichiarava alla Dieta di Francoforte 
quali erano i possessi austriaci coi quali questa 
aveva da compiere definitivamente il corpo federale 
germanico , e le testuali parole della dichiarazione 

austriaca sono le seguenti: 

« Benché S. M., considerando i rapporti politici 
» notori della antica Lombardia coll’ Impero germa- 
» nico, possa egualmente nello stesso senso del- 
» 1’ Art. 1° dell’ atto federale far entrare questa nel 
» novero dei territori della monarchia austriaca, ora 
» appartenenti già alla confederazione (!), nondimeno 
» essa preferisce non adottare questa stretta intei- 
» pretazione dell’ Art. 1° (!) S. M. desiderava prò- 
» vare per tal modo alla Confederazione germanica 
» quanto poco sia sua intenzione di estendere al di là 
» delle Alpi la linea di difesa del territorio germa- 
» nico; l’Imperatore tiensi dunque all applicazione 
» ristretta dell’ Art. 1° dell’ Atto federale (!). Su 
* questa base, S. M. considera come facente parto 



— 9 — 


* della Confederazione le provinole e parti della 
» monarchia austriaca qui sotto nominate, come 
» considera tutti gli altri territori della monarchia 
» siccome fuori della Confederazione. In conseguenza 
» i paesi e provincie austriache che S. M. annovera 
» a far parte della Confederazione germanica sono: 

« 1° L’ Arciducato d’ Austria ; 2° il Ducato di 
» Stiria ; 3° il Ducato di Carinzia ; 4° il Ducato di 
» Carinola ; 5° il Friuli austriaco, o Ducato di Go- 
» rizia, cioè; Gorizia, Gradisca, Tolmino, Mezzo 
» (Flitsch) Aquileja ; 6° il territorio della città di 
» Trieste; 7° la Contea principesca del Tirolo col 
» territorio di Trento e Bressanone, eccettuato Wei- 
* ler ; 8“ il Ducato di Salisburgo ; 9° il Regno di 
» Boemia; 10° il ^langraviato di Moravia; 11° la 
» parte austriaca del Ducato di Slesia, compresi i 
» Ducati di Auschwitz e Zator ; 12» Hohengeraldsen. » 

È questo P atto col quale V Austria credeva di 
poter legalmente decretare P incorporazione di Trie¬ 
ste nel corpo federale germanico. Con quale diritto, 
sarà nostro assunto il dimostrarlo. 

Egli è prima di tutto per lo meno controverso, 
se per parte di detta potenza si potesse detei mi¬ 
nare, e per parte della Confederazione Germanica 
si potesse accogliere una così larga espansione ter¬ 
ritoriale della Germania senza P approvazione di 
quelle potenze europee che avevano avuto parte alla 
norma generica stabilita dal trattato del 1815. 

Sembrerebbe anzi naturale P ammettere, che ci 
fosse pieno diritto per parte di queste, di esaminare 


10 — 


se la condizione della appartenenza preventiva al- 
T Impero germanico fosse stata contemplata nella 
designazione dei paesi aggregati. 

Egli è certo che ove V anzidetta dichiarazione 
dell’ Austria del 6 aprile 1818 fosse stata comunicata 
alle potenze segnatane del trattato di Vienna, non 
sarebbe loro sfuggita l'ingiustizia, che emerge dal 
contesto stesso della medesima; ove nel mentre si 
stabilisce 1’ aggregazione al corpo germanico delle 
provinole del Tirolo, di Gorizia, del territorio di 
Trieste, contea del Tirolo col territorio di Trento 
e Bressanone, si dichiara che F imperatore non 
aveva intenzione di estendere al di là delle Alpi la 
linea di difesa del territorio germanico. 

Una così patente contradizione fra la premessa 
e la conseguenza avrebbe destata senza dubbio F at¬ 
tenzione delle potenze, e non si sarebbe data legale 
sanzione a quell’ atto arbitrario dell’ Austria e della 
Dieta di Francoforte. 

Ed aggiungeremo altresì, che il protocollo sud¬ 
detto del 0 aprile 1818 come atto di diritto pubblico 
europeo e come titolo d’acquisto territoriale sarebbe 
poi legalmente nullo, quand’anche, malgrado il sue¬ 
sposto, si potesse ritenerlo emanato da autorità 
competente. E ciò perchè gli mancherebbe pur 
sempre quella qualità di efficace dispositiva e quella 
forza obbligatoria, che ad ogni disposizione presa 
anche competentemente vengono conferite dal fatto 
della sua promulgazione. Ed invece quel proto¬ 
collo d’aggregazione dalle aule della Dieta, passò 



a nascondersi nelle tenebre dell' archivio federale 
germanico. 

Tenuto celato alle potenze, non può nemmeno 
rinvenirsi nelle principali collezioni diplomatiche. 
Soltanto si potè averne cognizione mediante un gior¬ 
nale ufficioso della monarchia austriaca, ed una pa¬ 
tente imperiale pure austriaca dell’anno 1820, nella 
quale, mentre si stabiliste l’immunità dalle tasse di 
emigrazione a favore di sudditi germanici, che pas¬ 
sano da uno stato all’ altro, si nominano fra i paesi 
aggregati alla Confederazione germanica le suaccen¬ 
nate provincie italiane. Quale poi fosse il sentimento 
delle potenze, Francia ed Inghilterra, sulla legalità 
dei procedimenti austriaci in questa bisogna, e sul 
significato prettamente tedesco che per esse si voleva 
mantenuto alla costituzione del corpo federale ger¬ 
manico, emerge in modo non equivoco dai due se¬ 
guenti documenti diplomatici: 

Dal Memorandum del 5 marzo 1851 diretto dal 
Governo Francese alle potenze segnatarie del trat¬ 
tato di Vienna sul progetto d’incorporazione delle 
provincie non tedesche dell’ Austria nella Confede¬ 
razione germanica ; 

Dalla Nota indirizzata nella stessa epoca da Lord 
Cowley, ambasciatore Inglese presso la Confederazio¬ 
ne, al presidente della Dieta Germanica. 

Ci limiteremo ad accennarne i punti più salienti. 

Il Governo francese così si esprime ; 

« Le pacte constitutif de la Confédóration, y com- 
» pria ses clauses les rnoins essentielles, fait partie 









— 12 — 


» intégrante (le l’acte général du Congrès, et, dans 
» la rigueur du principe, il ne pourrait ètre apportò 
» la moindre altération à la moindre de ces clauses 
» sans le concours de tous les gouvernements qui 
» ont signé ce derider acte. 

» A plus forte raiso'n, ce principe s’applique-t-il 
» à l’article cité plus haut (le 1"' du pacte fédéral, 
» le 53 de l’acte général), cjui crée la Confédération, 
» lui donne place dans F ordre européen, et en dé- 
» termine les limites. » 

Ed in altro punto, riguardante la pretesa di 
estendere i territori* della Confederazione così sta 
scritto : 

« Etendre arbitrairement ces limites naturelles 
» ou consacrées par le temps, adjoindre aux popu- 
» lations allemandes des populations slaves, liongroi- 
» ses, illyriennes, italiennes, au milieu desquelles elles 
» seraient noyées, ce serait denaturar la Confédéra- 
» tion, dont il faudrait changer mème le noni, pour 
» ne pas ètre en contradiction avec la réalité. 

» La Confédération germanique est le resultat 
» d’un traité européen, et forme un élément, de l’or- 
» ganisation génórale de l’Europe fixóe et róglée 
» par ce traité. » 

Nel precitato Documento inglese poi si legge : 

« Aussi le gouvernement de Sa Majesté eroit-il 
» qu’on ne peut apporter de changements essentiels 
» au caractère national et à l’etendue du territoire 
» de la Confédération germanique, qu’avec le consen- 
» tement et le concours formel de toutes les puis- 




— 13 — 


»' sances qui ont pris part au traité génóral de 
» Vienne du 9 .Tuin 1815. 

E per ciò clie concerne la pretesa di estensione 
territoriale : così si esprime : 

« Ce serait dono agir contrairement à la lettre 
» ainsi qu’à l’esprit dn traité que de taire servir 
» Forganisation de la confédération à un autre but 
» quelconque qn’au but AUemand qui lui est assi- 
» gné par la Confédération mème. » 

A questi atti solenni internazionali, che danno in¬ 
dubbia prova come si volesse esclusa dalla federa¬ 
zione tedesca ogni contrada, che per essere al di 
qua delle Alpi, è fuori del territorio nazionale ger¬ 
manico, ed abitata da popoli non tedeschi, ci piace 
aggiungere la dichiarazione solenne fatta alla Ca¬ 
mera dei Comuni nella seduta del 10 aprile 1851 
da Lord Palmerston, la quale suona così: 

« La chambre sait que l’art. 53 du traité de 
» Vienne dóclare qne la Confédération germani que 
» se composera de certains souverains et princes, 
» et que de cette Confédération feront partie Fem- 
» pereur d’Autriche et le roi de Prusse, en verta 
» et par le droit de certaines possessions qui ap- 
» partenaient à Fancien empire d’Allemagne. Con- 
» formóment à ce statut, le duché de Posen, la 
» Galli eie, la Hongrie d les étafs italiens de l’Autriche 
» n’ont pas été compris dans la Confédération germa- 
» piqué. » 

Crediamo con ciò aver provato esuberantemente 
come la dichiarazione dell’ aprile 1818, che pronun- 










u — 


zio 1 incorporazione di Trieste alla Confederazione 
germanica fosse atto per sua natura nullo, siccome 
quello die disponeva d' una provincia italiana a fa¬ 
vore d’una Confederazione tedesca, e ne alterava 
«pandi il carattere nazionale con pregiudizio di 
quella omogeneità tedesca, die presiedette alla sua 
formazione e composizione. 

S. M. il re di Prussia ne constatava luminosa¬ 
mente questo carattere colle seguenti dichiarazioni, 
emesse alla sua volta nella seduta della Dieta Ger¬ 
manica del 4 maggio 1818, nell’atto che indicava 
le provinole del suo regno da aggregarsi alla Con¬ 
federazione : 

« Sa Majesté ne croit pas pouvoir mieux con- 
» stater la part ‘sincère qu'elle continue de prendre 
» à tout ce qui promet d’assurer le repos futur de 
» 1 Allemagne, et le développement le plus parfait 
» de sa force intérieure, qu’en s’associant dans ce 
» but à la Confédération germanique avec toutes 
» les provinces allemandes de la monarchie déjà 
» anciennement attaché-es à VAllemagne par la langue , 
» par les moeurs, par les lois, et en général par la na- 
» tionaUtr. » 

lu pari tempo ci sembra aver dimostrato che 
fu atto arbitrario, perchè consumato ad inscienza 
delle grandi potenze contraenti del trattato di 
Vienna, di cui 1’ organamento della Confederazione 
Germanica fu una emanazione. Dopo ciò, ci ri¬ 
mane a dimostrare come Trieste non avesse mai 
appartenuto all’Impero Germanico, condizione asso- 





— 15 — 


luta questa, apposta alla facoltà eli aggregazione 
dal suddetto atto finale di Vienna del 9 giugno 1815. 

La condizione d’indipendenza politica e nazio¬ 
nale in cui si serbò per cinque secoli quella libera 
città in confronto di tutti gii altri comuni d’allora; 
il silenzio assoluto, die fu osservato relativamente 
ad ogni qualsiasi vincolo da parte sua con altro 
stato nell atto del 1382; i molteplici fatti che at¬ 
testano l’indole politica italiana di lei, debbono far 
ritenere una verità incontrastabile l’immunità di 
ogni politico rapporto di Trieste rispetto alT Im¬ 
pero Germanico prima del .1382. 

Dopo quest’ epoca, in cui essa si è posta sotto 
la protezione dei Duchi d’ Austria, una serie di do¬ 
cumenti, emanazione degli stessi principi Absbur- 
ghesi che indichiamo qui sotto, 1 si succedono a di¬ 
mostrare che Trieste mantenne intatta la sua auto¬ 
nomia politica e nazionale, fino agli ultimi tempi 
dell’ Impero Germanico ; non havvi nessun’ atto che 
accenni nemmeno lontanamente a dominio o supe¬ 
riorità che per essa siasi mai accordato ad altro 
stato, o corpo politico; nè mai fino alla fatale re¬ 
staurazione austriaca del 1814 i principi protettori 
sconobbero il patto d’inalienabilità, così di qualsiasi 
attributo inerente alla loro protezione, come di qual- 

1 Atto 22 febbraio 1464 dell’ arciduca Federico III. Diplomi 
30 ottobre 1517 e 12 aprile 1522 di Carlo. 1 settembre 1566 
dell’arciduca Carlo; 26 dio. 1624 di Ferdinando II; 3 luglio 1706 
di Giuseppe I; 11 novembre 1730 di Carlo VI; 9 gennaio 1765 di 
Maria Teresa; 25 giugno 1781 di Giuseppe II; e 16 giugno 1792 
di Leopoldo II. 










— 16 — 


siasi diritto proprio della città. Che i Triestini sot¬ 
toponendosi alla protezione dei Ducili d’Austria non 
contraessero vincolo alcuno nè col Ducato Austriaco, 
nè con altro Stato Austriaco, e quindi nemmeno 
indirettamente coll’ Impero Germanico, viene, per 
soprassello, irrefutabilmente provato dall’ atto di 
protezione che rinnovarono nel 1519 con Carlo V 
Re di Spagna, che era ad un tempo Arciduca 
d’ Austria, negligendo il protettorato di quell’ Ar¬ 
ciduca austriaco che regnava allora negli aviti do¬ 
mimi d’ Austria ed era altresì imperatore d’ Alema- 
gna. Risulta dagli atti di quei tempi che questa 
[(referenza procedette dal bisogno sentito dai Trie¬ 
stini di essere protetti da quella potenza marittima 
spagnuola, la quale, avendo il regno di Napoli, pos¬ 
sedeva gran parte di quella costa dell’ Adriatico 
eli’ era principal campo all’ attività commerciale di 
Trieste. 

È poi assurdo il sostenere, come si fa da taluno, 
che al rapporto politico col quale Trieste si strin¬ 
geva a stato tedesco, si rendesse necessariamente 
inerente quella stessa relazione che questi aveva 
coll’ Impero Germanico. 

Trieste, pongasi ben mente, mai costituivasi parte 
integrante del Ducato d’Austria , si resse sempre di 
diritto e di fatto con ordinamenti propri e diversi 
da quelli dell’ oltrealpino Ducato. Ove 1’ argomento 
suaccennato avesse fondamento ne deriverebbe T as¬ 
surda conseguenza che anche gli stati d’ Ungheria. 
Croazia, Slavonia, e Transilvania, nonché la Gallizia, 





- 17 — 


\ inezia, Istria, e Dalmazia, clie furono aggregate 
all’ Impero austriaco e cou totale sacrificio della 
loro politica esistenza, dovessero considerarsi fusi 
nell’ Impero Germanico. 

E per vero dire, nella storia non havvi memoria 
che 1 Impero Germanico non solo esercitasse, ma 
nemmeno mostrasse di credere d’ avere diritti so¬ 
pra Trieste. 

Nel 1431 si compilò la prima matricola dell’Im¬ 
pero Germanico, che conteneva 1’ elenco di tutti i 
principi e stati che vi appartenevano, e Trieste non 
vi è compresa, nè tampoco nominata. 

Nel 1507 la Dieta Germanica emanava altra ma¬ 
tricola più estesa ancora della precedente, e non vi 
si fa menzione di Trieste, e finalmente nel 1521 
altra ed ultima matricola emanata per cura della 
Dieta germanica a Yormazia tace affatto di detta 
città. 

Oltre a ciò giova osservare che nessun atlante, 
nessuna geografia o statistica di quei tempi, comprende 
Trieste fra i possessi germanici : V atlante più repu¬ 
tato di allora ne la esclude anzi espressamente. 

Ora riflettasi a tutto 1’ esposto, e ben manifesto 
apparirà, che coll’ aggregazione di Trieste al corpo 
federale germanico miravasi dall’ Austria a violare 
la chiara lettera del citato articolo del trattato di 
Vienna, sia coll’ agire di propria autorità, in ma¬ 
teria di diritto internazionale, sia col trasandare on¬ 
ninamente la clausola della appartenenza all’ Impero 
Germanico, cui Trieste non aveva mai appartenuto. 









- 1S 


Risalta altresì evidente che l’Austria, disponendo 
di Trieste come di proprio assoluto dominio, ledeva 
i patti dell’atto del 1382 ribaditi dalle conferme, 
dalle dichiarazioni di tutt’ i principi che per cinque 
secoli si succedettero nell’esercizio dell’ autorità pro¬ 
tettiva di detta città ; il diritto di conquista posto in 
campo nel 1813 risulta insussistente, perchè Trieste 
fu conquistata per superiorità d armi di Francia e 
non per sua dedizione volontaria, che potesse impli¬ 
care derogazione dal patto del 1382. 

La violenza soltanto, eh’è la negazione del di¬ 
ritto e della giustizia, poteva quindi suggerire all’Au¬ 
stria la proclamata aggregazione, allo scopo evidente 
di snaturare la sua indole nazionale italiana, di ag¬ 
gravare su lei oltre che la propria dominazione, 
quella di un corpo politico straniero al paese, ed a 
lei devoto, che le prestasse in caso di bisogno, aiuto 
ad oppressione. 

I Triestini contro tante esorbitanze di arbitrio 
invocano l’aiuto dei loro fratelli italiani e del Go¬ 
verno di quel Re, il quale non fu mai insensibile ai 
gridi di dolore, che erompono dall’animo di chi vede 
conculcati i suoi più sacri diritti, e non vede salvezza 
che nell’ unirsi politicamente alla famiglia italiana 
cui già appartiene pei' diritto naturale e storico. 

In adempimento di quanto accennammo nel- 
r esordio di questo scritto, tratteremo ora delle 
cbndizioni economico-commerciali di Trieste, e ci 
studieremo di combattere molte idee preconcette 



— 19 — 


ed erronee sull 5 indole g’ermunicu dei suoi interessi, 
e confidiamo di provare come queste al postutto 
s’identifichino con quelli del Regno italiano. 

// utilità di Trieste per il commercio germanico 
e di questo per lei, si poteva ammettere fino ad 
un certo grado, quando nei tempi passati tutto il 
movimento commerciale di quelle contrade, per lo 
scarso uso delle navigazioni a vapore, e per la in¬ 
feriorità dei porti tedeschi del Baltico e del mare del 
Nord, doveva dirigersi necessariamente sopra Trieste. 

Attualmente Trieste per il commercio dell’ Ale¬ 
magna non ha più ragione di essere. La Germania 
infatti, ha concentrato nei tre porti anseatici di Am¬ 
burgo, Brema, e Lubecca, la maggior parte del 
totale suo commercio. Gli scambi commerciali che 
essa fa col Levante seguono la via del Danubio, che 
fra il centro d’Alemagiia ed il Mar Nero è via as¬ 
sai più breve e meno costosa di quelle di Trieste. 
Per il grandioso commercio transatlantico, che su 
vastissima scala si coltiva specialmente in quell im¬ 
ponente emporio eh’ è oggi divenuto Amburgo, i 
mari del Baltico e del Nord, si prestano in modo 
mirabile, senza che la Germania abbia d uopo di 
farsi tributaria dei porti dell’ Adriatico e del Me¬ 
diterraneo occidentale, tanto lontani da lei. Dicasi 
lo stesso per il lavoro che dessa coltiva estesissimo 
coi porti settentrionali della Russia, con quelli della 
Scandinavia, coll’ Olanda, coR’ Inghilterra, col Bel¬ 
gio e colla Francia settentrionale. 

I porti di mare tedeschi hanno seguito la ten- 










— 20 — 

denza naturale del commercio di cercare le vie e 
le relazioni dirette, e nulla omisero per conse¬ 
guire 1 intento. L’Austria dal canto suo, tenera, 
soltanto degl’ interessi dinastici, dopo consumato il 
delitto politico dell’aggregazione di Trieste al corpo 
federale Germanico, non si curò per nulla del suo 
sviluppo commerciale e lasciò libero campo ai porti 
nordici di elevarsi, nonché ad emuli, a soverchiatori 
di lei. Il governo austriaco rivolse bensì tutte le 
sue forze al compimento di tre linee ferroviarie, che 
partendo dalle regioni settentrionali austriache verso 
gli stati tedeschi dello Zollverein , ebbero per iscopo 
di cementare 1’ unione doganale con essi, affinchè 
valesse a mantenerla nel concetto di potenza tedesca, 
lrieste, che per essere debole veniva impunemente 
maltrattata, non si ebbe una ferrovia che congiun¬ 
gesse il mare colle provincie oltrealpine, se non che 
molti anni appresso. In questo intervallo i porti 
della Germania settentrionale ed altri del mare del 
Noid, emanciparono affatto il commercio tedesco 
dal porto di Trieste, e lo assorbirono interamente, 
mediante comunicazioni rapide e meno costose, e 
1 attuazione di tutto ciò che il progresso dei nostri 
tempi rende necessario per farsi centro del com¬ 
mercio di uno stato vastissimo. L’ eloquenza delle 
cifre autentiche valga a provare le nostre asserzioni. 

La insignificante tenuità del commercio marittimo 
di Trieste cogli stati germanici nell’anno 1860, in 
cui superò quello dei due precedenti e dei due sus¬ 
seguenti, emerge dal * Itapporto della Camera di 


:V 




» Commercio triestina del 1861 al Ministero Au- 
» striaco, alle pag. 24, 42, e 174-181. » 


STATI. 

A 

NAVIGLI 

ARRIVATI 

E PARTITI 

DA TRIESTE. 

PESO 

DEI CARICHI 

IN TONN. 

VALORE 

DEI CARICHI 

IN ER. 

Amburgo. 

28 

5,112 

2,146,002 

Ànnover. 

y> 

)> 

» 

1 Brema ...... 

.5 

512 

39,342 

Lubecca. 

» 

» 

)) 

Oldemburgo. 

» 

» 

)) 

1 Prussia. 

4 

701 

135,877 

Somma . . . 

35 

6,325 

2,321,221 


Tenuissimo è pure il commercio di Trieste cogli 
Stati germanici via di terra. Di ciò riesce agevole 
il persuadersi quando si calcoli la distanza in cui 
trovansi dall Adriatico ; la loro posizione lungo, o 
presso i mari del Nord e Baltico, sui quali sono 
serviti dai porti di Rotterdam, Emden, Brema, Im¬ 
becca, Amburgo, Stettino, Danzica, ed altri fra i 
più sicuri e floridi d’ Europa. 

Pongasi mente altresì alla utilità dei fiumi, che 
a queste grandi piazze traggono il commercio tede¬ 
sco, mentre è certo che i canali meglio costruiti non 
potrebbero offrire alla navigazione vantaggi mag¬ 
giori di quelli, che offrono il Weser e T Elba, senza 
dire del Reno, della Vistola, del Danubio, vantag- 
























— 22 — 


giosi pur essi al commercio tedesco, e che scorrono 
in direzione contraria a quella di Trieste. E di que¬ 
sto nostro asserto abbiamo una prova nel fatto, che 
nelle tabelle statistiche del commercio triestino non 
havvi nemmeno più conto separato del commercio 
terrestre di Trieste cogli Stati germanici propria¬ 
mente detti dopo il 1846 ; anno in cui fra impor¬ 
tazione ed esportazione ascese appena a 18 milioni 
di franchi ossia alla quarantacinquesima parte del 
totale commercio triestino di terra e di mare. 

Detto ciò, noi colla logica inesorabile delle cifre 
dedotte da ufficiali documenti austriaci, concludiamo 
risolutamente, che in Europa il porto di Trieste è uno 
di quelli in cui gli Stati specificamente tedeschi 
hanno i minori loro interessi commerciali. 

In Germania contro 1’ evidenza- dei fatti non si 
sostiene più da chi ha fior di senno 1’ attuale neces¬ 
sità economica del possesso di Trieste ; non pochi però 
credono che sia utile averla, come giova ad altre na¬ 
zioni avere possessi stranieri e colonie, come giove¬ 
rebbe, a mo’ d’ esempio, al Regno d’Italia di posse¬ 
dere il cospicuo porto di Marsiglia più vicino a lei, 
di quello che non sia Trieste alla maggior parte 
degli Stati germanici. 

Vediamo ora quale importanza si abbia il com 
mercio triestino, rispetto a quella zona germanica, 
che fa parte dell’ impero Austriaco nelle quale si 
noverano sette milioni di tedeschi. L’importanza del 
commercio triestino, anche rispetto a questa, è af¬ 
fatto secondaria. 



•23 - 


È un fatto ed non ammette cliubbio che la Ger¬ 
mania austriaca non servesi dell’ emporio di Trieste 
che per le sue relazioni coi paesi giacenti sull’Adria¬ 
tico, Jonio e Mediterraneo centrale; mentre il mag¬ 
gior commercio anche di quelle contrade, volgesi 
lungo l’Elba, il Danubio, e la vasta rete ferroviaria ed 
idrografica germanica, da una parte al mar Baltico, 
al mare del Nord, ed all’ Oceano; dall’ altra al mar 
Nero, ed ai paesi posti sulle foci del Danubio. 

Senza tema di venire smentiti, possiamo affer¬ 
mare che le provinole della Stiria e dell’Arciducato 
d’Austria, nonché della Boemia e Moravia, per effetto 
della navigazione fluviale più sopra accennata, non¬ 
ché delle basse tariffe delle ferrovie, che sboccando in 
direzione settentrionale ed occidentale, si fanno con¬ 
correnza tra loro, utilissima al commercio, trovano 
il più delle volte nei porti tedeschi del Nord la loro 
convenienza a ritirare la massima parte dei generi 
di loro consumo, ad eccezione di quelli che sono pro¬ 
dotti dal suolo italiano, come sarebbero gli oli, i frutti 
meridionali, ed altro che non possono ritirare che da 
Trieste. 

Tanto è vero che il rapporto della Camera di com¬ 
mercio di Trieste relativo al movimento commerciale 
del 1864 constata una diminuzione sensibilissima 
nella esportazione via di terra in confronto degli anni 
precedenti, diminuzione, che ascende in confronto 
all’ anno 1858 a non meno di 30 milioni di franchi. 

Questo però, quanto agli articoli coloniali, ai 
cotoni, e alle droghe; mentre invece si riscontra un 


— 24 — 


incremento negli articoli suaccennati che sono pro¬ 
dotti dal suolo italiano. 

Altra prevenzione di non poco momento esiste 
in favore della pretesa necessità del possesso di 
Trieste per il commercio austriaco, che ci studie¬ 
remo di distruggere con ciò che segue. 

L’industria austriaca, è d’ uopo constatarlo, tro- 
Vasi ancora nello stadio di adolescenza per non dire 1 
d’infanzia, e non si resse finora, che sotto 1’ eaida 
u un sistema doganale quasi protettivo da lei sem¬ 
pre difeso strenuamente. Incapace ad allargare il 
campo dello spaccio dei suoi prodotti per le vie 
naturali e di vero progresso, essa vorrebbe cammi¬ 
nare sulle gruccie sorretta artificialmente dalle ta¬ 
riffe, e fa credere che il porto di Trieste sia ne¬ 
cessario alla monarchia per favorire T esportazione 
dei prodotti industriali. 

Ma documenti irrefragabili vengono a provare 
come anche gl’ industriali della Boemia e della Mo¬ 
ravia. convergano i loro scopi verso Amburgo, e da 
quell' emporio del Nord si attendano quello che da 
Trieste non possono sperare. 

La Camera di Commercio di Praga nel pronun¬ 
ciarsi non ha guari sulla convenienza di dar vita 
a Trieste al commercio trans-oceanico a vantaggio 
dell industria austriaca si espresse nel senso, che 
per 1 industria della Boemia e della Moravia una 
spedizione oltremarina da Trieste troverebbe un osta¬ 
colo nel nolo quasi tre volte maggiore che si paga da 
Praga a Trieste in confronto di Amburgo, nonché 




— 25 — 


nella circostanza che trovansi in quest’ ultima città 
Case esportatrici le quali posseggono già negli em¬ 
pori oltremarini proprii stabilimenti. In egual senso 
si espresse quella della città di Reichenberg, centro 
principale dell’ industria Boema ; ed il presidente di 
quella di Praga specialmente non si peritò di espri¬ 
mersi in un memoriale diretto ad un comitato trie¬ 
stino colle seguenti testuali parole: 

« Sarebbe a raccomandarsi a maturi riflessi la 
» proposta di fondazione d’ una Società d’ esporta- 
» zione austriaca in Amburgo; poiché questa città 
» marittima così industriale, e così attiva, è la più 
» adatta e di tutte la più accessibile agl’ industriali 
» della Boemia. 1 » 

Ciò posto ci sembra di aver dimostrato come 
soltanto un accecamento politico possa far sostenere 
che Trieste tragga le sue risorse dal commercio 
tedesco, e che questo sia da lei alimentato. 

Risulta invece come il commercio triestino tragga 
le sue risorse essenzialmente dagli scambi colle altre 
popolazioni italiane, e dai suoi rapporti con quelle 
dell’ Ungheria e Croazia, le quali necessariamente di¬ 
rigono in gran copia a Trieste abbondantissimi pro¬ 
dotti naturali della Sava, della Drava, del Tibisco 
e dell’ ungarico Danubio. 

L’Italia orientale, dalle coste del Golfo veneto 
fino al Capo di Otranto, nonché buona parte della 

1 Vedi pag. 22 e 23 dell’Opera intitolata Rapporto della situazione 
sfavorevole dell’ Austria nel Commercio mondiale fatto dal Comitato 
Revolt ella di Trieste (H. F. Miinster 1865). 







— 26 — 


regione italiana lungo il Mar Jonio, esportano a 
Trieste la maggior parte dei loro copiosi e preziosi 
• prodotti meridionali, per inoltrarli da questa piazza 
nel centro d’ Europa ; e vi ricevono in iscambio pel 
tramite suo, prodotti manufatti del Nord, che mal 
potrebbero procurarsi dalle più lontane regioni in¬ 
dustriali situate lungo la Manica ed il Reno. 

Così Trieste compie a vantaggio di quella parte 
della nostra Penisola, che è ad oriente dell’ Appen- 
nino, le stesse funzioni commerciali che Genova eser¬ 
cita a favore della regione italiana occidentale. 

Infatti nel quinquennio 1859-63, giusta il Rap¬ 
porto della Camera di commercio triestina del 1864 
il valore delle merci importate da, ed esportate per 
porti italiani, ascende a centosessantacinque milioni 
di franchi, senza comprendervi quelli del golfo di 
Fiume e dei litorali croato e dalmato, in cui tro- 
vansi pure sparsi in buon numero gl’ Italiani. 

E qui cade in acconcio 1’ osservare come l’impor¬ 
tanza del lavoro di Trieste coll’ Italia centrale e 
meridionale, abbia subito notevole decrescimento 
dal 1860 in poi, dacché le sparse membra della fa¬ 
miglia italiana si unirono in un solo corpo politico, 
ed ebbero comune ogni cosa, e precipuamente il 
trattamento daziario. 

La provincia italiana di Trieste segregata da 
questo corpo, non poteva non risentire i malefici ef¬ 
fetti di questa innaturale sua condizione. 

Le merci che in gran copia affluivano nel suo 
porto dalle provincie centrali e meridionali del Re- 





— 27 — 


gno, non poterono più essere riammesse nel conti¬ 
nente italiano come prodotti nazionali, perche ne 
perdevano il carattere toccando il porto di Trieste 
che estero doveva sventuratamente considerarsi ri¬ 
spetto al resto d’Italia. 

Oltre a ciò si presentarono le molte difficoltà ine¬ 
renti alla diversità dell’appartenenza politica, — come 
sono : le manipolazioni doganali ai confini di Peschie¬ 
ra e del Po, la valuta diversa, ed in Austria oscil¬ 
lante, le comunicazioni ferrioviarie più gravose nelle 
tariffe dei noli in confronto degli altri porti di mare 
italiani, — a paralizzare quello sviluppo che per 
l’ordine naturale delle cose è riservato al commercio 
di Trieste colle altre provincie d’Italia. 

Nell’ anno 1858 infatti le cifre d’ importazione 
ed esportazione fra Trieste e le altre parti d’Italia 
ascesero a ben 210 milioni di franchi. Ciò spiega 
come per le condizioni politiche felicemente mutate 
sia indispensabile al Commercio di Trieste la sua fu¬ 
sione nel Regno Italiano senza di che essa sarebbe 
condannata a perire economicamente. Una manife¬ 
stazione officiale della rappresentanza commerciale 
triestina che riferiamo varrà a provare come la ve¬ 
rità, scevra da passione qualsiasi, ispiri le nostre af¬ 
fermazioni. 

Al principiare dell’ anno 1865, il ministero di 
Vienna rivolgevasi premuroso alla Camera di Com¬ 
mercio triestina interessandola ad esprimere il suo 
voto sulla convenienza di stringere rapporti com¬ 
merciali col Regno italiano per parte dell’ Austria, 



















— 28 — 


così nell’ interesse della Monarchia, come in quello 
speciale della piazza di Trieste. 

Una Commissione eletta all’ uopo fu unanime nel 
dichiarare: che la conclusione d’un trattato commer¬ 
ciale fra 1’ Austria e l’Italia, mentre tornerebbe a 
grande profitto della industria austriaca, non po¬ 
trebbe arrecare a Trieste un vero vantaggio se non 
chè attenendo dal Governo d’Italia che i prodotti 
del suolo italiano importati a Trieste conservassero il 
loro carattere nazionale. 

Nel farci mallevadori dell’ esattezza di queste no¬ 
stre comunicazioni, esprimiamo la speranza che non 
sia lontano il giorno in cui dagli archivi della Rap¬ 
presentanza commerciale triestina, si possa estrarre 
copia del memoriale diretto in proposito al Mini¬ 
stero di Vienna a conferma di ciò che asseriamo. Dopo 
questa solenne manifestazione del sentimento dei ne¬ 
gozianti triestini, ogni illustrazione ulteriore dell ar¬ 
gomento ci sembra tornare superflua. Ove poi si ri¬ 
fletta, che tutti gli altri grandi interessi inerenti alla 
navigazione ed al trasporto per mare della gran 
massa di merci annualmente importate ed esportate, 
sono interessi che Trieste alimenta coi navigatori 
italiani dell’ Adriatico e del Jonio, nella massima 
parte, ed in proporzione insignificante per non dir 
nulla, coi navigatori dell’ Alemagna settentrionale, 
si dovrà concludere che le relazioni economiche di 
Trieste nelle loro generalità sono eminentemente italiane. 

Il commercio di Trieste colle provincie orientali 
austriache non potrebbe patire deviazione quando 





— 29 — 


questo emporio cessasse di appartenere all’impero Au¬ 
striaco, essendo Trieste per esse principale, anzi unico 
emporio. La natura ponendola a capo dell’Adriatico, 
il suo porto deve necessariamente servire allo sfogo 
dei prodotti dell’ Ungheria, della Croazia, e della 
Slavonia. La posizione geografica di lei la destina a 
questa missione commerciale, qualunque sia la sua 
politica condizione. Da taluni si porta innanzi Fiume 
come quel porto che potrebbe emulare con Trieste, 
per quanto risguarda gli scambi colle provinole 
suaccennate. 

Noi osserveremo innanzi tutto che per costituire 
una piazza commerciale importante ci vuole un com¬ 
plesso di condizioni convergenti allo scopo, che dif¬ 
ficilmente si possono formare se una città non fu 
fino dalla sua origine moralmente e materialmente 
a ciò destinata. 

Gli empori commerciali non sono l’opera di pochi 
anni, nè diremo di pochi decennii ; svilupparne gli ele¬ 
menti è cosa non ardua ove vi concorra 1’ energia del 
governo e degli abitanti, ma crearli non stimiamo si 
possa se non con grandissima difficoltà. 

E ci sembra che la posizione topografica di Fiume 
corrisponda scarsamente alle esigenze attuali del 
commercio e della navigazione, avuto riguardo a 
tutto quel concorso di circostanze, che possono far 
sostenere validamente la concorrenza con un emporio, 
che ha una vita commerciale di vari secoli, cui na¬ 
tura ed attitudine degli abitanti assicurò già una 
posizione eminente fra i porti di Europa. 
















Ma fatta anche di ciò astrazione, codesto peri¬ 
colo, chiederemo noi, sarebbe mai allontanato se 
Trieste rimanesse sotto la dominazione austriaca? 
Chi rispondesse affermativamente dimostrerebbe una 
ignoranza assoluta del sistema di governo austriaco. 

Il divide et impera è il dogma politico dell’ Austria, 
e la stregua sulla quale essa misura tutti gli atti 
suoi. Orai dunque non v’ ha dubbio che 1’ Austria 
favorirebbe in tutti i modi lo sviluppo commerciale di 
Fiume, ove potesse, mercè questi favori, guadagnarla 
alla causa della centralizzazione, ed attutire le sue aspi¬ 
razioni magiare, pronta ad abbandonarla, se mai le 
convenisse in altro tempo appoggiarsi all’ elemento 
ungarico a danno di altre nazionalità. Che Trieste 
ne avesse iattura sarebbe per lei indifferente. La sto¬ 
ria, che non si cancella, eloquentemente convalida 
i nostri presagi. Trieste fu posposta, maltrattata, dal 
governo di Vienna, ogni qualvolta interessi polìtici 
gli suggerirono di blandire altre popolazioni, altre 
provinole ; necessaria conseguenza di quella, informe e 
violenta aggregazione di popoli diversi per indole 
e per bisogni che costituisce l’Impero Austriaco. 

D’ altronde Trieste fondendosi nel Regno Italiano 
ne ritrarrebbe così larghi compensi nello sviluppo 
del suo commercio colle altre provinole del Regno, 
colla partecipazione alle sue istituzioni liberali, alla 
sua politica commerciale, fondata sul libero scambio, 
che la porrebbero di leggieri in grado di sostenere 
anche la concorrenza eventuale di Fiume nel com¬ 
mercio colle provincie orientali austriache. 






— 31 — 


Aggiungasi al fin qui esposto die 1’ Austria fece 
orribile strazio degl’ interessi economici di Trieste 
aggravandola smisuratamente d’imposte oltre ai vari 
prestiti sedicenti volontari che le smunse. Al pre¬ 
stito così detto nazionale del 1854, che doveva ser¬ 
vire ad estinguere il debito dello Stato verso la 
Banca e toglierci il malanno della carta-moneta che 
dal 1848 in poi pose il commercio in uno stato 
continuamente oscillante, e fece sparire i capitali 
esteri, Trieste dovette concorrere per ben 20 milioni 
di fiorini, pari a 50 milioni di lire; ossia contribuire 
il quattro per cento della somma totale di 500 mi¬ 
lioni di fiorini, mentre in ragione di popolazione 
non lo avrebbe dovuto che in ragione del 3 per 
mille ! E dopo questo imponente sagrificio il corso 
forzoso della carta ben lungi dal cessare dura tutt’ ora. 

Trieste fra le città appartenenti all’ Impero è sol¬ 
tanto a Vienna seconda, per 1’ entità delle imposte 
che T aggrava. 

Essa contribuisce all’ Erario dello stato fra 'im¬ 
poste dirette ed indirette ben 7 milioni di franchi 
che ragguaglia L. 90 circa a testa, perchè la popo¬ 
lazione urbana di 80 mila anime circa le sopporta 
quasi totalmente ; e quel che più monta il Comune 
deve sopperire del suo a tutto ciò che si richiede 
in una città, la quale benché balestrata dalla avversa 
sorte, nella coscienza della sua missione, e presaga 
di migliori destini, volle sempre dare vita ed incre¬ 
mento a tutto ciò che la civiltà moderna comanda 
come fomite allo sviluppo del bello e del buono. 










Il bilancio comunale triestino del 1865 ascende nella 
parte dell’esito a 7 milioni di lire, di cui 6 nella 
parte ordinaria. 

Le categorie che vi emergono, dopo le imposte 
che si retribuiscono allo stato, sono quelle di 
400 mila Lire per la pubblica istruzione 
e quasi 1 milione per la pubblica beneficenza. 
Otto scuole popolari fra maschili e femminili 
frequentatissime da scolari d’ambo i sessi che ascen¬ 
dono ad oltre 7000; una scuola tecnica ove l’affluenza 
e giunta a,l grado che devesi rifiutare l’accoglimen¬ 
to di altri alunni ; un Ginnasio d’ otto classi ove 
piofessoii distinti impartiscono l’insegnamento a 
ben 260 scolari istituto-modello, il di cui dispendio 
a tutto peso del Comune è di oltre 50 mila lire al- 
1 anno: ecco ciò che l’italiana Trieste sa sostenere 
col proprio peculio per alimentare l’istruzione pri¬ 
maria media e superiore nel bell’idioma nazionale, 
per contrapporre una generosità non mai abbastanza 
lodevole nel suo scopo alla tristezza del governo 
austriaco, che non mantiene che una scuola elemen¬ 
tare, ed in parte soltanto un ginnasio tedesco per 
farvi istruire i figli dei suoi impiegati non triestini, 
o gli abitatori delle limitrofe pròvincie del Carso e 
della Carinola, esigendo all’ uopo con ingiustizia senza 
nome un contributo di 35 mila lire annue dal Co¬ 
mune. 

Un ospitale capace di oltre 1000 infermi eretto coi 
denari del comune; una casa di ricovero generale per 
i poveri, che costò pure al Comune non meno di 2 




— 33 — 


milioni di lire sorta nel 1861, capace di oltre 1500 
mendici; vari Asili d’infanzia; larga somministrazione 
gratuita di medicinali e di cura medica ai poveri, — 
assorbono, come si è detto sopita, la cospicua somma 
di quasi un milione alla civica cassa. La carità pri¬ 
vata poi sussidia abbondantemente la pubblica do¬ 
vunque si presentano sofferenze da lenire, e lagrime 
da tergere. 

Ed il governo ad ogni opera di carità, ad ogni 
utile istituzione estraneo sempre, non si cura nem¬ 
meno di sopperire alle spese occorrenti a tutelare la 
pubblica sicurezza per la quale il Comune spende 
ben 200 mila lire all’ anno del proprio. 

Il governo non tende die ad estorcere il denaro 
che servii 1 deve a puntello di quell’ edificio crollante 
senza il cui abbattimento 1’ Europa non godrà mai 
pace durevole. 

Per le cose da noi esposte, i fratelli italiani ed 
il governo del re, andranno persuasi, lo speriamo, 
che il Regno italiano, aggregando Trieste alle sue 
cento città, compirebbe ciò che natura, storia, diritto 
e convenienza hanno impreteribilmente decretato; an¬ 
dranno convinti, vogliamo credere, che essa appor¬ 
terà il suo contingente di civiltà, di progresso e di 
splendore nella famiglia italiana, e che estremo lembo 
d Italia nostra sarà prima barriera contro l’invasione 
dello straniero che già da troppo tempo infesta le 
nostre belle contrade. 











N 0 T A. 


I Documenti da noi citati, al pari di parecchie osserva¬ 
zioni esposte, furono estratte dall’Opera: Italia e Confedera¬ 
zione Germanica dell 1 Avv. professore Sigismondo Bonfiglio, 
edita per cura della Emigrazione Triestina, coi tipi di G. B. 
Paravia e C., Torino 1865.