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Full text of "Teoria Quantistica Relativistica ( Fisica Teorica 4)"

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L.LANDAU E E.LIFSHITZ 


FISICA TEORICA 
TOMO 4 


TEORIA 
QUANTISTICA 
RELATIVISTICA 


Editori Riuniti Edizioni Mir 


Fisica teorica 4 


Editori Riuniti Edizioni Mir 


Teoria 
quantistica relativistica 


Editori Riuniti Edizioni Mir 


II edizione: luglio 1991 

Titolo originale: Re/jativistskaja kvantovaja teorija 
Traduzione di Valento Pedrocchi 

© Copyright by Edizioni Mir, Mosca 

© Copyright by Editori Riuniti, 1978 

Via del Tritone 61/62 - 00187 Roma 

CL 63-3475-X 

ISBN 88-359-3475-3 


Prefazione all’edizione italiana . 


Alcune notazioni «—...... 12 
Introduzione 15 
$ 1. Principio di indeterminazione nel campo relativistico . . . . . 15 
CAPITOLO T. FOTONI 

2. Quantizzazione del campo elettromagnetico libero ....... 20 
dd ON a ere e e 26 
$ 4. Invarianza di gauge .. L00222 28 
$ ò. Campo elettromagnetico nella teoria quantistica . ........ 30 
$ 6. Momento angolare e parità del fotone . ........0... 32 
$ 7. Onde sferiche di fotoni... 36 
$ 8. Polarizzazione del fotone . La gl 41 

9. Sistema a due fotoni... La 48 
CAPITOLO II. BOSONI 
$ 10. Equazione d’onda per particelle a spin 0. ........... 2 
$ 11. Particelle e antiparticelle . 57 
$ 12. Particelle realmente neutre . LL. 2 
$ 13. Trasformazioni C, P_ T...... pu aa 64 
$ 14. Equazione d'onda per particelle a spin 1 de ode fear 2% 71 
$ 15. Equazione d’onda per particelle a spin superiore intero . .... 74 
$ 16. Stati di elicità delle particelle . .......6.606. + 76 
CAPITOLO III. FERMIONI 
$ 17. Spinori quadridimensionali ...... 83 
$ 18. Connessione degli spinori con i Juadrisellori a 86 
$ 19. Inversione spaziale degli spinori . . . 0.6... 90 
$ 20. Equazione di Dirac in rappresentazione spinoriale . ...... 96 
$ 21. Forma simmetrica dell equazione di Dirac . . PERE: 98 
£ 22. Algebra delle matrici di Dirac . . 104 
$ 23. Onde piane ....... 108 


6 INDICE 


$ 24. Onde sferiche . LL... 666000 
$ 25. Legame dello spin con la statistica dd E 


$ 26. Coniugazione di carica e inversione temporale degli spinori . 


$ 27. Simmetria intrinseca di particelle e antiparticelle 
$ 28. Forme bilineari . . . . 


$ 29. Matrice densità di Soa igisa doi Ba 
$ 30. Neutrino IR ee e n 
$ 31. Equazione d’onda per particelle a spin 3/2 Ciclo Wa 


CAPITOLO IV. PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 


$ 32. Equazione di Dirac per un elettrone in un campo esterno . 
$ 38. Sviluppo in potenze di fc. ..L006006046 60 


$ 34. Struttura fina dei livelli dell’atomo di idrogeno . . 
$ 35. Moto in un campo a simmetria centrale . 

$ 36. Moto in un campo coulombiano . s A 

. Diffusione in un campo a simmetria dui: ; 


4 
41. Moto dello spin in un campo esterno . ...... 
42. Diffusione di neutroni in un campo elettrico . 


CAPITOLO V. RADIAZIONE 


$ 43. Operatore di interazione elettromagnetica . . 


$ 44. Emissione e assorbimento . . ....0060606 6460 


$ 45. Radiazione di dipolo . . Sinn 
$ 46. Radiazione di multipolo elettrico . 


$ 47. Radiazione di multipolo magnetico . .......4.. 
. Distribuzione angolare e polarizzazione della radiazione . 
. Radiazione di atomi. Tipo elettrico . .......%... 


la4e) 
Na, 
0%0 


. Radiazione di atomi. Tipo magnetico . ....... 


. Radiazione di nuclei , Lied 

. Effetto fotoelettrico. Caso non celato dd e 

. Effetto fotoelettrico. Caso relativistico . 

. Fotodisintegrazione del deutone . Zad 

. Radiazione di frenamento magnetico . ...... 


o, ‘o, >) ©; to, © to; to, to, o. to) 
Ga Qqo n 
RISTORO È 


CAPITOLO VI. DIFFUSIONE DELLA LUCE 


$ 60. Tensore di diffusione . ......60604 +. 
$ 61. Diffusione da parte di sistemi liberamente orientabili 


37 
38. Diffusione nel caso ultrarelativistico . ......... 
39 


. Sistema di funzioni d'onda dello e continuo per la diffusione 
in un campo coulombiano . . ..026 00600 
0. Elettrone nel campo di un'onda aleltromagnetca piana . 


. Radiazione di atomi. Effetto Zeeman e effetto Stark . 

. Radiazione di atomi. Atomo di idrogeno . ....... 
Radiazione di molecole biatomiche. Spettri elettronici . 
Radiazione di molecole biatomiche. Spettri oscillazionali e motasionali 


INDICE 7 


$ 62. Diffusione su molecole . ..... 0.666. Le fe e e p. 283 
$ 63. Larghezza naturale delle righe spettrali . ......... . . 287 
$ 64. Fluorescenza di risonanza . .LL0006 666 cad (1492 


CAPITOLO VII. MATRICE DI DIFFUSIONE 


$ 65. Ampiezza di diffusione . .... . ro a e i 90 
$ 66. Reazioni con particelle polarizzate . .... +0. ++ + 303 
$ 67. Invarianti cinematici . LL. 466 . +. 307 
$ 68. Domini fisici... . Sere de ae ido dd de 010 
$ 69. Sviluppo in ampiezze parziali VER ER ela ele 316 
$ 70. Simmetria delle ampiezze di diffusione nella rappresentazione delle 
CLICCO: n rece a n dre a e e e 0) 
$ 71. Ambpiezze invarianti —. L00606 Sp LO20 
$ 72. Condizione di unitarietà . LL. 66 982 


CAPITOLO VIII. TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 


$ 73. Prodotto cronologico... 06 . «397 
$ 74. Diagrammi di Feynman per la diffusione di elettroni . ....., 941 
$ 75. Diagrammi di Feynman per la diffusione di un fotone . .... 348 


$ 76. Propagatore elettronico... 301 
$ 77. Propagatore fotonico . . . Low ih e te . . 396 
$ 78. Regole generali della tecnica dei Giara dieta 00 
$ 79. Invarianza di crossing . . 060660 I67 
$ 80. Particelle virtuali -. L02006 368 


CAPITOLO IX. INTERAZIONE DI ELETTRONI 


$ 81. Diffusione di un elettrone in un campo esterno ....... . . 374 
$ 82. Diffusione di elettroni e di positroni su un elettrone . ...... 378 
$ 82a.Perdite per ionizzazione da parte di particelle veloci . ... . . . 388 
$ 83. Equazione di Breit . L06644 . +. 395 
$ 84. Positronio . . . Lod . 0... 402 
$ 85. Interazione di sioni a “dranidi disvanie STO ERE RIDE . «+. 406 


CAPITOLO XxX. INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 


$ 86. Diffusione di un fotone su un elettrone ............. 414 
$ 87. Diffusione di un fotone su un elettrone. Effetti di polarizzazione 419 
$ 88. Annichilazione in due fotoni di una coppia elettronica ..... 429 


$ 89. Annichilazione del positronio . . 0.666 666464 433 
$ 90. Radiazione di frenamento di un “lettiona diffuso su un nucleo. Caso 
non relativistico «........ ; 437 
$ 91. Radiazione di frenamento di un slentconie diffuso su un dele: Caso 
relativistico ‘Cia ere a E 446 


$ 92. Produzione di coppie da parte di un i igione nel campo di un nico 456 


$ 93. Teoria esatta della produzione di coppie e della radiazione di fre- 
namento nel caso ultrarelativistico . .... 0.0.0... . a +. 460 


INDICE 


. Radiazione di frenamento nella diffusione elettrone-elettrone nel 
caso ultrarelativistico ; 

. Emissione di fotoni molli egli urti ) 

. Metodo dei fotoni equivalenti . . xs 

. Produzione di coppie negli urti di pantitelle RESET ; 

. Emissione di un fotone da parte di un elettrone nel campo di un arida 


elettromagnetica intensa . . 0.0... 


CAPITOLO XI. PROPAGATORI ESATTI E PARTI DI VERTICE 


$ 99. 
$ 100. 
$ 101. 
$ 102. 
$ 103. 
$ 104. 
$ 105. 
$ 106. 
$ 107. 
$ 108. 
$ 109. 


Operatori di campo nella rappresentazione di Heisenberg 
Propagatore fotonico esatto... 
Funzione di autoenergia del fotone 

Propagatore elettronico esatto 

Operatore di vertice . . . . 

Equazioni di Dyson uso 

Identità di Ward . ...... 

Propagatore elettronico in un campo esterno 

Condizioni fisiche della rinormalizzazione . ......... 
Proprietà di analicità del propagatore fotonico . ........ 
Regolarizzazione degli integrali di Feygnman ......... 


CAPITOLO XII, CORREZIONI RADIATIVE 


$ 110. 
$ 111. 
$ 112. 


$ 113. 
$ 114. 
$ 115. 
$ 116. 
$ 117. 
$ 118. 


$ 119. 


$ 120. 
$ 121. 
$ 122. 
$ 123. 
$ 124. 
$ 125. 
$ 126. 
$ 127. 


Calcolo dell'operatore di polarizzazione . . ... ia da 
Correzioni radiative alla legge di Coulomb ........,.. 
Calcolo della parte immaginaria dell operatore di polarizzazione 
secondo l’integrale di Feynman . ........... 
Fattori di forma elettromagnetici dell’elettrone . ....... 
Calcolo dei fattori di forma dell’elettrone ........... 
Momento magnetico anomalo dell’elettrone ....... 

Calcolo dell’operatore di massa . ........6 
Emissione di fotoni molli di massa non nulla . ....... 0.» 
Diffusione di un elettrone in un PACO esterno in seconda approssi- 
mazione «di Born. > è + sa Rn e a 
Correzioni radiative alla diffusione di un elettrone in un campo 
Esterno: «» sx Weta so de Ca n ER n 
Spostamento radiativo dei livelli atomici . ........ 
Spostamento radiativo dei livelli di atomi mesici . ....... 
Equazione relativistica per gli stati legati . ........ 
Doppia relazione di dispersione . . .....0660466 + 
Diffusione fotone-fotone . . LL L00666 00 
Diffusione coerente di un fotone nel campo di un nucleo . 
Correzioni radiative alle equazioni del campo elettromagnetico 
Calcolo di integrali su domini quadridimensionali . . .... 


p.474 


479 
487 
493 


499 


INDICE 


CAPITOLO XIII. FORMULE ASINTOTICHE DELL’ELETTRODI- 
NAMICA QUANTISTICA 


$ 128. 


$ 129. 
$ 130. 
$ 131. 


Comportamento asintotico del propagatore fotonico per grandi im- 


DUISEO | Sd È e e E n E 
Separazione dei termini bilogaritmici nell'operatore di vertice 


Asintoto bilogaritmico dell'operatore di vertice . ....... 
Asintoto bilogaritmico dell’ampiezza di diffusione elettrone-muone 


CAPITOLO XIV. ELETTRODINAMICA DEGLI ADRONI 


$ 132. 


$ 133. 


$ 134. 
$ 135. 
$ 136. 


Indice 


Fattori di forma elettromagnetici degli adroni . ....... 
Diffusione di elettroni da parte di adroni . ....... 
Teorema delle basse energie per la radiazione di frenamento . 
Teorema delle basse energie per la diffusione di un fotone su un adrone 
Momenti di multipolo degli adroni . . 0.0.0... 


analitico: a di gare dia lai Lol È 


Prefazione all'edizione italiana 


La teoria quantistica relativistica attualmente è ancora lontana dal- 
l'essere compiuta anche in rapporto ai princìpi fisici, che ne sono alla 
base. Questo si riferisce in particolare alla teoria delle interazioni forti 
e deboli. 

Già secondo la prima intenzione di L. D. Landau, in questo corso 
dovevano venir esposti solo quei risultati teorici che, con un ragionevole 
grado di sicurezza, sono fissati in modo certo e si collocano in un deter- 
minato sistema. In altre parole, l'esposizione non deve avvicinarsi troppo 
alla « prima linea » della fisica teorica. Avendo presente lo stato attuale 
della teoria, con questa impostazione ci si è dovuti in sostanza limitare 
all’elettrodinamica quantistica. 

Nell’esaminare le applicazioni concrete della teoria non ci siamo 
| proposti di abbracciare tutta l'enorme quantità degli effetti relativi al 
tema trattato, ma ci siamo limitati solo ai fenomeni principali, riman- 
dando ad alcuni lavori originali, contenenti uno studio più dettagliato. 
Nei calcoli lunghi e complessi spesso abbiamo tralasciato alcune formule 
intermedie, cercando sempre però di indicare tutti i punti rilevanti. 
Contemporaneamente occorre tener presente che, in confronto agli altri 
volumi di questo corso, il presente presuppone un più alto livello di 
preparazione da parte del lettore. 

Questo volume è stato scritto senza la partecipazione diretta del 
nostro maestro L. D. Landau, ma abbiamo cercato di attenerci a quello 
spirito ed a quel rapporto verso la fisica teorica, che egli ci ha sempre 
insegnato e che sono stati alla base degli altri volumi di questo corso. 
Spesso ci siamo domandati come si sarebbe comportato Landau davanti 
a questo o quel problema e abbiamo cercato di rispondere cosî, come ci 
suggeriva il pluriennale contatto con lui. 


PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA 11 


L'edizione russa di questo volume ha visto la luce in due parti negli 
anni 1968-1971. Non ci è stato possibile apportare aggiunte per l’edi- 
zione italiana e ci siamo dovuti limitare solo ad alcune riduzioni ed a 
correggere piccoli errori. 


Mosca, luglio 1975 
V. B. Berestetskij, 


E. M. LifSits, 
L. P. Pitaevskij 


Alcune notazioni 


Notazioni quadridimensionali 


Gli indici dei tensori quadridimensionali sono designati con lettere 


dell'alfabeto greco A, u, v, ..., suscettibili dei valori 0, 1, 2, 3 
La metrica adottata ha la segnatura (+———). Tensore metrico: 
Euv (E00 = 1. 81 = 822 = 833= —1) 


Componenti di un 4-vettore: at = (a°, a) 

Per semplificare la scrittura delle formule l’indice delle componenti 
di un 4-vettore viene spesso omesso!). In tal modo, i prodotti scalari 
di 4-vettori vengono scritti semplicemente come (ab) oppure ab: 
Raggio quadrivettore: x* = (#, »). Elemento di quadrivolume: d*7 
Operatore di derivazione rispetto alle coordinate quadridimensionali: 


O, = 90/dxt 

e. . ‘4°. , o ba o. 0123 _— 
4-tensore antisimmetrico unità: e4!Yà, definito come segue: e0123 — 
= —€9123 = +1 


Funzione delta quadridimensionale: 8 (a) = è (a)) È (a) 


Notazioni tridimensionali 


Gli indici dei tensori tridimensionali sono designati con lettere del- 
l’alfabeto latino î, £, l, ..., suscettibili dei valori x, y, z 
I vettori tridimensionali sono designati con lettere corsive in gras- 


setto 
Elemento di volume tridimensionale: d37 


Operatori 


Gli operatori sono designati con lettere in carattere diritto 
Gli operatori y sono designati con la relativa lettera in grassetto 


1) Questa forma di notazione è largamente usata nella letteratura scientifica 
contemporanea. Questo « compromesso » tra le risorse dell’alfabeto e le necessità 
della fisica richiede, naturalmente, un'attenzione particolare da parte del let- 
tore. 


ALCUNE NOTAZIONI 13 


Commutatorio anticommutatori di due operatori: {f, g}: = Îîg + gf 
Operatore trasposto: f 

Operatore aggiunto: f* 

Operatore di coniugazione di carica: C!) 

Operatore di inversione spaziale: P!) 

Operatore di inversione temporale: T?) 


Elementi di matrice 


Elemento di matrice di un operatore F relativo alla transizione da 
uno stato iniziale i allo stato finale f: 7}; oppure (f|F|iî) 

Il simbolo | i) viene usato per indicare uno stato a prescindere dalla 
rappresentazione concreta in cui può essere espressa la funzione d’on- 
da. Con il simbolo Xf | viene indicato lo stato finale (« coniugato com- 
plesso »)*) 

Corrispondentemente, con (s | r) vengono indicati i coefficienti dello 
sviluppo di un sistema di stati a numero quantico r in una sovrappo- 


sizione di stati a numeri quantici s: |r)= dI [s) (s|r) 


$ 
Elementi di matrice ridotti di tensori sferici: (f || || î) 


Equazione di Dirac 


Matrici di Dirac: y*, per le quali valgono le uguaglianze (79)? = 1, 
(9° = (99°? = (y3)? = —1. Matrici a = yy, B = y°. Espressioni 
in rappresentazione spinoriale e in rappresentazione standard: 
(21,3), (21,16), (21,20) (pagg. 99, 102) 

go = —iyyy9, (75)? = 1 (formula (22,18) a pag. 107) 

ov = 1/2 (y#y” — yYyF) (formula (28,2) a pag. 127) 

Prodotto di un quadrivettore con le matrici di Dirac: a = (ay) = 
calle = a,y" 

Coniugazione di Dirac: w = w*y° 

Matrici di Pauli: 6 = (0,, 0,, 0,); definizione a pag. 98 


Indici degli spinori quadridimensionali: a, B,...ea, f,...suscet- 


tibili dei valori 1, 2 e 1, 9 
Indici bispinoriali: i, k, l,... suscettibili dei valori 1, 2, 3, 4 


1) Dalle parole carica e parità. 

°) La lettera T viene usata anche come simbolo di cronologizzazione di 
prodotti di operatori. 

3) Simboli di Dirac. 


14 ALCUNE NOTAZIONI 


Trasformata di Fourier 


Trasformata tridimensionale 


f(#)= | f(M) este Tia, 


f(k)= | {(r)e-#r dz 


e analogamente per il caso quadridimensionale 


Unità 


Ovunque, se non è specificato il contrario, sono usate unità relati- 
vistiche nelle quali %ì = 41, c = 1. In queste unità per la carica ele- 
mentare si ha: e? = 1/137 

Unità atomiche: e = 1, Àù = 1, m= 1. In queste unità c = 137. 
Unità atomiche di lunghezza, di tempo e di energia: »°/me?, }8/mes 
e me*/h? (la quantità Ry = me‘/2h? è chiamata rydberg) 

Unità ordinarie: sistema assoluto di unità (sistema di Gauss) 


Costanti 


Velocità della luce: c = 2,998-10!° cm/s 

Carica elementare: e = 4,803-10-1° CGSE 

Massa dell'elettrone: m = 9,11-10728 g 

Costante di Planck: è = 1,055-107?7 erg-s 

Costante della struttura fina: a = e?/fic; 1/a = 137,04 

Raggio di Bohr: %*/me? = 5,292-107? cm 

Raggio classico dell’elettrone: r, = e?/mc? = 2,818-10-13 cm 
Lunghezza d’onda Compton dell'elettrone: fi/mc = 3,86-10711! cm 
Massa di quiete dell’elettrone mc? = 0,5110-108 eV 

Unità atomica d’energia: me*/h? = 4,36-107! erg = 27,21 eV 
Magnetone di Bohr: ek/2mc = 9,27-10721 erg- Gs" 

Massa del protone: m, = 1,673.10-24 g 

Lunghezza d'onda Compton del protone: X/mpc = 2,10-10714 cm 
Magnetone nucleare: el/2mpc = 5,05-1072 erg- Gs"! 


I rimandi agli altri volumi di questo corso sono indicati mediante 
i numeri relativi ai volumi stessi: I (« Meccanica », 1975), II (« Teoria 
dei Campi », 1975), III (« Meccanica Quantistica », 1976) 


Introduzione 


$ 1. Principio di indeterminazione nel campo relativistico 


Tutta la teoria quantistica esposta nel terzo volume di questo 
corso ha un carattere essenzialmente non relativistico, ed è applica- 
bile a fenomeni correlati con moti a velocità piccole rispetto alla 
velocità della luce. A prima vista si potrebbe pensare di realizzare 
il passaggio alla teoria relativistica mediante una più o meno diretta 
generalizzazione del formalismo della meccanica quantistica non 
relativistica. Considerando il problema più attentamente, ci si accor- 
ge però, che per la costruzione di una teoria relativistica logicamente 
chiusa è necessario ricorrere a principi fisici del tutto nuovi. 

Ricordiamo qui alcune idee fisiche che sono alla base della mec- 
canica quantistica non relativistica (III, $ 1). Abbiamo visto che un 
ruolo fondamentale è svolto dal concetto di misura, e cioè il processo 
di interazione di un sistema quantistico con un « oggetto classico » 
(« strumento »), a seguito del quale certe variabili dinamiche del 
sistema quantistico (coordinate, velocità, ecc.) assumono valori 
determinati. Abbiamo visto inoltre le restrizioni che la meccanica 
quantistica impone alla possibilità di determinazione simultanea 
delle diverse variabili dinamiche di un elettrone!). Ad esempio, gli 
intervalli di indeterminazione Aq e Ap, nei quali possono esistere 
simultaneamente la coordinata e l’impulso, sono legati dalla 
relazione Ag Ap — h?); quanto maggiore è la precisione con cui 
è misurata una di queste due quantità, tanto minore è la 
precisione con cui può essere simultaneamente misurata l’altra. 

È essenziale, tuttavia, che ciascuna delle variabili dinamiche 
dell'elettrone possa venire misurata separatamente con una preci- 
sione arbitrariamente grande e in un intervallo di tempo arbitraria- 
mente piccolo. Questo fatto ha un’importanza fondamentale in 
tutta la meccanica quantistica non relativistica. Soltanto grazie 
ad esso, infatti, è possibile introdurre il concetto di funzione d’onda, 


._ 1) Come nel vol. III, per brevità, si parla qui dell’elettrone, intendendo 
riferirsi ad un qualsiasi sistema quantistico. 

P 2) In questo paragrafo usiamo le stesse unità di misura dei volumi pre- 
cedenti. 


16 INTRODUZIONE 


concetto che è fondamentale nel formalismo di questa teoria. Il 
senso fisico della funzione d’onda + (g) è costituito dal fatto che il 
quadrato del suo modulo determina la probabilità che, in seguito ad 
una misura eseguita in un dato istante di tempo, le coordinate del- 
l’elettrone assumano certi determinati valori. È chiaro che premessa 
indispensabile per l'introduzione del concetto di probabilità, inteso 
come è stato appena specificato, è che sia possibile, in linea di prin- 
cipio, fare misure arbitrariamente precise e rapide; in caso contrario 
questo concetto si svuoterebbe di contenuto e perderebbe il suo senso 
fisico. 

L'esistenza di una velocità limite (la velocità della luce c) com- 
porta nuove limitazioni fondamentali alla possibilità di misura delle 
diverse grandezze fisiche (L. D. Landau, R. Peierls, 1930). 

Nel vol. III, $ 44 è stata ottenuta la relazione 


(v — v) Ap At fi (1,4) 


che lega l'indeterminazione Ap della misura dell’impulso dell’elet- 
trone con la durata del processo stesso di misura At; v e v' sono le 
velocità dell’elettrone rispettivamente prima e dopo la misura. Da 
questa relazione segue che per ottenere una misura sufficientemente 
precisa dell'impulso in un intervallo di tempo sufficientemente breve 
{cioè per ottenere un Ap sufficientemente piccolo in un At sufficien- 
temente breve) è necessaria una variazione sufficientemente grande 
della velocità dovuta allo stesso processo di misura. Nella teoria 
non relativistica questa circostanza porta all’impossibilità di ripetere 
le misure dell’impulso a piccoli intervalli di tempo, ma non intacca 
minimamente la possibilità di principio di eseguire un'unica misura 
dell'impulso con una precisione arbitrariamente grande, poiché la 
differenza v’" — v può essere resa grande a piacere. 

L'esistenza di una velocità limite cambia radicalmente la situa- 
zione. La differenza v’ — v, come le velocità stesse, non può ora 
essere maggiore di c (più esattamente di 2c). Sostituendo nella (1,1) 
v — v conc, si ottiene la relazione 


Aphto? (1,2) 


che determina la massima precisione ottenibile nel processo di misura 
dell'impulso per una data durata del processo stesso (At). Nella teoria 
relativistica risulta quindi impossibile per principio una misura 
dell'impulso arbitrariamente precisa e rapida. Una misura precisa 
dell'impulso (Ap + 0) è possibile solo nel caso limite di una durata 
infinita del processo di misura. 

Cambiamenti non meno profondi subisce anche la possibilità di 
misura della coordinata: nella teoria relativistica essa risulta misu- 
rabile solo con una precisione che non supera un determinato limite 


INTRODUZIONE 17 


minimo. Con ciò il concetto di localizzazione dell'elettrone è soggetto 
ad ulteriori limitazioni del proprio senso fisico. 

Nel formalismo matematico della teoria questo fatto si manifesta 
nella incompatibilità di una misura esatta della coordinata con l'af- 
fermazione che l’energia di una particella libera è positiva. Come si 
vedrà in seguito, il sistema completo delle autofunzioni dell’equa- 
zione d’onda relativistica di una particella libera include (accanto 
alle soluzioni con una « giusta » dipendenza dal tempo) anche solu- 
zioni di « frequenza negativa ». Nel caso generale, queste funzioni 
entreranno nello sviluppo del pacchetto d'onde che descrive un elet- 
trone localizzato in una piccola regione dello spazio. 

Le funzioni d’onda di « frequenza negativa » sono legate, come 
verrà mostrato in seguito, all'esistenza di antiparticelle: i positroni. 
La comparsa di queste funzioni nello sviluppo del pacchetto d’onde 
significa, nel caso generale, l’inevitabile generazione della coppia 
elettrone-positrone nel processo di misura delle coordinate dell’elet- 
trone. La comparsa di nuove particelle, non controllabile mediante 
il processo stesso, in modo evidente priva di senso la misura delle 
coordinate dell'elettrone. 

Nel sistema di quiete dell'elettrone l’errore minimo nella misura 
delle sue coordinate è dato dalla relazione 

h 
Aq di me * (1,3) 
A questo valore (l’unico ammissibile anche per considerazioni di- 
mensionali) corrisponde l’indeterminazione dell’impulso Ap — mne, 
che, a sua volta, corrisponde all’energia di soglia per la generazione 
di una coppia particella-antiparticella. 

Nel sistema di riferimento nel quale l’elettrone possiede l’energia 

e, in luogo della (1,3) si avrà 

qnt. (1,4) 
In particolare, nel caso limite ultrarelativistico, l'energia è legata 
all'impulso dalla relazione € = cp, e allora 


aqri, (1,5) 
cioè l’errore Aq coincide con la lunghezza d’onda di De Broglie 
della particella. 

Per i fotoni ha sempre luogo il caso ultrarelativistico; per essi 
vale sempre dunque la relazione (1,5). Questo significa che parlare 
di coordinate di un fotone ha senso solo in quei casi in cui le quantità 
che caratterizzano il problema sono grandi rispetto alla lunghezza 
d'onda. Questo non è altro che il caso limite « classico », corrispon- 
dente all’ottica geometrica, nella quale si può parlare di propagazione 
della luce lungo traiettorie raggio. Nel caso quantistico, dove la 


18 INTRODUZIONE 


lunghezza d'onda non può essere considerata piccola, il concetto di 
coordinate di un fotone non ha senso. Vedremo più avanti ($ 4) che 
nel formalismo matematico della teoria, la non misurabilità delle 
coordinate del fotone si manifesta già nell’impossibilità di formare, 
mediante la sua funzione d’onda, una quantità che possa venire in- 
terpretata come densità di probabilità che soddisfi la condizione di 
invarianza relativistica. 

Da quanto detto risulta chiaro che, in una meccanica quantistica 
relativistica coerente, le coordinate delle particelle non possono figu- 
rare in qualità di variabili dinamiche, che, per loro stessa natura, 
devono avere un significato preciso. Nemmeno il concetto di impulso 
può essere conservato senza cambiamenti. Poiché la misura esatta 
dell'impulso richiede un tempo sufficientemente lungo, risulta im- 
possibile seguire l'andamento delle sue variazioni durante il processo 
di misura. 

Ricordando quanto detto all’inizio di questo paragrafo, si arriva 
alla conclusione che tutto il formalismo della meccanica quantistica 
non relativistica diventa inadeguato nel passaggio al campo relati- 
vistico. Le funzioni d’onda w (g), intese nel loro senso primitivo, in 
quanto portatrici di una informazione non osservabile, non possono 
figurare nell’apparato di una teoria relativistica coerente. 

L’impulso può figurare in una teoria coerente solo nel caso di 
particelle libere, per le quali esso si conserva e può venire dunque 
misurato con una precisione arbitraria. Si può quindi pensare che la 
futura teoria dovrà rinunciare, in generale, a seguire l'evoluzione dei 
processi di interazione di particelle. Essa dimostrerà che in questi 
processi non esistono caratteristiche fisiche determinabili esatta- 
mente (neanche nei limiti di una precisione quantomeccanica « clas- 
sica »), e quindi una descrizione nel tempo di un processo risulterà 
altrettanto illusoria quanto si sono rivelate illusorie le traiettorie 
classiche nella meccanica quantistica non relativistica. Le uniche 
grandezze osservabili saranno le caratteristiche (impulsi, polarizza- 
zioni) delle particelle libere: le particelle iniziali che entrano in 
interazione e quelle che compaiono a risultato del processo (L.D. Lan- 
dau, R. Peierls, 1930). 

Il problema specifico della teoria quantistica relativistica con- 
siste nella determinazione delle ampiezze di probabilità delle transi- 
zioni che legano stati iniziali e stati finali dati (per t + #00) di un 
sistema di particelle. L'insieme di queste ampiezze di transizione tra 
tutti gli stati possibili forma la matrice di diffusione o matrice S. 
In questa matrice sarà tutta l’informazione circa i processi di intera- 
zione di particelle, informazione che ha un significato fisico osserva- 
bile (W. Heisenberg, 1938). 

Notiamo inoltre che in questa teoria devono perdere il loro pri- 
mitivo significato anche i concetti di « elementarità » e di « comples- 
sità » delle particelle, cioè la questione della costituzione degli 


INTRODUZIONE 49 


oggetti. Questo problema non può essere formulato senza considerare 
i processi di interazione delle particelle; non prendere in considera- 
zione questi processi equivale, quindi, a svuotare di contenuto il 
problema posto. Tutte le particelle che figurano come iniziali o 
come finali in qualsiasi fenomeno fisico di collisione devono entrare 
nella teoria con « parità di diritti ». In questo senso, la differenza tra 
particelle che vengono di solito definite « composte » o « elementari » 
ha un carattere puramente quantitativo e si riduce alla grandezza 
relativa del difetto di massa rispetto alla disintegrazione nelle 
« parti componenti ». Per esempio, l’affermazione che il deutone è 
una particella composta (l'energia di legame è relativamente piccola 
rispetto alla disintegrazione in protone e neutrone) differisce solo 
quantitativamente dall’affermazione che il neutrone è « composto » 
da un protone e da un mesone x. 

Fino ad oggi una teoria quantistica relativistica”completa, logi- 
camente chiusa, non è ancora stata costruita. Avremo modo di vedere 
che la teoria esistente introduce aspetti fisici nuovi nella descrizione 
dello stato delle particelle, che arriva ad assumere i tratti caratteri- 
stici della teoria dei campi (vedi $ 10). Tuttavia la teoria viene oggi 
costruita, in larga misura, per analogia e con l’aiuto delle nozioni 
della meccanica quantistica. Una tale costruzione della teoria ha 
dato risultati positivi nel campo dell’elettrodinamica quantistica. 
Il fatto che questa teoria non sia logicamente chiusa si manifesta 
nell’apparizione di espressioni divergenti quando si applica diretta- 
mente il suo formalismo matematico. Esistono, però, metodi assolu- 
tamente univoci che permettono di eliminare queste divergenze. 
Ciononostante questi metodi conservano per lo più un carattere di 
criteri semiempirici, e la sicurezza sull’esattezza dei risultati ottenuti 
in questo modo è fondata solo sulla loro concordanza con i risultati 
sperimentali, e non su una concordanza interna e su un’eleganza logica 
dei principi fondamentali della teoria. 

Una situazione completamente differente si ha nella teoria dei 
fenomeni connessi con le cosiddette interazioni forti delle particelle 
(forze nucleari). In questo campo, i tentativi di costruire una teoria, 
basata sugli stessi metodi, non hanno portato a risultati fisici di 
una qualche importanza. La costruzione di una teoria completa che 
includa anche le interazioni forti richiederà presumibilmente princi- 
pi fisici completamente nuovi. 


Capitolo I 


FOTONI 


$ 2. Quantizzazione del campo elettromagnetico libero; 


Per poter considerare il campo elettromagnetico come un oggetto 
quantistico, conviene partire dalla descrizione classica del campo, in 
cui esso è caratterizzato da un insieme discreto, anche se infinito, 
di variabili; questo metodo permette di usare direttamente il for- 
malismo solito della meccanica quantistica. Per quel che concerne 
la rappresentazione del campo mediante potenziali dati in ogni punto 
dello spazio essa è, in sostanza, una descrizione mediante un insieme 


continuo di variabili. 
Sia A(r, t)il potenziale vettore del campo elettromagnetico libero 
che soddisfa la « condizione di trasversalità » 


div A = 0. (2,1) 

Allora il potenziale scalare D = 0 e per i campi E e Hsi ha 
E=-A, H=votA. (2,2) 
Le equazioni di Maxwell si riducono ad un'equazione d’onda per A: 
0A | 
NA-T — Vo (2,3) 


Come è noto (vedi II, $ 52), in elettrodinamica classica il pas- 
saggio ad una descrizione mediante un insieme discreto di variabili 
si realizza considerando il campo in una regione grande ma finita 
dello spazio V!). Ricordiamo qui il procedimento senza entrare nel 


dettaglio dei calcoli. 
In un volume di spazio finito il campo può essere scomposto in 
onde piane progressive, cosi che il suo potenziale è rappresentato 


mediante una serie del tipo 
A= di (ase*ttafe-!), (2,4) 
k 


dove i coefficienti ax dipendono dal tempo secondo la legge 
ar vet, o=|kl. (2,9) 


1) Per evitare di caricare le formule di indici, porremo V = 1. 


FOTONI %U 


Per la condizione (2,1) i vettori complessi @x sono ortogonali ai 
corrispondenti vettori d'onda: a,xk = 0. 

La sommatoria nella (2,4) viene fatta su un insieme infinito e di- 
screto di valori del vettore d'onda (le cui tre componenti sono k,, ky; 
k,). Il passaggio all’integrazione su una distribuzione continua può 
essere effettuato mediante l’espressione 

dk 
(270)3 


che dà il numero dei possibili valori di X riferiti all'elemento di 
volume dello spazio X, ossia d°% = dk, dk, dk,. 

Nel volume considerato il campo è "determinato completamente 
dai vettori ax. In talmodo, queste grandezze si possono considerare 
come un insieme discreto di « variabili classiche di campo ». Per 
realizzare il passaggio alla teoria quantistica è necessario, tuttavia, 
fare ancora una trasformazione di queste variabili, in conseguenza 
della quale le equazioni di campo assumano forma analoga a quella 
delle equazioni canoniche (equazioni di Hamilton) della meccanica 
classica. Le variabili canoniche del campo sono determinate dalle 
relazioni 


(Ax de ak), 


1 
— iv ba 
P _ —r—r {A — a* == 
k Vi (Ax k)= Qk 
(queste variabili sono, evidentemente, reali). Il potenziale vettore si 
esprime attraverso le variabili canoniche secondo la relazione 


A=V 45 D (Qx cos kr—;i Pxsenkr). (2,7) 
k 


(2,6) 


Per trovare la funzione di Hamilton Y occorre calcolare l’energia 
totale del campo 


7 | (E2+ H?){d3z, 


esprimendola attraverso Qx, Px.Rappresentando A nella forma (2,7), 
calcolando E e H secondo la (2,2) e integrando, otteniamo 


H=5 Y (Pr+0ì). 
k 


Ciascun vettore Px, e Qx è perpendicolare al vettore d’onda È, 
cioè ha due componenti indipendenti. La direzione di questi vettori 
determina la direzione della polarizzazione dell'onda corrispondente. 
Indicando le due componenti dei vettori Q x, Px (nel piano perpendi- 
colare a X) con Qka, Pra (A = 1, 2), trascriviamo la funzione di 


22 CAPITOLO I 


Hamilton nella forma 


H=Y 4 (Pha+0%0ta). (2,8) 
jka 

In tal modo, la funzione di Hamilton si scinde nella somma di 
membri indipendenti, ognuno dei quali contiene una coppia delle 
quantità Qra, Pka-; Ogni membro di questo tipo corrisponde ad 
un'onda progressiva con un dato vettore d’onda e una data polariz- 
zazione ed ha la forma della funzione di Hamilton di un oscillatore 
armonico unidimensionale. Per questa ragione, si parla della scom- 
posizione ottenuta come di una scomposizione del campo in oscilla- 
tori. 

Passiamo ora alla quantizzazione del campo elettromagnetico 
libero. Il metodo classico di descrizione del campo, appena esposto, 
rende evidente il modo in cui si può realizzare il passaggio alla teoria 
quantistica. Le variabili canoniche, cioè le coordinate generalizzate 
Qra ® gli impulsi generalizzati Px,, devono ora essere considerati 
come operatori con la seguente regola di commutazione 

ProQia— QuaPia= —i (2,9) 
(gli operatori con Ka differenti commutano tra di loro). Insieme ad 
essi diventano operatori anche il potenziale A e (in accordo con 
la (2,2)) icampi Ee H. 

La determinazione dell’hamiltoniano del campo richiede il 
calcolo dell’integrale 

H=7- | (E: + H?) d*z, (2,10) 


in cui Ee H sono espressi mediante gli operatori Pxg e QÒa. In pra- 
tica, tuttavia, la non commutabilità di questi ultimi non si manife- 
sta in alcun modo, poiché i prodotti Qxg Pxx entrano con il fattore 
cos fer sen Zr, che si annulla nell’integrazione su tutto il volume. Per 
l’hamiltoniano si ottiene quindi l’espressione 


î È 
H=Y + (Pia + 00082), (2,14) 
ka 


che corrisponde esattamente alla funzione classica di Hamilton, 
come era naturale attendersi. 

La determinazione degli autovalori di questo hamiltoniano non 
richiede calcoli particolari, poiché si riduce al noto problema della 
determinazione dei livelli energetici di oscillatori lineari (vedi III, 
$ 23). Quindi, per i livelli energetici del campo possiamo scrivere 


immediatamente i 
E=V(Nta+3)® (2,12) 
ka 


dove Nk, sono numeri interi. 


FOTONI 23 


Esamineremo questa formula nel paragrafo seguente; ora scriviamo 
gli elementi di matrice delle quantità Qx, cosa che si può fare usando 
direttamente le note formule per gli elementi di matrice delle coor- 
dinate di un oscillatore (vedi III, $ 23). Gli elementi di matrice 
diversi da zero sono 


I Nia 
(NralQra|Nra—1)=(Nra—1|Qra{ Nxa)=V ze (2,19) 


Gli elementi di matrice delle quantità Pr, = Qka differiscono dagli 
elementi di matrice di Q,, soltanto per il fattore +io. 

Nei calcoli che seguiranno risulterà più comodo, tuttavia, usare 
al posto delle quantità Qxg, Pka le loro combinazioni lineari 00xg + 
+ iPxa, che hanno elementi di matrice diversi da zero solo per le 
transizioni Nka > Nka + 1. In relazione a questo introduciamo 
gli operatori 


== (0Qra na iPra)» Cha = ca nr (0Qra a iP, a) (2,14) 


(le grandezze classiche cxa, cty coincidono, a meno del fattore V 21/@, 
con i coefficienti axa, dka nello sviluppo (2,4)). Gli elementi di 
matrice di questi operatori sono 


Nxra—1 Icka [Nra) = (Nxa|ckal Nra—1)=V Nika (2,109) 

La regola di commutazione degli operatori cxy e Ckg si ottiene me- 
diante le relazioni (2,14) e le regole (2,9): 

CraCka — ChkaCka = 1. (2,16) 

Per il potenziale vettore ritorniamo alla scomposizione (2,4), 


dove, però, i coefficienti sono ora degli operatori. Scriviamo la 
(2,4) nella forma 


A= Di (Cra Ara + Cia Aka), (2,17) 
(09 
dove 
— pla) 
Ara=V4n = eil, (2,18) 
20 


Abbiamo qui introdotto le notazioni e“ per i versori, che indicano 
la direzione della polarizzazione degli oscillatori. I versori e‘® sono 
perpendicolari al vettore d’onda # e per ogni X% si hanno due polariz- 
zazioni indipendenti. 

In modo analogo per gli operatori E e H scriviamo 


E= Da (Cra Era + Cha Eta), 
‘x 


(2,19) 
H= 2) (Cral ka È ChaHa) 


24 CAPITOLO 1 


dove 
E ka n IWA ras H ka = [M Exa] (n == k/o). (2,20) 
I vettori Ax, sono mutuamente ortogonali nel senso che 
2 
| ArcAkra' da = aa'dxk' (2,21) 


In effetti, se Ax e Aa’ Si differenziano per i vettori d'onda, il 
loro prodotto conterrà allora il fattore e?*-€"”", che si annulla nel- 
l'integrazione su tutto il volume; se invece essi si differenziano solo 
per le polarizzazioni, si ha allora e‘Wel(@)* = 0, poiché le due dire- 
zioni indipendenti della polarizzazione sono tra loro perpendicolari. 
Relazioni analoghe sono valide per i vettori Exg, Hxa. È comodo 
scrivere la condizione di normalizzazione di queste ultime quantità 
nella forma 


| | (EroEk'a + H xaH'a) d'x = OÒxkÒaa”- (2,22) 


Sostituendo gli operatori (2,19) nella (2,10) e integrando usando 
la (2,22), otteniamo l’hamiltoniano del campo espresso mediante 
gli operatori Cka; Cka: 


1 + + 1 
H= vi > (CraCka + CkaCka) 77 | (I Exa + Ha |?) d'x= 
ka 


=D L0(ckatta+ chatka). (2,23) 


ka 


Questo operatore, nella rappresentazione considerata (gli elementi 
di matrice degii operatori c, c* sono dati dalla (2,15)), è diagonale e 
i suoi autovalori coincidono, ovviamente, con la (2,12). 

Nella teoria classica l’impulso del campo è determinato dal- 


l'integrale 
4 
P=7- | (EH|dr. 


Nel passaggio alla teoria quantistica si opera la sostituzione di .É 
e H con gli operatori (2,19) e si arriva facilmente all’espressione 


P= 3 4 (Pia +0%0%a) n (2,24) 
ka 


in corrispondenza con la nota relazione classica tra energia e impulso 
di onde piane. Gli autovalori di questo operatore sono 


P=Sk(Nxa+3). (2,25) 


FOTONI O 25. 


La rappresentazione di operatori, realizzata mediante gli elementi 
di matrice (2,15), è la « rappresentazione dei numeri di occupazione »; 
essa risponde alla descrizione degli stati del sistema (del campo) 
mediante l’assegnazione dei numeri quantici Nxg (numeri di occupa- 
zione). In questa rappresentazione gli operatori di campo (2,19) 
(e con essi anche l’hamiltoniano (2,11)) agiscono sulla funzione d’onda 
del sistema, espressa in funzione dei numeri di occupazione Nka; 
indichiamo questa funzione con D (Nx,, *). Gli operatori di campo 
(2,19) non dipendono esplicitamente dal tempo. Questo corrisponde 
alla rappresentazione di Schròdinger degli operatori, usata di solito 
nella meccanica quantistica non relativistica. Dipendente dal tempo 
risulta lo stato del sistema ® (Na, t), e questa dipendenza è determi-- 
nata dall’equazione di Schròdinger 


. 0D 
t Gi = HD. 

Questa descrizione del campo è relativisticamente invariante, 
poiché si basa sulle equazioni invarianti di Maxwell. Questa inva- 
rianza non è però esplicita, innanzitutto perché le coordinate spaziali 
e il tempo compaiono in questa descrizione in modo molto asimme- 
trico. 

Nella teoria relativistica è opportuno dare alla descrizione una 
forma più chiaramente invariante. A questo scopo occorre ricorrere 
alla cosiddetta rappresentazione di Heisenberg, nella quale la di- 
pendenza esplicita dal tempo passa agli operatori (vedi III, $ 13). 
In tal modo, il tempo e le coordinate compariranno in modo simmetri- 
co nelle espressioni degli operatori di campo, e lo stato del sistema D 
sarà funzione soltanto dei numeri di occupazione. 

Per l’operatore A il passaggio alla rappresentazione di Heisenberg 
si riduce alla sostituzione in ogni membro della somma (2,17) del 
fattore ei*” con il fattore ei(*7-©4), si riduce cioè al fatto che per Aka 
occorre intendere la seguente funzione dipendente dal tempo 

(&) 


Ana=V 4% 75x evi(ot-kr), (2,26) 


Di questo è facile convincersi notando che l’elemento di matrice 
di un operatore di Heisenberg per la transizione î + f deve contenere 
il fattore exp {—i (E; — E) t}, dove E, e E; sono, rispettivamente, 
l'energia dello stato iniziale e finale (vedi III, $ 13). Per transizioni 
con diminuzione o aumento di N, di 1 questo fattore si riduce a 
e-ict oppure a e'®' rispettivamente. La sostituzione sopraindicata 
soddisfa questa richiesta. 

In seguito (sia se si considererà il campo elettromagnetico che i 
campi di particelle) si intenderà ovunque che si lavora nella rappre- 
sentazione di Heisenberg degli operatori. 


26 CAPITOLO I 


$ 3. Fotoni 


Esaminiamo ora le formule della quantizzazione del campo che 
abbiamo ottenuto. 

Notiamo innanzitutto che la formula (2,12) per l’energia del cam- 
po presenta la seguente difficoltà: il livello energetico più basso del 
«campo si ha quando i numeri quantici Nx, di tutti gli oscillatori 
sono uguali a zero (questo stato è chiamato stato di vuoto del campo 
elettromagnetico). Anche in questo stato però ogni oscillatore possiede 
un’« energia di punto zero » w/2 diversa da zero. Sommando sul 
nurcero infinito di oscillatori otteniamo infinito. In tal modo incon- 
triamo una delle « divergenze » che conseguono dal fatto che la teoria 
‘esistente non è del tutto logicamente chiusa. 

Finché si tratta degli autovalori dell’energia del campo, questa 
difficoltà può essere eliminata semplicemente cancellando le energie 
delle oscillazioni di punto zero, ossia scrivendo l'energia e l’impulso 
«del campo come segue!): 


E=>iNugo, P=\ Nyak. (3,1) 
ka ka 


Queste formule permettono di introdurre il concetto, fondamentale 
per tutta l’elettrodinamica quantistica, di quanti di luce o fotoni?). 
Ossia, noi possiamo considerare il campo elettromagnetico libero 
come un insieme di particelle, ognuna delle quali possiede l’energia 
o (=h@)e l'impulso X(=nw/c). La relazione fra energia e impulso 
di un fotone è la stessa che esiste in meccanica relativistica per le 
particelle di massa di quiete nulla che si muovono alla velocità della 
luce. I numeri di occupazione Nx, prendono il significato del numero 
di fotoni con ifdati impulsi % e le date polarizzazioni e®. La pro- 
prietà di polarizzazione del fotone è analoga al concetto di spin per 
le altre particelle (le proprietà specifiche del fotone a questo riguardo 
verranno esaminate più avanti nel $ 6). 

E facile vedere che tutto il formalismo matematico, sviluppato 
nel paragrafo precedente, risulta pienamente corrispondente alla 
rappresentazione del campo elettromagnetico come di un insieme di 
fotoni; questo non è altro che l’apparato del metodo della seconda 
quantizzazione applicato ad un sistema di fotoni*). In questo metodo 
(vedi III, $ 64) il ruolo di variabili indipendenti è svolto dai numeri 
di occupazione degli stati e gli operatori agiscono sulle funzioni di 


ì) Questa cancellatura può essere fatta formalmente, in maniera non contrad- 
ditoria, convenendo di intendere i prodotti nella (2,10) come prodotti « norma- 
li », ossia tali che gli operatori c+ si trovino sempre a sinistra degli operatori c. 


La formula (2,23) si scriverà allora nella forma H = di Oka ka: 


ko 
2) Il concetto di fotone fu introdotto da A. Einstein (1900). 
3) Il metodo della seconda quantizzazione nell’applicazione alla teoria 
«della radiazione fu sviluppato da P. A. M. Dirac (1927). 


FOTONI 27 


“ 


questi numeri. Il ruolo fondamentale è svolto dagli operatori di 
« annichilazione » e di « creazione » di particelle, operatori che dimi- 
nuiscono o aumentano di un'unità il numero di occupazione. Di 
questo tipo sono gli operatori cxa, Cha: l'operatore cx, distrugge un 
fotone nello stato Xa, e c}, Crea un fotone in questo stesso stato. 

La regola di commutazione (2,16) corrisponde al caso di particelle 
che obbediscono alla statistica di Bose. Quindi i fotoni sono dei 
bosoni, come era da aspettarsi sin dall’inizio: il numero ammissibile 
di fotoni in qualsiasi stato deve essere arbitrario (ritorneremo ancora 
sull'importanza di questo fatto nel $ 5). 

Le onde piane Ax, (2,26), che figurano nell’operatore A (2,17) 
in qualità di coefficienti davanti agli operatori di annichilazione di 
fotoni, possono essere considerate come funzioni d'onda di fotoni 
che hanno determinati impulsi % e determinate polarizzazioni e‘®. 
Questa trattazione corrisponde allo sviluppo dell’operatore w in 
serie di funzioni d'onda degli stati stazionari di una particella nel 
formalismo non relativistico di seconda quantizzazione (a differenza 
di quest’ultimo, iuttavia, nello sviluppo (2,17) entrano sia gli ope- 
ratori di annichilazione che gli operatori di creazione di particelle; 
il significato di questa differenza verrà chiarito più avanti; vedi $ 12). 

La funzione d'onda (2,26) è normalizzata con la condizione 


{ad Era[+|Hxa})dz=0. (9,2) 


Questa è la normalizzazione su « un fotone per il volume V = 1». 
In effetti, l'integrale nella parte sinistra dell’uguaglianza rappre- 
senta il valore quantomeccanico medio dell’energia di un fotone 
nello stato con la data funzione d'onda (questa interpretazione risulta 
evidente dalla rappresentazione dell’hamiltoniano nella forma della 
(2,23) alla prima riga)!). Nel membro a destra dell'uguaglianza (3,2) 
c’è l’energia di un fotone. 

Il ruolo dell’« equazione di Schròdinger » per il fotone è svolto 
dalle equazioni di Maxwell. Nel caso considerato (per il potenziale 
A (», t) che soddisfa la condizione (2,1)) l'equazione d'onda è 

0A 

svi —AA=0. 
Le « funzioni d'onda » del fotone nel caso generale di stati stazionari 
qualsiasi sono date dalle soluzioni complesse di questa equazione, la 
dipendenza dal tempo essendo data dal fattore e7'®*., 

Parlando di funzione d’onda del fotone, sottolineiamo ancora 
una volta che essa non può essere considerata come l'ampiezza di 


1) Richiamiamo l'attenzione sul fatto che il coefficiente 1/4x nell’integrale 
(3,2) è due volte DIARZiore del coefficiente 1/87 nella (2,10). Questa differenza è 
legata, i in ultima analisi, con la complessità dei vettori E,,: Hka: 2 differenza 


degli operatori di campo E, H, che sono reali.. 


28 CAPITOLO I 


probabilità della localizzazione spaziale del fotone, contrariamente 
al significato fondamentale della funzione d’onda nella meccanica 
quantistica non relativistica. Questo è legato al fatto che (come è 
stato detto nel $ 1) il concetto di coordinate di un fotone non ha senso 
fisico. Sull’aspetto matematico di questa situazione ritorneremo 
ancora alla fine del paragrafo seguente. 

Le componenti dello sviluppo di Fourier della funzione A (x, #) 
secondo le coordinate formano la funzione d’onda del fotone nella 
rappresentazione degli impulsi; la indicheremo con A(%, t) = 
= A(Xk) e-i!, Cosi, per uno stato con un dato impulso X e una data 
polarizzazione e‘®, la funzione d’onda nella rappresentazione degli 
impulsi è data semplicemente dal coefficiente davanti al fattore 
esponenziale nella (2,26): 

Axa(k', a')=V 4n 


ele 


) 
Di Oria (3,3) 
In relazione alla misurabilità dell'impulso di una particella libe- 
ra la funzione d'onda nella rappresentazione degli impulsi ha un 
senso fisico più profondo che non la funzione d'onda nella rappresen- 
tazione delle coordinate: essa dà la possibilità di calcolare le proba- 
bilità wx, dei diversi valori dell’impulso e della polarizzazione del 
fotone che si trova nello stato considerato. Secondo le regole generali 
della meccanica quantistica wx, è determinata dal quadrato dei 
moduli dei coefficienti dello sviluppo della funzione A (7') secondo 
le funzioni d’onda di stati con determinati X e e(® : 


wra © | » Ata(k', a') A(k')|? 
de Ag 


(il coefficiente di proporzionalità dipende dalla condizione di nor- 
malizzazione). Sostituendo con la (3,3) otteniamo 


Wra | eMA (K)]?. (3,4) 


Sommando sulle due polarizzazioni troviamo la probabilità per il 
fotone di avere l’impulso X: 


ws | A(X) 2. (3,5) 


$ 4. Invarianza di gauge 


Come è noto, la scelta dei potenziali del campo nell’elettrodina- 
mica classica non è univoca: le componenti del 4-potenziale A, 
possono essere sottoposte a qualsiasi trasformazione di gauge (o gra- 
diente) del tipo 
Ay>Ant9,y% (4,4) 
dove y è una funzione qualsiasi delle coordinate e del tempo (vedi II, 
$ 18). 


FOTONI 29 


Per un'onda piana, se ci si limita a trasformazioni che non cam- 
biano la forma del potenziale (la sua proporzionalità al fattore 
exp (—ik,c")), la non univocità si riduce: alla possibilità di ag- 
giungere all’ampiezza d’onda un quadrivettore qualsiasi, proporzionale 
al quadrivettore kh. 

La non univocità del potenziale si conserva, naturalmente, anche 
nella teoria quantistica relativamente agli operatori di campo o alle 
funzioni d’onda dei fotoni. Senza precisare il modo con cui si scelgono 
i potenziali, è necessario scrivere, al posto della (2,17), uno sviluppo 
analogo per il 4-potenziale operatore 

A"= > (Cra Aka * chaAka ’ (4,2) 


45 ka 


go 
dove le funzioni d'onda At, sono dei quadrivettori del tipo 


MR E l 
MeV en egeb*= — 1, 
(0) 


oppure, in una forma più breve, omettendo gli indici dei vettori 
quadridimensionali 
An=V4n——=e-#%, eet=—1, 4,3 
kh V VA ( ’ ) 
dove il 4-impulso X#H = (®, K) (cosi che Xz= ot — Xkr), e e è il quadri- 
vettore unità di polarizzazione!). 
Limitandosi alle trasformazioni di gauge, che non cambiano la 
dipendenza della funzione (4,3) dalle coordinate e dal tempo, queste 
trasformazioni si riducono alla sostituzione 


en > ent vin (4,4) 
dove x = Y(XH#) è una funzione qualsiasi. La trasversalità della 


polarizzazione significa che esiste sempre un « gauge » tale che in 
esso il quadrivettore e ha la forma 


et = (0, e), ek=0 (4,5) 


(questo gauge lo chiameremo trasversale tridimensionale). La formu- 
lazione invariante quadridimensionale di questa condizione si scrive 


ek = 0. (4,6) 
Notiamo che questa condizione (come anche la condizione di 
normalizzazione ee* = —1) non viene violata dalla trasformazione 


(4,4) in conseguenza del fatto che X? = 0. D'altra parte, l’annullarsi 
del quadrato del 4-impulso di una particella comporta che quest'’ulti- 


1) L’espressione (4,3) non ha una forma completamente covariante (quadri- 
vettoriale); questo è legato al carattere non invariante della normalizzazione da 
noi scelta sul volume finito V = 1. Questo fatto, tuttavia, non è fondamentale 
e si riscatta pienamente con i vantaggi offerti da questa condizione di normaliz- 
zazione. Vedremo più avanti che essa assicura un modo semplice e automatico 
per ottenere le quantità fisiche reali nella forma invariante necessaria. 


30 CAPITOLO I 


ma ha massa zero. Si chiarisce cosi il legame tra l’invarianza di 
gauge e il fatto che il fotone abbia massa zero (altri aspetti di questo 
legame saranno considerati nel $ 14). 

Nessuna grandezza fisica misurabile deve cambiare in una tra- 
sformazione di gauge delle funzioni d’onda dei fotoni che intervengono 
nel processo. La condizione di invarianza di gauge svolge nell’elet- 
trodinamica quantistica un ruolo ancora più importante che non 
nella teoria classica. Vedremo sulla base di numerosi esempi come 
essa costituisca, insieme alla condizione di invarianza relativistica, 
un potente principio euristico. 

A sua volta l’invarianza di gauge della teoria è strettamente 
legata con la legge di conservazione della carica elettrica; su questo 
aspetto ci fermeremo nel $ 43. 

Abbiamo già accennato nel paragrafo precedente al fatto che la 
funzione d’onda del fotone, nella rappresentazione delle coordinate, 
non può essere interpretata come l'ampiezza di probabilità della 
sua localizzazione spaziale. Matematicamente questo fatto si mani- 
festa nell’impossibilità di comporre mediante la funzione d’onda 
una grandezza che possa, per le sue proprietà formali, svolgere il 
ruolo della densità di probabilità. Questa grandezza dovrebbe essere 
espressa mediante una combinazione bilineare essenzialmente positi- 
va della funzione d'onda A, e della sua coniugata complessa. Inoltre 
essa dovrebbe soddisfare determinate condizioni di covarianza rela- 
tivistica, rappresentare cioè la componente temporale di un quadri- 
vettore (in effetti, l'equazione di continuità, che esprime la con- 
servazione del numero di particelle, nella forma quadridimensionale 
si scrive ponendo uguale a zero la divergenza del quadrivettore cor- 
rente; la componente temporale di quest’ultima è, nel caso considera- 
to, la densità di probabilità della localizzazione della particella; 
vedi II, $ 29). D’altra parte, in forza della condizione di invarianza 
di gauge, il quadrivettore A, potrebbe entrare nella corrente soltanto 
in forma del tensore antisimmetrico F,y=d,Ay dyAy = 
= —i(kCAy— kyAy). In questo modo il quadrivettore corrente 
dovrebbe essere una combinazione bilineare di F,y e Fity (e delle 
componenti del quadrivettore £,). Un quadrivettore del genere non 
si può formare: qualsiasi espressione, che soddisfi le condizioni poste 
(ad esempio IFISPÀ, si annulla in forza della condizione di tra- 
sversalità (4*F,, = 0) senza poi parlare del fatto che essa non sarebbe 
essenzialmente positiva (contenendo essa le potenze dispari delle 
componenti È,). 


$ 5. Campo elettromagnetico nella teoria quantistica 


La descrizione -del campo come un insieme di fotoni è l’unica 
descrizione adeguata per quanto concerne il senso fisico del campo 
elettromagnetico nella teoria quantistica. Essa sostituisce la descri- 


FOTONI 3Ì 


zione classica mediante le intensità del’campo. Queste, nel formali- 
smo matematico della descrizione fotonica, compaiono come operatori 
di seconda quantizzazione. 

Come è noto, le proprietà di un sistema quantistico diventano. 
simili alle proprietà classiche in quei casi in cui i numeri quantici, 
che determinano gli stati stazionari del sistema, sono grandi. 

Per il campo elettromagnetico libero (in un dato volume) questo. 
significa che devono essere grandi i numeri quantici degli oscillatori, 
cioè il numero di fotoni N,,. In questo senso, il fatto che i fotoni 
obbediscano alla statistica di Bose ha un significato profondo. Nel 
formalismo matematico della teoria )la connessione della statistica 
di Bose con le proprietà del campo Mnieleo si manifesta nelle regole 
di commutazione degli operatori cx, Cka- Per Nka grandi, quando 
sono grandi gli elementi di matrice di questi operatori, si può trascu- 
rare l’unità nella parte destra della relazione di commutazione (2,16) 
e si ottiene quindi 

CraCka  CkaCka: 
cioè questi operatori si trasformano nelle grandezze commutative 
classiche cea, cha, che determinano le intensità classiche del campo. 

La condizione di quasi-classicità del campo richiede, tuttavia, 
un'ulteriore precisazione. Infatti, se sono grandi tutti i numeri Nka, 
sommando su tutti gli stati Xa l'energia del campo risulterà, in ogni 
caso, infinita, cosi che la condizione si svuota di contenuto. 

Un’impostazione fisicamente sensata del problema delle condi- 
zioni di quasi-classicità comporta il considerare i valori del campo 
mediati rispetto ad un piccolo intervallo di tempo At. Se si rappre- 
senta il campo elettrico classico E (o il campo magnetico MH) sotto 
forma di trasformata di Fourier rispetto al tempo, nell’eseguire la. 
media sull’intervallo di tempo At, un contributo significativo nel 
valore medio £ è dato soltanto da quelle componenti di Fourier, le: 
cui frequenze soddisfano la condizione wAt < 1; in caso contrario, 
mediando il fattore oscillante e-i0! si annulla. Per questa ragione, 
nel definire le condizioni di quasi-classicità del campo medio occorre 
considerare solo quegli oscillatori quantistici, le cui frequenze 
o < 1/At. È sufficiente richiedere allora che siano grandi i numeri 
quantici di questi oscillatori. 

Il numero di oscillatori di frequenza compresa tra lo zero e. 
© — 1/At (riferito al volume V = 1) è, per ordine di grandezza, 


uguale a!) 
O \3 1 
(È) T TeA63 * (9,1) 


L'energia totale del campo nell’unità di volume è - E?. Dividendo 
questa quantità per il numero degli oscillatori e per l’energia media. 


1) In questo paragrafo usiamo le unità ordinarie. 


32 CAPITOLO I 


di un singolo fotone (-—f@) troviamo l’ordine di grandezza dei numeri 
dei fotoni 
E?c3 
Nk rm 
Ponendo la condizione che questo numero sia grande, otteniamo la 
disuguaglianza 
N'AZI 
ET (5,2) 

Questa è la condizione cercata, che rende ammissibile una tratta- 
zione classica del campo medio (su intervalli di tempo At). Si vede 
che il campo deve essere sufficientemente intenso, tanto più intenso, 
quanto minore è l’intervallo At, sul quale è eseguita la media. Per 
campi variabili questo intervallo non deve, ovviamente, essere 
maggiore dei periodi di tempo, nel corso dei quali il campo cambia 
in maniera notevole. Per questa ragione, campi variabili sufficien- 
temente deboli non possono essere, in ogni caso, quasi-classici. Solo 
nel caso di campi statici (costanti nel tempo) si può porre At + 00, 
in modo che il membro a destra della disuguaglianza (5,2) si annulli. 
Questo significa che il campo statico è sempre classico. 

Abbiamo già detto che le espressioni classiche del campo elettro- 
magnetico sotto forma di sovrapposizione di onde piane, nella teoria 
quantistica, si devono considerare come espressioni operatoriali. 
Il senso fisico di questi operatori, tuttavia, è molto limitato. Effetti- 
vamente, un operatore di campo fisicamente sensato dovrebbe portare 
a valori nulli del campo nello stato di vuoto fotonico. Invece, il 
valore medio dell'operatore di quadrato del campo E? nello stato 
fondamentale, che coincide, a meno di un fattore di fase, con l'energia 
di vuoto del campo, risulta infinita (per « valore medio » noi inten- 
diamo il valore medio quantomeccanico, cioè il corrispondente ele- 
mento di matrice diagonale dell'operatore). Evitare questo risulta 
impossibile anche mediante un'operazione formale di eliminazione 
(come si può fare per l'energia del campo), poiché in questo caso si 
dovrebbe fare questa operazione cambiando in maniera sensata la 
forma stessa degli operatori E e H (e non dei loro quadrati), cosa che 
risulta impossibile. In tal modo, contrariamente agli operatori quan- 
tomeccanici soliti, agli operatori di campo, in elettrodinamica quan- 
tistica, non sono associate grandezze aventi senso fisico. 


$ 6. Momento angolare e parità del fotone 


Come ogni particella, il fotone può avere un momento angolare 
determinato. Per chiarire le proprietà di questa grandezza del fotone, 
ricordiamo preventivamente come sono legati, nel formalismo della 
meccanica quantistica, le proprietà della funzione d'onda di una 
particella col suo momento angolare. 


FOTONI 33 


Il momento angolare j di una particella si compone del suo mo- 
mento orbitale Z e del suo momento intrinseco o spin 8. La funzione 
d’onda di una particella con spin s è uno spinore simmetrico di rango 
2s, rappresenta cioè un insieme di 2s + 1 componenti, che nelle rota- 
zioni del sistema di coordinate si trasformano tra di loro secondo una 
determinata legge. Il momento angolare orbitale è legato con la 
dipendenza spaziale delle funzioni d’onda: a stati con momento 
angolare orbitale / corrispondono funzioni d’onda le cui componenti si 
esprimono (linearmente) mediante le funzioni sferiche di or- 
dine |. 

La possibilità di separare in modo coerente lo spin e il momento 
angolare orbitale richiede, di conseguenza, che le proprietà « di 
spin » e « di coordinate » della funzione d’onda siano indipendenti: 
la dipendenza dalle coordinate delle componenti di uno spinore (in un 
dato istante di tempo) non deve essere limitata da nessuna condizione 
addizionale. 

Nella rappresentazione dell’impulso delle funzioni d’onda, alla 
dipendenza spaziale corrisponde una dipendenza dall’impulso K. 
Funzione d’onda del fotone è (nel gauge trasversale tridimensionale) 
il vettore A (X). Un vettore è equivalente ad uno spinore di rango 2 
e in questo senso si potrebbe assegnare al fotone spin 1. Questa fun- 
zione d'onda vettoriale, tuttavia, è sottoposta alla condizione di 
trasversalità XA (%) = 0, che rappresenta una condizione addizionale 
imposta alla dipendenza dall’impulso del' vettore A (K). Di conse- 
guenza, questa dipendenza non può venire data per tutte le componen- 
ti del vettore simultaneamente in maniera arbitraria; questo fatto 
porta all’impossibilità di separare il momento angolare orbitale 
dallo spin. 

Notiamo che al fotone è inapplicabile anche la definizione di spin 
come momento angolare della particella in quiete, poiché per il fotone 
che si muove alla velocità della luce, non esiste un sistema di 
quiete. 

Per il fotone, pertanto, si può parlare solo del suo momento 
angolare totale. E evidente a priori che il momento angolare totale 
può prendere solo valori interi. Questo si vede già dal fatto che tra 
le grandezze, che caratterizzano il fotone, non ci sono spinori di 
rango dispari. 

Come per qualsiasi particella, lo stato del fotone è caratterizzato 
anche dalla sua parità, legata al comportamento della funzione d’onda 
nell’inversione del sistema di coordinate (vedi III, $ 30). Nella 
rappresentazione dell’impulso al cambiamento di segno delle coor- 
dinate corrisponde il cambiamento di segno di tutte le componenti 
di X. L'azione dell'operatore di inversione P su una funzione scalare 
® (7) consiste solo in questo cambiamento: Pg (XK) = p(—X). Agendo 
con questo operatore sulla funzione vettoriale A (X) è necessario tener 
conto anche che il cambiamento di direzione degli assi cambia il 


34 CAPITOLO I 


segno di tutte le componenti del vettore; ossia si ha!) 
PA (kK)= —- A(—k). (6,1) 


Sebbene la suddivisione del momento angolare del fotone in 
momento angolare orbitale e spin non abbia senso fisico, risulta 
tuttavia comodo introdurre lo « spin» s e il « momento angolare 
orbitale » { in modo formale come concetti ausiliari, che esprimono le 
proprietà della funzione d’onda rispetto alle rotazioni: il valore 
s= 1 risponde alla vettorialità della funzione d’onda mentre il 
valore di / dà l’ordine delle funzioni sferiche che compaiono in essa. 
Noi intendiamo qui le funzioni d’onda distati con valori determinati 
del momento angolare del fotone, che per una particella libera sono 
onde sferiche. Il numero quantico / determina, in particolare, la 
parità di stato del fotone che è 


P=(—1)#!. (6,2) 


In questo stesso senso si può rappresentare l'operatore del momen- 
to angolare j come la somma s+1. L'operatore del momento angolare 
è legato, come è noto, con l'operatore di rotazione infinitesima del 
sistema di coordinate; nel nostro caso è legato con l’azione di questo 
operatore su un campo vettoriale. Nella somma s + 1 l’operatore s 
agisce sull’indice vettoriale trasformando tra di loro le diverse com- 
ponenti del vettore. L'operatore l agisce su queste componenti come 
su funzioni dell'impulso (o delle coordinate). 

Determiniamo il numero di stati (con una data energia) che sono 
possibili per un dato valore j del momento angolare del fotone (senza 
contare la degenerazione banale di ordine (2f + 1) rispetto alle 
direzioni del momento angolare). 

Per Z e s indipendenti questo calcolo si fa facilmente contando 
il numero dei modi in cui i momenti Z e s si possono comporre, secondo 
le regole della composizione di vettori, in maniera da ottenere il 
valore dato j. Per una particella a spin s = 1 si ottengono cosi (per 
un dato valore j diverso da zero) tre stati con i seguenti valori di / 
e della parità: 


I=j, P=(-1)#!= (174; I=jx1, P=(-1)7!=(-1). 


Se invece j = 0 si ottiene in tutto un solo stato (con / = 1) e di 
parità P= +1. 


1) Noi conveniamo di determinare la parità di stato secondo l’azione del- 
l'operatore d’inversione su un vettore polare, quale è A (o il corrispondente 
vettore elettrico E = iv 4). L'azione suun vettore assiale H= i [KA] si diffe- 
renzia per il segno poiché l'inversione non cambia la direzione del vettore: 


PH (k)= H (—k). \ 


FOTONI 35 


In questo calcolo, tuttavia, non si è tenuto conto della condizione 
di trasversalità del vettore A: le sue tre componenti si sono considera- 
te come indipendenti. Quindi, dal numero ottenuto di stati occorre 
sottrarre il numero di stati corrispondenti al vettore longitudinale, 
Un vettore di questo tipo si può scrivere nella forma X@ (X), da cui 
si vede che per le sue proprietà di trasformazione (nelle rotazioni) 
le sue tre componenti sono equivalenti ad un solo scalare g!). Di 
conseguenza, si può dire che lo stato superfluo, incompatibile con 
la condizione di trasversalità, corrisponderebbe ad uno stato della 
particella con funzione d’onda scalare (spinore di rango 0), ossia con 
« spin 0 »?). Il momento angolare j di questo stato coincide perciò 
con l’ordine delle funzioni sferiche che compaiono in @. La parità di 
questo stato come stato di un fotone è determinata dall’azione del. 
l'operatore di inversione sulla funzione vettoriale Xq: 


P(kp)=—(—%k)9(—X)=(—1) ko (XK), 


cioè è uguale a (—1)?. Quindi, dal numero di stati di parità (—1)' 
ottenuto prima (due per j =4 0 e uno per j = 0) occorre sottrarne uno. 

In definitiva siamo giunti al risultato che per un valore j del 
momento angolare diverso da zero esistono uno stato pari e uno stato 
dispari. Per f = 0 non si ha nessuno stato. Questo significa che il 
fotone non può, in generale, avere momento angolare zero e quindi 
questa grandezza assume solo i valori 1, 2,3, ... L’impossibilità del 
valore jf = 0 è evidente, tra l’altro, anche perché la funzione d'onda 
di uno stato con momento angolare zero deve avere simmetria sferica, 
cosa evidentemente impossibile per un'onda trasversale. 

Per i differenti stati di un fotone esiste una terminologia con- 
venzionale. Un fotone in uno stato con momento angolare j e parità 
(—1)? è detto fotone elettrico 2°-polare (o fotone Zj), mentre se la 
parità è (—1)”*! è detto fotone magnetico 2’-polare (o fotone M;}). 
Cosî ad un fotone di dipolo elettrico corrisponde uno stato dispari 
con f = 4, ad un fotone di quadrupolo elettrico uno stato pari con 
j = 2, ad un fotone di dipolo magnetico uno stato pari con j = 1°), 


1) In effetti, quando si parlafdel carattere della trasformazione di una gran- 
dezza in una rotazione, si intende una rotazione in un punto dato, cioè per un 
dato &. In una trasformazione del genere Ke (%), in generale, non cambia, ossia 
si comporta come uno scalare. 

2) Sottolineiamo ancora una volta che qui non si parla di uno stato di una 
qualsiasi particella reale. Il calcolo effettuato ha carattere formale e si riduce, 
da un punto di vista matematico, alla classificazione di tutto l’insieme di 
grandezze che si trasformano tra di loro secondo le rappresentazioni irriducibili 
del gruppo delle rotazioni. 

3) Queste denominazioni corrispondono alla terminologia della teoria clas+ 
sica della radiazione: vedremo più avanti ($$ 46, 47) che la radiazione di fotoni 
di tipo elettrico e di tipo magnetico è determinata dai corrispondenti momenti 
elettrici e magnetici di un sistema di cariche. 


36 CAPITOLO I 


$ 7. Onde sferiche di fotoni 


Dopo aver determinato i valori possibili del momento angolare 
del fotone, dobbiamo ora trovare le funzioni d'onda corrispondenti!). 

Consideriamo dapprima il problema formale seguente: trovare le 
funzioni vettoriali che siano le autofunzioni degli operatori j? e j,; 
nel fare questo noi non fissiamo a priori quali di queste funzioni com- 
paiono nelle funzioni d'onda del fotone che ci interessano e non 
terremo conto nemmeno della condizione di trasversalità. 

Cercheremo le funzioni nella rappresentazione dell’impulso. 
Operatore delle coordinate in questa rappresentazione è r = i0/0k 
(vedi III (15,12)). L'operatore del momento angolare orbitale 


I=[rk]=-i[45]. 


cioè si differenzia dall'operatore del momento angolare nella rappre- 
sentazione delle coordinate soltanto per la sostituzione della lettera » 
con la lettera &. Per questo, la soluzione del problema posto è for- 
malmente uguale in ambedue le rappresentazioni. 

Indichiamo le autofunzioni cercate con Yjm, che chiameremo 
vettori sferici. Essi devono soddisfare le equazioni 


I Yim=j(j+ 1) Yim, ): Yim=MYjm (7,4) 


(l’asse z è una direzione fissata nello spazio). Mostriamo che di 
questa proprietà gode qualsiasi funzione del tipo @Y;nm, dove a è 
un qualsiasi vettore formato con il versore n = X/0, e Y;m sono 
funzioni sferiche ordinarie (scalari). La definizione di queste ultime 
è data nel vol. III, $ 28: 


m+Iml 


: 2141) (A — I pm ; 
Vim (e) = (1)? EV STEIN PI”! (cos 0) ciro (7,2) 
(0, p sono gli angoli sferici individuati dalla direzione del verso- 
re n)?). 
Ricordiamo a questo proposito la regola di commutazione III 
(29,4) 
{Li, an}-= ica: 


La parte a destra di questa uguaglianza si può scrivere nella forma 
(—s;ax), dove s è l'operatore di spin 1 (l’azione di questo operatore 


1) Questo problema fu considerato per la prima volta da W. Heitler (1936). 
Il metodo di soluzione esposto nel testo è di V. B. Berestetskij (1947). 
2) Per eventuali riferimenti scriviamo il valore di queste funzioni per 
= 0 (n è diretto lungo l’asse z): 


DIVI 
Yim(n_)= il V na Ùmo- (7,2a) 


FOTONI 37 


su una funzione vettoriale è determinata dall’uguaglianza s;a, = 
= —ie;n14;; vedi III, $ 57, problema 2). Abbiamo quindi 


Lian — ay; = — Sijdp. 
Servendoci di questa uguaglianza troviamo 


ian = (1; + s;) aa = agl,. 
Quindi 
18 (GY jm) ni A1Y fm, i. (a Yjm) se Al,Y jm- 


La funzione sferica Y;m è l’autofunzione degli operatori 1? e l,, cor- 
rispondente agli autovalori j(j+4) e m di queste grandezze; si 
arriva quindi alle uguaglianze (7,1). 

Tre tipi essenzialmente differenti di vettori sferici si otterranno 
scegliendo nel ruolo di vettore a uno dei vettori seguenti!): 


V [aV_] 
1, =, 7,3 
Vii+9) ViG+1) cia. 
I vettori sferici sono quindi definiti come segue: 
rO=_  VYim P=(-1)î; 
mo Vigna (70) 

Yim = [n Ya], P=(—1)*, (7,4) 
YO = NYjm P=(—1). 


Accanto ad ogni vettore è indicata la sua parità P. I vettori sferici 
dei tre tipi sono mutuamente ortogonali: YO è longitudinale, mentre 
Yis e Y5m sono trasversali rispetto a n. 

I vettori sferici possono essere espressi mediante le funzioni 
sferiche scalari. I vettori YM si esprimono mediante funzioni sferiche 
di un solo ordine / = j, i vettori YS9 e Y!} mediante le funzioni 
sferiche di ordine / = 7 + 1. Questo fatto era già evidente: è suf- 
ficiente confrontare le parità dei vettori sferici indicate nella (7,4) 
con la parità (—1)'*! del campo vettoriale, espressa mediante l’ordine 
delle funzioni sferiche che vi compaiono. 


1) L'operatore V_ ={| | V, agisce sulle funzioni dipendenti solo dalla 
direzione di n. In coordinate sferiche questofoperatore ha in tutto due componenti 
d 1 838 
Va = (7 0x5) 
L'operatore, indicato sotto con A,, è la parte angolare del laplaciano: 


38 CAPITOLO I 


I vettori sferici di ciascun tipo sono mutuamente ortogonali e 
normalizzati con la condizione 


Î YimY}m' do = d;j'Omm'. (7,9) 


Per i vettori YM questo è evidente dalla condizione di normaliz- 
zazione delle funzioni sferiche Yj;m. Per i vettori. Y5$} l’integrale di 
normalizzazione è 


1 iena, 
TOT) VaYinVaYtm do= — TTT | Vim'dnYim do, 
e, essendo A,Y;m = —j (j + 1) Yjm, arriviamo alla (7,5). A questo 
(m) 


stesso integrale si riduce la normalizzazione dei vettori Y;m. 

Notiamo che ai vettori sferici (7,4) si sarebbe potuto giungere 
anche senza la verifica diretta fatta sopra delle equazioni (7,1); 
sarebbero state sufficienti alcune considerazioni circa le proprietà 
di trasformazione delle funzioni. Queste considerazioni ci portarono, 
nel paragrafo precedente, alla conclusione che la funzione vettoriale 
del tipo nq corrisponde al valore j del momento angolare che coincide 
con l’ordine delle funzioni sferiche che compaiono in @; se si pone 
semplicemente @ = Y;m, la funzione nq corrisponderà cosi ad un 
valore determinato m della proiezione del momento angolare. In 
questo modo si arriva immediatamente ai vettori sferici YS). Le 
considerazioni esposte nel paragrafo 6 sulle proprietà di trasforma- 
zione non cambiano se nel prodotto nq si sostituisce il fattore n 
con il vettore V,,0 [nV,,]; in questo modo si ottengono i vettori sferici 
degli altri due tipi. 

Torniamo ora alle funzioni d’onda del fotone. Per un fotone di 
tipo elettrico (£j)il vettore A (%) deve avere la parità (—1)’. Questa 
parità caratterizza i vettori YÎ9) e Y{}}; di questi due, tuttavia, sol- 
tanto il primo soddisfa la condizione di trasversalità. Per un fotone 
di tipo magnetico (Mj) il vettore A (7) deve avere la parità (—1)?#}; 
questa parità caratterizza solo il vettore sferico xD. Quindi le 
funzioni d’onda di un fotone con momento angolare ‘determinato j 
e con una data proiezione li esso m (e avente l’energia ©) sono 

Avjm (kK)= a Ò (]K]—@) Y;m(#), (7,6) 
dove per Y;,, si intende Vi e Eh nel caso di un fotone di tipo elet- 
trico e di tipo magnetico rispettivamente; del valore dato dell'energia 


si tiene conto mediante il fattore è (|kK|— 0). 
Le funzioni (7,6) sono normalizzate con la condizione 


GF | Wu w'j m° (K) Avim (7) d'r= 06 (0° -- - W) 6; Omm. (7,7) 


FOTONI 39 


Per le funzioni d’onda nella rappresentazione delle coordinate la 
condizione (7,7) è equivalente alla condizione!) 


1 * pi + 
4a | {H:jme (7) Eovim (2) + H 65m (7) H vim (7°)} d3x = 
= Wò (0° — 0) 6;; Émmee (7,8) 


In effetti, l’integrale a primo membro dell’uguaglianza, espressa 
mediante i potenziali, ha la forma 


1 , 
si | Ad'im (1) Avjim (Y) 00 dr. 


Occorre qui sostituire 
A die 
wjm (7) i wjm ( ) € (271)3 ’ 


VA — ik, d3k' 
Aim (7) si | Aim (k ) ev (271)3 


Quindi l’integrazione rispetto a d*7 dà la funzione delta 
(21)? 8 (X° — K), che viene rimossa integrando rispetto a d*k, e 
l'integrale assume la forma (7,7). 

Finora noi abbiamo sempre sottinteso di lavorare nel gauge dei 
potenziali, nel quale il potenziale scalare D = 0. In diverse applica- 
zioni, tuttavia, possono risultare più comodi altri tipi di gauge 
dell’onda sferica. 

Nella rappresentazione d’impulso la trasformazione ammissibile 
consiste nella sostituzione 


A+A+nf(k), D-D+f(k), 
dove f (4) è una funzione qualsiasi. Nel caso considerato scegliamo 
questa funzione in modo tale che i nuovi potenziali vengano espressi 
mediante le stesse funzioni d'onda e abbiano come prima una parità 
determinata. Per un fotone di tipo elettrico queste condizioni limi- 
tano la scelta dei potenziali alle seguenti funzioni: 

O 4712 
Aim (K)= 77 8 (1k]- 0) (Et CRY m), 


3/2 


(7,9) 


(7,10) 
DA (6) = £ 8 (|k]—@) CY 
wIm )= 3/2 ) im» 

dove C è una costante qualsiasi. Per un fotone di tipo magnetico 
questa aggiunta a 40% (/) priverebbs il potenziale di una parità 
determinata, c quindi alle stesse condizioni la scelta (7,6) risulta 
non univoca. 

1) Questa condizione è dello stesso tipo della condizione (2,22). La comparsa 


del fattore è (0' — ©) nel secondo membro dell’uguaglianza è legata al fatto che 
qui si considera il campo (onda sferica) in tutto lo spazio infinito e non il campo 


40 CAPITOLO I 


La probabilità che un fotone con dato momento angolare e di 
parità determinata sia registrato in moto nella direzione n, che giace 
nell'elemento di angolo solido do, è uguale, secondo la (3,5) e la 
(7,6), a 

w(n)do=| XS (n){2 do. (7,11) 


Noi abbiamo scritto l’espressione per un fotone di tipo £. Essendo, 
però, | YSD | —- | YO |?, le distribuzioni di probabilità w (n) 
per fotoni dei due tipi sono uguali. 

Il quadrato del modulo | Y©} |? non dipende dall'angolo azimuta- 
le @ (i fattori esponenziali e*'”@ nelle funzioni sferiche si elidono), 
quindi la distribuzione delle probabilità w (n) è simmetrica rispetto 
all’asse z. Inoltre, poiché ogni vettore sferico ha una parità determi- 
nata, i quadrati dei loro moduli sono pari rispetto all’inversione, 
cioè rispetto alla sostituzione dell’angolo polare 0 + 1 — 8; questo 
significa che se si sviluppa la funzione w (0) in polinomi di Legendre, 
questo sviluppo conterrà polinomi soltanto di ordine pari. La deter- 
minazione dei coefficienti di tale sviluppo si riduce al calcolo degli 
integrali dei prodotti di tre funzioni sferiche e alla successiva somma 
rispetto alle componenti. Sia l’una che l’altra operazione si fanno 
secondo le formule ottenute nel vol. III, $$ 107-108, e portano al 
seguente risultato: 


e Ha (j+1)82 © ij j 2n 
vl +90)" 


n=0 


jjl 
X È ; Li Pan (così). (7,12) 

Riportiamo qui, infine, le espressioni delle componenti dei vettori 
sferici in forma di sviluppi secondo funzioni sferiche. Nel fare questo 
useremo le « componenti sferiche » del vettore, definite come nel 
vol. III, $ 107; le componenti f, di un vettore f sono 


foif fu= zz liatito), faz lin—it). (7,13) 
Introducendo i « versori circolari » 
el0) — iel), elt1)= — RA (e® + ie), e-1) — ii (e) — ieV)} 
vV2 V2 
(7,14) 
(e&. v 2) sono i versori degli assi x, y, z), abbiamo 


f= 2-1) fae®, f.,=(—1)!7*fe-®*=fe®, (7,15) 


FOTONI 41 


Le componenti sferiche dei vettori sferici si esprimono medianta 
i simboli 3j attraverso le funzioni sferiche secondo le formule seguenti: 


i 1 ) 
dmPA+41 (0) __ _1/7 
(1) (Yima= Vi Di 17 N: x 


Xx Yi, min +PViT1 \mt Me: hi Yi. mio 


; —-{ } ] 
__q\fFMHAH1 (g(M)) _ 
(—1) (Fim) = — V2I+1 ia is 
ij+1 1] 
(EOrI —À —m 
+Vj Da n i Trio 


Queste formule si possono dedurre nel modo seguente. Ognuno: 
dei tre vettori d'onda ha la forma Y;m = @Y;jm, dove a è uno dei 
tre vettori (7,3). Quindi 

Yim = 2 (Im'|@|jm)Ym, 


lm’ 


Yi, mtà; (7, 16) 


(iene Viti mat 


e il problema si riduce a trovare gli elementi di matrice dei vettori a 
rispetto alle autofunzioni del momento angolare orbitale. Secondo 
la III (107,6) abbiamo 


| —_m' L 1 j 
(Im'|a,|jm)=i (— 1) Max ne 7 n) (L il all Ì. 


dove jmax è il maggiore dei numeri / e j. È sufficiente, quindi, conosce- 


re gli elementi di matrice ridotti diversi da zero ‘|| a ||j). Per 
questi ultimi si hanno le formule 


(—-1|[n||}}=||e|}-1H=iV1, 
(| Vn||—1)=i(0—1)Y, 
C-A1|Vall)=i(C+1)V1, 

(l {ava} {|=iV20+1) (2241). 


(7,417) 


$ 8. Polarizzazione del fotone 


Il vettore polarizzazione e ha per il fotone il ruolo di « parte di 
spin » della funzione d’onda (con quelle precisazioni fatte al $ 6 
a proposito del concetto di spin di un fotone). 

I diversi casi, che possono avere luogo per la polarizzazione di 
un fotone, non differiscono per niente dai possibili casi di polariz- 
zazione di un'onda elettromagnetica classica (vedi II, $ 48). 


42 CAPITOLO I 


Una polarizzazione qualsiasi e può essere rappresentata sotto 
forma di sovrapposizione di due polarizzazioni ortogonali e‘® ed 
e® (eDet®* = 0), scelte in qualche determinato modo. Nella scom- 
posizione 

e = ejel1) + e96(2) (8,1) 
i quadrati dei moduli dei coefficienti e, ed e, determinano la probabi- 
lità chefil fotone abbia la polarizzazione e‘) oppure e‘®. 

Nel ruolo di queste due ultime grandezze si possono scegliere 
due polarizzazioni lineari reciprocamente perpendicolari. Una pola- 
rizzazione qualsiasi si può anche scomporre in due polarizzazioni cir- 
colari con direzioni rotazionali opposte. I vettori polarizzazione cir- 
colare destra e circolare sinistra verranno indicati con e‘* ed et-D 
rispettivamente. In un sistema di coordinate Èné con l’asse $ diretto 
secondo la direzione di propagazione del fotone n = Kk/o 


e+!)= — FT (e +ielM), el-1)— 73 (e© — ie), (8,2) 


La possibilità per un fotone di avere (per una data quantità di 
moto) due polarizzazioni diverse significa, in altre parole, che ogni 
autovalore della quantità di moto è doppiamente degenere. Questa 
circostanza è strettamente legata alla massa nulla del fotone. 

Per una particella libera di massa non nulla esiste sempre un 
sistema di riferimento in quiete. È evidente che proprio in questa 
sistema di riferimento si vedono le proprietà intrinseche di simmetria 
della particella come tale. Nello studio di queste proprietà è neces- 
sario considerare la simmetria rispetto a tutte le possibili rotazioni 
attorno al centro (cioè rispetto a tutto il gruppo di simmetria sferica). 
Parametro caratteristico delle proprietà di simmetria di una parti- 
cella rispetto a questo gruppo è il suo spin s, che determina l'ordine 
di degenerazione (cioè il numero 2s + 41 di funzioni d'onda diverse 
che .si trasformano tra di loro). In particolare, ad una particella 
associata ad una funzione d’onda vettoriale (tre componenti) cor- 
risponde spin 1. 

Per una particella di massa nulla non esiste un sistema di rife- 
rimento in quiete: in qualsiasi sistema tale particella si muove alla 
velocità della luce. Per una particella di questo tipo esiste sempre 
suna direzione privilegiata nello spazio e cioè la direzione del vettore 
quantità di moto # (l’asse %). È chiaro che in questo caso non esiste 
alcuna simmetria rispetto a tutto il gruppo delle rotazioni tridi- 
mensionali e si può parlare soltanto di simmetria assiale attorno 
all'asse privilegiato. 

Nella simmetria assiale si conserva solo la « elicità » di una parti- 
cella e cioè la proiezione del momento angolare sull’asse G; indichiamo 
«questa grandezza con A). Se si richiede che esista anche la simmetria 


1) Per distinguerla dalla proiezione del momento angolare m su una dire- 
zione fissata (l’asse z), della quale si è parlato nel paragrafo precedente. 


FOTONI 43 


rispetto alle riflessioni nei piani passanti per l’asse &, allora gli stati, 
che differiscono per il segno di À, sono reciprocamente degeneri; per 
X-+ 0 si avrà quindi una doppia degenerazione!). Lo stato di un 
fotone con una data quantità di moto corrisponde proprio ad uno dei 
tipi di questi stati doppiamente degeneri. Esso è descritto da una 
funzione d’onda « spinoriale », costituita dal vettore e. nel piano Èn; 
le due componenti di questo vettore si trasformano tra loro in tutte 
le rotazioni attorno all’asse $ e in riflessioni nei piani passanti per 
questo asse. 

Le diverse possibilità di polarizzazione di un fotone hanno una 
corrispondenza determinata con i valori possibili della sua elicità. 
Questa corrispondenza si può stabilire usando le formule III (57,9), 
che legano le componenti di una funzione d’onda vettoriale con le 
componenti di uno spinore equivalente di rango 2°). Alle proiezioni 
A= +104 = —1 corrispondono vettori e, tali che solo la compo- 
nente e: — ien oppure ex + ie, è diversa da zero; si ha cioè e = e‘+ 
o e = e‘-” rispettivamente. In altre parole, i valori À = +1 e —1 
corrispondono alla polarizzazione circolare destra e circolare sinistra 
del fotone (nel $ 16 questo stesso risultato verrà ottenuto mediante 
il calcolo diretto delle autofunzioni dell'operatore di proiezione 
dello spin). abi 

Siamo arrivati, quindi, alla conclusione che la proiezione del 
momento angolare del fotone sulla direzione del suo moto può avere 
solo due valori (+1); il valore 0 è impossibile. 

Lo stato di un fotone con data quantità di moto e polarizzazione 
è uno stato puro (nel senso spiegato nel III, $ 14); esso è descritto da 
una funzione d’onda e corrisponde alla descrizione quantomeccanica 
globale dello stato della particella (del fotone). Sono possibili anche 
stati « miscelati » di un fotone, che corrispondono ad una descrizione 
meno completa, realizzata non da una funzione d'onda, ma da una 
matrice densità. 

Consideriamo lo stato di un fotone, miscelato rispetto alla pola- 
rizzazione, ma corrispondente ad un valore assegnato della quantità 
di moto K. In questo stato (chiamato stato di polarizzazione parziale) 
.esiste una funzione d’onda « orbitale »*). | 

La matrice densità di polarizzazione di un fotone è un tensore di 
rango 2 pag nel piano perpendicolare al vettore n (piano En; gli 
indici a e f assumono in tutto due valori). Questo tensore è hermi- 


1) Ricordiamo che in questo modo vengono classificati i termini elettronici 
di una molecola biatomica (III, $ 78). 

2) Ricordiamo che alle componenti di una funzione d'onda, come ampiezze 
di probabilità dei diversi valori della proiezione del momento angolare di una 
particella (delle quali si parla qui) corrispondono componenti controvarianti di 
uno spinore. 

3) La matrice analoga per l’elettrone nella teoria non relativistica è stata 


studiata nel III, $ 59. 


44 CAPITOLO I 


tiano 
Pa = Pha: (8,3) 
e normalizzato con la condizione 
Paa = Pia + Pa2= 1. (8,4) 


Dalla (8,3) discende che le componenti diagonali pi; € fs, sono reali 
e legate dalla (8,4). La componente p,, è complessa e vale la relazione: 
Po1 = Pî2. In totale, quindi, la matrice densità è caratterizzata da 
tre parametri reali. 

Se è nota la matrice densità di polarizzazione, si può allora trovare: 
la probabilità per un fotone di avere una qualsiasi polarizzazione 
determinata e. Questa probabilità è determinata dalla « proiezione » 
del tensore pag sulla direzione del vettore e, cioè dalla grandezza 


Pabekes. (3, 3) 


Quindi le componenti p,, e fs, determinano la probabilità [delle 
polarizzazioni lineari lungo gli assi È e n. La proiezione sui vettori 
(8,2) dà la probabilità delle due polarizzazioni circolari: 


3 [1 Li(0:12—P2)]. (8,6) 


Le proprietà del tensore pag coincidono, nella forma e nella 
sostanza, con le proprietà del tensore J,g che descrive la luce par- 
zialmente polarizzata nella teoria classica (vedi II, $ 50). Ricordiamo 


qui alcune di queste proprietà. 
Nel caso di uno stato puro con una polarizzazione assegnata « e il 
tensore pag si riduce a prodotti delle componenti del vettore e: 


Pad = Caéb. (8,7) 
Per il determinante si ha | pag | = 0. Nel caso opposto di un fotone 


non polarizzato tutte le direzione di polarizzazione sono equiprobabili, 
cioè 


1 
Pab = 3 dos; (3,8) 


e si ha |papl = 1/4. 
Nel caso generale è comodo descrivere la polarizzazione parziale 


mediante i tre parametri reali di Stokes È,, È», Ég!), attraverso i 
quali la matrice densità si scrive nella forma 
q [14-83 a 
P90=7 (r+it 41-t 
Tutti e tre i parametri assumono i valori compresi fra —1 e +1. In 
uno stato non polarizzato si ha È, = È, = É3= 0; per un fotone 
totalmente polarizzato vale la relazione É{+ Ei +t SE 


1) Non confondere la notazione dei parametri con la notazione dell’asse È! 


(8,9) 


FOTONI 45 


Il parametro È, caratterizza la polarizzazione lineare lungo l’asse 
È o n; la probabilità che il fotone sia polarizzato lungo questi assi è 
uguale a (1 + E,)/2 o (1 — È)/2, rispettivamente. I valori È} = +1 
o —1 corrispondono alla polarizzazione totale in queste direzioni. 

Il parametro È, caratterizza la polarizzazione lineare lungo le 
direzioni che formano con l’asse È l’angolo @ = 1/4 0 pg = —qn/4. 
La probabilità che il fotone sia linearmente polarizzato lungo queste 
direzioni è uguale a (1+ É€,)/2 e (1 — È,)/2, rispettivamente; è 
facile convincersi di questo, proiettando il tensore pa g sulle direzioni 
e = (1, +1)/V2. 

Il parametro È,, infine, è il grado di polarizzazione circolare; 
secondo la (8,6) la probabilità che il fotone abbia la polarizzazione 
circolare destra o circolare sinistra è uguale a (1 + È£,)/2 o 
{1 — È£,)/2, rispettivamente. Poiché queste due polarizzazioni corri- 
spondono ai valori di elicità A = +1, è chiaro che, nel caso generale, 
E, è il valore medio dell’elicità del fotone. Notiamo, anche, che nel 
caso di uno stato puro con polarizzazione e si ha 


f,=ifee*]n. (8,10) 


bei E . . . 1] (] e . 
Ricordiamo che per trasformazioni di Lorentz sono invarianti le 


grandezze È, e VE+ È (vedi II, $ 50). 

In seguito ci imbatteremo nel problema del comportamento dei 
parametri di Stokes rispetto all’inversione del tempo. È facile vedere 
che queste grandezze sono invarianti rispetto a questa trasforma- 
zione. Questa proprietà non dipende, ovviamente, dal tipo dello 
stato di polarizzazione e per questo è sufficiente verificarla afhche 
solo per il caso di uno stato puro. In meccanica quantistica, all’in- 
versione del tempo corrisponde la sostituzione della funzione d'onda 
con la sua coniugata complessa (III, $ 18). Per un'onda polarizzata 
in un piano questo significa la sostituzione!) 


k-> —k, e > —e*. (8,11) 


Per questa trasformazione la parte simmetrica della matrice densità 
14 
> (Catb + 0864), 


e con essa i parametri È, e È,, non variano. L’invarianza del para- 
metro È, per questa stessa trasformazione è evidente dalla (8,10); 
essa è evidente anche dal senso stesso di È, come valore medio del- 
l'elicità. In effetti, l’elicità è la proiezione del momento angolare j 


1) Il cambiamento addizionale di segno di e è legato al fatto che l'inversione 
del tempo cambia il segno del potenziale vettore del campo elettromagnetico. 
Il potenziale scalare, invece, non cambia segno; per questo, per il quadrivettore e 
l’inversione del tempo significa la trasformazione 


(eo, e) > (ei, — e*). (8,112) 


46 CAPITOLO I 


sulla direzione n, cioè è il prodotto jn; l'inversione del tempo cambia 
il segno di ambedue questi vettori. 

In calcoli successivi ci sarà necessaria la matrice densità del 
fotone scritta sotto forma quadridimensionale, cioè sotto forma di 
un 4-tensore p,y. Per un fotone polarizzato, descritto dal quadrivet- 
tore ey, è naturale definire questo tensore come segue: 


Puv= Cu. (8,12) 
Nel gauge trasversale tridimensionale e = (0, e) e se uno degli assi 
è scelto lungo n, le componenti non nulle di questo quadritensore 


coincidono con la (8,7). 
Per un fotone non polarizzato, nel gauge trasversale tridimensio- 


nale, si ha il tensore p,y con componenti 
1 
Pia =5 (dia — Mila), Poi = Pio= Poo=0 (8,13) 


(se uno degli assi coincide con la direzione n, si ritorna alla (8,8)). 
Usare il tensore fp, direttamente in forma tridimensionale sarebbe, 
tuttavia, scomodo. Noi possiamo, però, ricorrere alle trasformazioni 
di gauge; per la matrice densità questa trasformazione è del tipo 


Puy > Puv + Xyley + ky (8,14) 
dove y, sono funzioni qualsiasi. Ponendo 


1 k; 
= = TE 


invece della (8,13) otteniamo una semplice espressione quadridi- '’ 
mensionale 
(8,15) 


Puy — 9 Buv- 


La rappresentazione quadridimensionale della matrice densità 
di un fotone parzialmente polarizzato si ottiene facilmente trascri- 
vendo preventivamente il tensore bidimensionale (8,9) in forma 


tridimensionale: 
1 
Pik = (ei Dei | ee ko) s (ee? + ee (1) po) — 


To 


— fl (elet?) — em e) + n (Pel — Mep), 


dove e‘», e‘® sono i versori degli assi È e n. La generalizzazione voluta 
si ottiene sostituendo questi 3-vettori con i versori quadridimensionali 
reali di tipo spaziale e‘», e‘, ortogonali fra loro e al 4-impulso del 


fotone È: 
eMn2= e(2)2= — 1, 


ele) =0, (8,46) 
ek = eDdkE=0. 


FOTONI 47 


In un particolare sistema di riferimento si ha e = (0, elM)), et® = 
= (0, e‘). Quindi, la matrice quadridimensionale densità del 


fotone è 
Pur="3 (ePeP + efPe) + EL (ee + 
+ een) È (ePe — ee) + 
+ (ePeP_ePeP). (8,17) 


La comodità di questa o di quella scelta pratica dei quadrivettori 
e ‘D, et dipende dalle concrete condizioni del problema considerato. 

Occorre tenere presente che le condizioni (8,16) non fissano la 
scelta di e‘» ed e® in modo univoco. Se un qualsiasi quadrivettore 
e, soddisfa queste condizioni, anche un quadrivettore qualsiasi del 
tipo eu + Yk, (per il fatto che 4° = 0) soddisferà queste stesse con- 
dizioni. 

Questa non univocità è legata con la non univocità di gauge della 
matrice densità. 

Il primo termine nella (8,17) corrisponde ad uno stato non pola- 
rizzato. Per questo, secondo la (8,15), lo si potrebbe sostituire 
con — 3 guy. Questa sostituzione è nuovamente equivalente ad 
una certa trasformazione di gauge. 

Operando con i quadritensori del tipo (8,17) decomposti su due 
quadrivettori indipendenti, risulta comodo ricorrere al metodo for- 
male seguente. Scriviamo il tensore (8,17) nella forma 


3 
(a) _(d 
Luv i di peDelles # 


e rappresentiamone i coefficienti di sviluppo p‘°’’ mediante una 


matrice a due righe 
_ pl11) p‘12) 
p pl21) p(22) : 


Come ogni matrice hermitiana d’ordine due, può essere scomposta 
secondo quattro matrici indipendenti di ordine due: le matrici di 
Pauli 0,, 0,, 0, e la matrice unità 1. Questa scomposizione ha la 
forma 


p=5(1+80), 8=(%, È, È), (8,18) 


come è facile verificare confrontando direttamente con la (8,17) e 
usando le note espressioni delle matrici di Pauli (18,5) (l'unificazione 
delle tre grandezze È,, È,, È, nel vettore % ha, naturalmente, un senso 


Ruramente formale, che ha come scopo la comodità della scrittura). 


48 CAPITOLO I 


PROBLEMA 


Scrivere la matrice densità del fotone nella quale « assi » delle coordinate 
siano i versori circolari (8,2). 

Soluzione. Le componenti del tensore pag nei nuovi assi (a, f = + 1) si 
ottengono proiettando il tensore (8,9) sugli assi (8,2): 


pipa, diza = past "ek®, a 
p=3 (1°* mera 
2\-Eg-it, 1-8 


$ 9. Sistema a due fotoni 


Ragionamenti analoghi a quelli fatti nel $ 6 permettono di 
determinare il numero degli stati possibili anche nel caso più com- 
plesso di un sistema a due fotoni (LZ. Landau, 1948). 

Consideriamo i fotoni nel sistema di riferimento del loro bari- 
centro; le quantità di moto dei fotoni sono Xk, = —X, = X!). La 
funzione d’onda di un sistema a due fotoni può essere rappresentata 
(nella rappresentazione degli impulsi) sotto forma di un tensore tri- 
dimensionale di rango 2 A; (n), formato mediante una combinazione 
bilineare delle componenti delle funzioni d’onda vettoriali di ambe- 
due i fotoni; ciascuno degli indici di questo tensore corrisponde ad 
uno dei due fotoni (n è il versore nella direzione di &). La trasversalità 
di ciascuno dei fotoni è espressa dall’ortogonalità del tensore 4;x 


al vettore n: 
Agn=0, Ann =0. (9,1) 


Il reciproco scambio dei fotoni significa la permutazione degli 
indici del tensore 4; simultaneamente al cambiamento di segno di n... 
Poiché i fotoni ubbidiscono alla statistica di Bose, si ha 


Ann (—n)= Api (N). (9,2) 


Il tensore A; non è, generalmente, simmetrico rispetto ai suoi 
indici. Scomponiamolo in una parte simmetrica (s;x) e in una parte 
antisimmetrica (a;x): A; = Sin + dig. Ciascuna di queste due parti 
deve, ovviamente, soddisfare separatamente la condizione (9,2) 
(e anche la condizione di ortogonalità (9,1)), da cui discende che 


sa(—n)=s1z (n), (9,3) 
ain(_N)= — Gip (N). (9,4) 


L'’inversione del sistema di coordinate non cambia, di per se stessa, 
il segno delle componenti di un tensore di rango 2, ma cambia il 


1) Tale sistema di riferimento esiste sempre, esclusione fatta per il caso di 
due fotoni che si muovono parallelamente nella stessa direzione. La quantità 
di moto totale f, + X, e l'energia totale 0, + ©, di questi fotoni sono legate tra 
loro dalla stessa relazione che vale per un solo fotone, e quindi non esiste un 
sistema di riferimento in cui valga la relazione &, + k,= 0 


FOTONI 49 


segno di n. Per questo, dalla (9, 3) si vede che la funzione d'onda s;, 
è simmetrica rispetto all’inversione, cioè è associata agli stati pari 
del sistema fotonico; la funzione d’ onda A; è associata, invece, agli 
stati dispari. 
Un tensore antisimmetrico di rango 2 è equivalente (duale) ad 
un vettore assiale a, le cui componenti si esprimono attraverso le 


: ; i 1 
componenti del tensore mediante la relazione a; = Cinto dove 


e;x è il tensore antisimmetrico unità (vedi II, $ 6). L’ortogonalità del 
tensore ax; al vettore n significa che i vettori a e n sono paralleli!). 
Per questo si può scrivere a = ng (n), dove pè uno scalare; secondo 
la (9,4) deve essere a (—n) = —a (n), e quindi 


pun) = (n). 


Questa uguaglianza significa che lo scalare g può essere linearmente 
formato con funzioni sferiche soltanto di ordine pari £ (includendo 
anche l'ordine zero). 

Noi vediamo che il tensore antisimmetrico a;,, per le sue proprie- 
tà di trasformazione (rispetto alle rotazioni), è equivalente ad uno 
scalare (vedi nota a pag. 34). Associando a quest’ultimo « spin » 0, 
troveremo che il momento angolare di questo stato è Y = LZ. Quindi 
al tensore a;, sono associati gli stati dispari di un sistema fotonico 
avente momento angolare 4J. 

Esaminiamo ora il tensore simmetrico s;g. Poiché esso è pari 
rispetto al cambiamento di segno di a, a lui sono associati gli stati 
pari del sistema fotonico. Da qui segue che tutte le componenti s;x 
si esprimono attraverso le funzioni sferiche di ordine pari ZL (inclu- 
dendo L = 0). Qualsiasi tensore simmetrico di rango 2 s;, si riduce, 
come è noto, ad uno scalare (s;;) e ad un tensore simmetrico (s;z) 
di traccia nulla (8; = 0). 

Allo scalare s;; viene associato « spin » 0, e quindi il momento 
angolare degli stati corrispondenti è J = L, è cioè pari. Al tensore 
sia viene associato « spin » 2 (vedi III, $ 57). Sommando secondo la 
regola di composizione dei momenti angolari questo « spin » col 
momento « angolare orbitale pari » L, troveremo che, per un J 40 

assegnato, sono possibili tre stati (con L=J +2, J), e perJ-+z41 
dispari, sono possibili due stati (con L=J + 1). Un'eccezione è 
costituita da / = 0 con un solo stato (L= 2)eJ =1(conL=2). 

In questi calcoli, tuttavia, non si è tenuto conto della condizione 
di ortogonalità del tensore s;, al vettore ». Per questo dal numero di 
stati ottenuto occorre sottrarre il numero di stati ai quali corrisponde 
il tensore simmetrico di secondo rango, « parallelo » al vettore n. 
Questo tensore (che indicheremo con sj) può essere rappresentato 


!) Abbiamo a; = €5kz2;, e la condizione di ortogonalità dà 
GihNk = e;pang=[na];=0. 


50 CAPITOLO I 


nella forma 
sin= by + nydi, 


dove d è un certo vettore. Secondo la (9,3) questo vettore deve sod- 
disfare la condizione db (—n) = —d (n). Quindi, il tensore s;, re- 
sponsabile degli stati « ridondanti », è equivalente ad un vettore 
dispari. Questo .vettore deve quindi esprimersi attraverso funzioni 
sferiche solo di ordine L dispari. Notando inoltre che al vettore cor- 
risponde lo « spin » 41, troveremo che, per ogni momento angolare 
J = 0 pari, sono possibili due stati (con L = J + 1) e per ogni 
momento J dispari, è possibile un solo stato (con L = J); un caso 
particolare è costituito da J = 0 con un solo stato (£L = 1). 

Riassumendo i risultati ottenuti, otteniamo la seguente tabella, 
in cui è indicato il numero dei possibili stati pari e dispari di un 
sistema a due fotoni (per i quali la somma delle quantità di moto è 
zero) per diversi valori del momento angolare totale J: 


J Pari Dispari 


0 1 1 
cd —- = (9,5) 
2% 2 4 

4A 1 De 


(X è un numero intero positivo diverso da zero). Dalla tabella si 
vede che per J dispari mancano gli stati dispari, e il valore J = 1 è 


del tutto impossibile. 
La funzione d’onda di un sistema a due fotoni 4;, determina la 


correlazione delle due polarizzazioni. La probabilità per i due fotoni 
di avere simultaneamente i dati valori di polarizzazione e, e e, è 


proporzionale a 
Ainetie3n. 
In altre parole, se la polarizzazione e, di un fotone è assegnata, la 
polarizzazione e, del secondo fotone è proporzionale a e, 
Con O Annett (9,6) 

Negli stati dispari del sistema A4;x coincide col tensore antisim- 

metrico a;,. In questo caso si ha 
e,€ o a;petaein= 0, 

cioè le polarizzazioni dei due fotoni sono reciprocamente ortogonali. 


Nel caso di polarizzazione lineare questo significa la perpendicolarità 
delle loro direzioni, e nel caso di polarizzazioni circolari significa 


che le direzioni di rotazione sono opposte. 


FOTONI 54 


Lo stato pari con J = 0 è descritto da un tensore simmetrico, 
che si riduce ad uno scalare 


S;, == costante -(ò;, — N;Ny). 


Per questo dalla (9,6) si ottiene e, == e*. Nel caso di polarizzazicne 
lineare questo significa che le loro direzioni sono parallele, e nel 
caso di polarizzazioni circolari, che le direzioni di rotazione sono 
opposte. Quest'ultimo fatto è evidente a priori: per J = 0, la somma 
delle proiezioni del momento angolare dei fotoni su una stessa dire- 
zione X deve essere uguale a zero in ogni caso (la proiezione su dire- 
zioni opposte X, e X., cioè le elicità, sono in questo caso uguali). 


Capitolo II 


BOSONI 
le 


$ 10. Equazione d'onda per particelle a spin 0 


Nel capitolo I abbiamo mostrato come si può realizzare una de- 
scrizione quantistica del campo elettromagnetico libero, partendo 
dalle note proprietà del campo nel limite classico e sulla base di 
concetti della meccanica quantistica ordinaria. Tale descrizione del 
campo in quanto sistema di fotoni, ha già molte peculiarità che si 
trasferiscono tal quali anche nella descrizione relativistica di parti- 
celle nella teoria quantistica. 

Il campo elettromagnetico rappresenta un sistema a numero infi- 
nito di gradi di libertà. Per tale sistema non esiste la legge di conser- 
vazione del numero di particelle (fotoni), e fra i suoi stati possibili 
esistono stati con un numero qualsiasi di particelle). In una teoria 
relativistica di questa proprietà devono godere, in generale, anche 
sistemi di particelle qualsiasi. La conservazione del numero di 
particelle nella teoria non relativistica è connessa con la legge di 
conservazione della massa: la somma delle masse (masse di quiete) 
delle particelle non varia in una loro interazione; la conservazione 
della somma delle masse, per esempio, in un sistema di elettroni, 
significa l’invarianza anche del loro numero. Nella meccanica rela- 
tivistica, invece, la legge di conservazione della massa non esiste; 
deve conservarsi soltanto l’energia totale del sistema (che include in 
sé anche l'energia di quiete delle particelle). Quindi il numero di 
particelle non deve conservarsi; ne segue che ogni teoria relativistica 
di particelle deve essere una teoria di sistemi ad un numero infinito 
di gradi di libertà. In altre parole, tale teoria acquista il carattere 
di una teoria di campo. 

Il formalismo matematico adeguato a descrivere sistemi con un 
numero variabile di particelle è il formalismo della seconda quantiz- 
zazione (III, $$ 64, 65). Nella descrizione quantistica del campo elet- 
tromagnetico il ruolo di operatore di seconda quantizzazione è svolto 
dal quadripotenziale A. Esso si esprime mediante le funzioni d'onda 
delle coordinate delle singole particelle (fotoni) e gli operatori di 


1) Ovviamente, in pratica, il numero dei fotoni cambia soltanto a seguito 
dei diversi processi di interazione. 


BOSONI 53 


creazione e di annichilazione. Il ruolo analogo nella descrizione di 
un sistema di particelle è svolto dall’operatore + della funzione 
d’onda quantizzata. Per costruire tale operatore occorre innanzitutto 
conoscere la forma della funzione d'onda di una singola particella e 
dell’equazione, cui questa funzione soddisfa. 

Occorre qui sottolineare il carattere ausiliario del concetto di 
campo di particelle libere. Le particelle reali interagiscono e il 
compito della teoria consiste nello studiare queste interazioni. Ogni 
interazione però si riduce ad una collisione, prima e dopo la quale il 
sistema può essere considerato come un’assemblea di particelle 
libere. Nel $ 1 è stato notato che queste sono gli unici enti misurabili. 
Per questo noi ci serviremo dei campi di particelle libere come 
mezzo per descrivere gli stati iniziali e finali. 

Iniziamo la descrizione relativistica delle particelle libere dal 
caso di particelle a spin 0. La semplicità matematica di questo caso 
permetterà di chiarire meglio le idee fondamentali e le caratteristiche 
di tale descrizione. 

Lo stato di una particella libera (senza spin) può essere determina- 
to completamente con l’assegnazione della sua quantità di moto p. 
L'energia della particella e!) è determinata dalla relazione e% = 
= p?+ m? (dove m è la massa della particella), oppure, in forma 
quadridimensionale 

p° = m?. (10,1) 


Come è noto, le leggi di conservazione della quantità di moto e 
dell’energia sono connesse con l'omogeneità dello spazio e del tempo, 
cioè con la simmetria rispetto a qualsiasi spostamento parallelo nel 
sistema di coordinate quadridimensionale. In una descrizione quan- 
tistica, la richiesta di questa simmetria significa che la funzione 
d’onda di una particella con un vettore energia-impulso determinato, 
a seguito di una traslazione sulle coordinate, può venire solo mol- 
tiplicato per un fattore di fase (di modulo uguale ad 1). Questa condi- 
zione è soddisfatta solo da una funzione esponenziale con esponente 
lineare rispetto alle 4-coordinate?). In altre parole, la funzione d'onda 
di stato di una particella libera con un dato energia-impulso p* = 
= (e, p) deve essere un'onda piana 

costante -e-!?*, —pa=et— pr (10,2) 


(la scelta del segno nell’esponente nella teoria relativistica è di per 
se stessa convenzionale; il segno è scelto qui in accordo col caso non 
relativistico). 


1) L'energia di una singola particella viene indicata con €, a differenza 
dell'energia £ di un sistema di particelle. 

2) Ricordiamo il significato di alcune notazioni usate dagli autori per 
semplificare la scrittura: 4-coordinate = sistema di coordinate quadridimensio- 
nale, 4-impulso = energia-impulso, 4-vettore = quadrivettore, 4-tensore = 
= tensore quadridimensionale (quadritensore), 4-potenziale = potenziale qua- 
dridimensionale (quadripotenziale). (N.d.T.) | 


54 CAPITOLO II 


L'equazione d’onda deve avere le funzioni (10,2) come soluzioni 
particolari per un 4-impulso arbitrario p, che soddisfi la condizione 
(10,1). L’equazione deve essere lineare come espressione del prin- 
cipio di sovrapposizione: ogni combinazione lineare delle funzioni 
(10,2) descrive uno stato possibile della particella e quindi deve 
essere una eo L'equazione deve essere, infine, di ordine più 
basso possibile; un ordine più alto comporta soluzioni ridondanti. 

Lo spin è il momento angolare della particella nel sistema di rife- 
rimento, in cui essa si trova in quiete. Se lo spin di una particella 
è s, la sua funzione d’onda nel sistema di quiete è uno spinore tridi- 
mensionale di rango 2s. Per descrivere una particella in un sistema 
di riferimento generico, la sua funzione d’onda deve essere espressa 
sotto forma di grandezze quadridimensionali. 

Una particella a spin 0 nel sistema di quiete è descritta da uno 
scalare tridimensionale. Questo scalare, tuttavia, può avere una 
« origine » quadridimensionale varia: può essere uno scalare quadri- 
dimensionale pw, ma può essere anche la quarta componente del 4- 
vettore wp, (componente di tipo temporale), quadrivettore che nel 
sistema di quiete ha non nulla solo la componente yo!). 

Per una particella libera, l’unico operatore che può entrare 
nell'equazione d'onda è l’operatore di energia-impulso (o di 4-im pul- 
so) p. Le sue componenti sono operatori di derivazione rispetto alle 
coordinate e al tempo: 

pi=idv= (14, —iv). (10,3) 

Equazione d’onda deve essere un legame differenziale tra le 
grandezze w e p,, realizzato mediante l’operatore p. Questo legame 
deve, ovviamente, essere espresso mediante relazioni relativistica- 
mente invarianti. Tali sono le relazioni 


My = Pu, pu =my, (10,4) 


dove m è una costante dimensionale, che caratterizza la particella?). 
Trasferendo y, dalla prima alla seconda equazione, otteniamo 


(pî— m°)p=0 (10,5) 


(O. Klein, V. A. Fok, 1926). L’equazione ottenuta si può scrivere 
nella forma 


—qudp=(-S+A)y=my. (10,6) 


1), Oppure, in modo analogo, la componente temporale di un 4-tensore di 
rango superiore; questo caso, tuttavia, porterebbe ad equazioni dì ordine supe- 
riore. 

.. 2) Le costanti m sono state introdotte nella (10,4) in modo tale che wp, e p 
abbiano la stessa dimensione. Introdurre in queste due equazioni costanti mj 
e mo diverse sarebbe stato privo di senso, poiché sarebbe sempre stato possibile 
renderle uguali mediante una nuova definizione di p o di w,. 


BOSONI 99 


Sostituendo in essa: w sotto la forma dell'onda piana (410,2), 
otteniamo p?,= m?; da qui segue che m è la massa della particella. 
Notiamo che la forma dell’equazione (10,5) è certamente evidente a 
priori e segue dal fatto che p* è l’unico operatore scalare, che si può 
formare con p ‘(per questa ragione questa stessa equazione è soddi- 
sfatta anche da ognuna delle componenti della funzione d’onda di 
una particella a spin qualsiasi; nel seguito avremo più occasioni per 
convincerci di questo). 

In tal modo, una particella a spin 0 è descritta, in sostanza, dallo 
scalare quadridimensionale w, che soddisfa l'equazione del second'’or- 
dine (10,5). Nelle equazioni del primo ordine (10,4) il ruolo di 
funzione d’onda è svolto dall’insieme delle grandezze y e w,, dove 
il 4-vettore p, si riduce al gradiente quadridimensionale dello scala- 
re w. Nel sistema di quiete la funzione d’onda della particella non 
dipende dalle coordinate (spaziali) e quindi le componenti spaziali 
del quadrivettore yw,, come doveva essere, si annullano. 

Per la successiva realizzazione della seconda quantizzazione è 
utile esprimere l’energia e la quantità di moto della particella sotto 
forma di integrali spaziali di combinazioni bilineari (rispetto a w 
e y*), che rappresentino la densità spaziale di queste grandezze. In 
altre parole, occorre trovare il tensore di energia-impulso 7,y, 
corrispondente all’equazione (10,5). Attraverso questo tensore la 
legge di conservazione dell’energia e della quantità di moto è espres- 
sa dall’equazione 

0,7% =0. (10,7) 


Seguendo le regole generali della teoria del campo (vedi II, $ 32), 
scriviamo il principio variazionale che origina l’equazione (10,5). 
Questo principio consiste nel richiedere che l’ “ integrale d’azione » 


e { Ld*x (10,8) 


del quadriscalare reale L, densità di lagrangiana del campo!), sia 
minimale. Mediante lo scalare w (e l'operatore 04) si può formare uno 
scalare bilineare reale del tipo 


L= 0yp*- dp my"), (10,9) 


dove m è una costante dimensionale. Considerando w e * come 
variabili indipendenti, descriventi il campo (« coordinate generaliz- 
zate » del campo g%), è facile vedere che le equazioni di Lagrange 
dò d@dL OL 
=: (10,10) 


d0r* 94, dg 


1) Il corrispondente operatore di seconda quantizzazione L è detto lagrangia- 
no del campo. Per semplificare la terminologia noi useremo questo termine, a 
.seconda della comodità, sia per la densità di lagrangiana « quantizzata » che 
per la densità non quantizzata ». 


56 CAPITOLO II 


(A, n == d 0) coincidono effettivamente con le equazioni (10,5) per 
e y*, dove m è la massa della particella. Notiamo anche che il segno 
generale dell’espressione (10,9) è stato scelto in modo che il quadrato 
della derivata rispetto al tempo, | w/dt |?, entri in L col segno posi- 
tivo; in caso contrario l’azione non potrebbe avere un minimo (vedi II, 
$ 27). La scelta IRA coefficiente numerico generale di ZL è, invece, 
convenzionale (e /si riflette solo sul coefficiente di normalizzazione 
di ); vedi più avanti). 

Il tensore di energia-impulso si calcola ora secondo la formula 


—_ 8 — L$), (10,11) 
(somma su tutti i g). Sostituendovi la (10,9) otteniamo 
Tuy= dny* Op t dp* np — Lev (10,12) 


(queste grandezze sono, come era logico che fosse, reali, il che segue 
dalla realtà di LZ). In particolare 


To = 200 SP L= ML vVpt mv", (10,18) 
_oye 20 00° 28 
Tio= dt dzi "e dri dt (10,14) 


Il 4-impulso del campo è dato dall’integrale 
P,= | Tuo dx, (10,15) 


cioè Too e To; svolgono il ruolo di densità di energia e di quantità 
di moto. Notiamo che la grandezza 7,0 è definita positiva. 

La formula (10,13) può venire usata per la normalizzazione della 
funzione d'onda. Un’onda piana, normalizzata con una « particella 
nell'unità di volume V = 1», si scrive nella forma 


po = alia (10,16) 


1 
Vv 2e 
In effetti, per questa funzione Too = €, e quindi l’energia totale nel 
volume V = 1 coincide con l’energia di una particella. 

Il momento angolare, la cui conservazione è connessa all’isotropia 
dello spazio, può anch'esso essere espresso sotto forma di integrale 
spaziale; tale rappresentazione del momento angolare nel seguito, 
tuttavia, non sarà necessaria. 

Accanto alle leggi di conservazione, connesse direttamente con 
simmetrie spazio-temporali, le equazioni (10,4) ammettono ancora 
un’altra legge di conservazione. In effetti, è facile convincersi che 


BOSONI 57 


dalle (10,4) (e da equazioni simili per y*), discende l'equazione 
dj! = 0, (10,17) 


dove 


ju=m (Pupa + pi) = i [y'onp— (dp*) gl. (10,18) 


Da qui si vede che j* ha il ruolo di quadrivettore densità di corrente, 
e quindi l’equazione (10,17) è l’equazione di continuità, che esprime 
la legge di conservazione della grandezza 


Q= | io Ba, (10,19) 


dove 
ji=p=i (E yy. (10,20) 


Notiamo che j, non è una grandezza definita positiva. Già questo 
fatto indica che, nel caso generale, non si può chiaramente interpre- 
tare questa grandezza come densità di probabilità della localizzazione 
spaziale di una particella. Il senso della legge di conservazione, 
espressa dall’equazione (10,17), verrà chiarito nel paragrafo seguente. 


$ 11. Particelle e antiparticelle 


Secondo le regole generali del metodo di seconda quantizzazione, 
si deve considerare lo sviluppo di una funzione d’onda generica 
secondo le autofunzioni dell’insieme completo degli stati possibili 
di una particella libera, ad esempio secondo onde piane wp: 


p= di app, = di api. 


Quindi i coefficienti a, e a} dovrebbero essere interpretati come ope- 
ratori a, e aj di annichilazione e di creazione di particelle negli stati 
corrispondenti!). 

Nel fare questo, tuttavia, noi incontriamo una novità sostanziale, 
rispetto alla teoria non relativistica. Nell’onda piana, soluzione 
dell'equazione (10,5), l'energia e deve soddisfare (per una quantità 
di moto fissata) soltanto la condizione e? = p? + m?, cioè può avere 
due radici: +V p? + m?. Tuttavia, soltanto i valori positivi di & 
possono avere il senso fisico di energia di una particella libera. 
D'altra parte, non è lecito lasciare cadere semplicemente i valori 


.1) Alle funzioni y abbiamo messo l’indice del 4-impulso p, proponendoci di 
indicare le funzioni a « frequenza negativa » con ‘_,- Agli operatori a e a* 
abbiamo apposto l’indice della quantità di moto tridimensionale p, che determi- 
na completamente lo stato di una particella fisica. 


58 CAPITOLO II 


negativi: la soluzione generale dell’equazione d’onda si forma per 
sovrapposizione di tutte le soluzioni particolari indipendenti. 
Questo fatto indica che è necessario un certo cambiamente dell’inter- 
pretazione dei coefficienti di sviluppo di w e w* nella seconda quan- 
tizzazione. i 

Scriviamo questo sviluppo hella forma 


1 toi (pr 1 ei 
a S —— aPei(pr-et) L VI _ gMWei (nrten 11,1 


dove nella prima somma compaiono onde piane a « frequenza » 
positiva normalizzate secondo la (10,16), e nella seconda onde piane 
a frequenza negativa; con € viene ovunque indicata la grandezza 


positiva: e = +) p? + m?. Nella seconda quantizzazione i coef- 
ficienti a” nella prima somma si sostituiscono, secondo il metodo 
solito, con gli operatori a, di annichilazione di particelle. Nella 
seconda somma notiamo che, nella formazione dell’elemento di 
matrice, la dipendenza temporale dei suoi fattori corrisponderà non 
alla distruzione, ma alla creazione di particelle: il moltiplicatore 
eitt — (e7i )* corrisponde ad una particella in più di energia £ 
nello stato finale (vedi fine del $ 2). In relazione a questo, i coeffi- 
cienti a5) vengono sostituiti con gli operatori b_i, di creazione di 
certe altre particelle. Sostituendo inoltre nella seconda somma della 
(11,1) la notazione della variabile di somma 7 con — p (in modo 
che il moltiplicatore esponenziale assuma la forma e-i@7-29), otte- 
niamo gli operatori w nella forma 


1 —ipx + x Pe 1 + inx -inx 
= Dig oe DEL htelP®), ap I Va (ee + b,e-i2*). (11,2) 
p p i 


In questo modo, tutti gli operatori a, e b, risultano moltiplicati 
per funzioni con una « giusta » dipendenza dal tempo (veli), e 
gli operatori az e b} per le loro coniugate complesse. Questo dà la 
possibilità di interpretare, in corrispondenza alle regole generali, gli 
operatori a, e b, come operatori di annichilazione (detti anche opera- 
tori di distruzione), e gli operatori a} e bj come operatori di creazione 
di particelle di impulso p ed energia £. 

Si arriva cosi al concetto di particelle di due specie, che inter- 
vengono nella teoria congiuntamente e in condizione di parità: 
esse sono dette particelle e antiparticelle (il senso di tale denominazio- 
ne verrà chiarito più avanti). A particelle di un tipo sono associati, 
nel formalismo della seconda quantizzazione, gli operatori a, e aj, 
alle particelle dell’altro tipo gli operatori b, e bj. Ambedue i tipi 
di particelle, i cui operatori entrano in uno stesso operatore w, hanno 
masse uguali. 


BOSONI 59 


La ragione di questi risultati può essere investigata anche dal 
punto di vista delle condizioni di invarianza relativistica. 

Le trasformazioni di Lorentz rappresentano, da un punto di 
vista matematico, rotazioni del sistema di coordinate quadridimensio- 
nale, che cambiano la direzione dell’asse temporale (insieme con le 
rotazioni spaziali pure, che non toccano l’asse temporale, esse for- 
mano un gruppo di trasformazioni, detto gruppo di Lorentz!)). Tutte 
queste trasformazioni godono della proprietà generale seguente: non 
fanno uscire l’asse # fuori dalla falda corrispondente del cono di 
luce; questo fatto è l’espressione del principio fisico dell’esistenza di 
una velocità limite di propagazione dei segnali. 

Dal punto di vista matematico, però, anche il cambiamento 
simultaneo del segno di tutte e quattro le coordinate (inversione 
quadridimensionale) è una rotazione: il determinante di questa 
trasformazione è uguale a +1, come ogni altro determinante della 
trasformazione di rotazione. In questa trasformazione l’asse del 
tempo viene portato da una falda del cono di luce all’altra. Sebbene 
questo fatto significhi l’impossibilità fisica di realizzare questa 
trasformazione (in quanto trasformazione del sistema di riferimento), 
sotto il profilo matematico la differenza si riduce al fatto che, essendo 
la metrica non euclidea, questa rotazione non può essere fatta senza 
contemporaneamente ammettere una trasformazione complessa delle 
coordinate. 

È naturale supporre che questa differenza debba essere inessenzia- 
le, quando si tratta dell’invarianza quadridimensionale. Allora ogni 
espressione, invariante rispetto alle trasformazioni di Lorentz, deve 
essere invariante anche rispetto all’inversione quadridimensionale. 
La formulazione esatta di questa richiesta nell’applicazione al- 
l'operatore scalare w verrà data nel $ 13. Notiamo, però, subito che 
questa richiesta porta, in ogni caso, alla necessità della presenza 
simultanea negli operatori y di termini con ambedue i segni davanti 
a € negli esponenti, poiché la sostituzione t +» —t cambia proprio 
questo segno. | 

Torniamo ora alle espressioni (11,2) e stabiliamo le relazioni di 
commutazione fra gli operatori ap, ag (e b,, bj). Nel caso di fotoni 
questo è stato fatto (per gli operatori c, e ci) partendo dall’analogia 
con gli oscillatori, cioè, in sostanza, sulla base delle proprietà del 
campo elettromagnetico nel limite classico. Un'analogia del genere 
ora manca. Per stabilire le regole di commutazione (di Bose o di 
Fermi) fra gli operatori, noi possiamo basarci solo sulla forma del- 
l’hamiltoniano costruito con questi operatori. 


1) Notiamo che l’insieme di tutte le rotazioni tridimensionali (spaziali) 
costituisce, di per se stesso, un gruppo che entra nel gruppo di Lorentz come 
sottogruppo. L'insieme delle trasformazioni di Lorentz non costituisce, di per 
se stesso, un gruppo: il risultato di successive trasformazioni di Lorentz può 
essere ridotto ad una rotazione spaziale pura. 


60 CAPITOLO II 


L'hamiltoniano si ottiene (vedi III, $ 64) sostituendo nell’inte- 
grale | Too dîr we pt con we wp’). Otteniamo cosi 


H= Xe(asap + bpbf). (11,3) 
p 


È facile vedere che per gli autovalori di questo hamiltoniano un 
risultato sensato si ottiene soltanto se gli operatori soddisfano le 
regole di commutazione di Bose 


{ap, ap}-={bp, b;}_=1 (11,4) 
(tutte le altre coppie di operatori commutano; fra questi ci sono gli 


operatori di particelle a,, aj che commutano con tutti gli operatori 
di antiparticelle b,, bj). In effetti, in questo caso 


H= Xe(ajap + bib, +1). 
pd 


Gli autovalori dei prodotti aza, e bsbp sono numeri interi positivi 
N, e N,: numero di particelle e di antiparticelle. La grandezza 
additiva infinita Y! e (« energia di vuoto ») può essere semplicemente 
omessa: 


E=Me(N,+N,) (11,5) 


(vedi la formula (3,1) e la nota aggiunta). Questa espressione è 
definita positiva e corrisponde al concetto di due tipi di particelle 
fisiche esistenti. In modo analogo, per la quantità di moto totale di 
un sistema di particelle otteniamo 


P=2D(Ny+ No). (11,6) 


Se al posto delle (11,4) avessimo adottato le relazioni di commuta- 
zione di Fermi (anticommutatori invece di commutatori), avremmo 
ottenuto 


H= d, (858p— byb, +1), 


e invece della (11,5) avremmo ottenuto l’espressione priva di senso 
fisico Y) e (N, — N,), non definita positiva e che non può quindi 
rappresentare l'energia di un sistema di particelle libere. 

Quindi, le particelle a spin 0 sono dei bosoni. 


1) Nella teoria non relativistica si conviene di scrivere l’operatore coniugato 
+ a sinistra di p. Qui invece l'ordine è indifferente, poiché lo scambio di wp e p* 
avrebbe portato solo allo scambio degli operatori a, e b,, che sono, da questo 
punto di vista, su un piano di parità. Una volta scelta una disposizione, è ne- 
cessario, però, attenervisi sempre. 


BOSONI 61 


Consideriamo ora l’integrale Q (10,19). Sostituendo in j° le funzio- 
ni p e +* con gli operatori w e p*, integrando otteniamo 


Q= DI (asa, — bpb,) = di (apa, — bpbp — 1). (11,7) 
p ) 


Gli autovalori di questo operatore (omettendo la costante additiva 
inessenziale >!) sono 


Q=Z(N,-Np), (11,8) 


sono cioè uguali alla differenza fra il numero totale di particelle e il 
numero totale di antiparticelle. 

Finché noi consideriamo particelle libere, facendo astrazione da 
ogni interazione fra di loro, il senso della legge di conservazione 
della quantità Q (come, del resto, anche delle leggi di conservazione 
dell’energia e della quantità di moto totali (11,5-6)) resta, in note- 
vole grado, convenzionale: si conserva, in realtà, non solo la somma, 


ma anche ognuno dei numeri /, e N,, separatamente. Il problema 
della conservazione della quantità Q in un'interazione dipende dal 
carattere dell’interazione. Se Q si conserva (cioè se l’operatore Q 
commuta con l’hamiltoniano d’interazione), allora la (11,8) mostra 
quale limitazione questa legge impone sulle possibili variazioni del 
numero di particelle: si possono creare e distruggere solo coppie 
« particella + antiparticella ». 

Se una particella è elettricamente carica, la sua antiparticella 
deve avere carica di segno opposto: se sia la prima che la seconda 
avessero cariche dello stesso segno, la creazione o la distruzione di 
una loro coppia sarebbe in contraddizione con una legge esatta della 
natura: la conservazione della carica elettrica totale. Vedremo più 
avanti ($ 32) in che modo questa opposta polarità delle cariche appaia 
nella teoria automaticamente (nelle interazioni di particelle col 
campo elettromagnetico). — 

La quantità Q è detta, a volte, carica del campo delle particelle 
considerate. Per particelle elettricamente cariche, Q determina, in 
particolare, la carica elettrica totale del sistema (misurata in unità 
di carica elementare e). Sottolineiamo, tuttavia, che particelle e 
antiparticelle possono essere elettricamente neutre. 

Noi vediamo cosi che il carattere dalla dipendenza relativistica 
dell’energia dalla quantità di moto (i due valori della radice del- 
l'equazione e° = p? + m?) insieme con la condizione di invarianza 
relativistica, porta, nella teoria quantistica, ad un nuovo principio 
di classificazione delle particelle: la possibilità dell’esistenza di 
coppie di particelle differenti (particella-antiparticella), che si tro- 
vano tra loro nella corrispondenza descritta prima. Questa importante 
predizione fu fatta per la prima volta (per le particelle a spin 1/2) da 
Dirac nel 1930, ancora prima della scoperta sperimentale della prima 
antiparticella: il positrone. 


62 CAPITOLO II 


$ 12. Particelle realmente neutre 


Per la seconda quantizzazione della funzione w (11,1) i coeffi- 
cienti a e a venivano considerati degli operatori associati a 
particelle diverse. Questo non è. tuttavia, obbligatorio: come caso 
particolare, gli operatori di creazione edi distruzione che entrano in 
xp possono essere associati alle stesse anticato (come fu fatto per i 
fotoni; vedi (2,17)). Indicando in questo caso gli operatori sopracitati 
con c, e cj, scriviamo l'operatore y nella forma 


1 x + ipx 
pe Sme (121 
P i 


Il campo descritto da questo operatore corrisponde ad un sistema di 
particelle uguali, delle quali si può dire che esse « coincidono con le 
proprie antiparticelle ». 

L'operatore (12,1) è hermitiano (@* = +); si può quindi dire 
che il campo è reale. É naturale che questo campo abbia due « gradi 
di libertà » in meno rispetto al campo complesso, per il quale gli 
operatori p e w* non coincidono. 

In relazione a questo, il lagrangiano del campo, espresso attra- 
verso l’operatore reale p, deve contenere in più, rispetto alla (10,9), 
il moltiplicatore 41/2?) 


L= (dup-dp — mapa). (12,2) 


Il corrispondente tensore di energia-impulso è 
Tuy =" Op Op — Lguvs (12,3) 
e quindi l'operatore di densità di energia ha la forma 


Ta (Pe) Lt( (ME) tt] 8 


Sostituendo la (12,1) nell’integrale { Too d*x, otteniamo l’hamilto- 
niano del campo 
1 + + 
H=> dE(cicn + 0,65). (12,5) 
p 


Da qui è di nuovo evidente la necessità della quantizzazione secondo 
Bose 


{c», Cp}- =1, (12,6) 


1) Analogamente al fattore 1/2 nell’operatore (2,10) di densità di energia 
elettromagnetica del campo (espresso attraverso gli'operatori reali E e H) rispetto 
alla densità di energia del fotone (3,2), espressa attraverso la sua funzionè d’onda 
complessa; vedi nota a pag. 27.. 


BOSONI 63 


e gli autovalori dell'energia (sempre omettendo la costante additiva) 
sono 


E=e,Ny (12,7) 
p 


Nella quantizzazione secondo Fermi, invece, avremmo ottenuto un 
risultato privo di senso, e cioè che il valore di £ non dipende da N,. 

La « carica » Q del campo considerato è nulla. Questo è evidente 
già dal fatto che Q deve cambiare segno nella sostituzione delle 
particelle con antiparticelle, mentre nel dato caso le une e le altre 
« coincidono ». In relazione a questo, non esiste nemmeno il quadri- 
vettore densità di corrente. Effettivamente, l’espressione 


iu=i [pop (0 p*) sp] (12,8) 


per l'operatore del quadrivettore conservativo j si annulla per p = w* 
(il vettore pd, di per se stesso non si conserva). Questo fatto, a sua 
volta, significa l'assenza di una qualsiasi legge particolare di con- 
servazione che limiti le possibili variazioni del numero di particelle. 
È evidente che tali particelle sono in ogni caso elettricamente neutre. 

Le particelle di questo tipo sono chiamate particelle realmente 
neutre, a differenza delle particelle elettricamente neutre, che hanno 
una corrispondente antiparticella. Mentre queste ultime possono 
annichilarsi (trasformarsi in fotoni) soltanto a coppie, le particelle 
realmente neutre possono annichilarsi singolarmente. 

La struttura dell’operatore w (12,1) è la stessa struttura degli 
operatori (2,17-20) del campo elettromagnetico. In questo senso si 
può dire che i fotoni stessi sono particelle realmente neutre. Nel 
caso del campo elettromagnetico il fatto che gli operatori fossero 
hermitiani era connesso con la realtà delle intensità del campo in 
quanto grandezze fisiche misurabili (al limite classico). Nel caso 
degli operatori yw di particella non esistono legami di questo genere, 
poiché ad essi non corrisponde alcuna grandezza fisicamente misura- 
bile. In relazione a questo è opportuno ricordare nuovamente che 
gli operatori w, nella teoria esistente, sono verosimilmente dei « con- 
cetti rudimentali » che scompariranno in una teoria coerente. 

L'assenza del quadrivettore di corrente conservativo è una pro- 
prietà generale delle particelle neutre e non è legata con lo spin zero 
(infatti ha luogo anche per i fotoni). Da un punto di vista fisico questo 
significa l’assenza di divieti sulla variazione del numero di particelle. 
Da un punto di vista formale, invece, esiste una connessione diretta 
tra l'assenza della corrente conservativa e la realtà del campo, ossia 
il fatto che l'operatore yw è hermitiano. 

Il lagrangiano di un campo complesso 


L= dp*-d'p—mp*p (12,9) 


64 CAPITOLO IMI 


è invariante rispetto alla moltiplicazione dell'operatore x per un 
qualsiasi fattore di fase, cioè rispetto alle trasformazioni?) 


np cip, pito ezicpt. (12,10) 
In particolare, il lagrangiano non cambia per la trasformazione 
infinitesima 
Pr pt ida -+*, pito pt— ida -p*. (12,11) 
Per una variazione infinitesima delle « coordinate generalizzate » 
q il lagrangiano subisce la-variazione 


sd (57 89-+ Fr) 94m) = 
=x (5 dq dall 020594 9-4-(2-t0) 


(la somma è estesa a tutti i g). Il primo membro si annulla in forza 
delle « equazioni del moto » (equazioni di Lagrange). Intendendo 
come « coordinate » q gli operatori pw e y* e ponendo dp = ida-‘p, 
òp* = —ida-wp*, otteniamo 


6L=isa  {* e Y x" Sir) 


Da qui si vede che la condizione di invarianza del lagrangiano 
(5L = 0) è equivalente all’equazione di continuità (d,j* = 0) per 
il quadrivettore 


ici OL 4L 
ile ta) (12,12) 


È facile convincersi che per il lagrangiano (12,9) questa formula porta 
alla corrente (12,8). 

In tal modo, nel formalismo matematico della teoria, l’esistenza 
di una corrente conservativa risulta connessa con l’invarianza del 
lagrangiano rispetto alle trasformazioni (12,10) (W. Pauli, 1941). 
Il lagrangiano del campo realmente neutro (12,2) non gode, invece, 
di questa simmetria. 


$ 13. Trasformazioni C, P, T 


Contrariamente all’inversione quadridimensionale, l’inversione 
tridimensionale (spaziale) non è riducibile a delle rotazioni del 
4-sistema di coordinate: il determinante di questa trasformazione 


non è uguale a +41, ma a —1. Le proprietà di simmetria delle par- 


i) L'insieme di queste trasformazioni è detto gruppo di gauge. 


BOSONI 65 


ticelle rispetto all’inversione (P) non sono quindi predeterminate da 
considerazioni di invarianza relativistica!). 

Applicata ad una funzione d’onda scalare l’operazione di inversio- 
ne consiste nella trasformazione 


Pp(i,r)=ty(%, — 7), (13,1) 


dove il segno + o — nella parte destra corrisponde rispettivamente 
ad un vero scalare o ad uno pseudoscalare. 

Da qui si vede che occorre distinguere due aspetti del comporta- 
mento della funzione d'onda nell’inversione. Uno di questi aspetti 
è connesso con la dipendenza orbitale della funzione d’onda. Nella 
meccanica quantistica non relativistica veniva considerato solo 
questo aspetto; esso porta al concetto di parità di stato (che d’ora 
in poi noi chiameremo parità orbitale), che caratterizza le proprietà 
di simmetria del moto della particella. Se uno stato ha una determi- 
nata parità orbitale (+1 o —1), questo significa che 


wi, —r)=£ (6, 7). 


Un secondo aspetto è dato dal comportamento (nell’inversione 
degli assi coordinati) della funzione d'onda in un punto dato (che 
risulta comodo assumere come origine delle coordinate). Questo aspet- 
to porta al concetto di parità intrinseca delle particelle. Alla parità 
intrinseca +1 o —41 corrispondono (per una particella a spin 0) i 
due segni nella definizione (13,1). La parità totale di un sistema di 
‘particelle è data dal prodotto delle loro parità intrinseche e della 
parità orbitale del moto relativo. 

Le proprietà « intrinseche » di simmetria delle diverse particelle 
si manifestano, ovviamente, soltanto a seguito di processi di reci- 
proche trasformazioni. L’analogo della parità intrinseca nella mec- 
canica quantistica non relativistica è la parità di un dato stato legato 
di un sistema composto (ad esempio, di un nucleo). Dal punto di 
vista della teoria relativistica, che non fa differenze di principio fra 
particelle composte e particelle elementari, questa parità intrinseca 
non si differenzia dalla parità intrinseca di particelle, che figurano 
nella teoria non relativistica come elementari. Nel dominio non 
relativistico,, dove queste ultime si comportano come un tutt'uno 
inalterabile, le loro proprietà intrinseche di simmetria non sono 
osservabili, e per questo il loro studio sarebbe privo di senso fisico. 

Nel formalismo di seconda quantizzazione la parità intrinseca è 
espressa dal comportamento nell’inversione degli operatori p. A 
campi scalari e pseudoscalari corrispondono le seguenti leggi di 


1) Il gruppo di Lorentz, con l' seria dell’inversione spaziale, è detto 
gruppo di Lorentz ampliato (a differenza del gruppo originario, che non contiene P, 
e che, in relazione a questo, è detto gruppo proprio). Il gruppo ampliato contiene 
tutte le trasformazioni, che non portano l’asse t fuori dalle corrispondenti falde 
del cono di luce. 


66 CAPITOLO II 


trasformazione: 
P: p(i, 7) > +tw(t, —r). (13,2) 


Il senso stesso dell’azione dell’inversione sugli operatori w deve 
essere formulato sotto forma di una trasformazione degli operatori 
di distribuzione e di creazione di particelle, tale che come risultato 
di essa si abbia il cambiamento (13,2). E facile vedere che tale è 
la trasformazione 


P: a>+a_,, b>+b, (13,3) 


(e lo stesso per gli operatori coniugati). In effetti, facendo questa 
sostituzione nell’operatore 


(1, 7) = y DE (ape i0!+4pr L bieiot-inr) (13,4) 
P 


e cambiando quindi la notazione della variabile di somma (p + —p), 
lo riduciamo alla forma + (4, —r). In tal modo, indicando con 
pP (£, x) l'operatore, nel quale è stata effettuata la trasformazione 
(13,3), si può scrivere l’uguaglianza 


war) = tw(t, — 7°). (13,9) 


Notiamo che il carattere della trasformazione (13,3) è del tutto 
naturale: l’inversione cambia il segno del vettore polare p, e quindi 
le particelle di quantità di moto p vengono sostituite con particelle 
di quantità di moto — p. 

Nella (13,3) gli operatori ay e by si trasformano o ambedue con 
il segno positivo o ambedue con il segno negativo. Nel formalismo 
di seconda quantizzazione questa è l’espressione del fatto che le 
parità intrinseche di particelle e antiparticelle (a spin 0) sono uguali. 
Ciò è di per se stesso evidente già dal fatto che particelle e antiparti- 
celle (a spin 0) sono descritte dalle stesse funzioni d’onda (scalari 0 
pseudoscalari). 

L'operatore w (13,4) gode anche di simmetria rispetto ad una 
trasformazione che non ha analogo nella teoria non relativistica; 
questa trasformazione è detta coniugazione di carica e viene indicata 
col simbolo C. Se si scambiano reciprocamente tutti gli operatori 
ap e b, 

C: ap >bp, bp — dp (13,6) 


(se cioè si sostituiscono le particelle con antiparticelle), allora 
diventerà l’operatore « coniugato di carica » w© per il quale si avrà 


pe (6, r)=w' (i, r). (13,7) 


Questa uguaglianza è l’espressione della simmetria, con la quale i 
coricetti di particelle e antiparticelle entrano nella teoria. 


BOSONI 67 


Notiamo che nella definizione della trasformazione di coniuga- 
zione di carica c’è un certo arbitrio formale inessenziale. Il senso 
della trasformazione non cambia se si introduce nella definizio- 
ne (13,6) un qualsiasi fattore di fase 


ap > ei5%b,, b, +e-'%ap. 


Allora si avrebbe 


po e!%p*, pae, 


e una doppia applicazione di questa trasformazione porterebbe, 
come prima, ad una identità (+ w). Tutte queste definizioni 
sono, tuttavia, equivalenti fra loro. Poiché le proprietà degli opera- 
tori y non cambiano se vengono moltiplicati per un fattore di fase 
(vedi la fine del paragrafo precedente), noi possiamo semplicemente 
cambiare la notazione di w in mpe'i/2, dopo di che torneremo alla defi- 
nizione della coniugazione di carica nella forma (13,6-7). 

Poiché la coniugazione di carica sostituisce la particella con una 
particella a lei non identica, questa operazione non porta, nel caso 
generale, ad una nuova caratteristica della particella o di un sistema 
di particelle come tali. 

Un'’eccezione, in questo senso, è costituita da sistemi di ugual 
numero di particelle e di antiparticelle. L'operatore C trasforma 
questo sistema in se stesso, e quindi in questo caso esistono per esso 
autostati corrispondenti agli autovalori C = +1 (questi valori 
seguono dal fatto che C* = 1). Per descrivere la simmetria di carica 
si possono considerare particelle e antiparticelle come due diversi 
« stati di carica » di una stessa particella, che si differenziano per il 
valore del numero quantico di carica Q = +1. La funzione d’onda 
di un sistema è rappresentata dal prodotto della funzione orbitale 
e della funzione di « carica » e deve essere simmetrica rispetto allo 
scambio simultaneo di tutte le variabili (orbitali e di carica) di una 
qualsiasi coppia di particelle. La simmetria della funzione « di 
carica » determinerà la parità di carica del sistema (vedi problema)!). 

Come è stato già sottolineato nel $ 1, nella teoria relativistica 
non esiste una differenza di principio tra particelle « composte » 
e particelle « elementari ». Per questo anche il concetto di parità 
di carica, che è naturale per sistemi « realmente neutri », deve valere 
anche per particelle « elementari » realmente neutre. Nel formalismo 
di seconda quantizzazione questo concetto è descritto dall’ugua- 


glianza 
po = +; (13,8) 


i segni + e — corrispondono a particelle a parità di carica pari e di- 
spari, rispettivamente. 


1) In questi ragionamenti si sottintendono partico o a spin 0. Il metodo 
descritto si generalizza direttamente anche ad altri casi (vedi, ad esempio, il 


problema al $ 27). 


68 CAPITOLO II 


Nel $ 11 è stato mostrato che l’invarianza relativistica implica 
anche l’invarianza per la 4-inversione. Per un operatore scalare 
(rispetto alle rotazioni quadridimensionali) del campo questo signi- 
fica che per tale trasformazione deve essere 


pir)>p(-{ —r) 


sempre con il medesimo segno + nella parte destra. In termini di 
trasformazione degli operatori a, e b, la trasformazione di + (#, r) 
in p(—t, —r) si ottiene mediante la permutazione nella (13,4) 
dei coefficienti di e-'9* e di e'?", cioè mediante la sostituzione 


an+bi, bp+at. (13,9) 


Sostituendo gli operatori a con gli operatori b, questa trasforma- 
zione include in sé lo scambio reciproco di particeHe con antipar- 
ticelle. Noi vediamo che nella teoria relativistica\sorge, in maniera 
naturale, la richiesta di invarianza rispetto alla trasformazione che, 
simultaneamente con l'inversione spaziale (P) e l’inversione tempo- 
rale (T), include in sé anche la coniugazione di carica (C); questa 
affermazione costituisce il contenuto del teorema CPT 1). 

In relazione a ciò, è opportuno, tuttavia, sottolineare che, sebbe- 
ne i ragionamenti esposti qui e nei $$ 11, 12 siano un naturale svilup- 
po dei concetti della meccanica quantistica ordinaria e della teoria 
classica della relatività, i risultati ottenuti in questo modo escono 
dall'ambito di queste teorie sia per la forma (gli operatori w che 
contengono simultaneamente gli operatori di creazione e di distru- 
zione), che per la sostanza (particelle e antiparticelle). Non si pos- 
sono quindi considerare questi risultati come una necessità pura- 
mente logica. Essi contengono nuovi principi fisici, criterio della 
giustezza dei quali può essere solo l’esperienza. 

Indicando con wp©P7 (t, ») l'operatore (13,4) sottoposto alla tra- 
sformazione (13,9), si può scrivere 


wePT (6, e) =p(—t, — 7). (13,10) 


In questo modo, formulando la 4-inversione come la trasforma- 
zione (13,9), con ciò stesso noi stabiliamo per l'operatore w anche 
la formulazione della trasformazione di inversione del tempo: in- 
sieme con la trasformazione CP, essa deve dare la (13,9)?). Tenendo 
conto della definizione (13,3) e della (13,6), troviamo quindi 


T: a,>tat, bp>+bf, (13,11) 


(i segni + corrispondono ai medesimi segni della (13,3)). Il senso 
di questa trasformazione è assolutamente naturale: l’inversione del 


1) La formulazione di questo teorema appartiene a J. Schwinger (1953), 


G. Lùders (1954) e W. Pauli (1955). 
2) La trasformazione CP è detta inversione combinata. 


BOSONI. 69 


tempo non solo cambia il moto di impulso p nel moto di impulso — p, 
ma scambia di posto gli stati iniziali e finali negli elementi di matri- 
ce; per questo gli operatori di distruzione di particelle di quantità 
di moto 7 vengono sostituiti con operatori di creazione di particelle 
di quantità di moto —p. Operando la sostituzione (13,11) nella (13,4) 
e ridefinendo la notazione della variabile di somma (p+ —), 
troveremo!) 


pi (rh=tp'(-8, r). (13,12) 


Questa uguaglianza è l’analogo della regola ordinaria di in- 
versione del tempo in meccanica quantistica: se uno stato è descritto 
dalla funzione d'onda w (t, x), lo stato « invertito rispetto al tempo » 
è descritto dalla funzione d'onda w* (—t,r ); il passaggio alla fun- 
zione complessa coniugata è connesso alla necessità di ristabilire il 
« giusto » carattere di dipendenza temporale infranto dal cambia- 
mento di segno di ?t (E. P. Wigner, 1932). 

Poiché la trasformazione T (e con essa anche CPT) scambia di 
posto gli stati iniziali e finali, per essa i concetti di autostati e 
autovalori non hanno. senso. Per questa ragione queste operazioni 
non portano a nuove caratteristiche delle particelle come tali. 
A proposito delle conseguenze, a cui esse portano nell’applicazione 
ai processi di diffusione, si parlerà nel $ 70. 

Vediamo ora come si comporta il quadrivettore operatoriale cor- 
rente j! nelle trasformazioni C, P e T. La trasformazione (13,2), 
insieme con la sostituzione (09, d;) + (00, —di), dà 


P: (j°, I)e r > (5°, — i), —r? (13,13) 
come deve essere per un vero quadrivettore. La trasformazione (13,7) 
darebbe semplicemente 


C: Ubi i): r > ( ni 3, ni j)c, rI (13,14) 


se gli operatori p e p* commutassero. La non commutatività di 
questi operatori nasce, tuttavia, dalla non commutatività di a, 
e aj (o di b, e bj) con p uguali; ma per le regole di commutazio- 
ne (11,4), lo scambio di questi operatori porta solo alla comparsa di 
termini che non dipendono dai numeri di occupazione, cioè dallo 
stato del campo. Omettendo (come è stato fatto nelle (11,5-6)) questi 
termini in quanto inessenziali, noi torniamo alla regola (13,14), 
che ha un senso naturale: sostituendo particelle con antiparticelle, 
la coniugazione di carica cambia il segno di tutte le componenti 
della 4-corrente. Poiché l'operazione di inversione temporale è con- 
nessa con la trasposizione degli stati iniziali e finali, questa trasfor- 


1) Se si definisse l'operazione T senza relazione con le altre trasformazioni, 
sarebbe sorto quello stesso arbitrio nella scelta del fattore di fase, che si ha per 
l’operazione C. La richiesta della simmetria CPT lascia arbitraria la scelta del 
fattore di fase soltanto in una delle trasformazioni: C o T. 


70 CAPITOLO II 


mazione, operando su un prodotto di operatori, cambia l’ordine dei 
fattori. Così si ha 
; T Tiri 

( Op) = (dp) (‘p*) ‘ 
Nel caso considerato, tuttavia, questo fatto è inessenziale: per ia 
commutatività degli operatori w (nel senso indicato prima) il ritorno 
all’ordine originario dei fattori non si riflette sul risultato. Notando 
inoltre che nell’inversione del tempo si ha (9, d;) + (do, di), 
troviamo la regola di trasformazione della corrente: 


Tio 09, Di 0 Da e (13,15) 


Il vettore tridimensionale j cambia il segno corrispondentemente al 
significato classico di questa grandezza. 
Infine, nella trasformazione CPT, abbiamo 


_ 


CPT: (jr >(—-9 — jr (13,16) 


in corrispondenza al senso di questa operazione come di una 4-in- 
versione. Sottolineiamo a questo proposito che, poiché la 4-in- 
versione si riduce ad una rotazione del 4-sistema di coordinate, 
rispetto ad essa non esistono, in generale, due tipi (veri e pseudo) 
di tensori di rango qualsiasi. 

Finora si sottintendeva che le particelle erano libere. I numeri 
quantici di parità, tuttavia, acquistano un senso reale soltanto 
quando si considerano particelle interagenti, quando ad essi ven- 
gono associate regole di selezione, che permettono o vietano questi 
o quei processi. Un significato di questo genere, tuttavia, lo possono 
avere soltanto caratteristiche conservative: autovalori di operatori, 
che commutano con l’hamiltoniano delle particelle interagenti. 

Dall’invarianza relativistica discende che l’operatore di tra- 
sformazione CPT deve in ogni caso commutare con l’hamiltoniano. 
Per quanto riguarda le trasformazioni C e P (e con esse anche T) 
separatamente, l’esperienza mostra che le interazioni elettromagne- 
tiche e forti sono invarianti rispetto ad esse, e quindi i corrispondenti 
numeri quantici in queste interazioni si conservano. Nelle intera- 
zioni deboli, invece, queste leggi di conservazione vengono violate!). 

Anticipando un poco, diremo che l’operatore di interazione di 
particelle cariche col campo elettromagnetico è dato dal prodotto dei 
quadrivettori operatoriali A e j. Poiché la coniugazione di carica 
cambia il segno di j, l’invarianza dell’interazione elettromagnetica 
rispetto a questa trasformazione significa che anche A deve cambiare 
segno. In altre parole, i fotoni hanno parità di carica dispari. 

Questo comportamento degli operatori A è in corrispondenza con 
le proprietà del 4-potenziale nella teoria classica. In effetti, dalle 


1) L’idea della possibile violazione della parità nelle interazioni deboli fu 
per la prima volta espressa da 7. D. Lee e C. N. Yang (1956). 


BOSONI 71 


trasformazioni 
G: (Aos A) cani sà ( ra Ao; — A), 19 


P: (Ao A)> (Av — A) ra 
CPT: (Ac A)>(— Ao — A)_t, -r 
discende che 
T: (Acer A) > (Ao —A)-t,s 


che corrisponde alla regola classica di trasformazione dei potenziali 
del campo elettromagnetico per l’inversione del tempo. 


PROBLEMA 


Determinare la parità spaziale e di carica di un sistema a due particelle 
a Spia O (particella e antiparticella) e di momento angolare orbitale del moto 
relativo |. 

Soluzione. Lo scambio delle coordinate delle particelle è equivalente all’in- 
versione (rispetto al baricentro) e quindi moltiplica la funzione orbitale per 
(—1)5; io scambio delle variabili di carica è equivalente alla coniugazione di 
carica e moltiplica il fattore «di carica» della funzione d'onda per il 
valore cercato C. Dalla condizione C (—1)! = 41 discende 

C= (1)! 


La parità spaziale P del sistema è il prodotto della parità orbitale e delle parità 
intrinseche delle due particelle. Poiché le parità intrinseche della particella 
e dell’antiparticella sono uguali, nel caso considerato P coincide con la pari- 
tà orbitale: P = (—1)!.4 


$ 14. Equazione d'onda per particelle a spin 1 


Una particella di spin 4 è descritta, nel suo sistema di quiete, da 
una funzione d’onda a tre componenti, cioè da un vettore tridimen- 
sionale (tale particella è detta vettoriale). Per la loro origine quadri- 
dimensionale, queste componenti possono essere le tre componenti 
spaziali di un quadrivettore w* (di tipo spaziale) oppure di un quadri- 
tensore antisimmetrico di secondo rango wPY, per i quali nel sistema 
di quiete si annullano la componente temporale (1°) e le componenti 
spaziali (y*')1). 

L'equazione d’onda, legame differenziale tra le grandezze y*, 
y#v, viene stabilita mediante relazioni che noi scriviamo nella 
forma 


‘uv = Puy — Pra, (14,1) 

iM° Pu = P'Puvy (14,2) 

1) Anticipando, diremo che all’insieme del quadrivettore p, e del quadri- 
tensore p”* corrisponde un insieme di spinori quadridimensionali di rango 2 E°, 
N..; cab, dove E° è N.. sono spinori simmetrici che si trasformano tra loro 


a . a 
nell’inversione ($ 19). 


72 CAPITOLO II 


dove p = id (A. Proca, 1936). Applicando ad ambedue i membri 
dell'equazione (14,2) l’operazione p*, otteniamo (per l’antisim- 
metria di ww) 

pp, =0. (14,3) 


Eliminiamo dalle (14,1-2) la grandezza w,y sostituendo la prima 
equazione nella seconda. Tenendo conto della (14,3) otteniamo 


(p_m?) yy =0, (14,4) 


da cui si vede nuovamente (cfr. $ 10) che m è la massa della parti- 
cella. In tal modo, si può descrivere una particella libera a spin 1 
mediante il solo quadrivettore 4, le cui componenti soddisfano 
l'equazione del secondo ordine (14,4) e anche la condizione (14,3) 
che esclude da yw* la parte relativa a spin 0. 

Nel sistema di quiete, dove p, non dipende dalle coordinate spa- 
ziali, troviamo che p°’p, = 0. Poiché conteniporaneamente si ha 
Po = Mw, vediamo che nel sistema di quiete pw = 0, come doveva 
essere. Insieme ad w, si annullano anche le wx;. 

Una particella a spin 1 può avere parità intrinseche differenti 
a seconda che wH sia un vero vettore o uno pseudovettore. Nel primo 


caso l 
Pyph dr (p9, ci w), 
Pip ciù (—y°, pÎ). 


Le equazioni (14,1-2) possono essere ottenute mediante il prin- 
cipio variazionale dal lagrangiano 


255 7 Puytphv* — 3 puvs (Guy — pu) — 
i api (Aut — dpi) + mp. (14,5) 


e nel secondo 


Il ruolo di coordinate generalizzate indipendenti è svolto in esso da 
* * 1) 
Puo Pu, Puy Puy î î La 
Per trovare il tensore di energia-impulso, la formula (10,11) 
non è, in questo caso, del tutto comoda, poiché essa porterebbe ad 
un tensore antisimmetrico, per il quale sarebbe necessaria un’ulte- 
riore simmetrizzazione. Si può invece usare la formula 


17 — 8 dV-=gL d@èV-=gL 
DI sil Dei ia ag (14,6) 


nella quale si suppone che L sia espresso in forma relativa a coordi- 
nate curvilinee qualsiasi (vedi II, $ 94). Se ZL contiene solo le com- 


1) Se si eseguisse la variazione solo rispetto a wp, (supponendo che y,y sia 
espresso attraverso p, secondo la (14,1)), l'equazione (14,3) avrebbe dovuto essere 
introdotta come condizione addizionale, non legata al principio variazionale. 


BOSONI 73 


ponenti del tensore metrico g,y (ma non le sue derivate rispetto alle 
coordinate), allora la formula si semplifica: 


__2 dV-=gL_o dL 
Tue 7g ag ag Mot 
(ricordiamo che din g = —g,,y dg‘). 


Poiché nella formula (14,6) la derivazione è fatta non rispetto 
alle grandezze wp,, Puy quando la si applica non è obbligatorio 
considerare queste grandezze come indipendenti; si può ricorrere 
subito alla (14,1) e trascrivere il lagrangiano (14,5) nella forma 


1 * * Vv 
L= —5 buvpipg"*g'0 + m?pupi gr. (14,7) 
Allora 
Tuy= — Pupo" — pia + m? (Ept E) + 
1 * 
t Luv (5 apo — mat pa) : (14,8) 
In particolare, la densità di energia è data dall’espressione definita 
positiva 
1 * * * 
Too="> Win Win + Yor dii + 2 (Wopo + Pif). (14,9) 
Il quadrivettore conservativo densità di corrente è dato dall’e- 
spressione 
j'=i (pp — pupi). (14,10) 


Secondo la formula (12,12), è possibile trovare questa grandezza 
derivando il lagrangiano (14,5) rispetto alle derivate d,py. In parti- 
colare 


P=i(P**p— pi) (14,11) 


e non è una grandezza definita positiva. 
L'onda piana, normalizzata con una particella nell’unità di 
volume V = 1, ha la forma 


py= 


dove u, è il quadrivettore unitario polarizzazione, che soddisfa (in 
forza della (14,3)) la condizione di trasversalità quadridimensionale 
u,pr=0. (14,13) 


In effetti, sostituendo la funzione (14,12) nella (14,9) e nella (14,11), 
otteniamo 


ue '?*, uub*=—1, (14,12) 


Too= — 2E°P@yyph* = E, pd 


74 CAPITOLO II 


Contrariamente al fotone, una particella vettoriale di massa non 
nulla ha tre polarizzazioni indipendenti. Per le ampiezze corrispon- 
denti vedere la (16,21). 

La quantizzazione del campo vettoriale viene effettuata in ma- 
niera analoga al caso del campo scalare, e non c’è necessità di ripe- 
tere di nuovo tutti i ragionamenti. L'espressione (14,9) per Too 
definita positiva e l’indeterminatezza di j° (14,11) portano, come nel 
caso scalare, alla necessità della quantizzazione secondo Bose. 

Una stretta connessione esiste tra le proprietà di un campo vetto- 
riale realmente neutro e il campo elettromagnetico. Il campo vetto- 
riale neutro è descritto dall'operatore reale +: 


1 aa . 
bu = DI (Cpall(eT'P" | c+ u(mte!P*), (14,14) 
pa 


V 2e 
dove c),x, Cha Sono gli operatori bosonici di distruzione e di creazione 


di particelle (l’indice a numera le tre polarizzazioni indipendenti). 
Il lagrangiano di questo campo è 


LL paraper — Lapo (upy— dp) +1 mipyapt. (14,15) 


Al campo elettromagnetico corrisponde il caso m = 0. In questo 
caso il quadrivettore pH diventa il 4-potenziale A", e il 4-tensore yu 
diventa il tensore di campo FP‘, legato al potenziale dalla defini- 
zione (14,1). L'equazione (14,2) si trasforma in d0‘pyy = 0, che 
corrisponde alla seconda coppia delle equazioni di Maxwell. La con- 
dizione (14,3) non discende da questa equazione e quindi non è più 
obbligatoria. Mancando la condizione addizionale, non c’è più la 
necessità di considerare nel lagrangiano p, e w,y come « coordinate » 
indipendenti, e il lagrangiano (14,15) si riduce a 


L= —+ up (14,16) 


in corrispondenza alla nota espressione classica del lagrangiano del 
campo elettromagnetico. Questo lagrangiano, insieme al tensore 
yy, è invariante rispetto a qualsiasi trasformazione di gauge dei 
« potenziali » p,. È evidente la connessione di questo fatto con il 
fatto che la massa è nulla: il lagrangiano (14,15) non ha questa pro- 
prietà a causa del membro map. 


$ 15. Equazione d'onda per particelle a spin superiore intero 


Poiché le equazioni d’onda (14,3-4) discendono direttamente 
dall’assegnazione della massa e dello spin della particella, l’uso 
pratico del lagrangiano non si riduce tanto alla deduzione di queste 
equazioni, quanto alla costruzione delle espressioni per l’energia, 
la quantità di moto e la carica del campo. 


BOSONI 75 


Per fare questo, come già si è notato, invece della (14,5) si può 
usare l’espressione (14,7), e quest’ultima si può ulteriormente tra- 
sformare. Usando la (14,1) trascriviamo la (14,7) nella forma 


L= — (dupt) (0°) + (Ovpli) (0°p%) + 22ipyypo = 
= — (0, p$) (dpr) + mp pe +0, (rd) — aday. 
Dalla (14,3) segue che l’ultimo membro si annulla, e il penultimo 
è una derivata totale. Omettendo quest’ultima, otteniamo il la- 
grangiano 
L= — (dnpy) (d'p‘) + m°pi pr. (15,1) 


Esso ha la stessa struttura del lagrangiano (10,9) per particella a 
spin 0, differenziandosi solo per la sostituzione dello scalare yw con 
il quadrivettore p, e per il segno. Quest'ultimo fatto è legato alla 
circostanza che w, è un vettore di tipo spaziale, e quindi pyyt* <0, 
mentre per una particella scalare si ha ww* >Q. 

Costruendo il quadritensore di energia-impulso e il quadrivettore 
corrente mediante il lagrangiano (15,1), noi otterremo per il campo 
scalare espressioni dello stesso tipo delle (10,12) e (10,18) 


Tuy= — Oupt*-dpa — Iyyph*- du — L'guv (15,2) 
Îu =—_l [pronwd La (On yX) wa]. (15,3) 


La differenza di queste espressioni dalla (14,8) e dalla (14,10) si 
riduce ai differenziali totali. Ma i valori locali di queste grandezze 
non hanno (come è già stato sottolineato) un profondo senso fisico. 
Sono essenziali soltanto gli integrali di volume P,, (10,15) e Q (10,19), 
che coincideranno per ambedue le scelte di T,,y e ju. 

Questo procedimento si generalizza direttamente a particelle 
a spin (intero) qualsiasi. La funzione d'onda di una particella a spin s 
è un quadritensore irriducibile di rango s, cioè un tensore simmetrico 
rispetto a tutti i propri indici e che si annulla nella contrazione 
rispetto ad una coppia qualsiasi di indici: 


P_auiv.. = Pv...» wa... =0. (15,4) 


Questo tensore deve soddisfare la condizione addizionale di tra- 
sversalità quadridimensionale 


PPP. n.. = 0 (15,9) 

e ognuna delle sue componenti deve soddisfare l'equazione del secon- 
do ordine 

(pf — m°) wp... =0. (15,6) 


Nel sistema di quiete, la condizione (15,5) porta all’annullamento 
di tutte le componenti del quadritensore fra i cui indici c’è l’indice 0. 
In altre parole, la funzione d’onda nel sistema di quiete (cioè al 


76 CAPITOLO II 


limite non relativistico) si riduce, come doveva essere, ad un tensore 
irriducibile tridimensionale di rango s, che ha 2s + 1 componenti 
indipendenti. 

Il lagrangiano, il tensore di energia-impulso e il vettore corrente 
per un campo associato a particelle a spin s si differenziano dalle 
(15,1-3) solo per la sostituzione di p, con Way... - 

L'onda piana normalizzata è 


2 ipx . 
ypuv... — VE unv. - - el'P : Uutv.. UR... = — 1, (15,7) 
e l'ampiezza d'onda soddisfa le SRI 
u--h--py=0. (15,8) 


Si hanno 2s + 1 stati indipendenti di polarizzazione. 

La quantizzazione del campo viene fatta mediante una generaliz- 
zazione evidente dei casi di spin 0 e 1. — 

Lo schema esposto è del tutto sufficiente allo scopo che ci si era 
posto: la descrizione del campo di particelle libere. Le cose stanno 
diversamente se ci si pone il problema di descrivere le interazioni di 
particelle col campo elettromagnetico. Questa interazione dovrebbe 
venire introdotta nel lagrangiano, dal quale tutte le equazioni sì 
dovrebbero poter ottenere senza la necessità di condizioni addiziona- 
li (vedi anche nota a pag. 149). Di fatto, però, risulta che tale de- 
scrizione dell'interazione è applicabile solo a elettroni, ossia particelle 
a spin 1/2 (vedi $ 32). Quindi per gli altri spin questo problema 
potrebbe avere solo un interesse metodologico. 

Notiamo che per tutti gli spin (interi e seminteri) s >1 risulta 
impossibile formulare il principio variazionale ricorrendo solo ad 
una funzione (tensoriale o spinoriale), il rango della quale corri- 
sponda allo spin dato. A questo scopo risulta necessario introdurre, 
come ausiliarie, grandezze tensoriali e spinoriali di rango inferiore. 
Il lagrangiano viene costruito in modo tale che queste grandezze 
ausiliarie si annullino automaticamente in forza delle equazioni del 
campo di particelle libere, che seguono dal principio variazionale!). 


$ 16. Stati di elicità delle particelle?) 


Nella teoria relativistica, il momento angolare orbitale Z e lo 
spin s di una particella in moto non si conservano separatamente. 
Si conserva soltanto il momento angolare totale j = Z + 8. Non 
si conserva, quindi, nemmeno la proiezione dello spin su una dire- 
zione data qualsiasi (asse z), e di conseguenza questa grandezza non 


1) Vedi M. Fierz, W. Pauli, Proc. Roy. Soc. A173, 214 (1939). In 
questo lavoro viene svolto il programma, indicato per particelle a spin 3/2 e 2. 

2) Il contenuto di questo paragrafo vale per particelle a spin qualsiasi 
(intero e semintero). 


BOSONI TT 


può servire per la classificazione degli stati di polarizzazione (di 
spin) di una particella in moto. 

Si conserva, tuttavia, la proiezione dello spin sulla direzione della 
quantità di moto; poiché Z = [rp], il prodotto sn coincide col pro- 
dotto conservativo j$n (n = p/|p |). Questa grandezza è chiamata 
elicità!) (noi l'abbiamo già studiata per il fotone nel $ 8). Indichere- 
mo gli autovalori di questa grandezza con la lettera 4 (A = —s, ... 
.. +, +s), e gli stati di una particella con dati valori di À saranno 
chiamati stati di elicità. 

Sia p,, una funzione d’onda (un’onda piana), che descrive lo stato 
di una particella di dati p e % e sia u® (p) la sua ampiezza; per 
semplificare le notazioni non scriveremo gli indici delle componenti 
di questa funzione (per spin intero questo riguarda gli indici quadri- 
tensoriali). 

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che per una descrizione 
relativistica di particelle a spin (intero) diverso da zero, occorre 
introdurre una funzione d'onda con un numero di componenti supe- 
riore a 25-+1. Tuttavia, il numero delle componenti indipendenti 
resta sempre uguale a 2s + 1; le componenti « ridondanti » vengono 
eliminate con la imposizione di condizioni addizionali, per cui queste 
componenti, nel sistema di quiete, si annullano (nel capitolo seguen- 
te vedremo che questo vale anche per spin seminteri). 

Secondo le formule di trasformazione del momento angolare 
(vedi II, $ 14), l’elicità è invariante per le trasformazioni di Lorentz, 
che non cambiano la direzione di p, sulla quale viene proiettato il 
momento angolare. Per queste trasformazioni, quindi, il numero 4 
conserva il suo senso di numero quantico, e per lo studio delle pro- 
prietà di simmetria degli stati di elicità si può usare un sistema di 
riferimento, in cui | p | € m(al limite, il sistema di quiete). Allora 
€)», si ridurrà alla funzione d’onda non relativistica a (2s + 1) 
componenti. Indichiamo la sua ampiezza con w (n), ponendo 
come argomento la direzione n = p/| |, lungo la quale viene quan- 
tizzato il momento angolare. L'ampiezza vw è l’autofunzione 
dell'operatore n.8 


(118) Ut”) (n) =2WM (n). (16,1) 


In rappresentazione spinoriale vl) è uno spinore controvariante 
di rango 2s; secondo le formule di corrispondenza III (57,2) le sue 
componenti si possono numerare anche secondo i corrispondenti 
valori della proiezione dello spin o su un asse fissato 2°). 


1) In inglese: bhelicity. 

?) I ragionamenti riportati qui (come anche l’elencazione dei possibili 
valori di A) si riferiscono a particelle di massa non nulla. Per particelle di massa 
nulla, non esiste un sistema di quiete e l’elicità può avere solo due valori) = +s. 
Quest'ultimo fatto è connesso con una circostanza già ricordata nel $ 8: gli stati 
di tale particella vengono classificati secondo il loro comportamento rispetto al 


78 CAPITOLO II 


Nella rappresentazione degli impulsi, le funzioni d’onda degli 
stati considerati coincidono, fondamentalmente, con le ampiezze 
u (p). Precisamente 

Por (KH) =U® (k) 62 (v—-n)=u® (p)6®(v_-mn), (16,2) 


dove la quantità di moto in quanto variabile indipendente è indicata 
con k, a differenza del suo autovalore ©, e v = X/|K |, a differenza 
di n = p/| p |'). Nel limite non relativistico 


Pri (V) = 20% (0) 62 (v- n) = (n) E (Vv n). (16,3) 
Più particolareggiatamente, questa espressione va scritta nella 


forma 
Pra (v, )=W® (Vv) 62 (v_- n), 


dove è esplicitamente indicata anche la variabile indipendente discre- 
ta o. 

L'operatore di elicità sn commuta con gli operatori j, e j?. Effet- 
tivamente, l'operatore del momento angolare è connesso ad una rota- 
zione infinitesima del sistema di coordinate, e un prodotto scalare 
di due vettori è invariante per qualsiasi rotazione. Per questo, 
esistono stati stazionari, nei quali la particella ha simultaneamente 
valori determinati del momento angolare j, della sua proiezione 
j,=me dell’elicità 4. Questi stati verranno chiamati stati sferici 
di elicità. 

Determiniamo le funzioni d'onda di questi stati nella rappresen- 
tazione degli impulsi?). Questo si può fare subito tenendo presente 
che abbiamo già esaminato stati simili nel III, $ 103 considerando 
la quantizzazione di una trottola simmetrica. Senza ripetere le 
considerazioni ivi esposte (cfr. la deduzione della formula III (103,8)) 
scriviamo per le funzioni cercate l’equazione 


x. 
Dima (76) = PID (0), 

dove wp è la funzione d'onda descrivente nel sistema di coordinate 

« mobile » Ènî lo stato di una particella con il valore determinato 


gruppo di simmetria assiale, che ammette solo una degenerazione del secondo 
ordine dei livelli (dal punto di vista delle proprietà dell'equazione d'onda, questo 
significa che nel passaggio al limite m +0, il sistema di equazioni per una 
particella a spin s si smemgpra in equazioni indipendenti, corrispondenti a par- 
ticelle senza massa di spin s, s — 1,.. .). Cosi, per il fotonesi ha} = +4, eil 
ruolo delle corrispondenti w è svolto dai vettori tridimensionali e‘#!) (8,2). 


1) La funzione 6° è definita in modo che ; 8) (v — n) do, = 1. Nella 


(16,2) (e nel caso analogo (16,4)), è omessa la funzione $, che garantisce il valore 
assegnato dell’energia. 

2) La deduzione esposta nel $ 103 si basa sulle formule di trasformazione 
delle funzioni d'onda per le rotazioni limite (III, $ 58), le quali a loro volta si 
basano soltanto sulle proprietà di simmetria rispetto alle rotazioni. Quindi 
tutti i risultati sono applicabili a funzioni nella rappresentazione degli impulsi 
nella stessa misura che a funzioni nella rappresentazione orbitale. 


BOSONI 79 


(j: = A) della proiezione del momento sull'asse % (la cui direzione 
è data dal vettore v); nella rappresentazione degli impulsi questa 
funzione evidentemente coincide con l’ampiezza wu introdotta 
sopra. La funzione d’onda normalizzata (vedi più avanti) è 


dim (3) = / ST DI (Mu (10). (16,4) 


Qui sorge, però, il problema della scelta delle fasi, legato alla 
seguente non univocità. La rotazione del sistema di coordinate Èn& 
rispetto a 7yz è determinato dai tre angoli a, B, y; la direzione di v, 
dalla quale soltanto può dipendere la funzione d'onda della parti- 
cella, dipende solo dai due angoli sferici a = q, fp = 0. Di conse- 
guenza, bisogna accordarsi sulla scelta dell’angolo y. Noi porremo 


y = 0; definiamo, cioè, DI, (v) nel modo seguente: 
DI. (v)= DI, (9, 0, 0) = etmod), (0). (16,5) 


In forza della III (58,21), le funzioni (16,5) soddisfano le seguenti 
condizioni di ortogonalità e di normalizzazione: 


; ; do, 4 
| Diimi (v) Diima (V) au 3 Z2i+1 O; jz0mms (16,6) 


(doy = sen 0 d0 dq). L'ortogonalità delle funzioni *jma rispetto 
all'indice ) è assicurata dal fattore u). Le funzioni Wim, sono, 
quindi, ortogonali, come doveva essere, rispetto a tutti gli indici 
jmÀ e, per la scelta del coefficiente operata nella (16,4), sono norma- 
lizzate con la condizione 


î | Dima | doy=1. (16,7) 


Le ampiezze ul si suppongono normalizzate con l’unità u® uM* — 1. 

Studiamo ora il comportamento delle funzioni d'onda degli 
stati di elicità rispetto all’inversione delle coordinate. Il prodotto 
del vettore polare v per il vettore assiale $ è uno pseudoscalare. 
Quindi è a priori evidente che, a risultato dell’inversione, lo stato 
di elicità A passa nello stato di elicità —A; è necessario solo determi- 
nare i fattori di fase in queste trasformazioni. 

In un’inversione si ha v-» —v. Il vettore v è determinato dai 
due angoli ©, 6, e la trasformazione v +— v si realizza mediante la 
sostituzione @ +- p+n, 9-+ x — 0. In questo modo viene fissato 
un nuovo asse È, ma resta indeterminata la posizione degli assi È e n, 
che dipende anche dal terzo angolo di Eulero y; la sola trasforma- 
zione di 0 e © non dà la possibilità di distinguere, in questo’ senso, 
la riflessione del sistema di coordinate da una rotazione dell’asse &. 
In termini di angoli di Eulero, l’inversione è la trasformazione 
seguente: 


asP> +7, p=9->n1—0, Y>T-7. (16,8) 


80 CAPITOLO II 


Quindi, se DI, (v) è determinata secondo la (16,5) (cioè y = 0), 
e la sostituzione v > —v è interpretata come risultato dell’inver- 
sione, allora 


Dim (—v)=Dim(9+3, x—0, n). (16,9) 
Mediante le formule III (58,9), (58,16) e (58,18) troviamo quindi 
DÎ, (— v) =edf, (10) cimto+®) — 
mu (— 1) etmodti m (0)=(— 1) * Dm (9, 9, 0), 
ovvero 
ta Dim (—v)=(—-1))* Dm (V) (16,10) 
(j — À è un numero intero). 

Una formula analoga si può ottenere per lo spinore vw) notando 
che le sue componenti wî° coincidono, a meno di un fattore, con le 
funzioni 

WS (v) — DIS (v)*. (16,14) 
Effettivamente, applicando la formula di trasformazione III (58,7) 


alle autofunzioni dello spin e imponendo che la proiezione è abbia 
un dato valore A (sostituendo, cioè, nella parte destra della III (58,7) 
Pim: cOn È n°), troviamo che DSS (v) sono le funzioni d'onda di spin, 
corrispondenti a valori determinati delle sue proiezioni z e & (0 e 3). 
L'insieme di queste funzioni (o = —s, ..., +5) forma (secondo 
le formule di corrispondenza III (57,6)) uno spinore covariante di 
rango 2s. Le componenti dello spinore controvariante (alle Uuali, 
secondo le formule III (57,2), corrispondono le componenti w) si 
trasformano come complesse coniugate delle componenti di uno 
spinore dello .stesso rango. 

Dalle (16,10-11) abbiamo 


wi (—w)=(—1)f7* 0-2) (4) (16,12) 


(s — % è un numero intero). L'operazione di inversione, applicata 
a ul, non consiste, tuttavia, soltanto nella sostituzione v + —v, 
ma moltiplica lo spinore per un fattore di fase comune (« parità in- 
trinseca » della particella), che noi indicheremo mediante n: 


Pw®(v)= mv (—v)=n(—-1)"7*wt-8 (v). (16,143) 
Per le ampiezze relativistiche wu (%) questa trasformazione si 
scrive nella forma 

Pu® (K)=nfu®(—k)=n(—1)°*u-5(%), (16,14) 


dove fi è una certa matrice, unitaria rispetto alle componenti di 
u®, che non scompaiono al limite | w |-+0. È importante che 


BOSONI 81 


questa matrice non dipenda dai numeri quantici di stato, e in questo 
senso, la differenza tra la (16,13) e la (16,14) è inessenziale!). 

Applicando la (16,14) alla (16,2), otteniamo la legge di trasfor- 
mazione delle funzioni d’onda degli stati | ni > 


Pywnr (v) = (= I Wnma (V). (16,15) 


Per gli stati sferici di elicità, usando la (16,10) e la (16,12), ot- 
teniamo la seguente legge di trasformazione: 


Pjma (0) =N(—1)°° dimea (0). (16,16) 


Gli stati wjmo si trasformano, secondo la (16,16), tra di loro, 
cioè hanno una parità determinata. Se invece 4 #0, hanno una pa- 
rità determinata solo sovrapposizioni di stati di opposta elicità: 


1 
Fal = Vai (Pim © Pima). (16,17) 
Per un’inversione esse si trasformano tra loro secondo la formula 
Papfizia (V) = + n(— 1) dirla (0). (16,18) 


Notiamo che in questo paragrafo noi abbiamo classificato gli 
stati di una particella libera di dato momento angolare, operando 
soltanto con grandezze conservative e senza ricorrere al concetto di 
momento angolare orbitale (usato, ad esempio, nei $$ 6, 7 per la 
classificazione degli stati del fotone). 

Come esempio, consideriamo il caso di spin 1. Nel sistema di 
quiete le ampiezze uv (quadrivettori) si riducono ai vettori tridi- 
mensionali e, i quali hanno qui il ruolo delle ampiezze ul. L’azio- 
ne dell'operatore di spin 1 sulla funzione vettoriale e è data dalla 
formula 


(se) = — iene: (16,19) 
(III, $ 57, problema 2). Quindi, l’equazione (16,1) assume la forma 
i[neM)= ie, (16,20) 


Le soluzioni di questa equazione (nel sistema di coordinate Èn6 
con l’asse & diretto lungo x) coincidono con i versori sferici (7,14)?): 


e®=1(0,0,41),  e&D=F 750 +i,0). (46,21) 


1) Così, per s = 1, le ampiezze u) sono i quadrivettori (16,21); f è una 
matrice unitaria rispetto a tutti gli indici quadrivettoriali: f,,y = òyy- Per 
s = 1/2 (come vedremo nel capitolo successivo) u‘* è un bispinore; il moltiplica- 
tore di fase è n = i, e B è la matrice di Dirac y° (vedi (21,10)). 

2) La scelta dei fattori di fase è fissata dalla richiesta che gli elementi di 
matrice degli operatori di spin, calcolati mediante le autofunzioni (16,21), 
siano in accordo con le definizioni generali date nel III, $$ 27, 107. 


82 CAPITOLO II 


Nel sistema di riferimento, in cui la particella possiede la quantità 
di moto , le ampiezze degli stati di elicità sono i quadrivettori 


| E 
uo — (ALL, 2 e(0) , ul!) —(0, et#!)). (16,22) 
Se e è un vettore polare, allora n = —1. In questo caso le fun- 


zioni (16,17) (per s= 1 sono dei vettori tridimensionali) hanno le 
seguenti parità: 


pia:  P=(—1), 
dim: | P=(-1)°, 
ail Pijimo: P_ (— 1). 


Confrontando con la definizione dei vettori sferici (7,4), noi vediamo 
che queste funzioni sono identiche (a meno dei moltiplicatori di 


fase) con 44 FO po rispettivamente. Determinando i moltipli- 
catori di fase (diciamo, confrontando i valori per 8 = 0), otteniamo 


le seguenti uguaglianze: 
vo = LL (00 eC-IDÎ m), 


Noa 2j 1 , Ì , ) 
yin PIL (ed pe 1 DI m), (16,23) 
l da 2j 4-1 
Yin=i 1 = el0Dim 


(jf è un numero intero!); e‘’ = [ne] sono i versori circolari sugli 
assi È'n'$ ruotati di 90° attorno all’asse $ rispetto agli assi Ent. 
L'ultima delle formule (16,23) è equivalente all’espressione III 


(58,23) per db, (8). Dalla prima (o dalla seconda) formula si può, 
invece, ottenere un'espressione semplice per le funzioni d’,,. Ab- 
biamo 

«j- 22+1 nd (e) 1 , 

ay ZH pp — Yilel(tD)s — —____ ec(+1)*VY. , 

8n tim Im ViGti V jim 

Sviluppiamo il prodotto scalare nella parte destra dell’uguaglianza 
nel sistema Èn$; abbiamo 


bdietb. e 
(3 5) 00° sen@ a 
Ricordando la definizione (7,2) della funzione Y;m e la definizione 


(16,5), otteniamo 


(j) VI: Miti an 
dim (0)=(- 1)" (tm) j(f+1) di 


Te) m 
x (+ +7) PF (c050), m>0. (16,24) 


Capitolo III 


FERMIONI 


$ 17. Spinori quadridimensionali 


Nella teoria non relativistica una particella a spin s qualsiasi 
è descritta da una grandezza a (2s + 1) componenti, cioè da uno 
spinore simmetrico di rango 2s. Dal punto di vista matematico, que- 
ste grandezze realizzano rappresentazioni irriducibili del gruppo 
delle rotazioni spaziali. 

Nella teoria relativistica, questo gruppo interviene solo come 
sottogruppo del gruppo più ampio delle rotazioni quadridimensiona- 
li, il gruppo di Lorentz. 

In relazione a questo, sorge la necessità di costruire la teoria 
degli spinori quadridimensionali (4-spinori)-grandezze, che realiz- 
zano rappresentazioni irriducibili del gruppo di Lorentz; all’espo- 
sizione di questa teoria sono dedicati i paragrafi 17, 18, 19. Nei 
paragrafi 17 e 18 viene studiato soltanto il gruppo proprio di Lo- 
rentz, che non contiene l’inversione spaziale; quest’ultima verrà 
esaminata nel paragrafo 19. 

La teoria dei 4-spinori si costruisce in modo analogo alla teoria 
degli spinori tridimensionali (8. L. van der Waerden, 1929; G. E. Uh- 
lenbeck, O. Laporte, 1931). 

Lo spinore È® è una grandezza a due componenti (a = 1, 2); in 
quanto componenti della funzione d'onda di una particella a spin 1/2, 
E e E: corrispondono ad autovalori della proiezione z dello spin, ugua- 
li a + 1/2 e — 1/2, rispettivamente. Per qualsiasi trasformazione 
del gruppo (proprio) di Lorentz le due grandezze è!, È? si trasformano 
tra loro: 


El — at!.+ BE, 

E° = y6! 4 dE2. 
I coefficienti a, f, y, è sono determinate funzioni degli angoli di 
rotazione del 4-sistema di coordinate, sottoposte alla condizione 

aò — By= 1, (17,2) 
cioè il determinante della trasformazione binaria (17,1) è uguale a 1, 


come i determinanti delle trasformazioni delle coordinate nel gruppo 
di Lorentz. 


(17,4) 


84 CAPITOLO III 


Grazie alla condizione (17,2), la forma bilineare &1E? — £2E1 
(dove È% e £% sono due spinori) è invariante per la trasformazione 
(17,1) (essa corrisponde ad una particella a spin 0, « costituita » da 
due particelle a spin 1/2). Per scrivere in una forma naturale queste 
espressioni invarianti, accanto alle componenti « controvarianti » 
dello spinore È®, si introducono anche le componenti « covarianti » 
5g. Il passaggio dalle une alle altre viene eseguito mediante lo « spi- 
nore metrico » gup): 


Ca = Baptb, (17,3) 
dove 
/ 01 

8aB = — 1 o)» (17,4) 
così, che 

1 ==05, Eo == — È, (17,9) 
Allora l’invariante &!E? — È?E! si scrive sotto forma di prodotto 
scalare È«Z,, per il quale vale la relazione E%&, = —Ég&®. 


Le proprietà elencate finora coincidono formalmente con le pro- 
prietà degli spinori tridimensionali. La differenza, tuttavia, sorge 
quando si considerano gli spinori complessi coniugati. 

Nella teoria non relativistica la somma 


pipi + pap2*, (17,6) 


che determina la densità di probabilità della localizzazione delle 
particelle nello spazio, dovrebbe essere uno scalare, e per questo le 
componenti y** avrebbero dovuto trasformarsi come le componenti 
covarianti di uno spinore; in altre parole, la trasformazione (17,1) 
sarebbe dovuta essere unitaria (a = 6*, B = —y*). Nella teoria 
relativistica, invece, la densità di particelle non è uno scalare; essa 
è la componente temporale di un quadrivettore. In relazione a que- 
sto, la richiesta indicata viene a cadere, e sui coefficienti della tra- 
sformazione non vengono ora imposte altre condizioni all’infuori 
della (17,2). Le quattro grandezze complesse a, B, y, è, con la con- 
dizione (17,2), sono equivalenti a 8 — 2= 6 parametri reali, in 
accordo col numero di angoli che determinano la rotazione del 4-si- 
stema di coordinate (cioè, rotazioni nei sei piani coordinati). 

In tal modo, le trasformazioni binarie (complesse coniugate) sono 
essenzialmente differenti, e quindi, nella teoria relativistica, esisto- 
no due tipi di spinori. Per distinguere questi due tipi, si adottano 
simboli speciali: gli indici degli spinori, che si trasformano secondo 
formule complesse coniugate delle formule (17,1), si indicano con 


1) Gli indici spinoriali verranno denotati con le prime lettere dell’alfabeto 
greco a, È, y,... 


FERMIONI 85 


cifre con un puntino sopra (indici puntati). Quindi, per definizione 
n° n E (17,7) 


dove il segno — significa « si trasforma come ». In altre parole, le 
formule di trasformazione di uno spinore « puntato » sono 


ni'= a*ni + pen, ni = p*ni +8*n?. (17,8) 


Le operazioni di abbassare e alzare gli indici puntati vengono 
effettuate come per gli indici non puntati: 


= nî Saia 
nj=ni, n=. (17,9) 


Rispetto alle rotazioni spaziali il comportamento dei quadri- 
spinori coincide col comportamento degli spinori tridimensionali. 
Per questi ultimi, come sappiamo, pi — y%. Dalla definizione (17,7) 
discende che il quadrispinore ny nelle rotazioni si comporta, quindi, 
come il trispinore controvariante w. In quanto componenti della 
funzione d’onda di una particella a spin 1/2, agli autovalori della 
proiezione dello spin 1/2 e —41/2 corrispondono, quindi, le compo- - 
nenti covarianti n; e ny. 


Gli spinori di rango superiore si definiscono come insiemi di 
grandezze, che si trasformano come i prodotti di più spinori di ran- 
go 1. Fra gli indici di uno spinore di rango superiore ci possono esse- 
re sia gli indici puntati che quelli non puntati. Cosî, esistono tre 
tipi di spinori di rango 2: 


ali ag er. cab 15 ESnb, ne e néHÈ. 


In questo senso la sola indicazione del rango totale dello spinore è 
insufficiente per una determinazione univoca di questo concetto; per 
questa ragione, in caso di necessità noi indicheremo il rango con una 
coppia di numeri (k, /): il numero degli indici non puntati e degli 
indici puntati. 

Poiché le trasformazioni (17,1) e (17,8) sono algebricamente indi- 
pendenti, non è necessario fissare l’ordine degli indici puntati e non 


puntati (in questo senso, ad esempio, gli spinori 8 e &Be sono la 
stessa cosa). 

Al fine di avere un carattere invariante, ogni uguaglianza spi- 
noriale deve contenere da ambedue le parti un ugual numero di in- 
dici puntati e non puntati; in caso contrario, questa uguaglianza 
verrà meno nel passaggio da un sistema di riferimento ad un altro. 
Nel fare questo occorre, tuttavia, ricordare che la coniugazione com- 
plessa sottintende la sostituzione degli indici puntati con indici non 


puntati e viceversa. La relazione ne = (EeP)* tra due spinori ha 
quindi un carattere invariante. 


86 CAPITOLO III 


La contrazione di spinori o di loro prodotti può farsi solo rispetto 
a coppie di indici dello stesso genere: due indici puntati o due indici 
non puntati. La somma su una coppia di indici di genere diverso non 
è un'operazione invariante. Per questo, dallo spinore 


para,... age... è, (17,10) 


simmetrico rispetto a tutti i X indici non puntati e gli / indicati 
puntati, non si può formare uno spinore di rango inferiore (ricordia- 
mo che la contrazione su una coppia di indici, rispetto ai quali lo 
spinore è simmetrico, dà come risultato zero). Questo significa che 
non si può passare, con combinazioni lineari qualsiasi delle gran- 
dezze (17,10), a un numero inferiore di grandezze che si trasformino 
tra loro per tutte le trasformazioni del gruppo. In altre parole, i 
4-spinori simmetrici realizzano rappresentazioni irriducibili del 
gruppo proprio di Lorentz. Ogni rappresentazione irriducibile è de- 
terminata dall’assegnazione di una coppia di numeri (k, /). 

Poiché ogni indice spinoriale assume due valori, si hanno % + 1 


scelte essenzialmente differenti dei numeri a, &, ... «x nella 
(17,10) (contenenti 0, 1, 2, , k volte l’unità, k, K—- 1, , 0 
volte il due) e / + 1 scelte dei numeri B,, Bo, . , Br In nile. 


quindi, uno spinore simmetrico di rango (k, /) ha (k +1)((+ 1) 
componenti indipendenti; questo numero dà la dimensione della 
rappresentazione irriducibile realizzata da tale spinore. 


$ 18. Connessione degli spinori con i quadrivettori 


Lo spinore $%P con un indice puntato e uno non puntato ha 
2-2= 4 componenti indipendenti, esattamente il numero delle 
componenti di un quadrivettore. È chiaro, perciò, che sia l’uno che 
l’altro realizzano la stessa rappresentazione irriducibile del gruppo 
proprio di Lorentz, e quindi fra le loro componenti ci deve essere 
una determinata corrispondenza. 

Per stabilire questa corrispondenza ricorriamo, innanzitutto, 
all’analoga corrispondenza nel caso tridimensionale, tenendo conto 
che rispetto alle rotazioni puramente spaziali il comportamento dei 
3-spinori e dei 4-spinori deve essere uguale. 

Per uno spinore tridimensionale y8 valgono le formule di cor- 
rispondenza (vedi III, $ 57), che trascriviamo qui nella forma 


=7(92- pi!) => (9+ pia), 
ay = = 4 (gre4 gi) = (4g), 


= (94 429) = (9-4), 


FERMIONI 87 


dove a,, ay, a, sono le componenti di un certo vettore tridimensiona- 
le a. Passando al caso quadridimensionale, occorre sostituire le com- 


ponenti y# con &f, e intendere a,, a,, a, come le componenti con- 
trovarianti a!, a? e a3 di un quadrivettore. Per quanto riguarda l’e- 
spressione per la quarta componente del vettore, a°, la sua forma è a 
priori evidente dalla circostanza citata nel $ 17: la grandezza (17,6) 


deve trasformarsi come a°. Quindi a° — 5 + &2; il coefficiente di 
proporzionalità si definisce in modo che lo scalare Se coincida 
con lo scalare 2a at = 2a?. 

In tal modo, si arriva alle formule di corrispondenza seguenti: 


giu 1 (eteri), alt tip), 


2 
ati op), otti up, (18,1) 


da nda. sii Pe 
0° bt .=ai-ia, U!i=_-t Rima ia? 
E valida la relazione 
pet 20e (18,3) 
Notiamo anche che 
cu = bia. (18,4) 


L'ultima uguaglianza discende dal fatto che lo spinore di rango due 
1a Ras è antisimmetrico rispetto agli indici &y e quindi è propor- 
zionale allo spinore metrico. 


La corrispondenza tra lo spinore $®f e un quadrivettore è un 
caso particolare di una regola generale: ogni spinore simmetrico di 
rango (k, X) è equivalente ad un 4-tensore simmetrico e irriducibile 
di rango È (cioè ad uno spinore che si annulla per la contrazione 
rispetto ad una coppia qualsiasi di indici). 

La connessione tra uno spinore e un 4-vettore si può scrivere in 
forma compatta mediante le matrici a due righe di Pauli: 


0 1 0 —i 1 0 , 
o: = (, 1 oy= |, di 0:= (6 i (18,9) 


88 CAPITOLO III 


Indicando simbolicamente con 3 la matrice delle grandezze tab 
con ambedue gli indici in alto (dei quali, il primo non puntato), le 
formule (18,2) si scrivono nella forma 


<t=a0+ a? (18,6) 


(nel secondo membro si sottintende, ovviamente, che a° è moltipli- 
cato per la matrice unità). Le formule inverse sono 


a=5 Tr (to), a°=3Trt. (18,7) 


Con l’aiuto delle formule (18,6-7) si può stabilire il legame tra le 
leggi di trasformazione di un 4-vettore e di uno spinore, e quindi 
esprimere la legge di trasformazione di uno spinore attraverso i 
parametri di rotazione del 4-sistema di coordinate. 

Scriviamo la trasformazione dello spinore È nella forma 


(89°, B=(" }). (18,8) 


dove B è una matrice a due righe, formata con i coefficienti della 
trasformazione binaria. Allora la trasformazione di uno spinore 
puntato è 


n° = (B*m)"= (nB*)°, (18,9) 
e la trasformazione di uno spinore di secondo rango tab n gayf si può 
scrivere simbolicamente nella forma è = B&%B*!). Per una tra- 


sformazione infinitesima B=41 + A, dove 4 è una matrice piccola, 
a meno di quantità del primo ordine, si ha 


E =E+ (A5+54*). (13,10). 


Consideriamo, dapprima, una trasformazione di Lorentz che fa 
passare ad un sistema di riferimento, che si sposta ad una velocità 
infinitesima 6V (senzà cambiamenti delle direzioni degli assi spa- 
ziali). Il quadrivettore a* = (a°, a) si trasforma secondo le formule 


a'=a—a%8V, a“=a°—a$V. (18,11) 


Usiamo ora le formule (18,7). La trasformazione di a° si può rap- 
presentare, da una parte, come 


ad’ — a-asV=a—3 Tr (Coò V), 


1) Per le componenti covarianti 


fa = (Ba = (Ba, ni=MB*4), (18,82) 


(in modo che il prodotto di due spinori È, E resti invariante). 


FERMIONI 89 


e dall’altra, come 


a = TTrt=a°43Tr(M+08*)=a0°+3Trl(A+4%). 


Ambedue le espressioni devono coincidere identicamente (cioè per: 
qualsiasi $). Da qui troviamo la seguente uguaglianza: 


A+A*= — 067. 
In modo analogo, considerando la trasformazione di a, otteniamo: 
o. +ifo = — BV. 


Queste uguaglianze, considerate come equazioni rispetto a À, hanno: 
la seguente soluzione: 
1 
=} = — 5 o6V. 


In questo modo, una trasformazione infinitesima di Lorentz. 
dello spinore E è realizzata dalla matrice 


B=1— (on)6Y, (18,12) 


dove n è il versore nella direzione della velocità èV . Da qui è facile 
trovare la trasformazione anche per una velocità finita V . Per fare 
questo, ricordiamo che una trasformazione di Lorentz è geometri- 
camente equivalente ad una rotazione del 4-sistema di coordinate nel 
piano t, n. di un angolo @, legato alla velocità V mediante l’uguaglian- 
za th p= V!). Ad una trasformazione infinitesima corrisponde 
l’angolo èp = 6V, e la rotazione di un angolo finito @ si effettua 
ripetendo ®/èg volte la rotazione di è. Innalzando l'operatore 
(18,12) alla potenza /6@ e passando al limite otteniamo 


senò _ 
Bi=e:# 4 (18,13) 


Il senso matematico dell’azione di questo operatore si chiarisce, se 
si nota che, per le proprietà delle matrici di Pauli, tutte le potenze 
pari di no sono uguali a 1, e tutte le potenze dispari sono uguali a 
no. Tenendo conto del fatto che il ch si sviluppa in serie di potenze 
pari, e il sh di potenze dispari dell'argomento, otteniamo infine 


B=ch4—nosht, th@=V. (18,14) 


Notiamo che le matrici B delle trasformazioni di Lorentz risultano 
hermitiane: B = B*. 

Consideriamo ora una rotazione infinitesima del sistema spaziale 
di coordinate. Il vettore tridimensionale a si trasforma secondo la 


1) Ricordiamo che, nei piani contenenti l’asse temporale, la metrica è: 
pseudoeuclidea. 


‘90 CAPITOLO II 


:formula 
a'=-a —[50a], (18,15) 


«dove 60 è il vettore dell’angolo infinitesimo di rotazione. La cor- 
rispondente trasformazione di uno spinore si potrebbe trovare in 
modo analogo. Non c’è, tuttavia, necessità di fare questo, poiché per 
le rotazioni spaziali il comportamento dei 4-spinori coincide col 
comportamento dei 3-spinori, e per questi ultimi la trasformazione 
è a priori nota dalla connessione esistente tra l’operatore di spin © 
l'operatore di rotazione infinitesima: 


B=1-{ 57/080. (18,16) 


Il passaggio alla rotazione di un angolo finito 0 si effettua analo- 
.gamente al passaggio dalla (18,12) alla (18,14): 


B =- exp (5 no) =cos 5 +ino sen Li (13,17) 


dove n è il versore dell’asse di rotazione. Questa matrice è unitaria 
(B* = B), come deve essere per una rotazione spaziale. 


$ 19. Inversione spaziale degli spinori 7 


Nell’esporre (nel vol. III) la teoria tridimensionale degli spinori, 
non abbiamo considerato il loro comportamento rispetto all’opera- 
zione di inversione spaziale, poiché nella teoria non relativistica 
questo non avrebbe portato a risultati fisici nuovi. È opportuno, 
però, soffermarsi un poco su questo problema per una migliore com- 
prensione del materiale sulle proprietà di inversione dei 4-spinori 
che seguirà. 

L'operazione di inversione non cambia il segno di un vettore 
.assiale, quale è il vettore spin. Di conseguenza non cambia nemmeno 
il valore della sua proiezione s,. Da qui discende che per l'inversione 
ogni componente di uno spinore p* può trasformarsi solo con se 
stessa, Cioè 


ye > Pyo, (19,1) 


«dove P è un coefficiente costante. Operando l’inversione due volte, 
si torna al sistema di coordinate originario. Nel caso di spinori, tut- 
tavia, il ritorno alla posizione originaria può essere inteso in due 
sensi differenti: come una rotazione di angolo ‘di 0° oppure di angolo 
di 360°. Per gli spinori queste due definizioni non sono equivalenti, 
‘poiché y* cambia segno in una rotazione di 360°. Quindi, sono pos- 
.sibili due concezioni alternative dell’inversione: in un caso 


P°=1, P=+1, (49,2). 


FERMIONI 91 


e nell’altro 
P? = —1, Pz +i. (19,3) 


È essenziale, però, che il concetto di inversione sia definito in 
modo uguale per tutti gli spinori. Non è ammissibile che spinori 
diversi si comportino, per l’inversione, in modo differente (secondo 
la (19,2) o la (19,3)), poiché in tal caso non sarebbe possibile formare 
uno scalare (o uno pseudoscalare) con una qualsiasi coppia di spi- 
nori: se lo spinore y® si trasformasse secondo la (19,2) e g® secondo 
la (19,3), allora la grandezza w%@, nell’inversione verrebbe moltipli- 
cata per ti invece di restare invariata (o di cambiare solo segno). 

Occorre sottolineare anche che (per qualunque definizione dell’in- 
versione) l'assegnazione ad uno spinore di una parità determinata P 
non ha un senso assoluto, poiché gli spinori cambiano segno per una 
rotazione di 2, rotazione che si può sempre effettuare simultanea- 
mente con l'inversione. Ha un carattere assoluto, tuttavia, la 
« parità relativa » di due spinori, definita come la parità dello scala- 
re pp, formato con i due spinori in questione; poiché per una rota- 
zione di 2n cambiano segno tutti gli spinori, l’indeterminatezza 
connessa con questo fatto non si riflette sulla parità dello 
scalare. | 

Consideriamo ora gli spinori quadridimensionali. 

Notiamo, innanzitutto, che, poiché l'inversione cambia il segno 
solo di tre (x, y, 2) delle quattro coordinate (x, y, z, #) questa opera- 
zione commuta con le rotazioni spaziali, ma non commuta con le 
trasformazioni che ruotano l’asse #. Se L è una trasformazione di 
Lorentz che fa passare ad un sistema di riferimento che si sposta 
alla velocità V, allora si ha PL = L’P, dove L'’ è la trasformazione 
che fa passare al sistema che si sposta alla velocità —V.. 

Da qui discende che, per l'inversione, le componenti di un qua- 
drispinore È* non possono trasformarsi attraverso se stesse. Se l’in- 
versione dello spinore È® consistesse, come prima, nella trasforma- 
zione (19,1) (cioè venisse realizzata da una matrice proporzionale 
alla matrice unità), essa commuterebbe con tutte le trasformazioni 
di Lorentz in generale, cosa che non può evidentemente essere (poi- 
ché le operazioni L e L’, se applicate a È, evidentemente non coin- 
cidono). 

In tal modo, l’inversione deve trasformare le componenti di uno 
spinore È* attraverso altre grandezze. Queste possono essere solo le 


componenti di un altro spinore n“, che non coincide, per le sue pro- 
prietà di trasformazione, con É®*, Poiché l'inversione non cambia, 
come già è stato notato, la proiezione z dello spin, le componenti 
E! e È? possono trasformarsi, per un'inversione, soltanto nelle com- 
ponenti n? e ny corrispondenti agli stessi valori s, = 1/268, = —1/2. 
Intendendo per inversione un'operazione che dà 1, se viene ripetuta 


92 CAPITOLO III 


due volte, si può definire la sua azione mediante le formule 
E >, mE (19,4) 


(per le componenti covarianti È, e controvarianti n9gueste tra- 
sformazioni hanno segno opposto, 


Ea >+—n%, +, (19,42). 


poiché l'abbassamento e l’innalzamento di uno stesso indice avviene 
con segni differenti, vedi (17,5) e (17,9))'). Se invece l'inversione 
viene intesa nel senso che P? = —1, la sua azione è definita dalle 
formule 


bin, Ulma ie” (19,5) 

oppure, ciò che è lo stesso, dalle 
E+— in, n>— it. (19,52) 
Una certa differenza. nel carattere delle due definizioni dell’in- 
versione consiste nel fatto che con la seconda definizione gli spinori 
complessi coniugati si trasformano allo stesso modo: se E, = ni, 
Ha — £a* allora dalla (19,5) avremo E, > — iHe, Ho + —iHar 
cioè la stessa regola che per È, e ne. Seguendo la definizione (19,4), 
invece, avremmo ottenuto la trasformazione E, + He, Ho + Ba 


opposta in segno alla trasformazione degli spinori È,, n*. Sui possi- 
bili aspetti fisici di questa differenza ritorneremo ancora nel $ 27. 
D'ora in poi, per fissare le idee, intenderemo adottata la defini- 
zione (19,5). 
Rispetto al sottogruppo delle rotazioni, gli spinori &® e n; si 
trasformano, come già sappiamo, nello stesso modo. Formando, me- 
diante le loro componenti, le combinazioni 


ag =" USA, (19,6) 


otterremmo grandezze che, per l’inversione, si trasformerebbero 
secondo la (19,1) con P = +i. Queste combinazioni, tuttavia, non 


1) La definizione (19,4) è ovviamente, in un certo senso, convenzionale; 
questo è legato al fatto che le REAndozzo E% e n: . sono indipendenti. Cosi, introdu- 
cendo invece di n, il nuovo spinore n: = e ur al posto della (19,4) otterremo 
la definizione equivalente 


rien, ni — el6p@. 
x x 


FERMIONI 93 


si comportano come spinori rispetto a tutte le trasformazioni del 
gruppo di Lorentz. 

In tal modo, l’inclusione dell’inversione nel gruppo di simmetria 
richiede che vengano presi in considerazione simultaneamente due 
spinori (8%, ny); tale coppia è chiamata bispinore (di rango 1). Le 
quattro componenti di un bispinore realizzano una delle rappresen- 
tazioni irriducibili del gruppotampliato di Lorentz. 

__Il prodotto scalare di due bispinori (5%, nj) e (£%, Hx) può ve 
nire formato in due modi. La grandezza 


E Ba + n,H° (19,7) 
per l’inversione non cambia, cioè è un vero scalare. La grandezza 
En ri un H° (19,8) 


è anch’essa invariante rispetto alle rotazioni del 4-sistema di coor- 
dinate, ma cambia segno nell’inversione; in altre parole, è uno pseu- 
doscalare. 

Anche lo spinore di secondo rango 6 può essere definito in due 
modi. Definendolojmediante la legge di trasformazione 


si ottengono grandezze, che si trasformano, per l'inversione, secondo 
la formula 


tt. (19,10) 


Il quadrivettore a#, equivalente dello spinore, si trasforma (comi 
spondentemente alle formule (18,1)) come (a°, a) + (a°, —@), cioèè 
un vero quadrivettore (e il vettore tridimensionale @ è un vettore 
polare). 


Tuttavia, si può definire %@f anche nel modo seguente: 
6 ep. sir, (19,11) 
Allora!) 
Pesi (19,12) 
A questo spinore corrisponde un 4-vettore, per il quale l'inversione 


significa la trasformazione (a°, a) + (—a°, a), cioè un 4-pseudovetto- 
re (il vettore tridimensionale a è un vettore assiale). 


1) Sottolineiamo che le leggi di trasformazione (19,10) e (19,12), che si 
differenziano per il segno nella parte destra, non sono affatto equivalenti, 
poiché da ambedue le parti ci sono componenti di uno stesso spinore (vedi nota 
alla pag. 92). 


94 CAPITOLO III 


Gli spinori simmetrici di rango 2 con indici della stessa specie 
sono definiti dalle leggi di trasformazione 


ah Erbe” n. en H.+n.H.. 
3 ES +58, n; n;H; +n;H. (19,13) 
Per l’inversione essi si trasformano l’uno nell’altro 
| e ngi. (19,14) 


La coppia (E°, nzj) forma un bispinore di rango 2. Il numero 
delle sue componenti indipendenti è uguale a 3 + 3 = 6. Un ugual 
numero di componenti indipendenti l’ha il quadritensore antisim- 
metrico di secondo rango a”. Per questo, tra queste due grandezze 
deve esistere una determinata corrispondenza (ambedue realizzano 
rappresentazioni irriducibili equivalenti del gruppo ampliato di 
Lorentz). 

Poiché rispetto al gruppo proprio di Lorentz gli spinori Ef e ni 
si trasformano indipendentemente, mediante le componenti del 
quadritensore a*Y si possono comporre due gruppi di grandezze, che 
si trasformano, per tutte le rotazioni del 4-sistema di coordinate, 
l'uno attraverso l’altro. Questo raggruppamento si può fare nel modo 
seguente. 

Introduciamo il vettore polare tridimensionale p e il vettore as- 
siale tridimensionale a, connessi con le componenti del quadritensore 
a secondo la formula 


0 Px Py Pz d 
De 0 — 
av = # ; o do: =(p,a) (19,15) 
Z x 
_—P. —% Ax 0 


((p, a) è una notazione abbreviata, della quale faremo uso per elen- 
care le componenti di tale tensore). Inoltre si ha a,y=(—, @), e 
delle due grandezze 


1 1 
a°— pî=-> ana, A P= 7 CuvpolltVaP? 


la prima è uno scalare, e la seconda uno pseudoscalare; rispetto al 
gruppo proprio di Lorentz sono ambedue ugualmente invarianti. 
Insieme ad esse sono invarianti anche i quadrati dei vettori tridi- 
mensionali f+= + ia. Questo significa che ogni rotazione nel 
4-spazio, per i vettori f+, è equivalente ad una « rotazione » nello. 
spazio tridimensionale di angoli, in generale, complessi (ai sei 
angoli di rotazione nel 4-spazio corrispondono tre « angoli di rota- 
zione » complessi del sistema tridimensionale). L'operazione di in- 
versione, invece, cambiando il segno di p (ma non di a), trasforma i 
vettori f* e —f7 l’uno nell’altro. Le componenti di questi vettori. 


FERMIONI 95 


formano i due gruppi cercati di grandezze, composte mediante le. 
componenti del tensore a”, 

Con ciò stesso, diventa evidente anche la corrispondenza tra le 
componenti del quadritensore a e degli spinori E°, USE Poiché: 


nel gruppo di Lorentz entrano in qualità di sottogruppo le rotazioni 
spaziali, le relazioni tra le componenti di uno spinore e le compo- 
nenti di un vettore tridimensionale devono essere le stesse che per: 
gli spinori tridimensionali: 


fi=3 (2-8), fi=3(E2+I), fi=E% 
(19,16). 


Saul a i = 
Sa=7(M33-%;;); fi=z (+) J:=0;s. 


PROBLEMA 


Stabilire la corrispondenza generale tra gli spinori di rango pari e i 4- 
tensori. 
Soluzione. Tutti gli spinori con % +- l pari realizzano rappresentazioni irri-- 
ducibili ad un valore del gruppo ampliato di Lorentz e, quindi, sono equivalenti. 
ai quadritensori che realizzano le stesse rappresentazioni!). 

Uno spinore di rango (%, 4) si trasforma per l’inversione secondo la 


ab. PRI)» PIANE 
© 


(1) 
af...V3.., 
Questo spinore è equivalente ad un 4-tensore irriducibile simmetrico di: 
rango È, tensore vero o pseudotensore, a seconda del segno nella (1). 
Gli spinori di rango (k, 2) e (2, X) che compongono un bispinore, si trasforma-- 
Figwersione secondo la 


no per 
R I “ 
ceo h-I 
geB...98..- (1) 2 Li i (2) 
tai sa Ma 
ut ig 
kh l 


Per 2 = k + 2 unbispinore è equivalente ad un 4-tensore irriducibile @[yy]po... 
di rango % -;- 2, antisimmetrico rispetto agli indici [pv] e simmetrico rispetto- 
a tutti gli altri. Il fatto che questo tensore sia irriducibile significa che esso dà 
zero per ogni contrazione rispetto a qualsiasi coppia di indici e dà zero nella. 
formazione del tensore duale rispetto a tre indici qualsiasi (cioè e**‘P x 
Xaruv]oo... = 0) l’ultima condizione significa che il tensore dà zero se si. 
somma ciclicamente su tre indici: pv e uno RO) dei rimanenti. 
Per 1= % + 4 un bispinore è equivalente ad un 4-tensore irriducibile 
aru}vplor... di rango % + 4, che gode delle seguenti proprietà: è antisim- 
metrico rispetto alle coppie di indici [Au] e [vp], è simmetrico rispetto a tutti 
gli altri, è simmetrico rispetto alla permutazione della coppia [Au] con la coppia. 


1) Gli spinori di rango dispari, invece, realizzano rappresentazioni irri-. 
ducibili a due valori del gruppo: una rotazione spaziale di 360° cambia il segno 
degli spinori, e quindi ad ogni elemento del gruppo corrispondono due matricì; 
di segno opposto. 


‘96 CAPITOLO HI 


‘[vo], dà zero per la contrazione rispetto ad una coppia qualsiasi di indici e dà 
zero nella formazione del tensore duale rispetto a tre indici qualsiasi. 

Generalizzando, per f = X + 2n un bispinore è equivalente ad un quadri- 
tensore irriducibile di rango % -- 2n, antisimmetrico rispetto a n coppie di 
indici e simmetrico rispetto ai % indici restanti!). 


$ 20. Equazione di Dirac in rappresentazione spinoriale 


Una particella a spin 1/2 è descritta, nel suo sistema di quiete, 
da una funzione d'onda a due componenti: uno spinore tridimen- 
‘ssionale. Per la sua « origine quadridimensionale » può trattarsi sia 
«di un quadrispinore non puntato che puntato. Per la descrizione 
della particella in un sistema di riferimento generico sono necessari 
ambedue questi quadrispinori; li denoteremo con È e n°). 


Per una particella libera, l’unico operatore, che entra nell’equa- 
zione d'onda, può essere (come già si è detto nel $ 10) soltanto l’ope- 
ratore di 4-impulso p, = idy. In notazioni spinoriali a questo qua- 
drivettore corrisponde l’operatore spinoriale p,$, per il quale valgono 
le relazioni 


pi! =p,;=P:+ Po p°° = p,; = Po— Pz, 
i i (20,1) 
pi°î= —p,; = Pa iPy pîîi= —p,;=Px+ ipy. 


L'equazione d'onda rappresenta una connessione differenziale linea- 
re tra le componenti degli spinori, realizzata mediante l’operatore 
Paò. La condizione di invarianza relativistica fissa il seguente siste- 
ma di equazioni: 
pePn; = mE, 
(20,2) 
p,é =mn, 
pa B 


dove m è una costante dimensionale. Introdurre in queste due equa- 
zioni costanti m, e m, diverse (oppure cambiare il segno davanti a m) 
non avrebbe senso, poiché mediante una opportuna ridefinizione di 
é o di né le equazioni potrebbero essere riportate alla forma di 
prima. 


1) I quadritensori, antisimmetrici rispetto ad un numero maggiore di indici 
(tre, quattro, ecc.), non compaiono in questa classificazione per un motivo eviden- 
te: un tensore antisimmetrico di rango 3 è equivalente (duale) a uno pseudo- 
vettore, un tensore antisimmetrico di rango 4 si riduce a uno scalare (proporzio- 
nale allo pseudotensore unità eb VP); l’antisimmetria SONERO ad un numero anco- 
ra maggiore di indici nello spazio quadridimensionale è, generalmente, im- 
possibile. 

2) Uno spinore tridimensionale di rango 1 può derivare anche da quadrispi- 
nori di rango dispari più elevato, che nel sistema di quiete diventano antisimme- 
trici rispetto ad una o a più coppie di indici. Queste varianti, tuttavia, portereb- 
bero ad equazioni di grado più elevato (vedi nota a pag. 054). 


FERMIONI 97 


Eliminiamo dalle equazioni (20,2) uno dei due spinori, portando 
mè dalla seconda nella prima equazione 


® 1 C) 
Bn. — — peBp .E' — cs 
peîn, = P°*p_ge = ME 
Secondo la (18,4) abbiamo, però, pe8p,j — p?6y, e quindi otteniamo 


(p°—m?) E" =0, (20,3) 


da dove è evidente che m è la massa della particella. 

Notiamo che il fatto di dover introdurre le masse nella equazione 
d’onda richiede che vengano presi in considerazione simultaneamente 
due spinori (È% e ng): mediante uno solo di essi è impossibile com- 
porre un'equazione relativisticamente invariante, che contenga un 
qualche parametro dimensionale. Con questo, l’equazione d'onda 
risulta automaticamente invariante per l’inversione spaziale, se si 
definisce la trasformazione della funzione d’onda nella maniera 
Seguente: 


P: E ima, n > it. (20,4) 


È facile vedere che per una tale sostituzione (e per la sostituzione 


simultanea p*f + p_è, evidente dalle formule (20,1)), le due equa- 
zioni (20,2) si trasformano l’una nell’altra. Due spinori, che si tra- 
sformano l'uno nell’altro per inversione, formano uno spinore a 
quattro componenti, ossia un bispinore. 

L'equazione d'onda relativistica, rappresentata dal sistema (20,2), 
è detta equazione di Dirac (essa fu stabilita da Dirac nel 1928). Per 
successive analisi e applicazioni di questa equazione consideriamo 
le diverse forme, nelle quali essa può essere rappresentata. 

Usando le formule (18,6), trascriviamo le equazioni (20,2) nella 
forma 


(Po + po) n= mé, 
(Po— po) = mn. 
Qui i simboli È e n indicano grandezze a due componenti: gli spi- 


nori 
i UR 
é= 5) ;, n= LI (20,6) 


(il primo con gli indici in alto, il secondo in basso); qui e nel se- 
guito, quando si moltiplicano le matrici o per una qualsiasi gran- 
dezza a due componenti f, si sottintende sempre la moltiplicazione 
secondo la regola matriciale ordinaria 


(0f)a = Caffe (20,7) 


(20,9) 


98 CAPITOLO III 


La scrittura di f in forma di colonna verticale (- si) corrisponde al 
2 


fatto che ogni riga di o viene moltiplicata per la colonna f. 
Per comodità di richiami ulteriori scriviamo qui ancora una 


volta le matrici di Pauli 


() a (; —i\ 1 0 
x = 1 0}° Oy = i 0)» c:= | Bi (20,8) 
e ricordiamo le loro proprietà principali 
COL +00; = 268;k, 
10 à. i k (20,9) 
0;Ox = ie;p101+ dix 


(vedi III, $ 59). 
Scriviamo anche l'equazione d’onda, cui soddisfa la funzione 


coniugata complessa, composta dagli spinori 


RESTO Gc | 2% ou * * 
E=(6* E), n°=(nî, nf). (20,10) 
Poiché tutti gli operatori p, contengono il moltiplicatore i, si ha 
a = —Py. Quando si esegue la coniugazione complessa di ambedue 


Pu 
le parti delle equazioni (20,9) occorre anche tener conto del fatto 
che, essendo le matrici o hermitiane (o* = oc), ha luogo la relazione 
(0f)a = 0agff = foga =(f*0)a, 

e si ottengono le equazioni nella forma 

n° (Po + PO) sa — mi*, 

5° (Po_po)= — mn*. (20,11) 
In questa forma di scrittura si sottintende convenzionalmente che 
gli operatori pY agiscono sulla funzione che sta alla loro sinistra. 
La scrittura È* e n* sotto forma di righe orizzontali corrisponde alla 


moltiplicazione matriciale in queste equazioni: la riga f viene mol- 
tiplicata con le colonne nelle matrici o: 


(f*0)a = ff0pa- (20,12) 
La trasformazione di inversione per È*, n* viene definita come 

la coniugata complessa della trasformazione (20,4): 
P: dire ini : n° > — it°*. (20,13) 


$ 21. Forma simmetrica dell'equazione di Dirac 


La trascrizione spinoriale dell'equazione di Dirac è la più natu- 
rale, nel senso che in essa si manifesta in modo diretto la sua inva- 
rianza relativistica. Tuttavia, per le applicazioni possono rivelarsi 
più comode altre rappresentazioni dell'equazione d’onda, le quali 


FERMIONI 99 


si ottengono mediante una scelta diversa delle quattro componenti 
indipendenti della funzione d'onda. 

Indicheremo la funzione d'onda a quattro componenti con il 
simbolo w (con le componenti w;, i = 1, 2, 3, 4). In rappresentazione 
spinoriale questo è un bispinore 


e=(}). (21,1) 


Con lo stesso diritto, però, si può scegliere, come componenti indi- 
pendenti di w, qualsiasi combinazione linearmente indipendente delle 
componenti degli spinori È e n!). Accordiamoci di limitare le possi- 
bili trasformazioni lineari soltanto con la richiesta di unitarietà; 
queste trasformazioni non cambiano le forme bilineari composte di 
d 0 w* ($ 28). 

Nel caso generale di una scelta arbitraria delle componenti di 
w, l'equazione di Dirac si può rappresentare nella forma 


Put Va =mwi, 


dove y* (u = 0, 1, 2, 3) sono certe matrici a quattro righe (le matric- 
di Dirac). Di solito, scriveremo questa equazione in forma simbo- 
lica, tralasciando gli indici matriciali, 


(p_my=0, (21,2) 
dove 


..0 9 È 
vp= YPPu= Pot — py= iv +iyV, v=(V!, v, 9). 


Cosî, alla forma spinoriale dell’equazione, con le componenti di 
w della (21,1), corrispondono le matrici?) 


; 50 1 O —0@ 
eC) (9 css 


come è facile vedere, scrivendo le equazioni (20,5) nella forma 


(so "0-) (a) "() 


e confrontando con la (21,2). 

Nel caso generale, le ‘matrici y devono soddisfare soltanto condi- 
zioni, che garantiscano l’uguaglianza p? = m?. Per chiarire queste 
- condizioni, moltiplichiamo» l'equazione (21,2) per yp da sinistra. 


1) ‘Per brevità, parleremo della grandezza a quattro componenti p come di 
un bispinore, anche in rappresentazione non spinoriale. 

2) Qui e nel seguito useremo una forma.abbreviata di scrittura dellè matrici 
a quattro righe mediante matrici a due righe: ogni simbolo nelle espressioni 
(21,3) tappresenta una matrice a due righe. 


100 CAPITOLO III 


Abbiamo 
(YPu) (Y°Py) pP=m (pur) p= mp. 

Poiché p,py è un tensore simmetrico (tutti gli operatori p, commu- 
tano tra lcro), questa uguaglianza si può trascrivere nella forma 

1 

> PuPy(r'y+ yy) = my, 
da dove si vede che deve aver luogo la relazione 

VE ag, (21,4) 


In tal modo, tutte le coppie di matrici y* differenti anticommutano, 
e i quadrati di ognuna di esse sono 


Mena (21,0) 

Per una generica trasformazione unitaria delle componenti di 

y (p' = Uwy, dove U è una matrice unitaria a quattro righe) le matri- 
ci y si trasformano secondo la formula 

y* = UyU”*=-Uyg* (21,6) 


(cosi che l’equazione (yp — m)yw= 0 diventa (yp— m)yw = 0). 
Le relazioni di commutazione (21,4) per queste trasformazioni resta- 
no, ovviamente, invariate. 

Delle matrici (21,3) la matrice y° è hermitiana, mentre le matrici 
yx sono antihermitiane. Queste proprietà restano anche per qualsiasi 
trasformazione unitaria (21,6), e quindi varranno sempre le rela- 
zioni!) 

va v=y°. (21,7) 

Scriviamo anche l’equazione per la funzione coniugata complessa 
y*. Eseguendo la coniugazione complessa dell'equazione (21,2) e 
tenendo conto delle proprietà (21,7) otteniamo 


(— Polo — PY— Mm) y*=0. 
Scambiamo p* di posto secondo la relazione y'y* = w*yH e moltipli- 


chiamo da destra tutte le equazioni pet y°, notando che yy° = —y°yi 
introducendo inoltre il nuovo bispinore 
| pap", p*=py, (21,8) 
otteniamo 
<(yptm)=0. (21,9) 


Come anche nella (20,11), si supponne che l'operatore p agisca qui 
sulla funzione, che sta alla sua sinistra. La funzione y è detta fun- 


1) Queste uguaglianze si possono scrivere insieme nella forma 
pt =. (21,72) 


FERMIONI 104 


zione aggiunta di Dirac (o aggiunta relativistica, oppure, semplice- 
mente aggiunta) della funzione w. Il senso del fattore y° nella sua de- 
finizione consiste nel fatto che (in rappresentazione spinoriale) esso 
scambia di posto gli spinori E* e n*, cosi che nella funzione y = 
= (m*, É*) primo risulta (come anche nella w) lo spinore non puntato, 
e secondo lo spinore puntato; proprio per questa ragione wp è un 
« partner » più naturale (che non w*) di p quando, ad esempio, esse 
figurano insieme nelle diverse combinazioni bilineari (vedi $ 28). 
La trasformazione di inversione spaziale della funzione d’onda 

si può rappresentare nella forma 
P:o priv), pP>— ipy. (21,10) 
Nella rappresentazione spinoriale di w la matrice y° scambia di po- 
sto, come deve essere in un'inversione, le componenti di È e n. 
L'invarianza dell’equazione di Dirac rispetto alla trasformazione 


(21,10) è evidente e diretta: operando nella (21,2) la sostituzione 
p—> —p e simultaneamente )-+ iy*), otteniamo 


(Pov + py_m)yp=0. 
Moltiplicando questa equazione a sinistra per y° e tenendo conto 
della anticommutatività di y° e y, ritorniamo all’equazione di par- 
tenza. 
Moltiplicando l'equazione (yp — m) p = 0 a sinistra per y, e 
l'equazione  (yp + m) = 0 a destra per p, sommandole otteniamo 


Pet (Pub) + (Pu) = Pu (Py) =0, 


dove le parentesi indicano a quale funzione si propaga l’azione dell’o- 
peratore p. L’uguaglianza ottenuta ha la forma dell’equazione di 
continuità d,jP = 0, e quindi la grandezza 


i" =pyrp= (4, p7°Y)) (21,11) 


rappresenta il quadrivettore densità di corrente di particelle. Notia- 
mo che la componente temporale di questo vettore j° = w* è de- 
finita positiva. 

L'equazione di Dirac si può rappresentare anche in una forma, 
risolta rispetto alla derivata temporale, 


i-—=Hpvy, (21,12) 
dove H è l’hamiltoniano della particella!). Per fare questo è suffi- 


1) Per una particella a spin 0 l'equazione d’onda non poteva essere rappre- 
sentata in questa forma: l’equazione (10,5) per lo scalare y è del secondo ordine 
rispetto al tempo, e il sistema (10,4) di equazioni del primo ordine per la grandez- 
za a cinque componenti (w, w,) non contiene le derivate rispetto al tempo di 
tutte le componenti. 


102 CAPITOLO III 


ciente moltiplicare l'equazione (21,2) a sinistra per y°. Per l’hamil- 
toniano si ottiene l’espressione 


H=apt fim, (21,13) 


dove sono state introdotte le notazioni universalmente accettate per 
le matrici che vi figurano: 


a =vy, Baer. (21,14) 
Notiamo che 
Oi, + Apt; == 20;p, Pat ap=:0, p°=1, (21,10) 


cioè, tutte Ie matrici a, P anticommutano tra loro, e i loro quadrati 
sono uguali a 4; tutte queste matrici sono hermitiane. In rappresen- 


tazione spinoriale 
o f) 
OL == 


O — 0 


01 
o R , di (21,16) 


LÀ 


Nel caso limite di piccole velocità la particella deve essere descrit- 
ta, come anche nella teoria non relativistica. da un solo spinore bi- 
componente. Effettivamente, passando nelle equazioni (20,5) al 
limite p-+0, € + m, otteniamo È = n, cioè i due spinori, che com- 
pongono il bispinore, coincidono. Qui, però, si manifesta uno svan- 
taggio della forma spinoriale di scrittura dell'equazione di Dirac: 
nel passaggio al limite restano differenti da zero tutte le quattro 
componenti di w, sebbene, in realtà, solo due di esse siano indipen- 
denti. La rappresentazione più comoda della funzione d’onda w 
risulta essere quella, in cui nel limite due delle componenti si annul- 
lano. 

In relazione a questo, introduciamo, al posto di È e mn, le loro 
combinazioni lineari @ e y: 


P 1 1 

Da = — (È4- n), r= — (È_- n). 21,17 

w Di: 73 (54 n) = (En) ( ) 

Allora per una particella a riposo si avrà Y = ua rappre- 
d 


sevtazione di w verrà chiamata rappresentazione ordinaria (o stan- 
dard). Per l'inversione « e y si trasformano come segue: 


bs po ig, Yr>—ivy. (21,18) 
Le equazioni per g e y si ottengono moltiplicando e sottraendo le 
equazioni (20,5) 
,p- poy = Me, 
PoP | POY P (24,19) 
— PoX 1 POP == MY. 


FERMIONI 103 


Da qui si vede che alla rappresentazione ordinaria corrispondono le 
matrici 
( 0 o 


1 0 0 6 
#=8= (1 al ag RE, si, a = \c nd (21,20) 


Poiché nella (21,17) si sommano separatamente le prime e le 
seconde componenti di È e n, nella rappresentazione standard, come 
anche nella rappresentazione spinoriale, le componenti y, e wz cor- 
rispondono agli autovalori della proiezione dello spin 41/2, e wp, e 
+, della proiezione —1/2. In ambedue queste rappresentazioni, dun- 
que, la matrice 1/2Z, dove 

6 0 E, 
20 n)» (24,21) 
rappresenta l’operatore tridimensionale di spin: applicando 1/2, 
al bispinore, che contiene solo le componenti w,, #3 0 W,, w, il bispi- 
nore viene moltiplicato per 1/2 o —4/2. In una rappresentazione 
generica questa matrice può essere scritta nella forma 


Z£=—-ay= — [aa] (21,22) 
(per la definizione di y5, vedi più avanti la (22,14)). 


PROBLEMI 


4. Trovare le formule di trasformazione della funzione d’onda per una tra- 
sformazione infinitesima di Lorentz e per una rotazione spaziale infinitesima. 

Soluzione. Nella rappresentazione spinoriale di +, per una trasformazione 
infinitesima di Lorentz, si ha 


E=(1-300)g, n=(1+3087)1 


(vedi (18,8), (18,8a) e (18,10)). Ambedue le formule possono essere riunite 
e scritte nella forma 


w=(1-3 ay ) ). (1) 
Analogamente, la legge di trasformazione per una rotazione infinitesima è 
w=(1+260) y. (2) 


In questa forma le formule sono valide per qualsiasi rappresentazione di p, se 
per a e Z si intendono le matrici in quella stessa rappresentazione. 

È facile verificare che le matrici @ e £ sono le componenti di un « quadri- 
tensore matriciale » antisimmetrico 


ot=3 (ny s)= (a, 12) 
(l’elencazione delle componenti è fatta secondo la regola (19,15)). Introduciamo 


anche il tensore infinitesimo antisimmetrico 8e#Y = (877, 60). Allora 
ol‘seny= 21260 — 20687, 


104 CAPITOLO III 


e le due formule (1—2) possono venir trascritte in una forma unitaria 
? 1 
y = | 1 usar: OPVSE,y |. (3) 


2. Scrivere l'equazione di Dirac in una rappresentazione, nella quale essa 
‘non contenga coefficienti complessi (E. Majorana, 1937). 
Soluzione. Nella rappresentazione standard, nell’equazione 


9 | 
(Fiat da toy +0 > dz tim) y= 


sono complesse solo le matrici du, e ib. Questa complessità può essere rimossa 
operando una trasformazione pw = Uy in conseguenza della quale la matrice 


complessa a,, si scambi di posto con la matrice reale $. Per questo, occorre porre 


(dy + B)= Ut. 


Allora 
a,=UaxU= —a,, a,j=P, a;> —a, B'=0y, 


e l'equazione di Dirac assume la forma 


è 9. so 


nella quale tutti i coefficienti sono reali. 


$ 22. Algebra delle matrici di Dirac 


Nei calcoli connessi con l'equazione di Dirac si fa largo uso delle 
matrici y, senza ricorrere alla loro forma concreta in questa o in 
quella rappresentazione. Le regole dell'uso di queste matrici sono 
interamente determinate dalle relazioni di commutazione 


ply” + yy = 2g (u, v=0, 1, 2, 3), (22,1) 


che determinano tutte le loro proprietà generali. 

In questo paragrafo, riporteremo una serie di formule e di regole 
dell'algebra delle matrici y, che risulteranno utili in diversi cel- 
coli. 

Il « prodotto scalare » delle matrici y per se stesse è guvvty = 4, 
Per abbreviare la scrittura introdurremo, per analogia co lo com- 
ponenti covarianti’ dei quadrivettori, la notazione Yy = £uvY. 


Allora 
Vu = 4. (22,2) 


Se invece le matrici y, e Y} sono separate da una o più matrici y, 
allora, mediante una o più trasposizioni dei fattori (usando la rela- 
zione (22, 1)), si possono portare le matrici y, e y* in posizione con- 
tigua. e quindi eseguire la somma (su u) secondo la (22.2). In questo 


FERMIONI 105 


modo, si ottengono le seguenti formule: 
VuVYy = — 27, 
Vuptyryt = Ag, 
Vary = — 2yPy"93, 
Vu pp yoye = 2 (PP + vp 999). 
Di solito i fattori y*, ... figurano in combinazione con diversi 


quadrivettori sotto forma di « prodotti scalari ». In seguito, useremo 
molto la notazione 


(22,3) 


a=vya= yVa,. (22,4) 
Per questi prodotti le formule (22,1) assumono la forma 
ab+ba=2(ab), aa=a2, (22,5) 


e le formule (22,3) la forma 
YuaY! i 2a, 
aby =: 4 (ab), 
Da a. ( da, (22,6) 

Vua db eyt = — 2cba, 

Re 
Un'operazione largamente diffusa è il calcolo della traccia del. 
prodotto di un certo numero di matrici y. Consideriamo le grandezze 


quin. — > Tr(ybiyba gn). (22,7) 


In forza di una nota proprietà della traccia di un prodotto di matri- 
ci, questo tensore è simmetrico rispetto a permutazioni cicliche degli 
indici UujMy - - . Un 

Poiché le matrici y hanno la stessa forma in qualsiasi sistema di 
riferimento, anche le grandezze 7 non dipenderanno dalla scelta del 
sistema. Quindi esse formano un tensore, che è espresso solo attra- 
verso il tensore metrico g,y, che gode di questa proprietà. 

Mediante i tensori di secondo rango g,y si possono comporre solo 
tensori di rango pari. Già da qui discende che la traccia del prodotto 
di un numero dispari qualsiasi di matrici y è uguale a zero. In par- 
ticolare, è zero la traccia di ciascuna delle matrici y!) 


Try =0. (22,8) 


La traccia della matrice unità a quattro righe (che si suppone 
appartenente alla parte destra della relazione di commutazione (22,1)) 


1) La traccia di una matrice è invariante rispetto alle trasformazioni y = 
= UyU-. Quindi la (22,8) è evidente anche dalle espressioni concrete delle 


matrici (21,3). 


406 CAPITOLO III 


è uguale a 4. Quindi, calcolando la traccia di ambedue i membri 
della (22,1), troviamo 


TU — gl, (22,9) 
La traccia del prodotto di quattro matrici è 
TANO — ghugvo — ghvguo | ghoguo, (22,10) 


Questa formula si può ottenere, ad esempio, « trasportando » nell’e- 
spressione Try}yHy”y? il fattore y} a destra, usando la relazione di 
commutazione (22,1); dopo ogni permutazione compare uno dei mem- 
bri che figurano nella (22,10): 


quuvo __ 9 gru To — quive _ 9 ghigvo — Geo: 


e cosi via. Dopo tutte le permutazioni a destra resterà — THvPA — 
= —TMY., che trasporteremo a sinistra. In questo stesso modo, il 
calcolo della traccia del prodotto di sei matrici y si riduce al calcolo 
delle tracce dei prodotti di quattro fattori, e cosi via. Cosî 


THuvpor — gr TvooT tà gv TupoT + g*0 THvoT sro groTuvoT + gite Tuvoo 
(22,11) 


Notiamo che tutte le tracce 724... sono reali e che sono differenti 
da zero solo se ciascuna delle matrici y°, y!, . . . figura nel prodotto 
un numero pari di volte; ambedue questi fatti sono evidenti dalle 
formule ottenute. Da qui, a sua volta, è facile arrivare alla conclusio- 
ne che la traccia non cambia per una variazione dell'ordine dei 
fattori nell’ordine opposto!): 


pr... po __ poor (22,12) 


Come è già stato detto, i fattori y compaiono, di solito, sotto 
forma di « prodotti scalari » con dei quadrivettori. In questi casi, 
adesempio, le formule (22,9) e (22,10) significano che 


4 n A 
7 ab= ab, 


+ Trabcd=(ab)(cd)— (ac) (bd) + (ad) (be). (22,13) 
Un ruolo particolare è svolto dal prodotto yyy?y?. Per esso è 
accettata una notazione speciale: 


v= — ivi. (22,14) 

1) Effettivamente, poiché (per qualsiasi matrice M) si ha TrM = TrM, 
alloia li conto anche del fatto che a traccia è reale) abbiamo 
Tr (y* y) = Tr (y* yY)t = Tr (y"*... y*+), e, poiché ciascuna delle 


matrici è o héermitiana o ontthermitiana (pl * = A e compare nel ‘prodotto 
un numero pari di volte, allora la (22,12) è evidente. 


FERMIONI 107 


È facile vedere che 
pg +99 =0,  (75)?=1, (22,15) 


cioè la matrice y? anticommuta con tutte le matrici y*. Nei confronti 
delle matrici a e fi valgono le regole 


ay ya=0, By+y5=0 (22,16) 


(la commutatività con a discende dal fatto che a = y" è un prodotto 
di due matrici y*). 
La matrice y? è hermitiana; in effetti 
vet = ipy = — ipy, 
e poiché la successione 32410 si riconduce alla successione 0123 me- 
diante un numero pari di permutazioni, vale la relazione 


PIZZI (22,17) 


Riportiamo anche la forma concreta di questa matrice in due 
rappresentazioni: 


—1 0 
° ® Din 5 
spinoriale =( 0 4 ; 


standard y? = n ) ua 
ale 0° 
La traccia della matrice y5 è uguale a zero: 
Try = (22,19) 


(questo è evidente direttamente dalla (22,18)). Sono uguali a zero 
anche le tracce dei prodotti y?y'y”. Per i prodotti di y} per quattro 
fattori yH, invece si ha 


+ Tr y9pytyry? = ie, (22,20) 
Notiamo ancora la formula 
N=iyabc, N*= erMvea,byco, (22,24) 


che si verifica se ab = ac = be = 0. 


PROBLEMA 


Trovare 41/4 Tr yy}yty"y?y9vt = A?PVOOT, 
Soluzione. Usando la regola di commutazione (22,1) e la formula (22,20) 
riduciamo la traccia cercata alla forma 


AMHVPOT — _ 9jpruvooT + AVUKTOP, 


108 CAPITOLO III 


dove 
prHvpoT ni evo gt Do e» bVO got sa eV UvTg0O e eVTtOpghb SA e! Top ghv è eTOPghiv, 


Per le proprietà di ciclicità e per la formula (22,12) si ha AVHAT9P — 4%HYVPOT, 
in questo modo si trova che 
ARHVPOT _ __ jpruvpor 


$ 23. Onde piane 


Lo stato di una particella libera di impulso e energia dati è 
descritta da un’onda piana, rappresentabile nella forma 


upe ‘P*. (23,1) 


1 
)p= V2e 
L'indice p indica il valore dell’energia-impulso; l’ampiezza d’onda 
u, è un bispinore normalizzato in un determinato modo. 

Per la seconda quantizzazione, accanto alle funzioni d’onda 
(23,1), saranno necessarie le funzioni a « frequenza negativa », che 
compaiono nella teoria relativistica, come è stato spiegato nel $ 11, 
in relazione ai due valori della radice +) p? + m?. Come già nel 
$ 11, per € intenderemo ovunque la quantità positiva e = 
= + V p?+ mì, e quindi la « frequenza negativa » è — e; cambiando 
anche il segno di p, si ottiene una funzione, che è naturale denotare 
con W_p ba 

1 ipx 
2p = — = U_pe *. 23,2 
) p V2e p ( 9 ) 
Il senso di queste funzioni sarà chiarito nel $ 26. In seguito scrive- 
remo parallelamente le formule per wp) e w_p. 

Le componenti delle ampiezze bispinoriali u, e v_, soddisfano î 

seguenti sistemi di equazioni algebriche: 


(p_m)up=0, 


(p+m)u_p=0, 


che si ottengono sostituendo le (23,1-2) nell’equazione di Dirac (que- 
sta operazione si riduce alla sostituzione dell’operatore p con +p)'). 
La relazione p° = m? è la condizione di compatibilità di ciascuno dei 
sistemi. Noi normalizzeremo sempre le ampiezze bispinorjali con 
le condizioni invarianti 


(23,3) 


upu, = 2m 
LE i (23,4) 
U_pU_-p= — 2m 
1) Scriviamo anche i sistemi analoghi che si ottengono dall'equazione dì 
Dirac (21,9) per la funzione aggiunta: 


up(p_m)=0, u_p(p+m)=0. (23,3a) 


FERMIONI 109 


(dove la lineetta sopra la lettera indica, come dappertutto, la coniu” 
gazione di Dirac: u = u*y°). Moltiplicando le equazioni (23,3) a 
sinistra per U+n, otteniamo (UL pVU+p) p=2m?=2p*, da dove si 
vede che 


UpfUp =U_pYU-p = 2P. (23,5) 


Notiamo che il passaggio dalle formule per u, alle formule per u_, 
viene fatto mediante il cambiamento di segno di m. 
Il quadrivettore densità di corrente è 


]= PapYPap = > Us pYVUstp 7 — (23,6) 
cioè j! = (1, v), dove v = p/e è la velocità della particella. Da qui 
si vede che le funzioni yw, sono normalizzate con « una particella 
nell’unità di volume V = 1». 

In forza delle equazioni (23,3) le componenti dell’ampiezza d'’on- 
da sono legate fra loro da alcune relazioni, la cui forma concreta di- 
pende, ovviamente, dalla rappresentazione concreta di w. Troviamo 
queste relazioni per il caso della rappresentazione standard. 
Dalle equazioni (21,19) per un'onda piana abbiamo 


(e-m)g— poy=0, 
(e+m)x--pog=0. 


Da queste uguaglianze troviamo la relazione tra @ e x in due forme 
equivalenti: 


(23,7) 


q=L_ yy, = (23,8) 


(l'equivalenza di queste formule è evidente: moltiplicando la prima 
di esse a sinistra per po/(e + m) e tenendo conto del fatto che (po)? = 
= p° e e® — m? = p?, otteniamo la seconda uguaglianza). Il fattore 
comune in @ e Y viene scelto in modo da soddisfare la condizione di 
normalizzazione (23,4). Per u, (e analogamente per u_,) otteniamo 
le espressioni 


4, = ( Ve+tmw n e 
ui Ve-m(no0)w Lal Ve+muw' 


(la seconda formula si ricava dalla prima cambiando il segno davanti 
ame sostituendo la notazione vw + (no)w'). Qui n è il versore del 
vettore p, e w una grandezza arbitraria a due componenti sottoposta 
soltanto alla condizione di normalizzazione 


ww = 1. (23,10) 


(23,9) 


410 CAPITOLO III 


Per u = u*y° (y° dalla (21,20)) abbiamo 
un=(Ve+tmu*, —Ve-mu*(no)), 
up=(Ve-muw*(no), --Ve+muw"*), 
e moltiplicando ci possiamo convincere che effettivamente UspUsp = 


= +2m. 
Nel sistema a riposo, cioè per e = m, abbiamo 


u=V (0). uy=V2A (1). (23,12) 


w' 


(23,11) 


cioè w è uno spinore tridimensionale, al quale si riduce, nel limite 
non relativistico, l'ampiezza di ciascuna delle onde. Notiamo che 
nel bispinore u_,, nel sistema di quiete, si annullano le seconde due 
componenti, e non le prime. Questa proprietà delle soluzioni dell’e- 
quazione di Dirac a « frequenza negativa » è evidente a priori: po- 
nendo nella (23,7) p = 0 e sostituendo e con —m, otteniamo g = 0). 

L'ampiezza dell'onda piana contiene una grandezza arbitraria 
a due componenti. In altre parole, per una data quantità di mo- 
to esistono due stati indipendenti differenti corrispondenti ai due 
valori possibili della proiezione dello spin. La proiezione dello spin 
su un asse qualsiasi z non può, tuttavia, avere un valore determina- 
to. Questo è già evidente dal fatto che l'’hamiltoniano della particella 
di impulso p (cioè la matrice H = ap + fim) non commuta con la 
matrice 2, = —ia,ay. In accordo con le affermazioni generali, 
fatte nel $ 16, si conserva, tuttavia, l’elicità 4, cioè la proiezione 
dello spin sulla direzione di p: l’hamiltoniano commuta con la ma- 
trice nX. 

Agli stati di elicità corrispondono onde piane, in cuì lo spinore 
tridimensionale w = w® (n) è un'autofunzione dell'operatore no: 


+-(1.0) 0) — uo). (23,13) 
La forma esplicita di questi spinori è 
e-i9/2 cos 5 — e-i9/2 sen 5. 
ig = ip = 
e sen 5 \ ei cos 
(23,14) 
1) In rappresentazione spinoriale ‘abbiamo invece È = —n al posto della 


relazione È = n, che è valida nel sistema di quiete per le soluzioni a « frequenza 
positivà ». 


FERMIONI 111 


dove 0 e @ sono l’angolo polare e azimutale della direzione indivi- 
duata da n rispetto al sistema fisso di coordinate xy2!). 

Un'altra scelta possibile dei due stati indipendenti di una parti- 
cella libera di dato p (più semplice, anche se meno intuitivo) cor- 
risponde ai due valori della proiezione z dello spin nel sistema di 
quieie; indichiamo questa proiezione con o. Gli spinori corrispon- 
denti sono 


1\ 0 
uf(0=1/2) — f 1, w0=-1/2)— NE (23,15) 
/ 


Le due soluzioni linearmente indipendenti a « frequenza negativa» 
vengono scelte sotto forma di onde piane, nelle quali figurano gli 
spinori tridimensionali 


uo — — g,ul-9) = 20iw0) (23,16) 


(il senso di tale scelta verrà chiarito nel $ 26). 


PROBLEMI 


1. Ottenere la funzione d’onda (23,9) mediante la trasformazione diretta di 
Lorentz partendo dal sistema di quiete. 

Soluzione. La formula di trasformazione per la velocità finita Y del sistema 
di riferimento K' rispetto al sistema K si ricava dalla formula (1) del problema 1 
$ 21 in maniera analoga a come la (18,13) si ricava dalla (18,12): 


pasa 2 p= | ch4-— va sh F) y, 
dove v è il versore del vettore V, e thp= | V |; secondo questa stessa formula 
si trasforma anche l’ampiezza bispinoriale u. Se X è il sistema di quo della 
particella, e nel sistema X' essa ha la quantità di moto p, allora VP = —p/e, 


da cui 
Ri V isla Re 74 sani 
dr Im * suora 2m 
Prendendo u dalla (23,12) e usando la matrice @ nella rappresentazione standard, 
otteniamo per u’ l’espressione (23,9). 
2. Nel sistema di quiete lo spin di una particella libera si conserva, e la sua 


funzione d’onda (in rappresentazione standard) ha in tutto due componenti, che 
corrispondono ai valori +4/2 della proiezione dello spin su un asse fissato z. 


1) La soluzione delle equazioni (23,13) può venire moltiplicata per un fattore 
di fase qualsiasi; questo fatto è connesso con la possibilità di una rotazione 
arbitraria attorno alla direzione ». A questa arbitrarietà corrisponde un’arbitra- 
rietà dell’angolo y nella trasformazione III (58,6) (per ottenere la (23,14) dalle 
formule III (58,6) occorre in queste ultime porre le componenti dello spinore 


senza apice uguali a. | ; oppure a | I ); questo corrisponde a dati valori della 


proiezione dello spin sull’asse $. Occorre, inoltre, sostituire gli angoli a, f, Y 
con gli angoli g, 6, 0). 


112 CAPITOLO III 


Trovare la rappresentazione, in cui la funzione d’onda (onda piana) in qualsia- 
si sistema di riferimento abbia in tutto due componenti, corrispondenti a valori 
determinati della stessa caratteristica fisica dello stato, cioè la proiezione dello 
spin nel sistema di quiete (L. Foldy, S. A. Wouthuysen, 1950). 

Soluzione. Partendo dall’ampiezza up nella rappresentazione standard (23,9), 
cerchiamo la trasformazione unitaria voluta nella forma U= eYY", dove n è il 
versore del vettore p, e W una grandezza reale (poiché y* = — y, automatica- 
mente si ha U* = U-1). Sviluppando in serie e tenendo conto che (yn)? =—1, 
rappresentiamo U nella forma 


U = cosW +. yn senW. 


In forza della condizione che nell’ampiezza trasformata u’,= Uup le seconde 


due componenti si annullano, troviamo tg W = | p{/(m + e), ovvero 
Iplo 1 pl 
W =arctg na tg_—. 


Nella nuova rappresentazione 
— /W 
up=V 2e | 0 . 
Nella nuova rappresentazione l’hamiltoniano assume la forma 


H'=U(ap+fm) U-4= fe 


(tutte le matrici Bf, a, y sono prese nella rappresentazione standard). Questo 
hamiltoniano commuta con la matrice 


o 0 
Ne $—- ’ i 
ui (0 a) i 


che rappresenta, nella nuova rappresentazione, l’operatore di una grandezza 
conservativa: lo spin nel sistema a riposo. 


$ 24. Onde sferiche 


Le funzioni d’onda degli stati di una particella libera (a spin 1/2) 
con dati valori j del momento angolare sono onde spinoriali sferi- 
che. Determiniamo la loro forma; a questo scopo ricordiamo preven- 
tivamente le formule analoghe della teoria non relativistica. 

La funzione d'onda non relativistica è uno spinore tridimensio- 


1 
nale p= (È) . Per uno stato con dati valori dell’energia (e insieme 


della quantità di moto p')), del momento angolare orbitale /, del 
momento angolare totale / e della sua proiezione m, la funzione d’on- 
da ha la forma 


w= Ap; (r) O;im (0, P). (24,41) 


Le grandezze £;,,, che costituiscono la sua parte angolare sono spi- 
nori tridimensionali, le cui componenti (per i due valori 7 = l + 1/2, 


1) In questo paragrafo p significa | p |. 


FERMIONI 113 


possibili per un dato /) sono date dalle formule 


ii-m 
VE Yi, m-1/2 


041/2,1,m = = 


(24,2) 


02 1/9, l, m =- 


(vedi III, $ 106 pag. 506). Chiameremo le grandezze ©;;m spinori 
sferici. Essi sono normalizzati con la condizione 


| diese (24,3) 


Le funzioni radiali &,, costituiscono il fattore comune delle due 
componenti dello spinore w e sono date dalla formula III (33,10): 


Rp= VE J1+1/2 (Pr). (24,4) 


Queste funzioni sono normalizzate con la condizione 
| r2RyBpdr=8(p'—p). (24,5) 
0 


Tornando al caso relativistico, ricordiamo innanzitutto che per 
una particella in moto non valgono separatamente le leggi di con- 
servazione dello spin e del momento angolare orbitale: gli operatori 
s e l separatamente non commutano con l’hamiltoniano. Come pri- 
ma, tuttavia, si conserva (per una particella libera) la parità di sta- 
to. Per questa ragione, il numero quantico / perde il senso di gran- 
dezza che indica un dato valore del momento angolare orbitale, ma 
esso continua a determinare (vedi più avanti) la parità di stato. 

Conveniamo di considerare ia funzione d’onda cercata (un bispi- 


nore) nella rappresentazione standard p = P |. Rispetto alle rota- 


zioni ge y sì comportano come degli spinori tridimensionali. Quindi 
la loro dipendenza angolare è data dai medesimi spinori sferici jim. 
Sia @ © L;im, dove Z ha un determinato valore tra i due possibili: 
j + 1/2 oppure j — 41/2. Per l'inversione gp (r) + ipg(—r) (vedi 
(21,18)) e poiché Ljim (—N) = (-1)°L;im (n), si ha 


P(r) > i(-1)"9 (n). 


Le componenti di y per l'inversione si comportano, invece, come 
Y(r) > — iy(—7r). Affinché lo stato abbia una parità determinata 


114 CAPITOLO III 


(cioè, affinché per l’inversione tutte le componenti vengano molti: 
plicate per uno stesso fattore) è necessario, quindi, che la dipendenza 
angolare di y sia determinata da spinori sferici £2;,-, con il secondo 
(dei due possibili) valore di /: poiché questi valori si differenziano 
di 1, abbiamo (—1)" = — (—1). 

La dipendenza radiale di e y verrà determinata dalle stesse 
funzioni R,; e Rpr (con valori / e l’, corrispondenti all’ordine delle 
funzioni sferiche che entrano in £;;m). Questo è chiaro già dal fatto 
che ogni componente di w soddisfa l'equazione del secondo ordine 
(pî — m?) p=0, la quale, per un dato valore | p |, ha la forma 


(A+ p°) p= 0, 
che coincide formalmente con l’equazione non relativistica di Schrò- 
dinger per una particella libera. 
Quindi 
= AR 012 ;im, X= BRpr9Rjmo (24,6) 
e restano da determinare i coefficienti costanti A e 8. Per fare questo, 


consideriamo una regione dello spazio molto lontana, in cui l’onda 
sferica si possa considerare come piana. Secondo la formula asinto- 


tica III (33,12) 
79 1 i ade —i pete 
Rn eV igiene cam 


cosî che q rappresenta la differenza di due onde piane, che si propa- 
gano nelle direzioni + (n = r/r). Per ciascuna di esse, secondo 
la (23,8), abbiamo 


= 77 (Eno). 
Da quanto detto sopra (le formule (24,6)) è, a priori, chiaro che 
(10) Q;im =0Lj;tm, dove a è una costante. È facile determinare 
questa costante confrontando i valori dei due membri dell’uguaglian- 
za per m= 41/2 dirigendo n lungo l’asse z. Usando la (7,2a) tro- 


viamo 


(20) Dim ni 110; m- (24,8) 
Riunendo le formule scritte e confrontando con la (24,6), otteniamo 
= P 
ci e+-m A. 


Infine, il coefficiente A si ricava dalla normalizzazione generale di 
y. Normalizzando w con la condizione 


| PpitmPp'j 10m dx = 6;;d11$ mm’ È (P sas P') (24,9) 


FÉRMIONI' 115 


troviamo il risultato finale 
n 4 ( Ve+m Rp:S;tm 
jim = TTEET RE 
PUT Ra Ve—m Rovivm 


In tal modo, per dati valori di j e m (e dell’energia e) esistono due 
stati, che si differenziano per la parità. La parità è determinata in 
modo univoco dal numero /, che prende i valori j + 41/2: per l’in- 
versione il bispinore (24,10) viene moltiplicato per i (—1)!. Le com- 
ponenti di questo bispinore, tuttavia, contengono funzioni sferiche 
di tutti e due gli ordini Z e l'; questo fatto esprime la mancanza di 
un valore determinato del momento angolare orbitale. 

Per r + co in ogni piccola regione dello spazio, le onde sferiche 
(24,7) si possono considerare come onde piane di impulso p= +pn. 
Per questo è chiaro che le funzioni d’onda nella rappresentazione 
degli impulsi si differenziano dalla (24,10), principalmente per la 
mancanza dei fattori radiali e per l'assegnazione a n. del significato 
di direzione della quantità di moto. 

Per passare direttamente alla rappresentazione degli impulsi 
occorre calcolare la trasformata di Fourier: 


v(p)= | venir da. (24,11) 


L'integrazione si esegue ricorrendo alla formula dello sviluppo di 
un'onda piana in serie di onde sferiche!): 


, l=2j-1. (24,10) 


00 l 
cor (80° 5 S i'Rpi(?) Yim(E)Ym(£). (24,12) 


(=0 m=-l1 


Rappresentiamo il fattore e-i"* nella (24,11) sotto forma di una serie 
di questo tipo e tenendo conto della (24,5), per le componenti di 
Fourier della funzione 


(1) = Api (1) Lim (1) 
otteniamo 


v0)= LE 8 Pili (27) (Qin (T) (1) do 


L’integrale in questa espressione è uguale ai coefficienti delle fun- 
zioni sferiche nella definizione degli spinori sferici (24,2), e insieme 
con il fattore Yim:(p'/p') forma nuovamente il medesimo spinore 
sferico, ma di argomento p'/p', 


, 2 3/2 , Pea 1 
v(p)= ò(p— p)i 'Qitm (27) 


1) Vedi III (34,3). 


116 CAPITOLO III 


Applicando questo risultato alla funzione d'onda bispinoriale 
(24,10), troviamo questa stessa funzione nella rappresentazione 
degli impulsi 


ra /€+mi'Q;im (P'/p' 
l 2n)3/2 (VEe+mi'Q;im(P'/p') 
a) jim P)=6 == ate ( rr =<* 

pjim ( (pP'— P) pV 2e Ve-mi-"Q;m(p'/p') 


Gli stati [| pjIm) coincidono con gli stati|pjm | A |) considerati 
nel $ 16 (dove | A | = 1/2): sia questi che quelli hanno valori di pjm 
e di parità determinati. Per questo gli spinori sferici Q;im sono con- 


nessi, in modo determinato, alle funzioni DI}, (sia i primi che le 
seconde dipendono dall’argomento p/p). Per p +0 le funzioni d'onda 
(24,13) si riducono agli spinori tridimensionali Q;;m, la cui parità è 
P=n(—-1) (dove n = i è la « parità interna » dello spinore). Con- 
frontando con i risultati del $ 16, si arriva alla formula seguente: 


l DiLt . . 
Qrim= i Y/ ATI (00-12 D9; pom + 012) Dom) | (24,14) 


) (24,13) 


(per { = j + 1/2), dove w® sono gli spinori tridimensionali (23,14). 


$ 25. Legame dello spin con la statistica 


La seconda quantizzazione del campo associato a particelle a 
spin 1/2 (cioè del campo spinoriale) viene eseguita allo stesso modo 
che per il campo scalare ($ 11). 

Senza ripetere di nuovo tutti i ragionamenti, scriviamo diret- 
tamente le espressioni per gli operatori del campo, in tutto analoghe 
alle formule (11,2): 


1 ipx + ipx 
p= DI Vie (apo pot?" 4+- biap-ot P*), 
po 
“LL 1 si ipx vu -ipx 
== Di 757 ioipo@ + bpotipot 99); | (25,1) 
po 


la somma viene fatta su tutti i valori della quantità di moto % e sui 
valori della proiezione dello spin o = +-1/2. Gli operatori di distru- 
zione di antiparticelle b,; (come anche gli operatori di distruzione 
di particelle apg) compaiono sotto forma di coefficienti nelle fun- 
zioni, che, per la loro dipendenza orbitale (ei?”), corrispondono ad 
uno stato di impulso p'). 

Per calcolare l’hamiltoniano del campo spinoriale non è necessa- 
ria la definizione del tensore di energia-impulso corrispondente (come 


1) Sia le une che le altre funzioni corrispondono agli stessi valori o della 


proiezione dello spin nel sistema di quiete; per le funzioni P_p-o questo verrà 
mostrato nel $ 26 (vedi la formula (26,10)). 


FERMIONI 117 


per il campo scalare), poiché in questo caso esiste l’hamiltoniano di 
una particella, mediante il quale si può scrivere l'equazione d’onda 
(equazione di Dirac) (21,12). L'energia media di una particella nello 
stato con funzione d'onda w è l’integrale 


Ì o) . — 09 
| )y*Hw d3x=i | pe dîx=i { pro dx. (25,2) 


Notiamo che la « densità d’energia » (l’espressione integranda) non 
è qui una grandezza definita positiva. 


Sostituendo nella (25,2) le funzioni w e y con gli operatori corri- 
spondenti, tenendo conto dell’ortogonalità reciproca delle funzioni 


d’onda di p o o differenti, e anche della relazione uspoY°U+po= 28 
per le ampiezze d'onda, otteniamo l’hamiltoniano del campo nella 
forma 


H= die (2508y0— bpobio). (25,3) 


Da qui è chiaro che, nel caso considerato, la quantizzazione deve 
essere fatta secondo Fermi: 


{ap0, apo}, =, {bpo, bp0}+ =1, (25,4) 


e tutte le coppie di operatori a, a*, b, b* anticommutano (vedi III, 
$ 65). Effettivamente, l’hamiltoniano (25,3) si trascrive nella forma 


H= Ne(atap0 + biobro — 1), 


po 


e gli autovalori dell'energia (omettendo, come sempre, la costante 
additiva infinita) sono 


E= Da €(No0 + No), (25,5) 
P 
cioè risultano, come doveva essere, quantità definite positive, Nella 


quantizzazione secondo Bose dalla (25,5) avremmo ottenuto degli 
autovalori privi di senso non definiti positivi 


die (Noro — Npo). 
Un'espressione analoga alla (25,5) 


P= Xp (Nyo+No) (25,6) 


si ottiene anche per la quantità di moto del sistema, cioè per gli 
autovalori dell’operatore |'py d3x. 
L'operatore quadridimensionale di corrente è 


i = pr (25,7) 


118 CAPITOLO III 


e per l'operatore di « carica » del campo, otteniamo 
Q= | Pr d'x = DÌ (ax08p0 + bpoDpo) = di (avoapo — bpobpo + 1), 


po po 
(25,8) 
e i suoi autovalori sono 


Q sr di (Npo— N po). (25,9) 


In tal modo, noi torniamo di nuovo alla rappresentazione di par- 
ticelle e antiparticelle, alle quali si riferisce tutto quanto è stato 
detto a questo proposito nel $ 11. 

Tuttavia, mentre le particelle a spin 0 sono bosoni, le particelle 
a spin 1/2 sono fermioni. Se si investiga l'origine formale di questa 
differenza, si vedrà che essa sorge in relazione alla differenza nel 
carattere delle espressioni della « densità d’energia » per il campo 
scalare e spinoriale. Nel primo caso questa espressione risulta defi- 
nita positiva, e quindi nell’hamiltoniano (11,3) ambedue i membri 
(a*a e bb*) entrano col segno positivo. Per garantire la positività 
degli autovalori dell'energia la sostituzione di bb* con b*b deve 
essere operata senza cambiare il segno, cioè secondo la regola di 
commutazione di Bose. Nel caso del campo spinoriale, invece, la 
« densità di energia » non è una quantità definita positiva, e per 
ottenere che i suoi autovalori siano definiti positivi è necessario 
operare la sostituzione di bb* con b*b simultaneamente col cam- 
biamento di segno, cioè secondo la regola di commutazione di Fermi. 

D'altra parte, la forma della densità d’energia è direttamente 
legata alle proprietà di trasformazione della funzione d'onda e alla 
richiesta di invarianza relativistica. In questo senso si può dire che 
anche il legame dello spin con la statistica, alla quale sottostanno le 
particelle, è una conseguenza diretta di queste richieste. 

Dal fatto che le particelle a spin 1/2 sono fermioni discende anche 
la seguente affermazione generale: tutte le particelle a spin seminte- 
ro sono fermioni, e tutte le particelle a spin intero sono bosoni (ivi 
incluse le particelle a spin 0)!). Questo diviene evidente se si 
nota che una particella a spin s può essere rappresentata come 
«composta » di 2s particelle a spin 1/2. Per s semintero, 2s è dispari, 
e per s intero, 2s è pari. Una particella «composta », che contiene 
un numero pari di fermioni, è un bosone; se contiene invece un 
numero dispari di fermioni è un fermione?). 

1) L’origine del legame tra spin di una particella e statistica, alla quale 
essa obbedisce, venne per la prima volta chiarita da Pauli (1940). 

2) In questi ragionamenti si sottintende che tutte le particelle a spin uguale 
devono sottostare alla stessa statistica (indipendentemente dal modo in cui 
esse vengono « composte »). Da ragionamenti analoghi è facile vedere che le cose 
stanno esattamente cosi. Se esistessero fermioni a spin 0, con un fermione a spin 0 
e un fermione a spin 1/2 si potrebbe comporre una particella a spin 1/2, che 
sarebbe un bosone, risultato che è in contraddizione col risultato generale dimo- 
strato per lo spin 1/2. 


FERMIONI 119 


Se il sistema consiste di particelle di tipo diverso, per ognuno dei 
tipi di particelle devono essere introdotti i propri operatori di crea- 
zione e di distruzione. Gli operatori, che si riferiscono a bosoni 
differenti o a bosoni e fermioni, commutano fra di loro. Per quanto 
riguarda, invece, gli operatori, che si riferiscono a fermioni diffe- 
renti, nei limiti della teoria non relativistica potrebbero essere con- 
siderati o commutativi o anticommutativi (III, $ 65). Nella teoria 
relativistica, invece, in cui sono possibili mutue trasformazioni tra 
le particelle, occorre considerare gli operatori di creazione e di di- 
struzione di fermioni differenti come anticommutativi, e lo stesso 
vale per gli operatori che si riferiscono a stati differenti di fermioni 
identici. 

PROBLEMA 


Trovare il lagrangiano del campo spinoriale. 
Soluzione. La funzione di Lagrange, corrispondente all’equazione di Dirac, 
è data dalla seguente espressione scalare reale: 


ì — _ iù 

L=3 (fr'dup_ due) mpg. (1) 

Intendendo per.« coordinate generalizzate + g le componenti di ‘p e w è facile 
convincersi del fatto che le corrispondenti equazioni di Lagrange (10,10) coincido- 
no con le equazioni di Dirac per p e p. Il segno generale (come anche il coeffi- 
ciente generale), in questo caso, è convenzionale. Poiché ZL contiene le derivate 
rispetto a | e linearmente, l’azione S = Î L d4x non può avere né minimo, 


né massimo. La condizione è.S = 0 determina, in questo caso, soltanto un punto 
stazionario, ma non il valore èstremale dell’integrale. eo 

Il lagrangiano del campo spinoriale si ricava sostituendo nella (1) con 
l'operatore p. Applicando a questo lagrangiano la formula (12,12), otteniamo 
l'operatore di corrente (25,7). 


$ 26. Coniugazione di carica e inversione temporale degli spinori 


I fattori pg = Upoe ?”, che compaiono nella (25,1) con gli 
operatori apg, sono le funzioni d’onda di particelle libere (noi par- 
leremo di elettroni) di impulso p e polarizzazione o: 


| ho = po» 

I fattori p_p-g degli operatori by; sono da considerare come le fun- 
zioni d'onda dei positroni con gli stessi p e o. In questo modo, tutta- 
via, risulta che le funzioni elettroniche e positroniche sono espresse 
in rappresentazioni bispinoriali differenti. Questo è chiaro dal fatto 
che y e y sono differenti per le loro proprietà di trasformazione, e le 
loro componenti soddisfano sistemi differenti di equazioni. Per eli- 
minare questo difetto occorre operare una determinata trasformazio- 
ne unitaria delle componenti di w_,_;, tale che la nuova funzione a 
quattro componenti soddisfi la stessa equazione cui soddisfa anche 


120 CAPITOLO III 


po). Proprio questa nuova funzione sarà chiamata funzione d’onda 
del positrone (di impulso p e polarizzazione co). Indichiamo la ma- 
trice della trasformazione unitaria richiesta con U.; abbiamo quindi 


O Ubs (26,1) 


L'operazione C, mediante la quale questa funzione viene ricavata 
da w_p-o; è chiamata coniugazione di carica della funzione d’onda 
(H. Kramers, 1937). Questo concetto non è limitato, ovviamente, alla 
sua applicazione alle onde piane. Per qualsiasi funzione w esiste la 
funzione « coniugata di carica » 


Cp (£, r) nr Ucy (£, Y), (26,2) 


che si trasforma come w e soddisfa la stessa equazione. 
Le proprietà della matrice Uc discendono da questa definizione. 
Se y è la soluzione dell’equazione di Dirac (yp — m)w = 0, allora 


soddisfa l'equazione 
w(yp+m)=0 oppure (Yp+m)y=0. 
Moltiplicando questa equazione a sinistra per Uc, 
Uctpp+mUcp=0, 
imponiamo alla funzione Ucw di soddisfare la stessa equazione di W: 


(vp — m)Uop=0. 


Confrontando le due equazioni, troviamo la seguente « relazione di 
commutazione » tra UG e le matrici yP?): 


Ucyt= — yUo. (26,3) 


Nel seguito supporremo che le funzioni d’onda sono date o nellà 
rappresentazione spinoriale o in quella standard (al caso generale 
di una rappresentazione generica torneremo alla fine del paragrafo). 
In queste rappresentazioni 


y,2= 70, y1,3= — 7133, 
(oe RS (26,4) 
Allora la matrice Uc = Moey?y”, con una costante nc arbitraria, 


soddisfa le condizioni (26,3). Dalla richiesta C? = 1 discende | nc |?= 
= 4, e quindi la matrice U; è determinata a meno di un fattore di 


1) Per particelle a spin 0 questo problema non sorgeva nemmeno, poiché 
le funzioni scalari p e p* soddisfacevano ad una stessa equazione, e p*, coincideva 
semplicemente con wp. . 

2) Notiamo anche l’uguaglianza, che discende da questa relazione 


Ucy5= yUc. (26,3a) 


FERMIONI 121 


fase. Nel seguito sceglieremo nc = 1, così che 
Uc=y0=—a,. (26,5) 
Notando anche che y = yTy0 — *p* = y%p*, l'azione dell’operatore 
C si può scrivere nella forma seguente: 
Cp= yyp=vp*. (26,6) 
In forma esplicita la trasformazione (26,6) per la rappresentazione 
spinoriale si scrive 
Ci: E > in, ni (26,7a) 
oppure 
C:  &>—_inf, ne > — je*, (26,7b) 
La trasformazione di coniugazione di carica per le onde piane 


ipo è facile da effettuare usando le rispettive espressioni esplicite 
(23,9) e la matrice U, in rappresentazione standard: 


U i n; 26,8 
0 Lusi 0/ SR) 
Notando che 

G,j0* = — 00), 
definendo u‘9* secondo la (23,16), otteniamo 

VWolizzco = U por UcU-p-o — Ung (26,9) 

In tal modo 

Cw_p-o =Wpo, so 
e quindi le funzioni p_p-;, che figurano negli operatori w (25,1) in- 


sieme con gli operatori b,g, corrispondono effettivamente agli stati 

di una particella di impulso p e polarizzazione o. Noi vediamo che 

gli stati elettronici e positronici sono descritti dalle stesse funzioni 
Do == vio = Ppo- 

Questo è del tutto naturale, poiché le funzioni wp; contengono infor- 

mazioni solo sulla quantità di moto e sulla polarizzazione della 

particella. 

In modo analogo si può considerare l'operazione di inversione 
del tempo. Il cambiamento del segno del tempo deve essere accom- 
pagnato dalla coniugazione complessa della funzione. Quindi, pe- 
ottenere la funzione d'onda « invertita nel tempo » (Tw) nella stessa 
rappresentazione della funzione originaria w occorre operare sulle 
componenti di p* (o di p) ancora una trasformazione unitaria. In tal 
modo, analogamente alla (26,2), rappresentiamo l’azione dell’ope- 


122 CAPITOLO INI 
ratore T su y nella forma 
Ty (£, r) = Urp (— 8, r), (26,11) 


dove U,. è una matrice unitaria. 
Scriviamo nuovamente l’equazione di Dirac, cui soddisfa y, 


(iP +Nv-m)v(, #)=0, 
e l'equazione per +: 
(9 +V+m) d(0, 1) =0. 


Operiamo in quest'ultima la sostituzione t + —tf e moltiplichiamo 
a sinistra per —Ur: 


(10,9? + iUryV ) wp (8, r) pra mUrp(—- L, T) —=0. 


Noi vogliamo che la funzione Urp (—t, r) soddisfi la stessa equazione 


di y(t, 7), 
(i +ivV)Urd(—t, 7) mUrp(—t, 7)=0. 


Confrontando le due equazioni troviamo che la matrice Ur deve 
soddisfare alle condizioni 


Re = Ca 
U,ry9= wUr, Ury= — yUr. (26,12) 
In rappresentazione spinoriale o standard a queste condizioni sod- 


disfa la matrice!) 
Ur=iv'yy. (26,13) 


Quindi, l’azione dell’operatore T è data dalla formula 
Ty(t, r)=ivywiwp(—t, r)=ivviy*(—t, 7). (26,14) 


In forma esplicita questa trasformazione per la rappresentazione 
spinoriale è data dalle formule 


T: Ei, ni in*, (26,152) 
oppure 
Ti: tab ib, n° +——in. (26,15) 
Nella rappresentazione standard 
(og 0 
Ur= | 0 o) (26,16) 


1) La dicità del fattore di fase nella (26, Dì è legato alla scelta nella (26,5) 
da considerazioni esposte nella nota a pag. 12 


FERMIONI 123 


Troviamo il risultato dell’applicazione a w di tutti e tre gli ope- 
ratori P, T e C. A questo scopo scriviamo successivamente 


Tw(t, r)= — ivivy* (1, r), 
PTw(î, r)=iy (TpH)=rvyy9d* (—t%, — ), 
CPTw (t, r) = (Pv p*)* = Prov p(— 1, — 7), 


oppure 
CPTw (£, 2) = ivo (tt, —r). (26,17) 
In rappresentazione spinoriale 
CPT: È >—_—it°, ni > in (26,18) 


(come è facile verificare anche direttamente usando le regole di 
trasformazione (20,4), (26,7), (26,15))!). 

Le espressioni scritte prima per le matrici U e Ur presuppone- 
vano la rappresentazione spinoriale o standard di p. Chiariamo, ora, 
quali delle proprietà di queste espressioni si mantengono per una 
rappresentazione generica. 

Se si sottopone w ad una trasformazione unitaria 


w=Uw, y=UyU”, vp = p*y0 = pU* = pU, (26,19) 
nella nuova rappresentazione avremo 
(Cp) = U (Cp) = UU) = UUc (p'U) = UU, Uy*. 


Da un confronto con la definizione della matrice U’; nella nuova 
rappresentazione ((Cy)' = U’w'), troviamo 


Us= UULÙ. (26,20) 


La trasformazione (26,20) coincide con la trasformazione delle 
matrici solo nel caso di U reali. Quindi, anche l’espressione (26,5) 
vale solo nelle rappresentazioni che si ottengono dalle rappresenta- 
zioni spinoriali o standard con una trasformazione reale. 

La matrice (26,5) è unitaria, e la trasposizione ne cambia il 
segno 


UcUb=1, Uc=—Uc. (26,21) 


Queste proprietà sono invarianti rispetto alle trasformazioni (26,20) 
e quindi hanno luogo in qualsiasi rappresentazione. La matrice 
(26,5) è anche hermitiana (Uc = Ué), ma questa proprietà, nel caso 
generale, viene a mancare con la trasformazione (26,20). 


1) La scrittura CPT presuppone che gli operatori agiscano in ordine da 
destra a sinistra. Il segno generale nelle (26,17-18) dipende da questo ordine, 
poiché C, P e T (applicati ad un bispinore) non commutano tra loro. 


124 CAPITOLO III 


Quanto è stato detto (ivi inclusa la relazione (26,21)) si riferisce 
anche alle proprietà della matrice U,. 

Nell’apparato di seconda quantizzazione le trasformazioni C, P, T 
per gli operatori w devono essere formulate come regole di trasfor- 
mazione degli operatori di creazione e di distruzione. Queste regole 
si possono stabilire (analogamente a come è stato fatto nel $ 13 per 
le particelle a spin 0), partendo dalla richiesta che gli operatori w 
trasformati possano essere rappresentati nella forma 


pe (4, r)=Ucw (£, r), 
pi (i, r)=iy(0, — rr), (26,22) 
wp (2, r)=Urp(—t, 7). 


I calcoli mediante le formule ricavate mostrano che le condizioni 
poste vengono soddisfatte dalle trasformazioni 


C C 
Apo = bpo, bro cor Apo; 
P A P e 
A- po = apo, b_,o == ibpo; (26,23) 


T . T ; 
a-p-0 == 20iat9, D_p-o = 20ibjo. 


PROBLEMA 


Trovare l’operatore di coniugazione di carica nella rappresentazione di 
Majorana (vedi problema 2 $ 21). 

Soluzione. La matrice Uc nella rappresentazione di Majorana si ottiene 
dalla matrice Uc = —a, in rappresentazione standard con la trasformazione 


(26,20), dove U = (ay + f)/V 2 ed è uguale a Uc = &, (a, e $ indicano matri- 
ci della rappresentazione standard). Denotando con un apice le grandezze nella 
rappresentazione di Majorana, abbiamo Cy' = Uc (+'*8’), e poiché B' = a,» 
si avrà 

Cy' = Ay (p'fay) == cy, * = y'*, 


cioè la coniugazione di carica è equivalente alla coniugazione complessa. 


$ 27. Simmetria intrinseca di particelle e antiparticelle 


La funzione d'onda di una particella a spin 1/2 nel suo sistema 
di quiete si riduce ad un solo spinore tridimensionale (che indichere- 
mo con ©). Al comportamento di questo spinore, per l'inversione 
spaziale, è legato il concetto di parità intrinseca della particella. 
Tuttavia (come è già stato notato nel $ 19), sebbene le due leggi pos- 
sibili di trasformazione degli spinori tridimensionali (0% + +iD) 
non siano tra loro .equivalenti, l'assegnazione ad uno spinore di una 
parità determinata non ha senso in assoluto. Non ha quindi senso 
parlare di parità intrinseca di una particella a spin 1/2. Si può, tut- 
tavia, parlare di parità intrinseca relativa di due particelle a spin 1/2. 


FERMIONI 125 


Con due spinori (tridimensionali) D e Dl si può comporre lo 
scalare DLPD®*, Se questo è un vero scalare, si dice allora che le 
particelle, descritte dagli spinori considerati, hanno la stessa parità; 
se invece si tratta di uno pseudoscalare, si parla di parità intrinseca 
opposta delle due particelle. 

Mostriamo che le parità intrinseche di una particella e della ri- 
spettiva antiparticella (a spin 1/2) sono di segno opposto (V. B. Be- 
restetskij, 1948). 

Per fare questo, notiamo che se ad ambedue i membri della tra- 
sformazione P (19,5) (in rappresentazione spinoriale) 


Pi E im, n ie” (27,1) 
si applica l'operazione C (26,7), si ottiene 

Ne0+ Dre ito, 3g e inee*, 
dove con l’indice c sono indicate le componenti del bispinore yw°° = 
“ di ), coniugato di carica del bispinore w = (È). Operando la co- 
niugazione complessa e spostando gli indici, troviamo 

» C «Cu ca e 2 € = 

Ei US dd iù ) a MA 2h (27,2) 


Vediamo che i bispinori coniugati di carica si trasformano, per l’in- 
versione spaziale, secondo la stessa legge. 

Sia © la funzione d’onda della particella (elettrone) e y® la 
funzione d’onda dell’antiparticella (positrone). Quest'ultima è un 
bispinore coniugato di carica di una soluzione a « frequenza negativa » 
dell'equazione di Dirac. Nel sistema in quiete ognuna di queste fun- 
zioni si riduce ad un certo spinore tridimensionale 

(a _ N) _ pe e) tp) _ pine 
E no =D", È ni = DI, 
Secondo le (27,1-2) questi spinori si trasformano, per l’inversione 
spaziale, secondo la legge 
D(0) — jD(o), (27,3) 


uguale per D e per D®, Il prodotto DD cambia segno, cosa 
che dimostra l’affermazione fatta. 

Nel formalismo di seconda quantizzazione l'opposta parità in- 
trinseca di particella e antiparticella si manifesta nel cambiamento 
di segno per l'inversione dei prodotti di operatori: a» cb»c — —2roP»o 
{vedi la (26,23)). 

Particella realmente neutra è chiamata quella particella che 
« coincide » con la propria antiparticella ($ 12). L'operatore w del 
campo di tali particelle soddisfa la condizione 


p(i, 7) = pe (£, 7). 


126 CAPITOLO III 


Per particelle a spin 1/2 questo equivale alla condizione (in rappre- 
sentazione spinoriale) 


b= ui int, ile “i — ita. (27,4) 


Come ogni relazione, che esprime delle proprietà fisiche, queste con- 
‘dizioni sono invarianti rispetto alla trasformazione CPT!). È facile 
verificare che, di fatto, esse sono invarianti non solo rispetto all’ope- 
razione CPT, ma anche rispetto a ciascuna delle tre trasformazioni 


separatamente. 
Nel $ 419 ci siamo accordati di definire l'inversione spaziale degli 
spinori come una trasformazione per la quale P? = —41, e finora ci 


siamo attenuti a questa definizione. È facile vedere che il risultato, 
ottenuto prima, circa la parità relativa di particelle e antiparticelle 
non dipende, come è logico, da come si definisce l’inversione. 

Se l'inversione spaziale è definita dalla condizione P? = 4, inve- 
ce della (27,1) si avrà 


‘ x (74 
Pi E > UE ni > È (27,9) 
La funzione coniugata di carica si trasformerà secondo la legge. 
ca Cc Cc ca i 
È a UD de + È ’ 


che si differenzia dalla (27,5) per il segno. Corrispondentemente-a 
questo, gli spinori tridimensionali ® si trasformeranno secondo 


DA DA, Pe > — DI 


cosî che il prodotto M®!DP sarà, come prima, uno pseudoscalare. 

La sola differenza possibile nelle conseguenze fisiche delle due 
concezioni dell’inversione spaziale consiste nel fatto che per la defi- 
nizione (27,5) la condizione di neutralità vera del campo non è in- 
variante rispetto a questa trasformazione (o alla trasformazione 
CP): essa cambia il segno relativo di ambedue i membri dell’uguaglian- 
za (27,4). Di fatto, non si conoscono particelle neutre a spin 1/2, 
e al presente non si può dire se la differenza esistente tra le due de- 
finizioni di inversione spaziale abbia o meno un senso fisico?). 


PROBLEMA 


Trovare la parità di carica del positronio (sistema idrogenoiforme costituito 
da un elettrone e da un positrone). 


1) Più precisamente, la trasformazione CPT deve essere definita, in questo 
caso, in modo da lasciare invarianti le relazioni del tipo (27,4). Questo viene 
realizzato mediante una scelta opportuna del fattore di fase nella definizione 
della matrice U, (vedi nota a pag. o: 

2) La non completa equivalenza delle due definizioni di inversione spaziale 
fu notata da G. Racah (1937). 


FERMIONI: 427 


Soluzione. La funzione d’onda di un sistema di due fermionî deve essere 
antisimmetrica rispetto allo scambio simultaneo delle coordinate, ‘degli spin 
e delle variabili di carica delle particelle (vedi problema al $ 13). Lo scambio 
delle coordinate moltiplica lajfunzione per (—-1)!, degli spin per (—-1): io (dove 
S=0 oppure 1 è lo spin totale del sistema), delle variabili di carica per il fattore 
cercato C. Dalla condizione che (—-1)!(—-1)!+5 C = — 1, troviamo 

C=(—1)+5. 
Poiché le parità intrinseche dell’elettrone e del positrone sono di segno opposto, 
la parità spaziale del sistema è P= (—1)"*!. La parità combinata, CP=(—1)°*! 


$ 28. Forme bilineari 


Consideriamo le proprietà di trasformazione delle diverse forme 
bilineari, che si possono comporre con le componenti delle funzioni 
p e w*. Queste forme hanno, in generale, una grande importanza 
nella meccanica quantistica; tra queste c’è anche il quadrivettore 
densità di corrente (21,11). | 

Poiché w e y* hanno quattro componenti ciascuna, si possono 
formare 4-4 = 16 combinazioni bilineari indipendenti. La clas- 
sificazione di queste grandezze secondo le loro proprietà di trasfor- 
mazione è, a priori, evidente dai modi, elencati nel $ 19, in cui si- 
possono moltiplicare due bispinori generici (che, nel caso considera-. 
to, sono w e y*). Precisamente, si possono formare: uno scalare (che 
indicheremo con .S), uno pseudoscalare (P), uno spinore misto di 
rango 2, equivalente ad un vero quadrivettore V* (4 grandezze indi- 
pendenti), uno spinore misto di rango 2, equivalente ad un 4-pseu- 
dovettore A” (4 grandezze), un bispinore di rango 2, equivalente ad 
un quadritensore antisimmetrico 7 (6 grandezze). 

In forma simmetrica (per una rappresentazione generica di ) 
queste combinazioni si scrivono come segue: 


S=by, P=ipy, 
V'=pyp, A"= peg, 7" = ipo, (28,1) 
dove 


GHV — 3 (yy ve vyl) — (a, iz) (28,2) 


(l’elencazione delle componenti nella (28,2) è fatta secondo la regola 
(19,15))!). Tutte le espressioni scritte sono reali. 

La scalarità o pseudoscalarità delle grandezze S e P è evidente 
dalle rispettive espressioni in rappresentazione spinoriale 


S=E*m+n"E, P=i(En—n°È), 


1) Per una trasformazione unitaria di y (cioè per un cambiamento di rappre- 


sentazione) abbiamo wp + Up, y + UyU4, 4 + 4U-, e l’invarianza delle forme 
bilineari per tali trasformazioni è evidente. 


128 CAPITOLO III 


che corrispondono appunto alle espressioni (19,7) e (19,8). Il carattere 
vettoriale delle grandezze V* diventa quindi evidente dall’equazio- 
ne di Dirac: moltiplicando l'uguaglianza p,y*) = my a sinistra per 


, otteniamo 

(Ppuy'p)= mpp; 
poiché a destra c’è uno scalare, anche nella parte sinistra ci deve 
essere uno scalare. 

La regola di composizione delle grandezze (28,1) è evidente: esse 
vengono composte considerando le matrici yH come dei quadrivettori, 
y5 come uno pseudoscalare, e tenendo presente che le funzioni w e 
vw, che stanno da ambedue i lati, formano insieme uno scalare!). La 
mancanza di forme bilineari, che abbiano carattere di quadritensore 
simmetrico, evidente dalla rappresentazione spinoriale, risulta anche 
dalla regola seguente: poiché la forma simmetrica delle matrici y è 
data dalla relazione y*yY + y%y! = 2g#, una tale forma si ridur- 
rebbe ad uno scalare. 

Forme lineari doppiamente quantizzate si ottengono sostituendo 
nella (28,4) le funzioni w con gli operatori relativi. Per una maggiore 
generalità, considereremo che due operatori y si riferiscano a campi 
di particelle diverse; le distingueremo con gli indici a e b. Chiariamo 
come si trasformano tali forme operatoriali per la coniugazione di 
carica. Notando che?) - 

(28,8) 


pP=Ucp, = Uèy, 
usando la (26,3) e la (26,21), abbiamo 
pas = (Udpa) (Ucpo) = pa UU Po = 
= — pa USUcPs = — Parto, 
de Y's = paUdvUops= — paUbyUcpo = aio. 


Portando gli operatori nell'ordine di partenza (w a sinistra di vw), 
in virtù delle regole di commutazione di Fermi (25,4), il segno del 
prodotto si cambierà (e inoltre compariranno termini che non dipen- 
dono dallo stato del campo, e che noi omettiamo come è già stato 
fatto in deduzioni analoghe nel $ 13). In tal modo, otteniamo 


TC, a €, C ri 
Pa Po = Pope, PaY'po = — PoY"fa. 
1) La « pseudoscalarità » di y° corrisponde essa stessa a queste regole, poiché 
i 
= ehuvorYy'9?. 
2) Per ottenere la seconda uguaglianza dalla prima scriviamo 
w°=IUE (py0*)] 7° = PUEp= — VU P= VUE P= UE 


(si sfrutta il fatto che y° è hermitiana e si usano la (26,3) e la (26,21). 


FERMIONI 129 


Trasformando in modo analogo anche le altre forme, troveremo che 
per la coniugazione di carica !) 
C: Sab > Svar Par > Pros Vib +-- Via: 
Al > Ab, TÒ > Thi. (28,4) 
In maniera simile si può chiarire il comportamento di queste 
forme per l’inversione del tempo. Nel fare questo, occorre ricordare 
(vedi $ 13) che questa operazione è legata con l’inversione dell’ordi- 
ne degli operatori, e quindi, ad esempio, 
cat TT 
(Paro) = Pb Pa. 
Sostituendo qui la funzione trasposta 
I =Urp, 4T=—Ufp, (28,5) 


(pap) = — (Urtdo) (Ufspa) = 
e poUr Ufo = po UrUfpa ca PoPa- 
Operando allo stesso modo per le altre forme, otteniamo 
Sap + Stan Pat +— Pian (V9, Wat + (V9, — Viva, 
T: (28,6) 
(A°, A)as + (A°, — A)ba, Tab =(P, A)ob + (P, — 2)ba 


(p, a sono vettori tridimensionali, equivalenti alle componenti di 
TU secondo la (19,15)). 

Per l’inversione spaziale, corrispondentemente al carattere vetto- 
riale delle grandezze, si ha 


Sab > Sabr Par +—Padr (V9, Viano + (V°, — Vla» 
P: (28.7) 
(Ao, A)ab SE (— AO, A)ab; Tho = (p, A)ab > (—p, A)ab- 
Infine, l'applicazione simultanea di tutte e tre le operazioni dà?) 
CPT: Sab +» Sab Pao —» Pig 
(28.8) 


yi u u I uv uv 
Vab a — Vabi Aab > Ao; Tob * Tab» 


otteniamo 


1) Notiamo che per le forme bilineari, composte da funzioni w (e non da 
operatori w), le trasformazioni (28,4) avrebbero il segno opposto, poiché il ritorno 
all'ordine di partenza dei fattori p e p non sarebbe accompagnato da un cambia- 
mento di segno. 

2) Per evitare equivoci, ricordiamo che le trasformazioni P e T richiedono 
anche un cambiamento degli argomenti delle funzioni; le parti destre (le forme 
trasformate) nelle (22,6-8) sono funzioni rispettivamente degli argomenti 


xaT=(-1, ”), xP=(t, — T), x°PT_(-1, —r), 
se le parti sinistre sono funzioni di x = (t, 7). 


130 CAPITOLO HI 


che corrisponde appunto al senso di questa trasformazione e cioè di 
una 4-inversione: poiché la 4-inversione è equivalente ad una rota- 
zione del 4-sistema di coordinate, rispetto ad essa non c’è differenza 
tra tensori veri e pseudotensori di rango qualsiasi. 

Consideriamo i prodotti di coppie di forme bilineari composte da 


quattro diverse funzioni w°, w°, °, pf. Noi otterremo un risultato 
diverso a seconda di quali coppie di queste funzioni vengono molti- 
plicate tra loro. Risulta, tuttavia, possibile ridurre ogni prodotto di 
questo tipo a prodotti di forme bilineari con delle coppie fissate di 
fattori (W. Pauli, M. Fierz, 1936). Deduciamo la relazione, che sta 


alla base di questa riduzione. 
Consideriamo l’insieme di matrici a quattro righe 


1, vP, ve, iv, ion (23,9) 
(1 è la matrice unità). Numeriamo queste 16 (=1+1+44+44+ 6) 
matrici in una successione determinata e denotiamole mediante 
yA (A =1,..., 16), mentre le stesse matrici, ma con gli indici 
quadritenscriali (u, v) in basso, le indicheremo con y,. Queste matri- 
ci godono delle seguenti proprietà: 


Try4=0 (y4#1 
; i ; (28,10) 
viva=1, <TryAv8=08. 
In virtù dell’ultima di queste proprietà le matrici y4 sono linearmen- 
te indipendenti. Poiché il loro numero è uguale al numero (4-4) degli 
elementi di una matrice quadrata a quattro righe, le matrici y4 
formano un sistema completo, secondo il quale può essere scomposta 
qualsiasi matrice a quattro righe I: 
4 | 
T= Di Cavi, CA < Tr vaT, (28,11) 
A 
o in forma esplicita usando gli indici matriciali (i, X = 41, 2, 3, 4): 


1 
Tin = va > T'imYintVain 
A 


Supponendo, in particolare, che la matrice IT contenga un solo ele- 
mento non nullo (T';), otteriiamo la relazione cercata (« condizione 


di completezza ») 
1 
7 6;10xm=7 DI VainYmi- (28,12) 
A 


_Moltiplicando questa uguaglianza da ambedue le parti per 
Pipkpmbf, otteniamo 


(E°P9) (PP) = + I va”) (97499). (28,13) 
A 


ù FERMIONI 131 
Questa è una delle uguaglianze del tipo detto sopra: essa riduce il 
prodotto di due forme bilineari scalari a prodotti di forme, composte 
da altre coppie di fattori!). 

Altre uguaglianze di questo tipo si possono ottenere dalla (28,13), 
facendo la sostituzione 


pi ve4i, 4 090 
e ricorrendo allo sviluppo 


1 
vv = Di ca, ca=Try4vPva 
R 


(vedi i problemi). 

Riportiamo qui, per successivi riferimenti, anche la relazione 
analoga della (28,12) per le matrici a due righe. Il sistema completo 
di matrici linearmente indipendenti 04 (A = 1, 2, 3, 4) è formato 
dalle matrici 

1; 0 Oy da (28,14) 
Per esse 
Iroi1=0 (04#1), (28,15) 


1 
= Ir 0404= d4n. 


La condizione di completezza 


82,086=+ DI 0d908,= + 0an08v +3 dardsr =—(28,16) 
A 
(a, B, ... = 1, 2) oppure, in altra forma 
00508y = — 5 02,909 +5 daySop. (28,17) 
PROBLEMI 


4. Dedurre le formule, analoghe alla (28,13), per prodotti scalari di due 
forme P, V, A, 7. 
Soluzione. Introduciamo le notazioni seguenti: 
Is= (499) (99);  Ip= (92755) (pY949), 
Tv= (4945) (Perup9), Ja = (pei 95yd) (ivan y9), 
Ir= (prio!) (peiouvp9), 


mentre mediante le stesse lettere munite di apice indichiamo quegli stessi pro- 
dotti, ma con le funzioni pè e pi scambiate di posto. Con il metodo esposto nel 


1) Al fine di evitare equivoci, ricordiamo che qui si parla di forme composte 
da funzioni p. Per forme, composte da operatori p anticommutativi, il segno della 
trasformazione sarebbe opposto. 


132 CAPITOLO III 


testo troviamo 
4Jg= Ist Jv+t Jr+t Ja+ 5p, 


4J5,=4Js—2Iv +2J4-4Ip, 
4Jn=67g 220 +6/p, 
43, =4J5+2Iv ds; 


4ln=Ig —JIvy + JIr- Ja+Ip 


(la prima riga corrisponde alla (28,13)). 
2. Mostrare che 
Jab,cd- —Jad,cb, 


dove 
Job, cd = (poyl (14-95) 48) (ey (1+- 99) dI. 


. Soluzione. Le grandezze considerate J sono scalari rispetto a rotazioni qua- 
dridimensionali, ma non hanno una parità determinata rispetto all'inversione. 
L’uguaglianza cercata è più facile da ottenere usando la rappresentazione spino- 
riale. Notando che 


y(1+9)=7 (1-99) (+79) 


1 k 1 (È 

5 (1479) d= n. » 7 $(A_-v9)= | ol’ 
bol vediamo che lo « scalare » J9ò, cd deve essere espresso mediante gli spinori 

i rango 
CA 
coi n; Coi n"; Pe 
e quindi deve avere la forma 
ab, cd __ y(ab)r(ca)ad _ 19% cat È di 
J oÙa pc =mgn Ng 

Scambiando gli indici d e d, notando inoltre che 


b_ di _ b$_d 
a n. = si 
n" n N; 


otteniamo il risultato cercato. 


$ 29. Matrice densità di polarizzazione 


La dipendenza dalle coordinate della funzione d’onda w, che de- 
scrive il moto libero di una particella di impulso (onda piana), si 
riduce al fattore generale e'?7, mentre l'ampiezza u, svolge il ruolo 
di funzione d'onda di spin. In questo stato (puro), la particella è 
completamente polanizzata (vedi III, $ 59). Nella teoria non relati- 
vistica questo significa che lo spin della particella ha direzione de- 
terminata nello spazio (più precisamente, che esiste una direzione, 
lungo la quale la proiezione dello spin ha un valore determinato 


FERMIONI 133 


+4/2). Nella teoria relativistica questa caratteristica dello stato in 
un sistema di riferimento generico è impossibile a causa della non 
conservazione (notata già nel $ 23) del vettore spin. La purezza dello 
stato significa soltanto che lo spin ha una direzione determinata nel 
sistema di quiete della particella. 

In uno stato di polarizzazione parziale non esiste un'ampiezza 
determinata, ma solo la matrice densità di polarizzazione pix (i, k = 
= 41, 2, 3, 4 sono indici bispinoriali). Noi definiremo questa matrice 
in modo che per uno stato puro essa si riduca al prodotto 


(29,1) 


Pih = U pill ph 
In relazione a questo la matrice p è normalizzata con la condizione 
Trp=2m (29,2) 
(cfr. con la (23,4)). 
In uno stato puro il valore medio dello spin è determinato dalla 
grandezza 
Di 


az | N*Z d'r = ufZup== 7 UpWZup. (29,3) 


L'espressione corrispondente per uno stato di polarizzazione par- 
ziale è 

E 1 1 

s=7< Tr(oy°2)=7 Tr (py°y). (29,4) 


Le ampiezze up, Up soddisfano i seguenti sistemi di equazioni algebri- 
che (p — m)u, = 0, up(p—-m)=0. Quindi la matrice (29,1) 
soddisfa le equazioni 


(p_m)p=p(p—m)=0. (29,9) 
A queste stesse equazioni deve soddisfare la matrice densità anche nel 
caso generale di uno stato miscelato (secondo lo spin) (cfr. la deduzio- 
ne analoga nel III, $ 14). | 

Se si considera una particella libera nel suo sistema di quiete, ad 
essa è applicabile la teoria non relativistica. In questa teoria, però, 
lo stato di polarizzazione parziale è determinato completamente da 
tre parametri: le componenti del vettore valore medio s dello spin 
(vedi III, $ 59). E quindi chiaro che questi stessi parametri determi- 
neranno lo stato di polarizzazione anche dopo una qualsiasi trasfor- 
mazione di Lorentz, cioè per una particella in moto. 

Indichiamo il valore medio raddoppiato del vettore spin nel 
sistema a riposo con $ (in uno stato puro |$ | = 1, in uno miscelato 
16| <1). Per una descrizione quadridimensionale dello stato di 
polarizzazione è comodo introdurre il quadrivettore al, che, nel 
sistema a riposo, coincide con il vettore &; poiché $ è un vettore assia- 
le, a* è uno pseudoquadrivettore. Questo quadrivettore è ortogonale 
al 4-vettore energia-impulso nel sistema a riposo (dove a* = (0, $), 


134 CAPITOLO III 


p*.= (m, 0), e quindi in un sistema di riferimento generico si avrà 


alp, = 0. (29,6) 
In un sistema di riferimento generico si avrà anche 
a,a'= —%?. (29,7) 


Le componenti del quadrivettore a” nel sistema di riferimento, nel 
quale la particella si muove alla velocità v = p/e, si trovano con 
una trasformazione di Lorentz del sistema a riposo e sono uguali a 


| pl € 
26 a, =î1: A sn (29,8) 
dove gli indici||e 1 indicanole componenti dei vettori $ e a, paralle- 


le e perpendicolari alla direzione di p!). Queste formule si possono 
scrivere in forma vettoriale 


a= 


P (Gp) __ AP _ PÒ 
coi a 
az={ + Pell, (29,9) 


Consideriamo dapprima uno stato non polarizzato (£ = 0). La 
matrice densità, in questo caso, può contenere in qualità di para- 
metri soltanto l'energia- impulso p. L’ unica. SORA possibile di tale 
matrice, che soddisfi le equazioni (29,5), 


=30+m) (29,10) 


(I. E. Tamm, 1930, H. B. G. Casimir, 1933). Il coefficiente costante 
è scelto in corrispondenza alla condizione di normalizzazione (29,2). 

Nel caso generale di polarizzazione parziale ($ 4 0), cercheremo 
la matrice densità nella forma 


P=7 (P+m)p' (p+m), (29,11) 


1) Per le loro proprietà di trasformazione le componenti del vettore spin 
medio s (come anche di ogni momento angolare) sono, neo meccanica relati- 
vistica, le componenti spaziali del tensore antisimmetrico S*, Il quadrivettore 
a è legato a questo tensore dalla relazione 


1 2 
aatziona eYPayPp, al ni ar" ePVOS,yPo- 


Sottolineiamo che in un sistema generico di riferimento la parte spaziale @ del 
4-vettore a* non coincide affatto con il vettore 2s. É facile vedere che 


Da 1 - E 
“3 (age -a0°|p)=tp 28,370, Fee 


FERMIONI 135 


che soddisfa automaticamente le equazioni (29,5). Per g$ = 0 la 
matrice ausiliaria fp’ deve trasformarsi nella matrice unità; poiché 
(p + m) = 2m (p + m), la (29,11) coinciderà allora con l’espres- 
sione (29,10). Inoltre essa deve contenere il quadrivettore a in ma- 
niera lineare in qualità di parametro, deve cioè avere la forma 


p=1— Aya; (29,12) 


nel secondo membro figura il prodotto « scalare » dello pseudovettore 
a con il « 4-pseudovettore matriciale » y*y. Per determinare il coeffi- 
ciente 4 scriviamo la matrice densità nel sistema a riposo 


= (1+79) (1+ Av8yB) (1409) = (1+ 79) (1+47°v6) 


e calcoliamo il valore medio dello spin secondo la (29,4). Usando le 
regole elencate nel $ 22, troviamo facilmente che l’unico termine 
diverso da zero nella traccia è 


ds= F Tr(pyy)= — 4 Tr((y8) v)= AL. 


Uguagliando questa espressione a è, troviamo A = 1. Per ottenere 
l’espressione definitiva per p, sostituiamo la (29,12) nella (29,11) e 
scambiamo i fattori p' e (p + m); in virtù dell’ortogonalità di a e p 
il prodotto yp anticommuta con ya 


ap=2ap—pa= — pa, 
e quindi commuta con y°. 


In tal modo, la matrice densità di un elettrone parzialmente po- 
larizzato è data dall’espressione 


=i(p+m) (1-0) (29,13) 


(L. Michel, A. S. Wightman, 1955). Se la matrice p è nota, il qua- 
drivettore a, che caratterizza lo stato, (e con esso anche il vettore $) 
si può trovare secondo la formula 


1 
a'=-— Tr(pyy"). (29,14) 


Le formule per la matrice densità del positrone sono completa- 
mente analoghe alle formule per l’elettrone. Se descrivessimo il po- 
sitrone (di 4-impulso p) mediante l'ampiezza positronica ufP°9) e la 
matrice densità p‘P°5), definita corrispondentemente all’ampiezza, 
non esisterebbe nessuna differenza dal caso dell’elettrone, e la matri- 
ce sarebbe determinata dalla stessa formula (29,13). Tuttavia, nei 
calcoli pratici delle sezioni d'urto dei processi di diffusione con la 
partecipazione di positroni si deve lavorare (come vedremo in se- 
guito) non con wfP°, ma con le ampiezze a « frequenza negativa » 


136 CAPITOLO. III 


u_p. In relazione a questo, anche la matrice densità di polarizzazione 
(che indicheremo con p‘’’) deve essere definita in modo tale che per 
uno stato puro si riduca a U_p;lU_px. 

In accordo con la (26,1) l'ampiezza positronica u(P°9 = Uli: 
Inversamente 


U-p= = Up”, up = Udub9” — uP°9UE 
(> sy (pos) (pos)=(pos 
più = Unpilcprr Pin Upi Uph ù 


mediante queste formule troviamo 
pi = UcpP°9UE. (29,15) 


Portando qui per p‘P°5) l’espressione (29,13) e operando (mediante 
le (26,3) e (26,21)) delle e trasformazioni, troviamo 


po =3(b—m)(1- 0). (29,16) 


In particolare, per uno stato non polarizzato 
pi° = (p— m). (29,47) 


Nel seguito, parlando di matrici densità positroniche, intenderemo le 
matrici p‘’ e ometteremo l’indice (—) (le matrici p‘P°9) in pratica 
non si usano). Pa 

Nei calcoli è spesso necessario eseguire la media rispetto agli 
stati spinoriali di espressioni del tipo uZu (==u;F;xu,), dove F è 
una matrice (a quattro righe), e u l'ampiezza bispinoriale dello stato 
di dato 4-impulso p. Questa media è equivalente alla sostituzione dei 
prodotti u,u; con la matrice densità px; dello stato parzialmente po- 
larizzato. 

In particolare, la media totale rispetto ai due stati spinoriali in- 
dipendenti è equivalente al passaggio allo stato non polarizzato; 
secondo la (29,10), abbiamo 


3 SY upfup=Tr(p+m)F. (29,18) 
polar 
Analogamente per le funzioni d’onda a frequenza negativa 
3'S upFup=3Tr(p_m)F. (29,19) 
polar 


Se si tratta non della media, ma della somma sugli stati spinoriali, 
il risultato è di due volte maggiore. 


FERMIONI 137 


Vediamo in che modo la matrice densità (29,13) diventa, nel 
limite, l'espressione non relativistica corrispondente. Per fare questo, 
passiamo al sistema di riferimento di quiete dell’elettrone. Nella 
rappresentazione standard delle funzioni d’onda le ampiezze u, in 
questo sistema diventano grandezze a due componenti; insieme ad 
esse la matrice densità deve diventare una matrice a due righe. In 
effetti, nel sistema a riposo abbiamo 


p=3 (1°+1)(1— v°v8), 


e con l’aiuto delle espressioni delle matrici y (21,20) e (22,18), tro- 
viamo 


0 0 


(gli zeri indicano matrici zero a due righe). Se al posto della norma- 
lizzazione 2m, si assume per la matrice densità la normalizzazione 1 
(cioè Tr pnon rei = 1) come nella teoria non relativistica, l’espres- 
sione (29,20) andrà divisa per 2m, cosicché si ottiene 


1 
3(1 + GÈ) 
in accordo con le III (59,4-5). 


Analogamente il limite non relativistico della matrice densità 
positronica sarà 


= (0 5 ) Pnon rel = — M (1 — 08). 


Pnon rel 0 
pis | , Pnonra=M(14 06) (29,20) 


O Pnonrel 


Scriviamo, infine, l’espressione semplificata della matrice densità: 
nel caso ultrarelativistico. Ponendo nella (29,8) |p| € (e quindi 
si trascurano le grandezze dell’ordine di (m/e)?) sostituendo queste 
espressioni nella (29,13) o nella (29,16) e dirigendo p secondo l’asse 


x, scriviamo 
i 0__ni 5(2(,0__ nt 
p=7le(Y—-v) xml] (1-7 (—_-r )\ln+eava)], 
dove il segno superiore si riferisce al caso dell’elettrone, e il segno: 


inferiore al caso del positrone. Sviluppando il prodotto i termini. 
principali vengono meno, e i termini dell’ordine seguente danno ‘’ 


1 
p=3e(1Y°-v)1-w {tx %y+681v2)] 
oppure, tornando a scrivere e (y° — y!) sotto forma di p, 


=> pI1-P(+tn+ ov) (29,24) 


4138 CAPITOLO III 


Questa è l’espressione cercata della matrice densità nel caso ultra- 
relativistico. Notiamo che tutte le componenti del vettore polariz- 
‘zazione $ compaiono alla pari come termini di uno stesso ordine di 
:grandezza. Ricordiamo che è; è la componente di questo vettore, 
parallela (per Zu > 0) o antiparallela (per &n <0) alla quantità di 
moto della particella. In particolare, per lo stato di elicità della 


particella, si ha &y = 24 = +4; in questo caso, la matrice densità 
‘assume una forma particolarmente semplice!) 
p=3 P (12M). (29,22) 


$ 30. Neutrino 


Nel $ 20 abbiamo visto che la necessità di descrivere una parti- 
«cella a spin 1/2 mediante due spinori (È, n) è connessa con la massa 
«della particella. Questa causa viene a cadere se la massa è nulla, 
L'equazione d’onda, che descrive una particella di massa nulla, può 
‘essere composta mediante un solo spinore, ad esempio, uno spinore 
puntato n 


poun.=0, (30,1) 
B 


‘oppure, equivalentemente, 
(Po + po) n =0. (30,2) 


Sempre nel paragrafo citato è stato anche notato che l'equazione 
d'onda, contenente la massa m, risulta automaticamente simmetrica 
rispetto all’inversione spaziale (cioè la trasformazione È + n). Nella 
descrizione di una particella con un solo spinore, questa simmetria 
viene a mancare. Questa proprietà, tuttavia, non è necessaria, poiché 
la simmetria rispetto all’inversione spaziale non è una proprietà 
auniversale della natura. 

Per m=0, l'energia e la quantità di moto sono legate dalla 
relazione €= | © |. Quindi, per un’onda piana (np e-'?*) l’equazio- 
ne (30,2) dà | 

(n0) n= — hp (30,3) 


idove n è il versore del vettore p. Un’equazione analoga 
(N0) N-p= — N-p (30,4) 
ha luogo anche per l'onda a « frequenza negativa » (n_p — e'?*). 
1) Che coincide, come doveva essere, con la forma della matrice densità 


«del neutrino o dell’antineutrino, particelle di massa nulla e di elicità determinata 
(vedi più avanti, $ 30). i 


. FERMIONI 139 


Per l’operatore di seconda quantizzazione p abbiamo 
n= 3 (pap + N-pbdp) 


n'= Zi (n7as + NE pbp). 


Da qui discende, come al solito, che n*, sono le funzioni d'onda del» 
l’antiparticella. 


Dalla definizione degli operatori pò (20,1) si vede che pab* = 
= —p°è, Quindi lo spinore coniugato complesso n* soddisfa l’equa- 
zione p=Pmi = 0, oppure, ciò che è lo stesso, 


(30,5) 


Be — 0, 
p. 


LL 
Introduciamo la notazione n8* = ÈP, esprimendo in questo modo che 
la coniugazione complessa trasforma uno spinore puntato in uno non 
puntato. In questo modo, le funzioni d’onda dell’antiparticella sod- 


disfano l’equazione 


p. Ȱ=0, (30,6) 
ap 
oppure 
(Po DE po) E Ve (30,7) 
Da qui per un'onda piana abbiamo 
(no) Ep = Èpe (30,8) 


Ora 1/2 (no) è l'operatore di proiezione dello spin sulla direzione 
del moto. Quindi le equazioni (30,3) e (30,8) significano che gli stati 
di particelle di impulso determinato risultano automaticamente sta- 
ti di elicità, cioè la proiezione dello spin sulla direzione del moto ha 
un valore determinato. Se lo spin della particella è opposto all’im- 
pulso (elicità —4/2), lo spin della antiparticella è diretto secondo 
l’impulso (elicità 41/2). 

Particelle con tali proprietà sono, con tutta probabilità, i neutri- 
ni, realmente esistenti in natura. La particella di elicità —1/2 è 
convenzionalmente chiamata neutrino, e la particella di elicità 
+41/2 antineutrino!). 

Gli stati del neutrino non sono degeneri rispetto alle direzioni 
dello spin; in relazione a questo, ricordiamo la nota fatta nel $ 8 a 


1) L’esistenza del neutrino fu teoricamente predetta da Pauli per spiegare 
le proprietà del decadimento f (1931). L’equazione (30,1) venne studiata per la 
prima volta da H. Weyl, (1929). La teoria del neutrino fondata su queste equa- 
7 Ada formulata da ZL. D. Landau, T. D. Lee e C. N. Yang, A. Salam 


140 CAPITOLO III 


‘proposito del fatto che una particella di massa nulla gode solo di 
simmetria assiale rispetto alle direzioni dell’impulso. Nel caso di 
particelle realmente neutre, i fotoni, in questa simmetria entrano sia 
le rotazioni attorno all’asse, sia le riflessioni nei piani passanti 
per questo asse. Nel caso del neutrino, invece, la simmetria rispetto 
alle riflessioni manca, e si ha soltanto il gruppo delle rotazioni 
attorno all’asse, che conserva la proiezione del momento angolare 
sull’asse, ma che non ne cambia il segno. La simmetria rispetto alle 
riflessioni è presente solo alla condizione che simultaneamente 
venga fatta la sostituzione della particella con l’antiparticella. 

Occorre ancora notare che il fatto che si abbia obbligatoriamente 
solo la polarizzazione longitudinale significa che per il neutrino lo 
spin non è separabile dal momento angolare orbitale (come anche 
per il fotone in relazione alla polarizzazione trasversale obbligato- 
ria, vedere $ 6). 

Mediante il solo spinore n (o È) si possono formare in tutto quat- 
tro combinazioni lineari, che compongono insieme il quadrivettore 


EEN (30,9) 
E facile verificare che, in virtù delle equazioni 
(Po+ po) n=-0, n° (Po— po) =0 


ha luogo l’equazione di continuità d,j! = 0, cioè j! svolge il ruolo 
di quadrivettore densità di corrente di particelle. 
Le onde piane neutriniche si possono normalizzare in maniera 


analoga a quella usata nel $ 23 per particelle con massa 


U_pe'?*: (30,10Y 


1 i 1 
-ipx 
= ——— U p= ——— 
le ampiezze spinoriali sono normalizzate con la condizione inva- 
riante 


Up(1,0)U:p=2(V, D). (30,11) 


In questo caso la densità delle particelle e la densità della loro cor- 
rente jj=/1, j= pie=n. 

Poiché un neutrino libero di impulso dato è sempre polarizzato 
completamente, non esiste, in questo caso, il concetto di stato mi- 
scelato (rispetto allo spin). Può risultare, tuttavia, comodo intro- 
durre una « matrice densità » di polarizzazione a due righe, definita 
semplicemente come uno spinore di rango 2 

o, =u.ut (30,12) 
ab a È 
(per il quale Tr p = 2e). L'espressione di questa matrice si può 
scrivere, notando che essa deve soddisfare le equazioni 


(e+p0)p=pp(£-- po)=0 


FERMIONI 141 


Da qui si vede che 
p=€— po. (30,13) 


Nello studio dei diversi processi di interazione i neutrini possono 
figurare accanto ad altre particelle (a spin 1/2), che hanno massa e 
che quindi sono descritte da funzioni d’onda a quattro componenti. 
In questi casi è opportuno osservare una certa uniformità nelle no- 
tazioni, introducendo formalmente anche per il neutrino una fun- 
zione d’onda « bispinoriale », due componenti della quale sono, pe- 


rò, nulle: p= (1) . Questa forma della funzione pè alterata nel pas- 


saggio ad un’altra rappresentazione (non spinoriale). Questa diffi- 
coltà può essere superata notando che in rappresentazione spinoriale 
abbiamo l'identità 


1495 () ($) in ato 
2 n = n , (n È È (n°, ), 
dove È è un generico « spinore test », che nel risultato non compare 
{la matrice y° è definita secondo la (22,18)). Quindi la condizione 
secondo la quale il neutrino ha in realtà « due componenti » sarà 08- 
servata in una descrizione mediante una funzione + a quattro com- 
ponenti in qualsiasi rappresentazione, se per si intenderà la solu- 
zione dell’equazione di Dirac per m = 0, 


sottoposta alla condizione addizionale, 1/2 (1-+ y5) + = +, oppure 
vd = +. (30,15) 


Si può tener conto di questa condizione se ci si accorda di sostitui- 
re ovunque compaiano le funzioni yw e w nel modo seguente: 


ty, (30,16) 


po> 


Cosi il quadrivettore corrente si scriverà, operando la sostituzione 
(30,16) nell'espressione yy: 


=jvA- Mar (+9) 9=3 vd (149) 9. (80,47) 


In relazione a questa regola la matrice densità a quattro righe del 
neutrino dovrà essere scritta come segue: 


p=7(1+W#) dD(1-W)=7(1+9)p. (30,18) 


142 CAPITOLO III 
In rappresentazione spinoriale essa si riduce, come è ovvio, alla 
matrice a due righe (30,13) 


Lage 
hs e—op 0} 


Le formule analoghe per l’antineutrino si differenziano da quelle 
scritte per il neutrino per il cambiamento di segno davanti a y°. 

Il neutrino è una particella elettricamente neutra. Il neutrino, 
con le proprietà descritte sopra, non è, tuttavia, una particella real- 
mente neutra. Notiamo, a questo proposito, che il « campo neutrini- 
co », descritto da uno spinore a due componenti, per il numero di 
stati delle particelle in esso possibili (ma, ovviamente, non per le 
altre proprietà fisiche), è equivalente ad un campo realmente neutro, 
descritto da un bispinore a quattro componenti. Al posto di stati 
con particelle e antiparticelle di elicità assegnata, si avrebbero qui 
altrettanti stati ad una sola particella coi due valori possibili della 
elicità, e automaticamente sarebbe osservata la simmetria rispetto 
all’inversione spaziale. Notiamo, tuttavia, che l'uguaglianza a zero 
della massa del neutrino a « quattro componenti » avrebbe, per cosi 
dire, un carattere « accidentale », poiché non sarebbe connessa con 
le proprietà di simmetria dell'equazione d’onda che descrive il 
neutrino stesso (e che ammette anche una massa diversa da zero). 
Quindi, il tener conto delle diverse interazioni di tale particella 
porterebbe automaticamente all'assegnazione di una massa di 
quiete piccola, ma non rigorosamente nulla. 


ra 
$ 31. Equazione d'onda per particelle a spin 3/2 


Una particella a spin 3/2 è descritta, nel suo sistema di quiete da 
uno spinore simmetrico tridimensionale di rango 3 (avente 2s 4 1 = 
= 4 componenti indipendenti). Corrispondentemente, in un sistema 
di riferimento generico, per la descrizione di tale particella possono 


risultare necessari i quadrispinori paBP, Niey © pay, Xapy» ognuno 
dei quali è simmetrico rispetto agli indici dello stesso tipo (puntati o 
non puntati); per inversione gli spinori della prima e della seconda 
coppia si trasformano tra loro. 

Affinché nel sistema di quiete i 4-spinori gaBy e Nip, SÌ riducano 
a spinori tridimensionali, simmetrici rispetto a tutti e tre gli indici, 
essi devono soddisfare le condizioni 


pfn, 0 peo. (31,1) 
[92 


FERMIONI 143 
Effettivamente, nel sistema di quiete abbiamo 
p°î > poò8 =m88 


(come si vede dalla (20,1)). Quindi le condizioni (31,1) portano alle 
uguaglianze 
dan y=0, dat = 

dove le lettere con l’apice indicano i corrispondenti spinori tridi- 
mensionali; in altre parole, questi spinori danno zero nella contra— 
zione rispetto agli indici afì, e questo significa che essi sono simmetri- 
ci rispetto a questi indici, e quindi rispetto a tutti e tre gli indici. 

Il legame differenziale tra gli spinori È e n è stabilito dalle re- 
lazioni 


Pnfs = meo”, 
(31,2) 
p,;ta” = mmbs 


La simmetria dei membri a sinistra di queste equazioni (rispetto agli. 


indici È, Y o a, 6) è garantita dalle condizioni (31,1), in forza delle: 
quali essi si annullano per contrazione rispetto a tutti gli indici. 

Nel sistema di quiete gli spinori tridimensionali È’ e n’, in forza 
delle equazioni (31,2), come ci sì attende, coincidono. Eliminando- 
dalle equazioni (31,2) È e n troviamo che ciascuna delle componenti 
degli spinori È e n soddisfa la seguente equazione del secondo ordine:: 


(p—m?) EÎ7 0, (31,3): 


L'insieme delle equazioni (31,1-2) forma il sistema completo di equa— 
zioni d’onda per una particella a spin 3/2!). L'aggiunta degli spino- 
ri Ge y non avrebbe dato niente di nuovo. Essi si costruiscono come: 
segue: 


mteB? — n peinî, 


= p. Èi.. 


Ti ab By” 

Le equazioni di particelle di spin 3/2 possono venire formulate- 
anche sotto un'altra forma, nella quale vengono usati gli aspetti 
vettoriali delle proprietà degli spinori (W. Rarita, J. Schwinger, 
1941; A. S. Davydov, I. E. Tamm, 1942). Alla coppia di indici spi— 


noriali af si mette in corrispondenza l’indice vettoriale quadridi- 


1) Sulla formulazione lagrangiana di queste equazioni vedi l'articolo di 
Fierz e Pauli, citato alla pag. 76. 


144 CAPITOLO ITI 


mensionale u. Quindi alle componenti dello spinore di rango 3 
E«BY si possono mettere in corrispondenza le componenti delle gran- 


«dezze « miste » ji con un indice vettoriale e uno spinoriale. Analo- 


gamente, allo spinore nf? si mettono in corrispondenza le grandezze 
‘pi. e all'insieme dei due spinori si mette in} corrispondenza il bi- 
‘spinore « vettoriale » y, (l'indice bispinoriale non viene scritto). 
L'equazione d’onda si scriverà allora in forma di « equazione di Di- 
Tac » per ognuna delle componenti vettoriali y, 


con la condizione addizionale 
Papn = 0. (31,9) 


Usando le espressioni per le matrici y! in rappresentazione spinoriale 
le formule che legano le componenti di uno spinore con quelle di 
un vettore (18,6-7), è facile convincersi che le equazioni (34,2) sono 
contenute nella (31,4), e la condizione (31,5) è equivalente alla condi- 
zione di simmetria degli spinori EB? e m@BY rispetto agli indici By 
o fy. Moltiplicando l’equazione (31,4) per y*, otteniamo, in virtù 
della (31,5), 


V'r'pypu=0 
‘oppure, usando le regole di commutazione per le matrici y*, L 
2e” prua — V'Pr"'pu=0. (31,6) 


Il secondo membro si annulla nuovamente in conseguenza della 
(31,5), mentre il primo dà 
p'py=0. (31,7) 


È facile vedere che questa condizione, che discende automatica- 
mente dalle (31,4-5), è equivalente alle condizioni (31,1). 

Infine, un terzo metodo per la formulazione dell'equazione d'onda 
‘consiste nell’introdurre le grandezze w;x; (i, k, 1 = 1, 2, 3, 4) con 
tre indici bispinoriali, rispetto ai quali le funzioni w;x; sono sim- 
metriche (V. Bargmann, E. P. Wigner, 1948). L’insieme di queste 
grandezze è equivalente all’insieme delle componenti di tutti e quat- 
tro glispinori È, n, è, y. L'equazione d'onda si scrive sotto forma di 
un sistema di « equazioni di Dirac » 


PuVimPmri =MPir- (31,8) 


È facile vedere che queste equazioni portano già al numero necessa- 
rio (quattro) di componenti indipendenti w;x;, e quindi non c'è ne- 
cessità di condizioni supplementari. Effettivamente, nel sistema di 


FERMIONI 145 


quiete le (31,8) si trasformano nelle uguaglianze 
VimPmrt = Pinto 


in virtù delle quali si annullano (nella rappresentazione standard) 
tre componenti con i, k, { = 3, 4, cioè p;x: diventano componenti di 
uno spinore tridimensionale di rango 3. 

I risultati esposti si generalizzano in maniera ovvia al caso di 
particelle di spin semintero s. Nella descrizione mediante equazioni 
della forma (31,4-5) la funzione d’onda sarà un 4-tensore simmetrico 
di rango (2s — 1)/2 con un indice bispinoriale. Nella descrizione me- 
diante equazione della forma (31,8) la funzione d’onda avrà 2s indi- 
ci bispinoriali, rispetto ai quali essa sarà simmetrica. 


Capitolo IV 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 


$ 32. Equazione di Dirac per un elettrone in un campo esterno 


Le equazioni d'onda di particelle libere esprimono, in sostanza, 
soltanto quelle proprietà, che sono connesse alle richieste generali 
di simmetria spazio-temporale. I processi fisici, cui partecipano le 
particelle, dipendono invece dalle proprietà delle loro interazioni. 

Nella teoria relativistica risulta impossibile una descrizione, 
basata su una qualsiasi semplice generalizzazione delle equazioni 
d'onda, di particelle suscettibili di interazioni forti, poiché tale 
descrizione esorbita dal quadro delle informazioni contenute nelle 
equazioni delle particelle libere. 

Il metodo delle equazioni d’onda, tuttavia, è applicabile alla 
descrizione delle interazioni elettromagnetiche di particelle incapaci 
di interazioni forti. A questo gruppo appartengono gli elettroni (e i 
positroni), e quindi, alla teoria esistente risulta accessibile tutto l’e- 
norme campo della elettrodinamica quantistica degli elettroni. 
Anche le particelle instabili, i muoni, non sono suscettibili di inte- 
razioni forti; esse vengono descritte dalla elettrodinamica quantisti- 
ca limitatamente ai fenomeni che avvengono in intervalli di tempo 
piccoli rispetto alla loro vita media (connessa alle interazioni debo- 
li). 
In questo capitolo studieremo una sfera di problemi di elettro- 
dinamica quantistica limitata alla teoria di una singola particella. 
Questi sono problemi nei quali il numero di particelle non varia, e 
l'interazione può essere introdotta mediante il concetto di campo 
elettromagnetico esterno. Oltre alle condizioni che permettono di 
considerare il campo esterno come dato, i limiti di applicabilità di 
tale teoria sono fissati anche da condizioni legate alle cosiddette 
correzioni radiative (che saranno studiate nella seconda parte del 
libro). 

Le equazioni d’onda di un elettrone in un campo esterno dato 
possono essere ottenute come nella teoria non relativistica (III, $ 111). 
Sia AH = (®, A) il quadripotenziale del campo elettromagnetico 
esterno (.A è il potenziale vettore, D il potenziale scalare). L’'equa- 
zione cercata si otterrà sostituendo nell’equazione di Dirac l’opera- 
tore di energia-impulso p con la differenza p — eA, dove e è la 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 147 


carica della particella!): 
[y(p_e4)—m]y=0. (32,1) 


L’hamiltoniano corrispondente a questa equazione si ricava dal- 
la (21,13) mediante la stessa sostituzione:; 


H=a(p_eA)+fm+ e. (32,2) 


L’invarianza dell'equazione di Dirac per le trasformazioni di 
gauge dei potenziali del campo elettromagnetico si esprime nel fat- 
to che la sua forma rimane invariata se, simultaneamente alla tra- 
sformazione A + A4 + ipy (dove y è una funzione generica), si 
esegue nella funzione d'onda la sostituzione 


+ pel (32,3) 


(cfr. la trasformazione analoga per l'equazione di Schròdinger Ill 
(111,9). 

La densità di corrente, espressa mediante la funzione d’onda, 
è data dalla stessa formula (21,11) 


j= yy, 

che vale anche in assenza del campo esterno. È facile vedere che 
ripetendo per l'equazione (32,1) (e per l'equazione (32,4)) gli stessi 
calcoli, che furono fatti per la deduzione della (21,11), il campo 
esterno viene a mancare e l'equazione di continuità si ottiene per 
l’espressione ‘originaria della corrente. 

Facciamo sulla (32,1) l'operazione di coniugazione di carica. 
A tal fine, scriviamo 


pIy(p+e4) +m]=0, (32,4) 


che si ricava dalla (32,1) mediante la coniugazione complessa, 
analogamente a come venne a suo tempo ricavata l'equazione (24,9) 
(nel fare questo occorre ricordare che il quadrivettore A è reale). 
Riscrivendo questa equazione nella forma 


ff (p+e4)+m]w=0, 


moltiplicandola a sinistra per la matrice U. e usando le relazio- 
ni (26,3), troviamo 


[y (p + e4) — ml (Cp) = 0. (32,5) 


In tal modo, la funzione d'onda coniugata di carica soddisfa 
un'equazione che si differenzia da quella di partenza per il cambia- 
mento di segno della carica. D'altra parte, l'operazione di coniuga- 
zione di carica significa il passaggio da particelle ad antiparticelle. 


1) Quisi intende la carica con il suo segno, quindi per l’elettrone e = —| e|. 
10 


148 CAPITOLO IV 


Vediamo che se le particelle sono dotate di carica elettrica, i segni 
della carica dell'elettrone e del positrone, in quanto grandezze che 
determinano la loro interazione con il campo elettromagnetico, 
risùltane automaticamente opposti. 

Le equazioni del primo ordine (32,1) possono essere trasformate 
in equazioni del secondo ordine applicando alla (32,1) l'operatore 
vp_ceA4) + m: 

[vv (pu—eAu)(pi— 2A) —m)p=0. 


Sostituiamo il prodotto yy” con 
1 1 
vv = (00 + 79) +3 (09° — yy) = eg + 08°, 


dove o è il « quadritensore matriciale » antisimmetrico (28,2). 
Moltiplicando per o*Y si può antisimmetrizzare, eseguire cioè la 
sostituzione 


1 
(Pu— Au) (Py— eAy) + > {(pu— eAy) (py— eA,)}-= 
1 
apre (— Aupv+ pyvAy — PuAy + AyPy) = 
1. 


(FP. y.= duAy — dyAy è il tensore del campo elettromagnetico). 
In conclusione, otteniamo un’equazione del secondo ordine della 
forma | 

[ (p_e4} —m— > eFuo" | p=0. (82,6) 


Il prodotto F, yo può essere riscritto in forma tridimensionale, 

esprimendolo mediante le componenti 
o = (a, iX), F=(—-E, H). 

Allora 
[(p — e4)? — m° + eXZH — ieaElyw=0 (32,7) 
oppure, in unità ordinarie, 

I, e 2 ; e 2 
[(#a-=9) —(n0+14) — 

— mi 4 E >H—iaE|y=0 (32,7a) 


La comparsa in queste equazioni di termini, contenenti E e H, 
è connessa con la presenza dello spin nella particella; torneremo su 
questo nel paragrafo seguente. 

Tra le soluzioni dell’equazione del secondo ordine ci sono, certa- 
mente, anche soluzioni « ridondanti », le quali non soddisfano l’equa- 
zione del primo ordine originaria (32,1) (queste sono soluzioni 


PARTICELLE IN UN ‘CAMPO ESTERNO 449 


dell’equazione [y (p — e4) + m]w= 0 col segno cambiato davanti 
a m). La scelta delle soluzioni necessarie nei casi concreti è solita- 
mente evidente e non presenta difficoltà. Un criterio generale di 
scelta consiste in questo: se p è una soluzione qualsiasi dell'equazione 
del secondo ordine, la soluzione della giusta equazione del primo 


p=l(p—e4)+ml9. (32,8) 


ordine è 

Effettivamente, moltiplicando questa uguaglianza per y (p — eA4) — 
— m, si vede che la parte destra si annulla se @ soddisfa l’equazio- 
ne (32,6). 

Occorre sottolineare che l'introduzione del campo esterno nel- 
l'equazione d’onda relativistica mediante la sostituzione di p con p — 
— eÀ, non è evidente. In questo procedimento noi ci siamo basati, 
in sostanza, su un principio addizionale: la sostituzione indicata 
deve essere eseguita nell’equazione del primo ordine. Proprio come 
conseguenza di questo nell’equazione (32,6) sono comparsi termini 
supplementari, che non sarebbero comparsi se la sostituzione fosse 
stata fatta direttamente nell’equazione del secondo ordine!). 

Fra le soluzioni stazionarie dell'equazione di Dirac in un campo 
esterno possono essere presenti sia stati dello spettro continuo che 
dello spettro discreto. Come anche nella teoria non relativistica; 
gli stati dello spettro continuo corrispondono ad un moto infinito, 
nel quale la particella può allontanarsi all'infinito, dove essa può 
essere considerata come particella libera. Poiché gli autovalori 


dell'hamiltoniano di una particella libera sono uguali a + V p° + mì, 
è chiaro che lo spettro continuo degli autovalori dell'energia giate 
in un campo determinato dalle relazioni e > m e e << —m. Se 
invece —m <£ <m, la particella non può trovarsi all'infinito, 
e quindi il moto è finito, e lo stato appartiene allo spettro discreto. 

Come anche per le particelle libere, le funzioni d'onda a « fre- 
quenza positiva » (e > 0) e quelle a « frequenza negativa » (e <0) 


1) In accordo con questo principio si sarebbe dovuto introdurre il campo 
esterno anche nelle equazioni d'onda di particelle dotate di altri spin, e le equa- 
zioni sarebbero dovute essere state scelte nella forma, nella quale esse si ottengo- 
no mediante il principio variazionale, senza ricorrere a condizioni supplementa- 
ri. Cosf, nel caso di spin 1 la sostituzione p-» p — eA deve essere eseguita nelle 
equazioni (14,1-2). Notiamo che questa sostituzione (per spin 1) nell’equazione 
del secondo ordine (14,4) e nella condizione supplementare (14,3) avrebbe condot- 
to, in generale, ad un sistema incompatibile di equazioni (nel caso di spin 3/2 
l’incompatibilità sarebbe già sorta per il fatto che si usavano le equazioni del 
primo ordine (34,2) con le condizioni supplementari (34,1)). 

Nel caso di spin 0, la sostituzione p -» p — eA nelle equazioni del primo 
ordine (10,4) è equivalente alla sostituzione nell’equazione del secondo ordine 

35). 
Non ci soffermeremo più dettagliatamente su questi problemi, poiché essi 
non hanno senso fisico diretto; l’interazione elettromagnetica di particelle a spin 
differente da 1/2 non può essere descritta mediante equazioni d'onda. 


150 CAPITOLO IV 


entrano nello schema della seconda quantizzazione in modo deter- 
minato. Per particelle in un campo esterno questo schema viene 
generalizzato in maniera naturale mediante la sostituzione delle 
onde piane nelle formule (25,1) con le autofunzioni, debitamente 
normalizzate, dell'equazione di Dirac pf? e yY°, associate a fre- 
quenze positive (e) e a frequenze negative (—e(7?): 

(+) 


" È _i iel 
p= DI fanpPerieitt + biella ‘3, 
n 
p= DI falP pinete 4 bpiodente 1), 
n 


Questo schema di quantizzazione può, tuttavia, portare a dif- 
ficoltà. Queste sono legate al fatto che, con l'aumentare della pro- 
fondità della buca di potenziale, i livelli energetici possono passare 
la frontiera € = 0, possono cioè da positivi diventare negativi 
(oppure, per un potenziale di segno diverso, da negativi diventare 
positivi). Tuttavia, per ragioni di continuità, noi dobbiamo conti- 
nuare a considerare questi livelli come elettronici (e non positronici). 
Per questa ragione, in un approccio più rigoroso dovrebbero venire 
considerati elettronici tutti gli stati che, per uno « spegnimento » 
infinitamente lento del campo, si avvicinano alla frontiera positiva 
dello spettro continuo (e = m). L’energia dell’elettrone può, tuttavia, 
risultare negativa, e quindi il vuoto non è più lo stato energetica- 
mente più basso; questo può portare, in un campo appropriato, 
alla generazione di coppie elettrone-positrone!). Inoltre, continuando 
ad aumentare la profondità della buca di potenziale, il livello elettro- 
nico può raggiungere la frontiera negativa. dello spettro continuo. 
In questo caso l’energia minima necessaria per la generazione di una 
coppia (uguale a m +- &e;), sarà uguale a zero, cioè inizierà im- 
mediatamente la formazione spontanea di coppie, processo che non... 
può, in ogni caso, venire considerato nel quadro della teoria ad 
una particella. | 

Tutto questo mostra che l'applicabilità del concetto di campo 
esterno è, nella teoria relativistica, limitata. In particolare, non 
è possibile considerare buche di potenziale troppo profonde. Nel 
quadro di una teoria a pit particelle il problema non è ancora stato 
studiato. 


(32,9) 


PROBLEMA 


Determinare i livelli energetici di un elettrone in un campo magnetico co- 
stante. 

Soluzione. Per il potenziale vettore abbiamo A. = A,=0, A, = Hz (il 
campo ZH è diretto lungo l’asse z). Oltre all'energia, si conservano le componen- 
ti py» p; dell'impulso generalizzato. 


1) In particolare, questo avrà luogo in presenza di due buche di potenziale 
di segno opposto molto profonde. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 151 


Usiamo l’equazione del secondo ordine per la funzione ausiliaria @ (vedi la 
(32,8)) e assumiamo © come autofunzione dell’operatore Y, (con gli autovalori 
G = +4), e degli operatori p, e p,. L'equazione per q ha la forma 


d2 

{-3+ (CH: p)}—eHo} 9=(@—m?_pb)q. 
Per la forma questa equazione coincide con l’equazione di Schròdinger per l’o- 
scillatore lineare. Gli autovalori e sono determinati dalla formula 


e2—m2— pì =|e]H(2n+1)—eHo, n=0,1,2,... 


(E III, $112). Notiamo che la funzione d’onda y, definita attraverso p dalla 
ormula (32,8), non è un’autofunzione dell'operatore 2 ,; questo fatto è in accordo 
con l’affermazione che per una particella in moto lo spin non è una grandezza 
conservativa. — 


$ 33. Sviluppo in potenze di 1/c1) 
Nel $ 21 abbiamo visto che nel limite non relativistico (v + 0) 
due componenti (x) del bispinore w = | t) si annullano. Quindi 


per velocità piccole dell’elettrone si può porre y « @. Questo fatto 
dà la possibilità di ottenere un'equazione approssimata, contenente 
soltanto la grandezza a due componenti ©, sviluppando formalmente 
la funzione d’onda in potenze di 41/c. 

Come punto di partenza prendiamo l’equazione di Dirac per 
un elettrone in un campo esterno, scritta nella forma 


ih SC {ca(p-l A) +fme? + e® } ). (33,1) 


Nell’energia relativistica della particella è contenuta anche la sua 
energia di quiete mc?. Nel passaggio all’approssimazione non rela- 
tivistica quest'ultima deve essere esclusa; per fare questo introdu- 
ciamo al posto di w la funzione w' secondo la formula 


y= p'e-ime2t/h, 
Allora 
(in È + me) y = { ca (p_ A) + fimo? +e®} pi. 


’ 


Rappresentando 1’ nella forma yw' = (1) , otteniamo un sistema 


di equazioni 


(in 3 D)o'=c0(p—_4) %a (33,2) 
(in-T-e®+2me} '=C0 (p— È A) p' (33,3) 


1) In questo paragrafo usiamo il sistema di unità ordinario. 


152 CAPITOLO IV 


(in seguito ometteremo gli apici apposti a @ e yi questo non potrà 
causare malintesi, poiché in questo paragrafo noi useremo soltanto 
la funzione trasformata w'). 

In prima approssimazione, nel membro a sinistra dell’equazio- 
ne (33,3) lasciamo solo il membro 2mc?y e otteniamo 


1 
= (p_ TA4)q (33,4) 
(notiamo che y — @/c). Sostituendo questa espressione nella (33,2), 
otteniamo 
sa 0 1 e 2 
(a) o= 7 (0(p_24)) o. 
Per le matrici di Pauli vale la relazione 


(ca) (ob) = ab + io [ab], (33,5) 
dove a, d sono vettori qualsiasi (vedi (20,9)). Nel nostro caso a = 
=b=p— — A, ma il prodotto vettoriale [ad] non si annulla in 
virtù della non commutatività di p e A: 


[(p-TA)(p-TA4)]o=i È {14Av1+[vA])9 =ilrot 4-9. 
Abbiamo quindi 
o(p_—-A4)\=(p_—-A4)--cH (33,6) 
(o (p_24)) =(p_24)-$ 


(dove H=rot A è il campo magnetico), e per g si ottiene l’equa- 
zione 


> 0 _{(1 e 2 eh 
Questa è la cosî detta equazione di Pauli. Essa si differenzia 
dall'equazione non relativistica di Schròdinger per la presenza 
nell’hamiltoniano dell’ultimo membro, che ha la forma dell’energia 
potenziale di un dipolo magnetico in un campo esterno (vedi III, 
$ 111). Quindi, nell’approssimazione del primo ordine (in 1/c) 
l’elettrone si comporta come una particella che, oltre alla carica 

elettrica, possiede anche un momento magnetico: 
spiga (33,8) 


2mec me 


Come si vede, il rapporto giromagnetico (e/mc) è due volte maggiore 
di quello che si avrebbe per il momento magnetico, connesso con 
il moto orbitale). 

1) Questo importante risultato fu ottenuto da Dirac nel 1928. La funzione 


d’onda a due componenti, che soddisfa l’equazione (33,7), fu introdotta da 
W. Pauli (1927) ancora prima che Dirac scoprisse la sua equazione. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 153 


La densità è p=y*%= p*p + y*y. In prima approssima- 
zione il secondo membro deve essere trascurato, e si ha quindi 
p = |@ |}, come deve essere per l’equazione di Schròdinger. 

Per la densità di corrente abbiamo 


jd=cy'ap=c(p*0r + y*09). 


In conformità con la (33,4), sostituiamo in questa espressione 


- (inv 4A) 9*-0, 


2mc 


1 ; 
e i prodotti, che contengono due volte il fattore 0, si trasformano 
mediante la formula (33,5) scritta nella forma 

(ca)o = a + i [ca], o(ca)=a + iladl. (33,9) 


Come risultato otteniamo 
; ih À 
j=57 (9Vo*—9*Vo)— — Ao*9+-7 rot(p*og), (33,10) 


in accordo con l’espressione III (115,4) della teoria non relativistica. 
Troviamo ora l’approssimazione del secondo ordine, continuando 
lo sviluppo fino ai membri -—1/c? 1). Supponiamo di avere soltanto 
un campo elettrico esterno (4 = 0). 
Notiamo innanzitutto che, se si tiene conto dei membri -1/c3, 
per la densità abbiamo 


n2 
p=|9P+1xP=19P+ 772 19V9f. 


Questa espressione si differenzia da quella di Schròdinger. Volendo 
trovare (in seconda approssimazione) un'equazione d’onda, analoga 
all’equazione di Schròdinger, noi dobbiamo introdurre al posto di © 
un'altra funzione (a due componenti) @schr, per la quale l’integrale 


conservativo abbia la forma | | ®schr |îdV, come deve essere per 


l'equazione di Schrédinger. 
Per chiarire la forma della trasformazione richiesta, scriviamo: 


la condizione 
| gè av= | { *p + + dV 
| PschrPschr dY = P'p+ 7a (Vo*-0) (0V9) } 
e integrando per parti otteniamo 
{ (79*-0) (VO) dv = — { 9* (07) (0V) pdV = — { g*AgdY 


ivi L'esposizione segue qui il metodo di V. B. Berestetskij è L. D. Landau: 
(1949). 


154 CAPITOLO IV 


(oppure questa stessa espressione con @ e g* scambiate di posto). 
In tal modo 


h2 
| PSchrPschr IV = | {90-77 (P*Ag+ pAg*) } dV, 
da dove si vede che 
Q 
gsenr= (1437) 0=(1- sr (33,11) 


Per semplificare la scrittura supporremo che lo stato è staziona- 
rio, cioè sostituiremo l’operatore —if0/0# con l'energia e (dove è stata 
sottratta l’energia a riposo). Nell’approssimazione successiva (alla 
433,4)), dalla (33,3) abbiamo 


== (1-77) (0P)o. 


Bisogna ora portare questa espressione nella (33,2) e quindi sosti- 
tuire @ con @schr Secondo la (33,11), omettendo sempre i membri 
di ordine superiore a 1/c?. Dopo un semplice calcolo otteniamo l’equa- 
zione per @schr nella forma £@schr = H@scehr, dove l’hamiltoniano 
è 


4 e 
H= +0 irta {(M0 (0-3 (0 +0p)}. 


L'espressione entro parentesi graffa si trasforma mediante le for- 
mule 


(op) D (cp) = Dp°+ (opD) (cp) = Dp° + iù (CE) (0p), 
p°D —Dp = — :°2AD + 2ih Ep 


{dove E = — V© è il campo elettrico). L'espressione definitiva 
dell’hamiltoniano è la seguente: 
2 4 
H=-P+e®—- —__ en o{Ep]— 


8m3c2° 4m2c2 


eh? 1. 

OO div E. (33,12) 
__ Gli ultimi tre termini sono le correzioni cercate di ordine 1/c?. 
Il primo di essi è la conseguenza della dipendenza relativistica 
dell'energia cinetica dall’impulso (sviluppo della differenza 
c V p° + mîc? — me?). Il secondo, che può essere chiamato energia 
di interazione spin-orbita, è l’energia di interazione del momento 
magnetico in moto con il campo elettrico!). L'ultimo termine è 


1) Introducendo il momento magnetico (33,8) e la velocità v= p/m, otte- 
niamo questa energia nella forma — 5 ® [Ev]. Di primo acchito questo 
risultato può sembrare innaturale, poiché nel passaggio al sistema di riferimento 
solidale con la particella compare il campo magnetico H = 2 [E], nel quale 
il momento magnetico dovrebbe possedere l'energia —u.H. Questo ragionamento, 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 155 


diverso da zero soltanto in quei punti dove ci sono delle cariche elet- 
triche che creano il campo esterno (ad esempio, per il campo coulom- 
biano di una carica puntiforme Ze si ha AD = —4nZeò (n)) (C. G. Dar- 


win, 1928). 
Se il campo elettrico gode di simmetria centrale, allora si ha 
r dD 
E =  r dr* 


e l'operatore di interazione spin-orbita può essere rappresentato 
nella forma 


eh d® h2 dU 
4m2c2r clrpl 7 = 2m2c2r dr 8 (33,13) 


Qui | è l'operatore del momento angolare orbitale, s = 1/20 l’ope- 
ratore di spin dell’elettrone, e U = e®@ è l’energia potenziale del- 
l’elettrone nel campo!). 


$ 34. Struttura fina dei livelli dell’atomo di idrogeno 


Determiniamo le correzioni relativistiche ai livelli energetici 
dell’atomo di idrogeno, cioè di un elettrone nel campo coulombiano 
di un nucleo fisso2). La velocità dell’elettrone nell’atomo di idrogeno 
è vlc — a & 1. Quindi le correzioni cercate possono essere calcolate, 
applicando la teoria delle perturbazioni, come valori medi nello 
stato imperturbato (cioè rispetto alla funzione d’onda non relativisti- 
ca) dei membri relativistici nell’hamiltoniano approssimato (33,12). 
Per una maggiore generalità poniamo la carica del nucleo uguale a Ze, 
supponendo, tuttavia, che sia sempre valida la relazione Za « 1. 

L’intensità del campo del nucleo è E = Zer/r?, e il suo potenzia- 
le soddisfa l'equazione AD = —4aZeò (x). Sostituendo questo nella 
(33,12) (gli ultimi tre termini) e tenendo conto del fatto che la 
carica dell'elettrone è negativa, otteniamo l'operatore di perturba- 
zione 


4 Z Z | 
V= + rs 18+ 327 8 (1). (34,1) 


Poiché, secondo l’equazione non relativistica di Schròdinger, 
si ha 


pp=2m (e0+-%) i) 


tuttavia, in realtà non tiene conto, nel modo dovuto, della non inerzialità del 
sistema di riferimento solidale con la particella. La comparsa del fattore 41/2 
{introdotto da L. Thomas nel 29) è connessa con le condizioni generali di inva- 
rianza relativistica unitamente alle proprietà specifiche dell'elettrone in quanto 
IA « spinoriale » con un proprio valore del rapporto giromagnetico (vedi 


1) La formula (ea venne usata nel III, $ 72. 
2) L'influenza del moto del nucleo sul valore di queste correzioni costituisce 
un effetto di ordine superiore e qui viene trascurato. 


156 CAPITOLO IV 


(dove eg = —mZ?a?/2n* è il livello imperturbato, n il numero quan- 
tico principale), per il valore medio otteniamo 


Questa quantità, come anche il valore medio del secondo membro 
nella (34,1), si calcola mediante le formule (vedi III, $ 36) 


i __ maz ri (maZ)? 
n2 * n3 (14-1/2)* (34,2) 
= (maZ)3 


TZ rd) 1) 


(l’ultima formula vale per / -£ 0); gli autovalori dell’operatore 78 
sono 


3 3 
I8=3|10+1)-10+1)—7] per 140, 
I8s=0 per 1=0. 


Infine, la media del terzo termine vien calcolata mediante le for- 
mule 


eo= (FR). 1=0; w(0)=0, 10. (34,3) 


Il risultato di semplici calcoli, eseguiti mediante le formule 
riportate, può essere rappresentato in tutti i casi (per tutti i j e /) 
nella forma 


__ m(Za) 1 3 
sete (rt) A 


La formula (34,4) dà la correzione relativistica cercata all’ener- 
gia dei livelli dell’idrogeno, cioè l'energia della struttura fina!). 
Ricordiamo che nella teoria non relativistica ha luogo sia la degene- 
razione rispetto alle direzioni dello spin, sia la degenerazione cou- 
lombiana rispetto a /. La struttura fina (l’interazione spin-orbita) 
rimuove questa degenerazione, ma non completamente: rimangono 
doppiamente degeneri i livelli con gli stessi n, j ma con diversi 
I = j + 1/2 (non degeneri risultano soltanto i livelli con il valore 
massimo possibile, per un dato n, f= jmax = max + 1/2 = 


1) Questa formula (come anche la formula più precisa (36,10)) fu ricavata 
per la prima volta da A. Sommerfeld nell’ambito della vecchia teoria di Bohr 
ancora prima della creazione della meccanica quantistica. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 157 


= n — 1/2)'). In tal modo, la successione dei livelli dell'idrogeno, 
tenuto conto della struttura fina, è la seguente: 


151/93. 
281/2, 2P1/2» 2P3/2} 
br ti 


381/2, 3P1/2) 3P3/2, 3d3/2, 3d5/2. 
\— \—__e 


so è.0 €. è 0 a’ 


Il livello con numero quantico principale n si scinde in n componenti 
della struttura fina. 

Vedremo in seguito che la degenerazione restante viene rimossa 
dalle cosiddette correzioni radiative (spostamento di Lamb), delle 
quali non tiene conto l’equazione di Dirac nel problema di un elet- 
trone. 

Anticipiamo qui che per l’ordine di grandezza queste correzioni 
sono -mZ*a5 In (1/a). La correzione del secondo ordine, dovuta 
all’interazione spin-orbita, sarebbe —m(Za)9, cosicché il suo rapporto 
rispetto alle correzioni radiative vale —Z?e/In (1/a). Per l'idrogeno 
(Z = 1) questo rapporto è chiaramente piccolo, e quindi il problema 
della soluzione esatta dell'equazione di Dirac non ha, in questo 
caso, alcun senso. Questo problema può, tuttavia, avere senso per 
i livelli energetici dell’elettrone nel campo di nuclei con Z grandi 


($ 36). 


$ 35. Moto in un campo a simmetria centrale 


Studiamo il moto di un elettrone in un campo elettrico a sim- 
metria centrale. 

Poiché nel moto in un campo centrale si conservano il momento 
angolare e la parità (rispetto al centro del campo, scelto come inizio 
delle coordinate), per quanto riguarda la dipendenza angolare delle 


__*) Questa degenerazione è connessa all'esistenza di una legge di conserva- 
zione supplementare, specifica per il campo coulombiano; l’hamiltoniano del- 
l’equazione di Dirac H = ap -- fim — e%r commuta con l'operatore 


1-2 244 8(21+1) y5(H—m}) 


(M. H. Johnson, B. A. Lippmann, 1950). Nel limite non relativistico si ha 
I + ZA, dove 3 


r 1 
A==4+72 {pl [P1]} 
è l'operatore corrispondente all’integrale coulombiano classico del moto (cfr. I, 


$ 15). La degenerazione accidentale non relativistica nel campo coulombiano è 
connessa con la legge di conservazione della grandezza A. 


4158 CAPITOLO IV 


funzioni d'onda di questo moto vale tutto quanto è stato detto nel 
$ 24 a proposito delle onde sferiche delle particelle libere. Cambiano 
soltanto le funzioni radiali. In accordo con quanto detto, cercheremo 
la funzione d'onda degli stati stazionari (nella rappresentazione 
standard) nella forma 


A f (1) Qiim 
e= ( )-( {411 (35,1) 
È (-—1) ? gm 


dove Z = j + 1/2, l’= 2f — I, mentre il fattore —1 è stato intro- 


dotto per comodità. 
L'equazione di Dirac in rappresentazione standard dà il seguente 


sistema di equazioni per q e Y: 


(e-m_-U)p=0py, 
(e+m_—-U) x =0OPp9, 


dove U (r) = e® (r) è l'energia potenziale dell’elettrone nel campo. 
Il calcolo del risultato che si ottiene sostituendo qui le espressioni 
(35,1) si riduce al calcolo dei membri destri di queste equazioni. 

Esprimendo lo spinore sferico £;ym attraverso Qjim secondo la 
formula 


(35,2) 


Qiirm= i-! (0 2) C;im 
(vedi la (24,8)), scriviamo 
(Op) x= — i (OP) (07) ÈQ;tm. 


Trasformando ora il prodotto (op) (0) mediante le formule (33,5) 
e sviluppando le operazioni vettoriali troviamo 


(op) x= — i {pr+io [pr]}} £ Q;im= 
={-—divr— (rV)-0[rP]} È Q;im = 


= —{g+Îg+£01}9m 


dove 1 = [wp] è l’operatore del momento angolare orbitale; l'apice 
significa la derivazione rispetto a r. Gli autovalori del prodotto 
ol = 218 sono 
ol=3-P- = j(j+1)-10+1)-i = 
={ j— 1/2 per I=j_-1/2, 
“l-j-3/2 per I=j-+1/2. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 159 


Allo scopo di uniformare la scrittura in ambedue i casi (/ = j + 1/2), 
è comodo introdurre la notazione 

—(f+1/2)= —(141) per j=l4-172, 

-| + (j+ 1/2) =! per j=.— 1/2. 

Il numero x assume tutti i valori interi, escluso lo 0 (i numeri posi- 


tivi corrispondono al caso j = ! — 1/2, mentre quelli negativi al 
caso j= + 41/2). Allora Zo = —(14+ x), e quindi 


Opa (e +" E)Qim 


r 


(39,3) 


Sostituendo questa espressione nella prima delle equazioni (39,2), 
lo spinore sferico £;;, nei due membri dell’equazione si elide. 
Operando analogamente anche con la seconda equazione!), come: 
risultato otteniamo il seguente sistema per le funzioni radiali: 


f+% f-(e+m-U)g=0, 
ere (35,4) 


r 


oppure 
(fr + (fr)—(e+m_—-U)gr=0, 
; (35,5) 
(gr) — 2 (gr)+(e-m_—U)fr=0. 


Studiamo il comportamento di f e di g alle piccole distanze, 
supponendo che il campo U (r) cresca per r-+0 più rapidamente 
di 1/r. Allora nella regione delle piccole distanze le equazioni (35,4) 


assumono la forma 
f+Ug=0, g —Uf=0. 


Esse hanno soluzioni reali del tipo 


f = costante-sen ( {Udr+ 6) 
g = costante-cos (| Udr + 6) ; (39,6) 


dove è è una costante arbitraria. Queste funzioni oscillano per 
r--0, senza tendere a nessun limite. È facile vedere che questa 
situazione corrisponde alla « caduta » della particella nel centro. 

Notiamo innanzitutto che nel caso considerato la funzione d'onda 
possiede uno spettro continuo per qualsiasi e, incluso anche il caso 


1) Non c’è bisogno di ripetere questi calcoli. E sufficiente notare che il 
passaggio dalla prima alla seconda equazione si realizza (come si vede dalle 
(35,1-2)) mediante la sostituzione 


f>&g>—-f_,m-+--m,l->l',x-+-—-x. 


160 CAPITOLO IV 


{e] <m. Effettivamente, la regione delle piccole distanze in 
questo caso non impone limitazioni sulla scelta della soluzione: 
la condizione al contorno per r = 0 per una funzione oscillante, in 
sostanza, non esiste, e quindi la scelta della costante rimane arbitra- 
ria. Un comportamento corretto della funzione d'onda nella regione 
dei grandi r (« saldata » con la funzione (35,8)) può essere ottenuto 
per qualsiasi e mediante una scelta opportuna di È. 

Tuttavia, in uno stato dello spettro continuo qualsiasi pacchetto 
d’onde finisce, col trascorrere del tempo, per uscire da qualsivoglia 
regione finita di spazio (come è dimostrato dai ragionamenti esposti 
alla fine del III, $ 10). Poiché per |e | <m la particella non può 
allontanarsi verso l’infinito, questo significa che essa va a finire 
nel centro delle coordinate, cioè cade nel centro. Il moto risulta, 
per cosî dire, infinito dalla parte dei piccoli r. La situazione ora 
descritta è assolutamente inammissibile nella teoria relativistica. 
Effettivamente, in forza della continuità dello spettro per |e|<m 
gli stati a frequenza positiva e quelli a frequenza negativa risultano 
non separati. Questo rende impossibile una qualsiasi descrizione 
razionale del sistema. In particolare, tale sistema sarebbe assoluta- 
mente instabile: qualsiasi perturbazione causerebbe la generazione 
di un numero incalcolabile di coppie. Quindi, un campo con poten- 
ziale, che per r + 0 cresce più rapidamente di 1/r, non può essere 
considerato nell’ambito della teoria di Dirac. Sottolineiamo che 
questo vale per i potenziali di ambedue i segni. Sebbene si possa 
parlare di « caduta » soltanto nel caso di attrazione, poiché il segno 
di U = e® dipende anche dal segno della carica e, in un caso si com- 
portano in modo anomalo i livelli elettronici e nell’altro quelli 
positronici. 

Consideriamo ora il comportamento delle funzioni d’onda alle 
grandi distanze. Se il campo V (r) decresce abbastanza rapidamente 
per r-» co, nel determinare la forma asintotica delle funzioni 
d’onda alle grandi distanze, si può trascurare completamente il 
campo nelle equazioni. Per e >wm, cioè nella regione dello spettro 
continuo, si ritorna allora all’equazione del moto libero, e quindi 
la forma asintotica delle funzioni d'onda (onde sferiche) si differen- 
zia da quella per una particella libera soltanto per la comparsa di 
« spostamenti di fase » supplementari, il valore dei quali è determi- 
nato dalla forma del campo alle piccole distanze!). Questi sposta- 
menti dipendono dai valori di j e /, oppure, ciò che è lo stesso, dal 
numero x introdotto prima (ed anche, ovviamente, dall’energia €). 
Indicando questi spostamenti con è, e usando l’espressione dell’onda 
sferica libera (24,7), possiamo scrivere immediatamente la forma 


1) Cfr. III, $ 33. Come anche nella teoria non relativistica, U (r) deve 
decrescere più rapidamente di 1/r. Il caso U — 41/r sarà trattato a parte ne 


PARTICELLE IN UN CAMPO ES'"TERNO 161 


asinltotica cercata 


£TA 1 a i sen (pr -&-+ ò, ) 
EV ary | 35,7 
7 I? Via Ve—mQjrmsen (pr-5+8,) ( ) 
(dove p = Ve? — m?). Il coefficiente comune corrisponde alla 


normalizzazione delle funzioni radiali secondo la (24,9). 
Le funzioni d'onda dello spettro discreto (€ <m) per r + co 
decrescono esponenzialmente secondo la legge 


sini Li È me; = = exp(—r Vm— 82), (35,8) 
dove A, è una costante. 

Come anche nella teoria non relativistica, gli spostamenti di 
fase $, (più precisamente, le quantità e'°, — 1) determinano 
l'ampiezza di diffusione nel campo considerato (di questo si parlerà 
più dettagliatamente nel $ 37). Non ci soffermeremo qui a studiare 
le proprietà di analicità di queste grandezze (cfr. III. $ 128). Notiamo 
soltanto che e‘. come funzione dell'energia. ha. come prima, dei 
poli nei punti corrispondenti ai livelli degli stati legati della parti- 
cella. Il residuo della funzione e?i5 in questi poli è connesso in 

modo determinato al coefficiente dell’espressione asintotica della 

corrispondente funzione d'onda dello spettro discreto. Troviamo 
questa connessione, che generalizza la formula non relativistica 
III (128,17). I calcoli necessari sono del tutto analoghi a quelli 
fatti nel III, $ 128. 

Deriviamo le equazioni (39,0) rispetto coin 


orf x d@rf 

(- + etm_ u)È $ = rg, 
org x org r\ ori — 
(TE) — de O) 


Moltiplichiamo queste due equazioni rispettivamente per rg e —rf, 
e le due equazioni (35,5) rispettivamente per —rg e rf, e quindi 
sommiamo membro a membro tutte e quattro le equazioni. Dopo 
tutte le semplificazioni otteniamo 


Sire (gd) ]=r (+9. 


OE 


Integriamo questa uguaglianza rispetto a r 


r2 (g 3 - SE) Pa | (fz + gr? dr, 
9 


162 CAPITOLO IV 


e quindi eseguiamo il passaggio al limite r + co. In virtù della 
condizione di normalizzazione l’integrale nella parte destra del- 
l'uguaglianza è uguale a 1. Nella parte sinistra invece teniamo conto 
del fatto che nella regione asintotica le funzioni g e f sono legate 


dall’uguaglianza 


(che si ottiene dalla (35,5) trascurando i membri contenenti U 
e 1/r). Come risultato finale otteniamo 


alintn (22) sa 


Questa formula differisce dalla formula analoga non relativistica 
(per la funzione y) soltanto per il coefficiente (e 4 m invece di 2m). 
Non c'è quindi bisogno di ripetere tutti i successivi calcoli, e ripor- 
teremo immediatamente la formula finale, valida nella regione 
vicino al punto e = €; (€ è il livello energetico): 


zio, __4\l 2A3 m_— 0 
e (1) Ei odo, (35,10) 


dove A, è il coefficiente dell’espressione asintotica (35,8). 


PROBLEMA 


Trovare la forma della funzione d’onda nel limite dei piccoli r nel campo 


U -— r-5, dove s< 1. 

Soluzione. Per una particella libera ai piccoli r abbiamo f — rL,g- r”, 
e quindi per 1 <’ abbiamo f © g, e per 1 > l’: f« g. Facciamo l’ipotesi 
(giustificata a posteriori dal risultato) che questa relazione sia valida anehe nel 
campo considerato. Per l </" (cioè 7 = j — 41/2, x= —I — 1) nella prima 
delle equazioni (35,4) si puo omettere il termine contenente g, e quindi si ha, 
come prima, f — rl. Dalla seconda equazione abbiamo allora g — rfU, cioè 
ge rl+1-5 = rl'-8. In modo analogo si tratta il caso ! > /*. Come risultato 
otteniamo 


per I<li forh gor 5; 


per 1>l': f-rl3, g- r. 


$ 36. Moto in un campo coulombiano 


Iniziamo lo studio delle proprietà del moto nel caso molto im- 
portante del campo coulombiano analizzando il comportamento 
delle funzioni d’onda alle piccole distanze. Per concretezza consi- 
dereremo un campo attrattivo U = —Za/r!). 


1) In unità ordinarie U = —Ze?/r. Passando alle unità relativistiche e? 
viene sostituito con la costante adimensionale a. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 163 


Per piccoli r nelle equazioni (35,5) si possono omettere i membri 
contenenti e + m; allora 


(fr + fr-£2 gr=0, 


Za 
— fr=0. 


(gr) - gr + 


Le due funzioni fr e gr compaiono in ognuna di queste equazioni 
con parità di diritti. Quindi possiamo cercare queste funzioni ambe- 
due sotto forma di uguali potenze di r:fr = arY,gr = br. Sosti- 
tuendo nelle equazioni otteniamo le relazioni 


a(y+x)T— da =0, aZa +b(y—-x)=0, 


dalle quali 
y? = x? — (Za)?. (36,1) 


Sia (Za)? < x. Allora y è reale, e dei due valori deve essere 
scelto quello positivo: la soluzione corrispondente o non diverge 
per r = 0, oppure diverge meno rapidamente dell’altra!). In tal 
modo 

Za 
I=+% 
y=V x Z?a=V (j+1/2)?— Z?a?. 


Sebbene la funzione d’onda possa diventare infinita per r = 0 
(se y <1), l’integrale di |y |? rimane, ovviamente, convergente. 

Se (Za)? >x?, ambedue i valori di y nella (36,2) risultano imr 
maginari. Le soluzioni corrispondenti, per r +0, oscillano (com 
r-! cos (|y|Inr})), e quindi si ha di nuovo, come abbiamo già 
spiegato, la situazione della « caduta nel centro », inammissibile 
nella teoria relativistica. Poiché x? = 1, questo significa che il 
campo puramente coulombiano può essere considerato nella teoria 
di Dirac solo per Za <1, cioè per Z <137. 

Nel caso reale del moto nel campo del nucleo l'andamento del 
potenziale alle piccole distanze si discosta dall'andamento couloin- 
biano a causa della finitezza delle dimensioni del nucleo. Questo 
porta alla possibilità di principio che possano esistere nuclei a Z 
maggiori”). 

Occorre ancora notare che anche nel caso di una carica puntifor- 
me l’andamento del potenziale alle piccole distanze viene deformato 


g= costante .-r-i+?, 


(36,2) 


1) La scelta della soluzione che diverge meno rapidamente può essere argo- 
mentata considerando il potenziale « troncato » ad un certo raggio ry ed ese- 
guendo poi il passaggio al limite rg + 0, similmente a come è stato fatto nel III, 

35 


2) Per lo studio del problema dei potenziali « troncati » vedi V. S. Popov, 
Jadernaja Fisica, 12, 429, 1970; ZETF, 59, 965, 1970. 
11* 


164 CAPITOLO IV 


dalle correzioni radiative, circostanza che può anche cambiare il 
risultato. Il ruolo di queste correzioni per valori di Za vicini al- 
l’unità non è stato, luttavia, ancora studiato. 

Passiamo ora alla soluzione esatta dell’equazione d’onda 


(G. Darwin, 1928; W. Gordon, 1928). 
a) Spettro discreto (e < m). Cercheremo le funzioni f e g nella 


forma 
f=Vm+ee "°07! (0,40%), 
—Vm_ee "0! (0,—03), 
dove sono state introdotte le notazioni 
p=-2Mr, XA=Vm?—e2, y=Vx—Z?a?, (36,4) 


Questa forma risulta naturale dall’andamento, già noto, delle 
funzioni per fp + 0 (36,2) e dalla decrescenza esponenziale ( — e 7P/2) 
per p + co. Poiché per p + co le funzioni f e g devono avere un 
comportamento asintotico uguale, da qui discende che per p + co 


sarà 0, > do. 


Sostituendo la (36,3) nella (35,4) otteniamo le equazioni 
p(01+ 0a) + (74%) (01+-Qa)— PO +Za / Et (01 Q,) =0, 
(01 Qa)' + (7— x) (0:— 02) +90— Za]/ EE (0,+ 0) =0 


(l’apice significa la derivazione rispetto a g). La somma e la dif- 
ferenza di queste equazioni danno rispettivamente 


PO +(1- FE) 0+(x- 2) 0,=0 
00:+(v+ Fip) 0: +(x+ zan} 0,-0, 
oppure, eliminando Q, 0 Q, 
p@1+ (2r+1—9)01—(r-FE) 0,=0, 
p0:+(2y+1—p)0:—(7+1--) 0.=0 


(occorre tener presente che ° — (Zae/A)? = x? — (Zam/))?). Le 
soluzioni, finite in p = 0, di queste equazioni sono 


Q=AF(1-®, 2r+1,0), 


(36,3) 


(36,5) 


(36,6) 
O, = BF (r+1-2, 29414, P), 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 165 


dove F (a, 8, z) è una funzione ipergeometrica confluente. Ponendo 
g = 0 in una qualsiasi delle equazioni (36,5), troviamo il legame 


tra le costanti A e B 


LAEIGRT 
boni (36,7) 


Ambedue le funzioni ipergeometriche nella (36,6) devono ridursi 
a polinomi (in caso contrario esse cresceranno per p —» co come e?, 
e con esse crescerà, come e?”, tutta la funzione d'onda). La funzione 
F (a, B, 2) si riduce ad un polinomio se il parametro a è un numero 
intero negativo o è uguale a zero. Introduciamo la notazione seguen- 


te: 


n PE nr. (36,8) 
Se n, = 1,2, ..., ambedue le funzioni ipergeometriche si riducono 


a polinomi. Se invece n, = 0, solo una di esse si riduce a polinomio. 
L’uguaglianza n, = 0 significa, però, che ) = Zae/A, e allora, come 
è facile verificare, Zam/i = | x |. Se x <0, il coefficiente B (36,7) 
si annulla e quindi Q, = 0, e la condizione richiesta non viene 


violata. Se invece x >0, allora B = —A e Q, rimane, per n, = 0, 
una funzione divergente. In conclusione sono possibili i seguenti 


valori del numero quantico r,:! 
Ok. Ze er x<0d; 
n=] i (36,9) 
1,2,3,... per x>0. 
Dalla definizione (36,8) ricaviamo ora la seguente espressione 
per i livelli energetici discreti: 
E (Za)? -1/2 
— =|1l+—___————& i 36,10 
[* (V x (Za)?+ nn)? POR 
Per Za « 41 i primi termini dello sviluppo di questa formula 
danno 


Lia Cori. dna 

m 1 2(|x|+n,)2 {{+TTT= [ |x | deli 
Introducendo la notazione n, + |x|]= n (= 1,2, ...) e notando 
che |x |=j + 41/2, si ritorna alla formula (34,4), da noi ricavata 


precedentemente mediante la teoria delle perturbazioni. Come 
abbiamo già detto alla fine del paragrafo 34, i termini successivi 
di questo sviluppo non hanno senso, poiché essi si confondono con 
le correzioni radiative. La formula (36,10), tuttavia, ha senso nella 
sua forma esatta per Za — 1. Notiamo che la doppia degenerazione 
dei livelli, evidente dalla formula approssimata (34,4), si mantiene 


166 CAPITOLO IV 


anche nella formula esatta; poiché in quest’ultima compare solo 
| x |, i livelli con / differenti coincidono come prima per uno stesso j. 

Nella funzione d’onda ci è rimasto da determinare ancora il 
coefficiente generale di normalizzazione A. Come sempre, una fun- 
zione.d’onda dello spettro discreto deve essere normalizzata con la 


condizione Î | w|°dV= 4; per le funzioni f e g questo significa 


00 


| (+9) r2dr=1. 


Hl metodo più semplice per ricavare A è di ricorrere alla forma asin- 
totica delle funzioni per r + co. Mediante la formula asintotica 


T 2 1 nr 
F(—ne, +1, 9) arno) 


(vedi III (4,14)) troviamo 


ci T (2 1 ir nr- 
fr (— 1)AV MET e LT) i 


Confrontando questa formula con l’espressione (36,22), che verrà 
ricavata più avanti, troviamo 


di ag 
sa | 2rertt+o) (ra) | 
7 Pre 
r2y+1)[_ Zam2- nr! ° 


Riunendo le formule ottenute, scriviamo le espressioni finali 
complete delle funzioni d'onda normalizzate 


1 + (24)3/2 7 (mte)r(2y+n,+1) 1/2 
4 __ T(29+1) | 4m fon (fi) nrl 
x (247)? ef (fr —x)F(—n, 2y+1, 2) F 


FuF(A-n, 2941, 27) } (36,11) 


(i segni in alto si riferiscono a f, quelli in basso a g). 

b) Spettro continuo (e >m). Non è necessario risolvere nuova- 
mente l’equazione d’onda per gli stati dello spettro continuo. Le 
funzioni d’onda, in questo caso, si ricavano dalle funzioni dello 
spettro discreto mediante la sostituzione!) 


Vm—e+-iVe-=m, X+ —ip, —n;+y—i see (36,12) 
(a proposito della scelta del segno nel prolungamento analitico 


della radice V m — & vedi III, $ 128). Tuttavia, la normalizzazione 
delle funzioni deve essere calcolata di nuovo. 


1) Da qui fino alla fine di questo paragrafo p significa | p|= V e — m?. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 167 


Eseguendo nella (36,11) la sostituzione indicata, rappresentiamo 
le funzioni f e g nella forma 


(la eta Later apr leF(_, 241, _ 2ipr) 
Fe '*F(y+1—iv, 2v+1, —2ipr)], 


dove A’ è la nuova costante di normalizzazione e dove sono state 
introdotte le notazioni 


vede. Mad (36,13) 
p m 


, 


(la grandezza È è reale poiché y? + (Zae/p)z= x? + (Zam/p)?). 
In accordo con la nota formula 


F (a, B,:)=eF(B— a, 8, —2) 
(vedi III (d, 10)) abbiamo 
F(y+1—iv, 2y+1, — 2ipr)=e-%P"F(y+iv, 2y+1, 2ipr)= 
= e-PrF* ()—iv, 2y+1. —2ipr). 
Quindi, otteniamo 
i 1 2ia'Ve+m(2pr)" Hi te Pr+5) F(y— iv, 2y+1, — 2ipr)}. 
(36,14) 
L'espressione asintotica di queste funzioni si trova mediante 
la formula III (d, 14), nella quale, nel caso considerato, è essenziale 


soltanto il primo termine (il secondo decresce con una potenza 
maggiore di 1/r)}): 


-yHiv,i (pr 
: 1 ZA Ve EMI (2y+1)(2pr)?- ni (LI = }— 
fto _3W 
LU bvetn Vetm A ITO+IFMI no si (pr +6,+vln 2pr-5) 
(36,15) 
dove 
8,=t-argl(y+i1tmM_ D+, (36,16) 
oppure 
el, — are TOTI TI) Linn (36,17) 


y_iv TM+1Kkiv) 


1) Come anche nel caso dell'equazione di Schrédinger, il fatto che il poten- 
ziale coulombiano decresca lentamente porta ad una deformazione delle fasi 
dell’onda, la quale diventa una funzione che varia lentamente al variare di r. 


168 CAPITOLO IV 


Per futuri rimandi, scriviamo qui l’espressione delle fasi nel caso 
ultrarelativistico (e > m, v & Za): 
216, x I(y+t1--iZa) in i- 
e Za Tyritiza) 0” ini 
Confrontando la (36.15) con la formula generale (35,7) per un’onda 


sferica normalizzata (c tenendo inoltre presente la definizione delle 
funzioni f e g (35,1)) si può ricavare la costante di normalizzazione 4: 


A Iv 
ia  T@vtto di 
p IP(p+4-+)l = Yne 


In tal modo, otteniamo la seguente espressione definitiva per le 
funzioni d'onda dello spettro continuo!): 


f mte = |P( i Ù 
2a RANE viti tivi (207) 
£ V ne © 2741) r s 


Im 
X Re {ei Pr+®F (Y—- iv, 2y+4, — 2ipr)}. (36,19) 


Nel prolungamento analitico nella regione e < m, l’espressione 
(36,17) assume la forma 
2i6, x _Zam/X T(y+1—-Zae/) ind-w 

sù y_ Zae/A T(y+1-+Zae/h) (36,20) 


Questa espressione ha dei poli nei punti dove y + 1 — Zae/A = 
=41—- n,,n,= 1,2,... (i poli della funzione T al denominatore), 
e anche nel punto y — Zae = —n, = 0 (se contemporaneamente 
si ha x <0); come era naturale, questi punti coincidono con i livelli 
discreti dell’energia. 
Nell’intorno di uno qualsiasi dei poli con n, #0, abbiamo 
Zam in (1- 
“xx Le ri Lala T | | 4 e) 
ORE ICEZETE L n} 

La forma della funzione T° vicino al suo polo può essere stabilita 
mediante la nota formula T (2) I (1 — 2) = n/sen nz: 


€ 


e 


Zae II 
D(v+1- À een 
Z d Z 
sn (141-208) cncosan do (4) 0-20 - 


Hr Zam? 


Te (—1) 28 (€ — £0) 


1) Le funzioni d’onda per il caso di un campo repulsivo si ottengono cam- 
biando il segno davanti a Za, cioè cambiando il segno di v. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 169 


(e, è il livello energetico). In tal modo!) 


Zid, n I+nr x3 1 
5 =(- 1) np! (2y+1+nr;) Zam? e—e0° (36,21) 


Alla fine del paragrafo precedente venne ricavata una formula, 
che legava il residuo della funzione e nel suo polo con il coef- 
ficiente nella formula asintotica della funzione d’onda dello stato 
legato corrispondente. Nel caso di campo coulombiano, tuttavia, 
questa formula (35,10) deve essere un poco cambiata in relazione al 
fatto che invece dello sfasamento costante è, (come era nella (35,7)) 
nella (36,15) compare la somma è, + vIn (2pr). Nel termine a si- 
nistra della (35,10) occorre quindi scrivere non e?'%, ma 


exp (216, + 2iv In 2pr) > e?'%x (2iAr)? +. 


Usando la (36,21) e determinando dalla (35,10) il coefficiente A, 
(che sarà ora una funzione di potenze di r), troviamo la forma asinto- 
tica della funzione d’onda normalizzata dello spettro discreto: 


__T (Zam/)—x)(m+e) X2 71/2 DT et 
j= Eine (24r)""" —. (36,22) 


Questa formula è già stata usata per ricavare il coefficiente nel- 
la (36,11). 
$ 37. Diffusione in un campo a simmetria centrale 


Scriviamo l’espressione asintotica della funzione d’onda, che 
descrive la diffusione di particelle nel campo di un centro di forza 
fisso, nella forma?) 


prep + up (37,4) 
Qui ug, è l'ampiezza bispinoriale dell'onda piana incidente. Il bispi- 
nore up. è una funzione della direzione di diffusione x’, e per ogni 
dato valore di n’ coincide nella forma (ma naturalmente non nella 
normalizzazione) con l'ampiezza bispinoriale dell'onda piana che 
si propaga nella direzione n’. 

Abbiamo visto nel paragrafo 24 che l’ampiezza bispinoriale di 
un'onda piana è determinata completamente da una grandezza a due 
componenti, lo spinore tridimensionale w che rappresenta la fun- 
zione d'onda non relativistica nel sistema a riposo della particella. 
Mediante questo spinore viene espressa anche la densità di corrente: 
essa è proporzionale a w*w (con un coefficiente di proporzionalità 


1) È facile convincersi che questa formula resta valida anche nel caso n, = 0. |} 
2) Nei $$ 37, 38 p indica | p |, e quindi gli indici e,'p apposti all’ampiezza. 
vengono scritti separatamente. 


470 CAPITOLO IV 


«che dipende solo dall’energia e e che è quindi uguale per le parti- 
‘celle incidenti e per quelle emergenti). Quindi la sezione d’urto 
.di diffusione è do = (w'*w'/(w*w) do oppure, se (come anche nel 
°$ 24) si normalizza l’onda incidente con la condizione w*w = 1, 


do =w'*w' do. 


Introduciamo l’operatore di diffusione mediante la relazione 
w = fw. (37,2) 


Poiché le grandezze w, w' hanno due componenti, l'operatore, defi- 
nito in questo modo, è del tutto analogo all’ampiezza operatoriale 
di diffusione, che compare nella teoria non relativistica, nella quale 
si tiene conto dello spin (III, $ 140). Quindi si possono usare qui 
direttamente le formule, ottenute nel vol. III, che esprimono l’ope- 
ratore attraverso gli sfasamenti delle funzioni d'onda nel campo 
diffusore. Occorre soltanto trasformare questi sfasamenti esprimendo 
le fasi 67 e 67, introdotte nel III, $ 140, attraverso lo sfasamento è, 
«cche compare nella formula relativistica (35,7). Ricordiamo che le 
fasi 6; e 6; si riferivano a stati di momento angolare orbitale / e di 
momento totale j = + 1/2 e j = 2 — 1/2. In accordo con la defi- 
nizione (35,3) abbiamo x = —/ — 1 perj=/+ 1/2, ex =/ per 
j = — 1/2. Quindi noi dobbiamo cambiare le notazioni come 
«Segue: 
di > but di + Ò 


(e ricordare che l’indice apposto alle fasi indica ora un valore del 
numero x!). In tal modo, otteniamo le seguenti formule: 


f= A + Bvo, (37,3) 


A=55 3 [(Z-+ 1) (e?:1-41)+1(e°-1)] 2; (c0s0), (37,4) 


=> DI (e2!°-1 — e°'1) Pi (cos6), (37,9) 


dove v = [nn']/|[mn']|. 

Poiché w è la funzione d'onda spinoriale nel sistema di riferi- 
mento in quiete, anche le proprietà di polarizzazione della dif- 
fusione vengono descritte mediante f dalle stesse formule, ricavate 
nel vol III, $ 140. 

Nel caso di un campo coulombiano risulta possibile esprimere 
‘ambedue le funzioni A (0) e £ (0) mediante una sola funzione. 
Indichiamo brevemente lo sviluppo dei calcoli corrispondenti!). 


1) R. L. Gluckstern, S. R. Lin, J. Math, Phys. 5, 1594 (1964). 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 171 


Per un campo coulombiano gli sfasamenti è, sono dati dalla 
formula (36,17), che rappresentiamo ora nella forma 


: 2 
eli, — — (x_i Zeèm VEC, 
p_J|x| 
i | (37,6) 
C.=--_TO=M _ cimxi-» 
i LY+1+tiv) 
(notiamo che ei? = eiT* per x >D, e eil — —eit* per x <0), 


Mediante le grandezze introdotte le serie (37,4-5) possono essere 
rappresentate nella forma 


A(0)=160)—: em. F (8), 


P 
(37,7) 
B(0)= —+ tg7-G(0)+ 57° cotg3.F (0), 
dove 
G(0)=3 SI 2C:(P.+ Pi), F(0) => J ICi(P,— Pi). (37,8) 
l=1i I=1i 


Nella trasformazione della serie 8 (0) sono state usate le seguenti 
formule di ricorrenza tra i polinomi di Legendre: 


P}4- Pi = — cotg 5-L(Pi—Pi.i), (37,9) 
0 
Pi — Pia =t8 3 l1(Pi+ Pia). (37,10) 
D'altra parte, in virtù dell'identità 


(1+cos0) 7-47 [P, (cos 0) — P,.; (cos6)] = 


=1[P;(cos 0) + Pi (cos 0)] (37,11) 
le funzioni (0) e G(0) sono legate tra loro dalla relazione 
dF 0 dF 
G=(1—cos0)— = — cotg8+ (37,12) 


Quindi A (0) e 2 (0) risultano espresse attraverso l’unica funzione 
F (0)'). 


\ 
$ 38. Diffusione nel caso ultrarelativistico 


Studiamo a parte la diffusione nel caso ultrarelativistico 
(e > m). In prima approssimazione trascuriamo completamente, 
nella funzione d’onda, la massa m. A questo scopo, è comodo usare 

1) La funzione F (0) non è esprimibile, in forma chiusa, attraverso funzioni 


elementari. Risulta, tuttavia, possibile scriverla sotto forma di un integrale 
definito doppio; vedi articolo indicato sopra. 


172 CAPITOLO IV 


la rappresentazione spinoriale p = (î) , cosi che per m =0 le 
equazioni per È e n si scindono 


— iove=(e-U)E, 
—iovn= —(e-U)m i 


(assumono la forma « neutrinica», $ 30). 
Allo stato di elicità dell’elettrone, polarizzato lungo la direzio- 


ne p, corrisponde la funzione d'onda y= A , mentre all’elettrone 
0 


con la polarizzazione opposta corrisponde w = i . Per il fatto 


che le equazioni per È e n sono separate, è evidente che la proprietà 
appena citata non viene meno nel processo di diffusione. In altre 
parole, nella diffusione di elettroni ultrarelativistici la elicità si 
conserva. Da considerazioni di simmetria (polarizzazione longitu- 
dinale) è chiaro che nella diffusione di particelle di elicità determi- 
nata manca l’asimmetria azimutale. Si può anche affermare che la 
sezione d’urto di diffusione di elettroni a elicità determinata non 
dipende dal segno della elicità; questo discende dal fatto che un 
campo centrale è invariante rispetto all’inversione, mentre il segno 
della elicità per l’inversione cambia in quello opposto. 

Nel caso ultrarelativistico le formule (37,3-5) possono essere 
fortemente semplificate (D. R. Yennie, D. G. Ravenhall, R. N. Wil- 
sons 1954). 

Sia l’elettrone incidente polarizzato, per esempio, lungo la 
direzione del moto n. Per un’onda piana con un dato valore di no 


lo spinore È (= (@ + y)/V 2) è proporzionale a quello stesso spino- 
re tridimensionale w, che figurava nella rappresentazione standard 
dell’onda. Per questo, il legame tra le ampiezze spinoriali dell’onda 
incidente e dell’onda diffusa è realizzato, nella nuova rappresenta-. 
zione, dal medesimo operatore f. 

A seguito della diffusione la polarizzazione ruota insieme all’im- 
pulso e assume la direzione x’. L’azione dell’operatore f sulla fun- 
zione d'onda di spin dell'elettrone si riduce quindi alla rotazione 
di un angolo 0 (angolo formato da n e n') attorno all'asse v=[x n']. 
A sua volta, questa rotazione è equivalente alla rotazione del sistema 
di coordinate attorno a quello stesso asse nella direzione opposta, 
cioè di un angolo — 0. Da qui discende che l’operatore f deve coinci- 
dere (a meno di un coefficiente) con l’operatore che realizza la tra- 
sformazione della funzione d’onda per la rotazione citata del sistema 
di coordinate, cioè con l'operatore (18,17), dove 0 -+ —0. Da un 
confronto della (37,3) con la (18,17) troviamo la relazione 


i _itg5. (38,2) 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 173 


In tal modo, nel limite ultrarelativistico abbiamo 
f=A4(0)[1-itg3-vo]. (38,3) 


L'espressione (37,4) per A (0) può venire anch'essa semplificata 
se si sfrutta la relazione tra gli sfasamenti è, e 6_y, che compare 
nel limite ultrarelativistico. Per ricavare questa relazione notiamo 
che le equazioni (35,4) per le funzioni f e g, dopo l'esclusione dei 
termini contenenti m, diventano invarianti per la sostituzione 


ur, Îf>8& &E>-} 


che non interessa i parametri della particella o del campo stesso. 
Per questa ragione deve valere la relazione {,/gx = —&-x/f-x 
e, dopo la sostituzione delle espressioni asintotiche, troviamo le 
relazioni 


tg(pr-5]+%.) = — cotg (pr-5+8.): 


8,=6,—(l-)5+(n43)a, 


dalle quali discende 
el —- 60m, (38,4) 


Usando questa relazione (e sostituendo nel primo termine della 
somma nella (37,4) l'indice di sommatoria / con) — 1) otteniamo!) 


A (8) => S 1(efi1— 1) [P;(cos0) + P;. (cos0)]. (38,5) 
I=1 


Dalla (38,2) discende che Re(48*)=0. Questo significa che 
nell’approssimazione considerata la sezione d’urto non dipende 
dalla polarizzazione iniziale delle particelle, e che un fascio non 
polarizzato rimane tale anche dopo la diffusione (vedi le formu- 
le III (140,8-10)). Notiamo anche che per 0 + x l’espressione A (0) 
(38,5) tende a zero come (x — 0)? (ricordiamo che P,(-1) = (—1)?). 
Contemporaneamente tende a zero anche la sezione d’urto 


d 2 
Sr =|ap+|pp= 140, (88,6) 

do 0 

COS? > 

2 
Le proprietà citàte vengono meno, naturalmente, nelle approssima- 
zioni successive in m/e. In particolare, un’analisi mostra che per 
06 + x la sezione d'urto tende ad un limite proporzionale a (m/e)?. 


1) Con una trasformazione analoga alla formula (37,5) si può ottenere di 
nuovo la relazione (38,2). Per fare questo è necessario usare le formule di ricor- 
renza per i polinomi di Legendre (37,10). 


174 CAPITOLO IV 


Per il campo coulombiano nel caso ultrarelativistico gli sfasa- 
menti è, non dipendono dall’energia, come è chiaro dalla formu- 
la (36,18)!). In un campo coulombiano puro la sezione d’urto di 
diffusione per € ‘> m ha, quindi, la forma 


do = %, (38,7) 
dove t è funzione solo dell’angolo. 


$ 39. Sistema di funzioni d’onda dello spettro continuo 
per la diffusione nel campo coulombiano 


In seguito ($ 93) verranno studiati diversi processi anelastici, 
che avvengono nella diffusione di elettroni ultrarelativistici nel 
campo di un nucleo pesante (Za — 1). Per il calcolo dei corrispon- 
denti elementi di matrici ci saranno necessarie le funzioni d’onda, 
la cui forma asintotica (per r + 0c0) si ottiene componendo un'onda 
piana e un'onda sferica. 

Noi vedremo che nel caso ultrarelativistico (energia dell’elettro- 
ne € > m) il ruolo fondamentale nella diffusione è svolto dai trasfe- 
rimenti di impulso (dall’elettrone al nucleo) dell’ordine q = | p’ — 
— p|-—-m. A questi valori di 9g corrispondono « distanze d’urto » 
pr 1/g- 1/m, e per gli angoli di diffusione dell’elettrone valgona 


le relazioni?) 


E 


g m 


In termini di coordinate r (distanza dal centro) e di variabile 2 = 
= rcos0 queste relazioni danno il seguente dominio di valori: 


p=rsen0 = +, p(r—z)=pr(1—cos0) = 1. (39,2) 


Inoltre vale la relazione r — e/m?, cioè siamo nella regione delle 


grandi distanze. 
Scriviamo l’equazione di Dirac nella forma 


(e -U—-mf+iaV)y=0, u--f2. (39,3) 


Applicando l’operatore (e — U + mf — iav), trasformiamo la 
(39,3) in un’equazione del secondo ordine 


(A + p° — 2eU)p = (-iavU— U?)v. (39,4) 


Poiché nella regione considerata r > Za/e, si ha la relazione 
U « e. In prima approssimazione, nella (39,4) si può trascurare la 


1) Questo si vede direttamente dalle equazioni (38,1), poiché per il campo 
coulombiano l'energia e può venire esclusa completamente dalle equazioni 
mediante la sostituzione r + r'’/e. 

2) In questo paragrafo p sta per | p |. 


\ PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 175. 


parte destra. La parte restante dell’equazione 
2eZ 
(A+p+£22) y=0 (39,5) 


coincide nella forma con l'equazione non relativistica di Schr6dinger- 
in un campo coulombiano 


(A+) 0 


differendo da essa solo per un cambiamento evidente delle notazioni 
dei parametri (nell’« energia potenziale » c’è, in più, il fattore. 
e/m). Noi possiamo, quindi, scrivere immediatamente la soluzione 
avente la forma asintotica dovuta (vedi III, $ 136). 

Cosi, la funzione d’onda, contenente un’onda asintoticamente- 
piana (ce?) e un'onda sferica divergente, ha la forma 


Up . i . 
Pep = Ca mr. ) i(pr—pr)), 


E 


(39,6) 


C= enzael2oT (1— i £22 ). 

dove / è una funzione ipergeometrica confluente, e usp è l'ampiezza 
bispinoriale costante dell'onda piana, normalizzata con la condi- 
zione da noi adottata (23,4) 


Ueplep = 2M. (39,7): 


La funzione d’onda (39,6) è normalizzata in modo che l’onda. 
piana abbia la forma asintotica solita 
_*P_gipr, 
Vv 2e 
corrispondente ad una « particella nell’unità di volume ». Poiché 
nel caso ultrarelativistico p = e, nella (39,6) si può fare la sostitu- 
zione Zae/p = Za: 


più — C EL einF (iZa, 1, i(pr—pr)). (39,8). 
V2e 
C=eZa"/2T(1-iZa). 


Notiamo che, anche se si considerano distanze tanto grandi per: 
le quali vale la relazione pr > 41, nella (39,8) non si può sostituire 
la funzione ipergeometrica con la sua espressione asintotica; argo- 
mento della funzione 7, infatti, non è pr, ma la quantità pr (1 — così), 
che noi non supponiamo grande!). 


1) Nel vol. III, $ 135 venivano considerati r grandi a piacere, talché questa 
sostituzione era possibile per angoli 0 qualsiasi. 


Juli CAPITOLO IV / 


Per le applicazioni, nella funzione w risulta necegsaria anche 
l'approssimazione successiva, avente una struttura spinoriale, dif- 
ferente dalla struttura della (39,8) (che si riduce al fattore ug)). 
Per trovare questa nuova approssimazione, scriviamo nella forma 


C 
i ug — 
dE 
Nel membro destro dell'equazione (39,4) conserviamo ora iltermine 
con la prima potenza di UV, e per la funzione @ otteniamo l’equa- 
zione 


ei” (we,P + q). 


(A--2ipV — 28U) q; = — ius ,aVU. (39.9) 
La soluzione è facile da trovare, se si nota che la funzione £ soddisfa 
l'equazione 


(A -- 2ipy — 2eU) F = 0) 


(cosa facilmente verificabile sostituendo la (39,6) nella (39,5)). 
Applicando a quest'equazione l'operatore V, otteniamo 


(A 2ipV — 280) VF = 2eF VU. 
Confrontando con l'equazione (39,9). troviamo 
q= > (aV)ue,F. 


Scriviamo l’espressione definitiva per y‘* e per la corrispondente 
funzione y'7 che contiene nella sua espressione asintotica un'onda 
sferica convergente, 


(PRE va ein” (1 -È v) F(iZa, 1, i(pr—pr))Ue,. 
pe E ein (1 -—> v) F(—iZa,1. —i(pr+pr))Uz,, (39,10) 


C=esZa?T(1-—iZa) 


(W. H. Furry, 1934). Scriviamo anche le funzioni analoghe (_e_,,) 
a « frequenza negativa », che saranno necessarie nello studio di 
processi con la partecipazione di positroni. Queste funzioni si pos- 
sono ricavare dalla funzione ws, mediante la sostituzione p+ — P, 
e + — €, dove p = |p | non cambia (come conseguenza di quest'’ulti- 
mo fatto, il parametro della funzione ipergeometrica iZa cambia 
segno, come si vede dall'espressione originaria (39,6), nella quale 
questo parametro compare nella forma iZae/p). In tal modo, otte- 
niamo 


BE TIOE: di -iprf. ala _ i ] 
\lssg VE ec? (1 HO” ) F( iZa, 1,i(pr+pr))u-e-,h 
ah %er GARE (1 3 v) F(iZa,1, —i(pr—pr))u_s-,, (39,411) 


C=e-nZa/2T(1-+iZa). 


\ PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 177 
\ 


A proposito dei calcoli eseguiti, è necessario fare ancora l’osserva- 
zione seguente. La condizione asintotica da noi posta non è di per 
se stessa affatto sufficiente per una scelta univoca della soluzione 
dell'equazione ‘d’onda (questo è chiaro anche solo dal fatto che a p 
si può sempre aggiungere, senza violare questa condizione, una 
qualsiasi onda sferica divergente coulombiana). Scrivendo la solu- 
zione dell'equazione (39,5) nella forma (39,6), implicitamente 
abbiamo scelto una soluzione finita per r = 0. Questa richiesta 
era necessaria nel vol. III, $$ 135, 1836, dove si consideravano solu- 
zioni dell'equazione esatta di Schròdinger, che valevano in tutto 
lo spazio!). Nel caso considerato, invece, l’equazione (39,5) vale solo 
per le grandi distanze, e quindi la scelta fatta della soluzione neces- 
sita di una giustificazione supplementare. 

Questa è data dal fatto che a grandi « distanze d'urto » p = 
= r sen 6 corrispondono grandi momenti angolari orbitali / e piccoli 
angoli di diffusione 0; per p — 1/m abbiamo 


E 
loppope- dI 


mentre l’angolo 0 può essere stimato in maniera quasi-classica 

1 ( dU U' (0)p .m 
Questo significa che nello sviluppo di w in onde sferiche compa- 
riranno (nel dominio considerato di r e 0) principalmente onde con 
i grandi valori di / indicati. Un’onda sferica a grandi / decresce 
chiaramente fino ad assumere valori piccoli a misura che ci si avvi- 
cina all'origine delle coordinate oltre le distanze « classicamente 
raggiungibili » r « 2/e (fatto reso possibile dalla barriera centri- 
fuga). Se si effettua la «saldatura » della soluzione dell’equazio- 
ne (39,5) con la soluzione dell’equazione esatta (39,4) alle piccole 
distanze per r — ri, dove Z/e > ri > Za/e, la condizione al contorno 
per la soluzione dell’equazione (39,5) consisterà nel richiedere che 
essa sia piccola, fatto che giustifica la scelta da noi fatta. vg 


PROBLEMA vd 


Trovare la correzione (di ordine relativo — Za) alla funzione d'onda non 
relativistica dello spettro discreto nel caso di un campo coulombiano attrattivo 
con Za< 1. | | | 

Soluzione. La velocità dell’elettrone nello stato Santo è v- Za e quindi 
per Za < 1 in approssimazione zero la funzione d'onda è non relativistica, cioò 


P= Utbnon rel» 


1). Nella soluzione esposta nel vol. III, $135, questa condizione era garantita 
dalla scelta dell’integrale particolare della forma (135,1) al posto della somma 


| \ 


generale di integrali con vari valori di f; e fio. 


178 CAPITOLO IV 
dove Wnon rel è la funzione di Schréòdinger, uv è un bispinore della forma u = 


= (5 , dove w è uno spinore che descrive lo stato di polarizzazjone dell’elettro- 
ne. Nell’approssimazione successiva scriviamo = utnonrel + yw e, s0- 
stituendo nella (39,4), troviamo per pl) l'equazione 

1 Za . Za 1 
(= A—|En +2) peb=is— (v 7) (CU) ‘non rel» 


2 m 


dove £, è il livello energetico discreto non relativistico. Qui sono stati omessi 
i termini di ordine (Za)? (occorre tener presente che nel caso non relativistico le 
distanze fondamentali sono dell'ordine del raggio di Bohr r — 1/mZa). La solu- 


. . . bi L . ®. LI 
zione di questa equazione è y1) = —5î GUuVPnon re! € quindi per w troviamo 


p= (1-— av) UPnon rel» 


$ 40. Elettrone nel campo di un'onda elettromagnetica piana 


L'equazione di Dirac può essere risolta esattamente per un elet- 
trone che si muove nel campo di un’onda elettromagnetica piana 


(D. M. Volkov, 1937). 

Il campo di un'onda piana a quadrivettore d’onda X (k° = 0) 
dipende dalle 4-coordinate solo nella combinazione p = kz, e quindi 
per il 4-potenziale abbiamo 


AU = A” (Q), (40,1) 
che soddisfa la condizione di gauge di Lorentz 
dA" = kyA" =0 


(l’apice significa la derivazione rispetto a @). Poiché in A un termine 
costante non è essenziale, in questa condizione si può omettere 


l’apice e scrivere 
kA=0. (40,2) 


Partiamo dall’equazione del secondo ordine (32,6), nella quale 
il tensore del campo ha la forma 
Fuvy=kyAy — kyAp. (40,3) 


Sviluppando il quadrato (i0 — eA)? occorre tenere presente che, 
in virtù della (40,2), si ha d, (AP) = AFò, . Come risultato otte- 
niamo l’equazione 
[—d2—2ie (Ad) + e24°?—m2— iekA']y=0 (40,4) 
(0° = 0,04). 
Cerchiamo la soluzione di questa equazione nella forma 


p=e- PF (9), (40,5) 


\ PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 179 
dove p è un'quadrivettore costante. L'aggiunta a p di qualsiasi 
vettore del tipo costante-X non cambia la forma della funzione 
(è necessario solo il corrispondente cambio di notazione della fun- 
zione f (9)). Senza perdita di generalità, si può quindi imporre a p 
una condizione addizionale. Sia 


p° = m?. (40,6) 


Allora, spegnendo il campo, i numeri quantici pà si trasformano 
in componenti del quadrivettore energia-impulso di una particella 
libera. Il senso delle componenti del 4-vettore p, in presenza di un 
campo, risulta più chiaro in un sistema di riferimento speciale, 
scelto in modo che in esso sia A) = 0. Sia il vettore A, in questo 
sistema, diretto secondo l’asse 21, e X ‘secondo l’asse x? (sia cioè 
il campo elettrico dell’onda diretto lungo l’asse 21, il campo magne- 
tico lungo l’asse z?, e l’onda si propaghi nella direzione x3). Allora 
la (40,5) sarà un’autofunzione degli operatori 


_; 9 9 99 
Pilar» Paola Pot ps=i(797_ 33) 


con gli autovalori p,, ps, Po — P3 (questi operatori, come è facile 
vedere, commutano con l’hamiltoniano dell’equazione di Dirac). 
In tal modo, nel dato sistema di riferimento, p?, p*? sono le compo- 
nenti dell'impulso generalizzato lungo gli assi x!, x? e p° — p? 
è la differenza tra l'energia totale e la componente dell’impulso 
generalizzato lungo l’asse 2°. 

Operando la sostituzione della (40,5) nella (40,4) notiamo che: 

0"F=kFP', 09" F = k2F" =0, 
e per f (g) troviamo l’equazione 
2i (kp) F' +{—2e(pA)+ e24° — iekA'|F=0. 

L’integrale di questa equazione è 


ek A u 


F=exp{_i Sa 04) 7g 4] +29 Vi’ 


dove u/V 2p, è un bispinore costante qualsiasi (circa la forma della 
sua scrittura vedi più avanti). 
Tutte le potenze di XA superiori alla prima sono nulle, poiché 


KAKA= —kkAA+2(kKA)kA= — k2A2=0. 


Si può quindi fare la sostituzione 


kÀ 


©XP 3 kp) "a =1t77% 2(kp) Ta 


Zani 


kA, 
12* 


180 CAPITOLO IV 


in, modo che w assuma la forma 


e 7 u 
dove!) 
kx 
I e e2 
Ù 


Per chiarire le condizioni, imposte al bispinore u, supponiamo 
che l'onda subisca uno smorzamento piccolo a piacere. Allora per 
A +-0x-+ c0 e anche y deve trasformarsi nella soluzione dell’equa- 
zione libera di Dirac. A questo scopo u = u (p) deve soddisfare 
l'equazione 


p_mu=0. (40,9) 


Con questa condizione vengono eliminate tutte le soluzioni « ridon- 
danti » dell’equazione del secondo ordine. Poiché u non dipende 
dalle coordinate, questa condizione vale anche per valori finiti 
di 7, dove la presenza di un debole smorzamento non influisce sulla 
forma di y. In tal modo, u (p) coincide con l'ampiezza bispinoriale 
dell'onda piana libera; supporremo che essa sia normalizzata con 
la stessa condizione (23,4): fu = 2m. 

I ragionamenti esposti permettono anche di chiarire immedia- 
tamente la normalizzazione delle funzioni d'onda (40,7). Per le 
funzioni d'onda dello spettro continuo l'integrale di normalizza- 
zione si forma nelle regioni lontane dello spazio. Dopo l’introdu- 
zione di un debole smorzamento le funzioni d’onda in queste regioni 
coincideranno con le funzioni del moto libero. Da qui discende che le 
funzioni (40,7) soddisfano la stessa condizione di normalizzazione 

4 — 
ar | ode = | Vertondie=8(p'—p), (40,10) 
cui soddisfano le onde libere piane. 

Troviamo la densità di corrente, corrispondente alle funzio- 


ni (40,7). Notando che 
li set _—E_ fl | ei8 
ei veri SINETC) dk ]e, 
con una moltiplicazione diretta troviamo 
®_T __i u_4b i qu e(pA) _ e24° 
ion {Ped +4 ( ra)} 01) 


Se A (@) sono funzioni periodiche, il loro valore medio (rispetto 
al tempo) si annulla, e quindi il valore medio della densità di cor- 


1) Notiamo che S caincide cen l’azione classica per una particella che si 
muove nel campo dell'onda, vedi II, $ 47, problema 2. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 181 


rente è 
“i 
] 


_1(u__ e 
"Po (p 2 (kp) 


Troviamo anche la densità di impulso cinetico nello stato wp. 
L'operatore dell'impulso cinetico è dato dalla differenza p— eA4 = 
= i0 — eA. Mediante calcoli diretti troviamo 


w (pP—eA%) po = dpr (p"—e4%) pp= 


A°R*) . (40,12) 


_ pi u_u (e(pA)  e2A2 ui de 
= ped 4% (TE) + rana Put). (40,13) 


Il valore medio, rispetto al tempo, di questo quadrivettore, che 


indicheremo con g*, è 


qu= pr—_ dn k®. (40,14) 
Il suo quadrato è 
qa=m,, Mmy= m/ 1 +4 A?, (40,15) 


dove mn, ha il ruolo di « massa efficace » dell'elettrone. Confrontando 
la (40,14) e la (40,12), vediamo che 


ug 
lr (40,16) 


Notiamo anche che la condizione di normalizzazione (40,10), 
espressa attraverso il vettore 9g, ha la forma 


1 A 
(2)? | dp pod°r = Deli (d — 9) (40,17) 


(il passaggio dalla (40,10) alla (40,17) è più facilmente realizzabile 
nello speciale sistema di riferimento indicato prima). 


$ 41. Moto dello spin in un campo esterno 


Il passaggio all’approssimazione quasi-classica nell'equazione di 
Dirac viene fatto in modo analogo a quello seguito nella teoria 
non relativistica. Nell’equazione del secondo ordine (32,7a) sosti- 
tuiamo w nella forma!) 


ì 
—S 
p=ue? 


(dove .S è uno scalare, u un bispinore che varia lentamente). Si sup- 
pone che sia soddisfatta la condizione solita di quasi-classicità: 
l'impulso della particella deve variare poco su distanze dell’ordine 
della lunghezza d’onda È%/| p |. 


1) Qui vengono usate unità ordinarie, 


182 CAPITOLO IV 


(2) 


Nell’approssimazione di ordine zero in % si ottiene l'equazione 
relativistica classica ordinaria di Hamilton — Jacobi per l’azio- 
ne S. Tutti i termini contenenti lo spin (e proporzionali a %) scom- 
paiono dalle equazioni di moto. Lo spin compare soltanto nell'ap- 
prossimazione successiva in $. In altre parole, l’effetto del momento 
magnetico dell’elettrone sul suo moto è sempre dello stesso ordine 
di grandezza delle correzioni quantistiche. Questo è del tutto natu- 
rale, vista la natura puramente quantistica dello spin, il cui valore 
è proporzionale a È. 

In questa situazione acquista un senso il problema del comporta- 
mento dello spin dell’elettrone, che compie un dato moto quasi- 
classico in un campo esterno. La soluzione del problema posto 
è contenuta nell’approssimazione successiva in % dell'equazione di 
Dirac. Noi ricorreremo, tuttavia, ad un altro metodo, più signifi- 
cativo e che non è legato direttamente all’equazione di Dirac. Esso 
presenta il vantaggio di permettere di considerare il moto di qual- 
siasi particella, ivi comprese particelle con rapporto giromagnetico 
«anomalo », che non è descritto dall’equazione di Dirac. 

Il nostro scopo è quello di stabilire l'equazione di moto dello 
spin per un moto (dato) qualsiasi della particella. Iniziamo dal caso 
non relativistico. 

L’hamiltoniano non relativistico di una particella in un campo 
esterno è 


H= H'— uoH, (41,4) 


dove in H' sono stati inclusi tutti i termini non contenenti lo spin 
(vedi III, $ 110); u è il momento magnetico della particella. Questa 
forma dell’hamiltoniano non è legata con una particolare specie di 
particelle. Per gli elettroni u = el/2mc (la carica dell’elettrone 
è e= — |e|l), mentre per i nucleoni u contiene anche una parte 
«anomala »1) 


r hi 
p=u—37. (41,2) 

In accordo con le regole generali della meccanica quantistica, 
l'equazione operatoriale del moto dello spin si ricava dalla formula 
seguente: 


s= 7 (Hs—-sH)= 57 (Ho— cH). (41,3) 
Sostituendo qui la (41,1) troviamo 
S; = 3 H, (010; — 0;0x) = È Cini 01, 


1) Se si tiene conto delle cosiddette correzioni radiative, anche il momento 
magnetico dell’elettrone contiene una piccolissima « parte anomala ». 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 183 


ovvero 
0) 2u 
S5S,E [SH]. (41,4) 
Mediamo questa uguaglianza operatoriale rispetto allo stato del 


pacchetto d'onde quasi-classico, che si muove lungo una traiettoria 
data. Questa operazione si riduce alla sostituzione dell’operatore 


di spin con il suo valore medio 8, e del vettore H con la funzione 
H (t), che rappresenta la variazione del campo magnetico nel punto 
dove si trova la particella (il pacchetto d'onda) per un moto dato 
secondo una traiettoria della particella stessa. Nell’approssima- 
zione non relativistica (cioè nell’ambito dell’equazione di Pauli) 
s = 0/2 è l’operatore di spin della particella nel suo sistema a ripo- 
so, il cui valore medio è stato indicato nel $ 29 con $/2. In tal modo, 
noi arriviamo all’equazione 


dl 2 (0 (4). (41,5) 


In questa forma l'equazione ha, in sostanza, carattere puramente 
classico. Questo significa che il vettore momento magnetico compie 
una precessione attorno alla direzione del campo con la velocità 
angolare —2uZ7/h, restando invariato in modulo!). 
Nel caso non relativistico la velocità v della particella varia 
secondo l'equazione 
dv 


e 
“di = me OH], 


cioè il vettore v ruota attorno alla direzione di H con la velocità 
angolare — eH/mc. Se p'=0, allora u = ek/2mc, e questa velocità 
angolare coincide con la velocità —2u47/% con cui ruota il vettore $; 
in altre parole, il vettore polarizzazione conserva costante l’angolo 
che esso forma con la direzione del moto (vedremo più avanti che 
questo risultato rimane valido anche nel caso relativistico). 
Generalizziamo ora l'equazione (41,5) al caso relativistico. Per 
una descrizione covariante della polarizzazione occorre ricorrere ai 
4-vettori a, introdotti al $ 29, e l'equazione di moto dello spin deve 
determinare la derivata da/dt rispetto al tempo proprio t?). 


1) Classicamente, l'equazione (41,5)si ricava direttamente dall’uguaglianza 


dM 
= = HB} 


dove M è il momento della quantità di moto del sistema, y il suo momento 


magnetico; [yu] è il momento delle forze agente sul sistema. Ponendo M = 3 h&, 


= 3-&= pé, otteniamo la (41,5). 
2) Da questo punto in avanti porremo nuovamente c = {1,7 = 1. 


184 CAPITOLO IV 


La forma possibile di questa equazione può essere stabilita già 
da considerazioni di invarianza relativistica, se si tiene presente 
che la sua parte destra deve essere lineare e omogenea rispetto al 
tensore del campo elettromagnetico FW e al quadrivettore ar, 
e può contenere, oltre a queste grandezze, soltanto la 4-velocità 
ur = p*/m. A queste condizioni soddisfa soltanto un'equazione del 
tipo 

da” 
di 


dove a, f sono coefficienti costanti. È facile vedere che, in virti 
della condizione a,u* = 0 e della antisimmetria del tensore FWv 
(da cui discende che FWvu,u, = 0), non è possibile comporre nes- 
sun’'altra espressione della forma richiesta. 

Per v + 0 questa equazione deve coincidere con la (41,5). Ponen- 
do a' = (0, &), ut = (1,0), t = t, otteniamo 


= Fa, + fu F*u,a, (441,6) 


Confrontando con la (41,5), troviamo a = 2h. 

Per determinare f. usiamo la condizione a'u; = 0. Derivando 
questa uguaglianza rispetto a t e usando l'equazione classica del 
moto di una carica in un campo 


du” 
m = eF"u, 


i 


dt 
(vedi II, $ 23), otteniamo 
da” du e e 
uno = gr = UU F"°u, => Fay. 


Moltiplicando ora l’equazione (41,6) da ambedue le parti per u,, 
tenendo conto dell’uguaglianza u,u* = 1 e dividendo per il fattore 
comune fWu,a,, otteniamo 


B=—2(n-s7)= 2 


In tal modo, otteniamo finalmente l’equazione relativistica del 
moto dello spin 
dal 2 Ftay—2p'ut FP 44,7 
Td «br Gy UA, (41,7) 
(V. Bargmann, L. Michel, V. Telegdi, 1959))). 
Passiamo ‘ora dal quadrivettore a alla grandezza È, che carat- 
terizza direttamente la polarizzazione della particella nel suo siste- 
ma « istantaneo » in quiete; il legame tra a e È è dato dalle formule 


1) In una forma diversa, questa equazione venne per la primn volta ottenuta 
da Ja. I. Frenkel (1926). 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 185 


(29,7-9). Notiamo subito che dalla (41,7) discende immediata- 
mente che a uda/dt = 0, e quindi agg = costante. Poiché a,a* = 
= —(*, questo è un risultato naturale: nel moto della particella la 
sua polarizzazione $ rimane invariata in modulo. 

L'equazione, che determina il cambiamento di direzione della 
polarizzazione, si ottiene passando, nella (41,7), a notazioni tridi- 
mensionali. Sviluppando le componenti spaziali di questa equazia- 
ne, troviamo 


= E [aH] +2 (av) E-L v(aE)+ 


LI v(v [a H)) +e © v(av)(vE). 


Qui occorre sostituire la (29,9), tenendo conto, nella derivazione, 
delle uguaglianze p = ev, e°=p? + va e delle equazioni del moto 


d& —€@eE+ e[vH], —-=e(vE). (41,8) 


Un calcolo elementare, anche se abbastanza lungo, porta alla se- 
guente equazione!): 
d 2 2u' (e— 21u'e 
È AEM TI (pH + ES (0) [00] + 
2um | 2u'e 
+atn [BE]. (41,9) 

Di particolare interesse non è tanto il cambiamento di direzione 
assoluta della polarizzazione nello spazio, quanto il suo cambia- 
mento rispetto alla direzione del moto. Rappresentiamo $ nella 


forma 
E=nuyt6L (41,10) 


(dove n=v/v) e scriviamo l'equazione per la proiezione della pola- 
rizzazione lungo la direzione del moto. Il calcolo, eseguito mediante 
le formule (41,8-9), porta al seguente PRA 


Sr Gm) (EN) E) (44,11) 


1) Se, come si fa spesso, si introduce per le particelle cariche il coefficiente 
; ; e 1 e 
giromagnetico (fattore di Lande) g secondo la formula u= g a 3( giro 5) 3 
questa A assume la forma 


(e-2+22) Iran+ 3-2 77 C+ 
+3 (e) iz]. (1,9) 


7 Un metodo più breve per ottenere questa equazione consiste nello svilup- 
pare la componente temporale dell'equazione (41,7). 


Cu 
di =x% 


486 CAPITOLO IV 


Una serie di esempi di applicazione delle equazioni ricavate 
verrà data nei problemi alla fine di questo paragrafo. Qui ci limi- 
tiamo ad osservare che nel moto in un campo magnetico puro la 
polarizzazione di una particella priva di momento magnetico ano- 
malo conserva costante l'angolo che essa forma con la velocità 
(%, = costante). In questo modo, il risultato ottenuto, già indicato 
per il caso non relativistico, ha effettivamente un carattere generale. 

Precisiamo ora le condizioni dell’applicabilità delle equazioni 
ottenute. La richiesta, ricordata all’inizio, di una variazione suf- 
ficientemente lenta della quantità di moto della particella è equiva- 
lente ad una determinata condizione di piccolezza delle intensità 
dei campi È e HH; in particolare, il raggio Larmor nel campo magne- 
tico (-—p/eH) deve essere grande rispetto alla lunghezza d’onda 
della particella. Oltre che questa condizione tuttavia, deve essere 
soddisfatta, rigorosamente parlando, anche la condizione che i campi 
varino nello spazio non troppo rapidamente: il campo deve variare 
di poco su distanze dell’ordine delle dimensioni del pacchetto d’onda 
quasi-classico. In tal modo, il campo deve variare debolmente su di- 
stanze dell'ordine della lunghezza d’onda della particella (41/p), 
e anche della lunghezza d’onda Compton, 41/m!). 

Praticamente, nei problemi del moto in campi macroscopici, 
la condizione di una variazione lenta è evidentemente soddisfatta, 
e quindi di fatto si richiede che l’intensità dei campi sia sufficien- 
temente piccola. 

Nel $ 33 sono state calcolate le prime correzioni relativistiche 
all'hamiltoniano di un elettrone, che si muove in un campo esterno. 
Per un elettrone in un campo elettrico l’hamiltoniano approssimato 
ha la forma (vedi la (33,12)) 


H=H-{(o[FL ) =—iA), (441,42) 
dove in H' sono stati inclusi i termini che non contengono lo spin. 
Nel nostro caso, in virtù della lenta variazione del campo, in H' 
occorre trascurare il termine con le derivate rispetto a E (cioè con 
div E); si può omettere anche il piccolo termine con p‘, non avente 
nessuna relazione con gli effetti del campo che a noi qui interessano; 
in tal modo H' (in assenza di campo magnetico) si riduce all’hamil- 


2 
toniano non relativistico H' = È + e®. 
2m 


1) L’ultima richiesta discende dalla condizione che la dispersione delle 
velocità nel pacchetto d’onde sia, nel suo sistema di quiete, piccolo rispetto a c; 
in caso contrario in questo sistema non si potrebbero usare le formule non rela- 
tivistiche. 

Se il campo varia troppo rapidamente nelle equazioni possono risultare 
essenziali dei termini supplementari, che contengono derivate del campo rispetto 
alle coordinate. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 187 


La formula (41,12) si può ottenere anche partendo dall’equa- 
zione (41,9) senza ricorrere direttamente all’equazione di Dirac. 
In questo modo si otterrà la generalizzazione (nel caso quasi-clas- 
sico) per particelle dotate di momento magnetico anomalo. 

A meno di termini del primo ordine rispetto alla velocità v, 
l'equazione del moto dello spin in un campo elettrico si ricava 
dalla (41,9) nella forma 


2 (1 +») (IE =(37-+24°) R[E011. 


Se si impone di ottenere questa equazione con il metodo quantomec- 
canico della commutazione dell'operatore dello spin con l’hamil- 
toniano (secondo la (41,3)), come è facile verificare, occorre porre 


H=H"-(p'+7-)(o|E Z|). (44,43) 


Questa è l’espressione cercata. Per u' = 0 si ritorna alla (44,12). 
Sottolineiamo che il momento magnetico « normale » e/2m compare 
con il fattore addizionale 1/2 rispetto al momento anomalo pu’). 


PROBLEMI 


4. Determinare il cambiamento di direzione della polarizzazione di una 
particella nel moto che essa compie in un piano perpendicolare ad un campo ma- 
gnetico omogeneo (v | H). 

Soluzione. Nella parte destra dell'equazione (41,9) rimane solo il primo ter- 
mine, cioè il vettore $ effettua una precessione attorno alla direzione di H (asse z) 
alla velocità angolare 


2pum + 2p' (em) ni a 7 
Quit eol q_ (242 ) H. 


Con questa stessa velocità angolare ruota nel piano zy la proiezione di $ su que- 
sto piano (indichiamola con &,). Il vettore v ruota in questo stesso piano alla 


velocità angolare —e H/e (come si vede dall’equazione di moto p= ev = e[vHI]. 
Da qui si vede che &, ruota attorno alla direzione di v alla velocità angolare 
2. Il problema 1 per il caso che il moto avvenga in un piano parallelo alla 
direzione del campo magnetico. 

Soluzione. Se le direzioni di v e H coincidono, l'equazione (41,9) si riduce 
alla forma 


——— 11 rn 


d e 


cioè $ compie una precessione attorno alla direzione comune di v e 7 alla 
velocità angolare —2umMH/e. 
3. Il problema 1 per il caso di un moto in un campo elettrico omogeneo. 
Soluzione. Sia il campo E diretto lungo l’asse 7, mentre il moto avviene nel 
piano xy (cioè p, = costante). Dalla (41,9) si vede che il vettore $ compie una 


di _ 2um 
(64), 


1) Questo è il « fattore di Thomas », ricordato nella nota a pag. 154. La 
deduzione qui esposta mostra chiaramente la sua origine. 


188 CAPITOLO IV 


precessione attorno all'asse 2 alla velocità angolare istantanea 
e , Py 
-(+ +2 )E SE. 


Scomponiamo ancora $ nelle componenti %, e È, (nel piano xy). Allora 
17, 
ci= i y 
Gy 610089, è, E= —tsenp._. 


Dalla (41,11) troviamo che &, ruota attorno alla direzione di v alla velocità 
angolare istantanea 


$ 42. Diffusione di neutroni in un campo elettrico 


Negli urti di neutroni con nuclei la diffusione a grandi angoli 
è determinata dall’interazione fondamentale, le forze nucleari. 
Nella diffusione ad angoli piccoli invece diventa importante, come 
vedremo, l’interazione del momento magnetico del neutrone con il 
campo elettrico del nucleo (J. Schwinger, 1948). 

Supporremo il neutrone non relativistico, e quindi l’interazione 
considerata è descritta dall'hamiltoniano approssimato (41,13). 
Tutto il momento magnetico di una particella elettricamente neutra 
è « anomalo », e l’operatore H' si riduce, in questo caso, all'opera- 
tore dell'energia cinetica!) 


h2 . uh 
H= 7 A+i o[EV]. (42,1) 


Essendo l’interazione elettromagnetica del neutrone piccola, 
l'ampiezza di diffusione f.m, dovuta a questa interazione, può essere 
calcolata nell’approssimazione di Born 


’ ., uh i 
Las Ta | e=tr "ln ( Dog (EVI) eisrihg3x 
(vedi III, $ 126), oppure 
fim= piso [Eb], Eg= | D(merienda © (42,2) 


(p, p' sono gli impulsi del neutrone prima e dopo la diffusione; 
hq = p' — p). In questa forma l’ampiezza f.m è un operatore rispet- 
to alla variabile di spin. 

Prima di passare ai calcoli successivi, facciamo la seguente osser- 
vazione. La formula (42,1) venne ricavata nel $ 41 per il caso di 
campi variabili lentamente (fatto questo, che significava trascurare 
nell’hamiltoniano termini contenenti le derivate del campo rispetto 


1) In questo paragrafo vengono usate unità ordinarie, e la lettera m designa 
la massa del neutrone. 


PARTICELLE IN UN CAMPO ESTERNO 189 


alle coordinate). Riferito al campo coulombiano del nucleo questo 
significa che la lunghezza d'onda À/p deve essere piccola rispetto 
alle distanze r — 4/9, essenziali nell’integrale E. Da cui fiq € p, 
e quindi l’angolo di diffusione 0 — fig/p « 1. In tal modo, la condi- 
zione richiesta è soddisfatta proprio per la diffusione ad angoli pic- 
coli. 

Per il campo coulombiano di potenziale ® = Ze/r, la trasfor- 
mata di Fourier dell'intensità è 


Eyg=—iqD,= — iq i 
(vedi II (51,5)). Sostituendo nella (42,2), otteniamo 


° 2Z F) 
fem=È on (0 [PP ]). 


Per piccoli angoli di diffusione si ha fig ® pd, [pp'] = p*0v, dove v 
è il versore nella direzione individuata dal prodotto [pp']. In tal 
modo, troviamo 

. 2Zen 


= L Olic OV. 


fem 


A questa espressione occorre aggiungere l’ampiezza di diffusione 
nucleare. Poiché le forze nucleari diminuiscono molto rapidamente 
con la distanza, questa ampiezza tende per piccoli angoli ad un 
valore complesso finito (che dipende dall’energia), che denoteremo 
con la lettera a. Quindi l'ampiezza totale di diffusione è 


= , d __ 2Zep u 
f=atizov, b=—G =2Zat. (42,3) 


Vediamo che la diffusione elettromagnetica diventa effettivamente 
preponderante per angoli sufficientemente piccoli. 

La forma dell'espressione (42,3) coincide con quella dell’espres- 
sione esaminata nel vol. III, $ 140. Per questo possiamo usare 
direttamente le formule là ricavate. La sezione d’urto di diffusione, 
sommata su tutte le possibili polarizzazioni finali, è data dalla 
formula 

2 
do laP+-7-+2bIm ast, (42,4) 

dove $ è la polarizzazione iniziale del fascio di neutroni (P nel 
vol. III, $ 140). Se lo stato iniziale non è polarizzato ($ = 0), la 
polarizzazione dopo la diffusione è 

+ _ 2bIma-0 

5 Tappo (42,9) 
Questa polarizzazione è massima per 0 = b/| a |, dove essa raggiunge 
il valore Smar = Ima/ja|. 


Capitolo V 


RADIAZIONE 


$ 43. Operatore di interazione elettromagnetica 


L'interazione di elettroni col campo elettromagnetico può, di 
regola, venire descritta mediante la teoria delle perturbazioni. Ciò 
è connesso al fatto che l’interazione elettromagnetica è relativamente 
debole; quest’ultima circostanza trova la sua espressione nella pic- 
colezza della relativa costante di accoppiamento adimensionale, la 
costante della struttura fina a = e?/hc = 41/137. Il fatto che questa 
costante sia piccola ha un'importanza fondamentale nell’elettro- 
dinamica quantistica. 

Nell’elettrodinamica classica (vedi II, $ 28) l’interazione elet- 
tromagnetica è descritta dal termine 


— ej"Ay (43,1) 


nella densità di lagrangiano del sistema « campo +- cariche » (A è il 
quadripotenziale del campo, j il quadrivettore densità di corrente). 
La densità di corrente soddisfa l'equazione di continuità 


d,}"=0, (43,2) 


che è l’espressione della legge di conservazione della carica. Ricordia- 
mo (vedi II, $ 29) che l’invarianza di gauge della teoria è stret- 
tamente connessa proprio con questa legge. Effettivamente, per la 
sostituzione A, + Ay + dyX (4,4), alla densità di lagrangiano (43,1) 
viene ad aggiungersi la grandezza —ejF0,y, la quale, in forza del- 
la (43,2), può essere scritta sotto forma di divergenza quadridimen- 


sionale 

— en (x), 
e quindi scompare quando nell'azione S = | Ld'x si esegue l’in- 
tegrazione in d'z. 

Nell’elettrodinamica quantistica i quadrivettori j e A vengono 
sostituiti con corrispondenti operatori di seconda quantizzazione. 
L’operatore di corrente viene espresso attraverso gli operatori 
secondo la relazionej = wyw. Il ruolo di « coordinate » generalizzate 


RADIAZIONE 194 


q nel lagrangiano 
{ Linde=—e | (A) 82 


è svolto dai valori di p, w, A in ogni punto dello spazio. Poiché la 
densità di lagrangiano risulta dipendere solo dalle « coordinate » 9g 
(ma non dalle loro derivate rispetto a x), il passaggio alla densità 
di hamiltoniano secondo la formula (10,11) si riduce al solo cam- 
biamento di segno nella densità di lagrangiano!). In tal modo, 
l'operatore di interazione elettromagnetica (cioè l'integrale su 
tutto lo spazio della densità dell'hamiltoniano di interazione) ha la 
forma 


V=e | (jA) dr. (43,3) 
L'operatore del campo elettromagnetico libero è rappresentato 
dalla somma 


A= È [cnAn (2) + cz 47 (2)], (43,4) 


che contiene gli operatori di creazione e di distruzione di fotoni nei 
diversi stati (numerati dall’indice n). Ognuno di questi operatori 
ha elementi di matrice relativi soltanto ad un aumento o una dimi- 
nuzione di 1 del corrispondente numero di occupazione N, (restando 
invariati i rimanenti numeri di occupazione). Di conseguenza anche 
l'operatore A ha elementi di matrice solo per transizioni con varia- 
zione del numero di fotoni di 1. In altre parole, nell’approssimazione 
di ordine 1 della teoria delle perturbazioni compaiono solo processi 
monofotonici di radiazione o di assorbimento. 
Secondo la (2,15), gli elementi di matrice sono 


(Nn —1|cn|]Nn)=(Nalc[Nn-1)=V Na. (43,5) 


Se nello stato iniziale del campo i fotoni (di tipo n) mancano, allora 
si ha (1|c} |0) = 1. L'elemento di matrice dell’operatore (43,3) 


° 


per l'emissione di un fotone è 
Vi (0) =e \ (jji At.) d°x, (43,6) 


dove A, (x) è la funzione d'onda del fotone emesso, e j;; l'elemento 
di matrice dell'operatore j per la transizione del sistema irraggiante 


dallo stato iniziale i nello stato finale /?). Il quadrivettore jf; = 
= (0; 4;i) è chiamato corrente di transizione. 


1) Indipendentemente da queste considerazioni notiamo che se si parla solo 
di correzione del primo ordine, qualsiasi altra correzione al lagrangiano passa 
nell’hamiltoniano cambiando soltanto di segno (vedi I, $ 40). 

2) Le notazioni usate nella (43,6) contengono una certa incoerenza; gli 
indici di V,, si riferiscono agli stati di tutto il sistema « sorgente della radiazio- 
na campo », mentre gli indici di j;; si riferiscono solo alla sorgente della 
radiazione. 


192 CAPITOLO V 


Analogamente si trova l'elemento di matrice per l'assorbimento 
di un fotone: 


Wal)=e | (inn) Pz. (43,7) 


Esso differisce dalla (43,6) solo per il fatto che al posto di A* (x) 
compare A, (2). 

Indicando in V;; l'argomento t, si vuole sottolineare che si 
parla di un elemento di matrice dipendente dal tempo. Evidenziando 
nelle funzioni d’onda i fattori temporali, si può passare agli elementi 
di matrice che non dipendono dal tempo 


V,i(6) = Va Eiaiyton (43,8) 


(E;, E; sono rispettivamente l'energia iniziale e finale del sistema 
irraggiante; + si riferiscono rispettivamente all’emissione e al- 
l'assorbimento di un fotone ). 

La funzione d'onda del fotone di dato impulso X e data polariz- 


zazione è 


A"=V 4a vr gikr (43,9) 


20 


(vedi la (4,3); il fattore temporale è stato omesso). Sostituendo 
nella (43,6), troviamo l’elemento di matrice per l'emissione di un 
fotone nella forma 
Vii =€ VV 4x S et.jfi (Ke), (43,10) 
V 20 
dove j;; (K) è la corrente di transizione nella rappresentazione degli 
impulsi, cioè la trasformata di Fourier 


in: (#)= { jp (e) evitrata. (43,11) 
La formula analoga per l'assorbimento di un fotone è 
ei. : 
Vii = eV 4n Via euifi (— K). (43,12) 


L’equazione di conservazione della corrente nella rappresenta- 
zione degli impulsi si scrive sotto forma di condizione di trasversa- 
lità quadridimensionale delle correnti di transizione: 


lnjfi = 00}: (k)-Kj; (k)=0. (43,13) 


Le formule scritte nel presente paragrafo, nelle quali la forma 
dell'operatore di corrente non è determinata, hanno carattere gene- 
rale e valgono per processi elettromagnetici in cui intervengono 
particelle cariche di qualsiasi tipo. La teoria esistente dà la possibi» 
lità di stabilire la forma dell'operatore di corrente (e quindi di 


RADIAZIONE 193 


calcolare, in linea di principio, i corrispondenti elementi di matrice) 
solo per gli elettroni. Nell’applicazione a sistemi di particelle suscet- 
tibili di interazioni forti (ivi compresi i nuclei) ci si deve limitare 
ad una teoria semifenomenologica, nella quale le correnti di transi- 
zione intervengono come quantità dedotte dall’esperimento, e che 
soddisfano soltanto le condizioni più generali di simmetria spazio- 
temporale e l’equazione di continuità. 


$ 44. Emissione e assorbimento 


La probabilità di transizione per effetto di una perturbazione V 
è data, in prima approssimazione, dalle note formule della teoria 
delle perturbazioni (III, $ 42). Sia dato che gli stati iniziale e finale 
del sistema irraggiante appartengono allo spettro discreto!). Allora 
la probabilità (in 1 s) che avvenga la transizione î + f con emis- 
sione di un fotone è 


du=2n|V;;}6(E,— E;—0)dv, (44,1) 


dove dv indica simbolicamente l’insieme delle grandezze che carat- 
terizzano lo stato del fotone e che assumono una serie continua di 
valori (la funzione d'onda del fotone si suppone normalizzata secon- 
do una funzione è « delle grandezze v »). 

Se il fotone emesso possiede momento angolare determinato, 
l’unica grandezza continua è la frequenza ©. L’integrazione della 
formula (44,1) rispetto a dv = do elimina la funzione è (© viene 
sostituito con un valore determinato ® = £; — £,), e allora la 
probabilità di transizione è 


w=21|V;i{?. (44,2) 


Se invece si considera l'emissione di un fotone di dato impulso %, 
allora dv = d*k = @?dodo. In questo caso nella formula (44,1) si 
sottintende che la funzione d’onda del fotone è normalizzata con la 
funzione è (Z). Tuttavia, in questo volume noi normalizziamo tutte 
le onde piane con « una particella nell'unità di volume ». Questa 
normalizzazione differisce dalla normalizzazione con la funzione 
È (7) per la mancanza del fattore (2x)-#?. Con la nostra normalizza- 
zione dell’onda piana fotonica, quindi, la probabilità di emissione 
di un fotone di dato impulso si scrive nella forma?) 


dw=2n|V;;|26(E;— E;— ©) Tr (44,3) 


1) In questo modo, si sottintende che, in ogni caso, il rinculo viene trascu- 
rato: globalmente, il sistema irraggiante rimane fisso. 

2) Questa scrittura corrisponde al fatto che, per la normalizzazione con « un 
fotone nel volume Y = 1 », nella (44,1) occorre scrivere, al posto di dv = d°%%, 
il numero degli stati nel volume di fase V d°%, uguale a d°k/(21)?. 


194 CAPITOLO V 


oppure, dopo l’integrazione in do, 
1 
dw= Fa lVii|} 0° do. (44,4) 


In questa formula deve essere messo l’elemento di matrice V;; dal- 
la (43,10). 

Nei paragrafi seguenti noi useremo queste formule per calcolare 
la probabilità di radiazione in diversi casi concreti. Qui ci limi- 
tiamo a considerare alcune relazioni generali tra i vari tipi di proces- 
si di radiazione. 

Se nello stato iniziale del campo c’era già un numero dato N, 
di fotoni, differente da zero, allora l'elemento di matrice di transi- 
zione viene moltiplicato ancora per 


Nn +1]ca]|Nn)=VNn+1, (44,9) 


cioè la probabilità di transizione viene moltiplicata per N, + 1. 
L'unità in questo fattore corrisponde all'emissione spontanea, che 
avviene anche per N, = 0. Il termine N, determina l’emissione 
forzata (o indotta); noi vediamo cosi che la presenza di fotoni nello 
stato iniziale del campo stimola una supplementare emissione di 
fotoni simili. 

L'elemento di matrice V;;, relativo alla transizione con cambia- 
mento inverso dello stato del sistema (f + i), differisce dall’elemen- 
to V;; per la sostituzione della (44,5) con la 


Nn — 1|0n Nn) =VN 


(e per la sostituzione di tutte le altre grandezze con le corrispondenti 
complesse coniugate). Questa transizione inversa rappresenta l’as- 
sorbimento di un fotone da parte del sistema, che passa dal livello 
E; al livello E;. Tra la probabilità di emissione e la probabilità di 
assorbimento di un fotone vale, quindi (per una data coppia di 
stati î e f), la relazione!) 


Wemiss __ Nn+1 45.6 
Wass Nn ( i ) 
(questa relazione venne stabilita per la prima volta da A. Einstein, 


1916). 
Troviamo il legame tra il numero di fotoni e l’intensità della 


radiazione che cade sul sistema dall’esterno. Sia 
Ire do do (44,7) 


l'energia della radiazione, che cade in 1 ssu 1 cm? e avente polariz- 
zazione e, frequenza compresa nell’intervallo d® e direzione del 
vettore d'onda nell’elemento di angolo solido do. Agli intervalli 


1) Da qui in avanti, in questo paragrafo, useremo unità ordinarie. 


RADIAZIONE 195 


citati corrispondono k° dk do/(2x)? oscillatori del eampo, ad ognuno 
dei quali corrispondono Nxe fotoni di polarizzazione data. Quindi, 
la stessa energia (44,7) si ottiene componedo il prodotto 

k2 dk do 


ho 
“ma Nike-l® = Gra Ne do dos 


Da| qui troviamo la relazione cercata 


8n3c2 
Nie=75 Ike (44,8) 

Sia du(sP) la probabilità di emissione spontanea di un fotone ‘ 
di polarizzazione e nell'angolo solido do; con gli indici (in) e (ass) 
denotiamo le analoghe probabilità di emissione indotta e di assorbi- 
mento. Secondo la (44,6) e la (44,8) queste probabilità sono legate 
tra loro dalle seguenti relazioni: 


dwie) = dwke = due 


811302 
ho3 


Se la radiazione incidente è isotropica e non polarizzata (Zxe non 
dipende dalle direzioni di X e e), l’integrazione della (44,9) in do 
e la somma su e portano a relazioni analoghe tra le probabilità 
totali delle transizioni radiative (tra gli stati determinati i e f del 
sistema) 


li. (44,9) 


i n12c2 
(ass) — uplin) — (99) — — I, (44,10) 
dove / = 2-4nIxe è l’intensità spettrale totale della radiazione 
incidente. 

Se gli stati i e f del sistema irraggiante (o assorbente) sono dege- 
neri, la probabilità totale di emissione (o di assorbimento) di fotoni 
dati si ricava sommando su tutti gli stati degeneri finali e mediando 
su tutti i possibili stati iniziali. Indichiamo l’ordine di degenera- 
zione (i pesi statistici) degli stati i e f rispettivamente con g; e gy. 
Per i processi di radiazione spontanea o indotta, iniziali sono gli 
stati i mentre per l'assorbimento sono gli stati f. Supponendo, 
in ogni caso, che tutti i g; e g; degli stati iniziali siano equiproba- 
bili, al posto della (44,10), otteniamo, evidentemente, le relazioni 
seguenti!): 


i 202 
gyu:(@85) = giulio) = g;w(SP) Ta È. (44,11) 


1) Nella letteratura si usano spesso i cosiddetti ccefficienti di Einstein, 
determinati come A;; = wSP), Bij= w9% c/I, Bj; = wS9 c/I (la quantità 
I/c è la densità spettrale iosa dell'energia di radiazione). Questi coefficienti 
sono legati tra loro dalle relazioni 


11203 
85B;i= giBiy= GA TER (44,112) 


13* 


196 CAPITOLO V 


$ 45. Radiazione di dipolo 


Applichiamo le formule ottenute all'emissione ‘idi un fotone da 
parte di un elettrone (nel caso relativistico generale), che si muove 
in un campo esterno dato. La corrente di transizione, in questo caso, 
è l'elemento di matrice dell'operatore 

I=P, 
nel quale gli operatori w si suppongono sviluppati secondo il siste- 
ma delle funzioni d'onda degli stati stazionari dell'elettrone nel 
dato campo ($ 32). Alla transizione dell’elettrone dallo stato iniziale 
i allo stato f corrisponde l’elemento di matrice (0;1; | j | 10;). 
Questa variazione dei numeri di occupazione è realizzata dall’ope- 
ratore afa;, e per la corrente di transizione otteniamo 


ji ="; =(YY;, Yfaw:), (49,1) 


dove w; e p; sono le funzioni d’onda degli stati iniziale e finale del- 


l'elettrone. 
Prendiamo la funzione d'onda del fotone nel gauge trasversale 


tridimensionale (il quadrivettore polarizzazione e = (0, e)). Allora 
nella (43,10) abbiamo j;;e* = —j;;e*. Sostituendo V;; nella (44,4), 
otteniamo la seguente formula per la probabilità (in 1 s) di radia- 
zione nell'elemento di angolo solido do di un fotone di polarizzazio- 
ne €: 

den = @? 3-| e” (le) [ do, (40,2) 
dove 

dn (#)= | piangi ce-ihr da. (45,3) 


La somma sulle polarizzazioni del fotone viene fatta eseguendo 
la media sulle direzioni di e (nel piano perpendicolare alla direzione 
data n = k/@), e quindi si moltiplica il risultato per 2 corrispondente- 
mente alle due possibili polarizzazioni indipendenti del fotone'). 
In tal modo, si ottiene la formula 


dun=e 2 |[ngy (k)}| do. (45,4) 


1) Per il calcolo del valore medio si usa la formula 


Cei 5 (Bin nin) (45,42) 
ovvero 
(ae) (be*) =} {fab -—(an) (0n)}=3 [an] [bn], (45,4) 


dove a, d sono“vettori costanti (cfr. IT (78,6)). 


RADIAZIONE 197 


È molto importante il caso in cui la lunghezza d'onda del foto- 
ne À è grande rispetto alle dimensioni a del sistema irraggiante. 
Questa situazione viene a crearsi di solito quando le velocità delle 
particelle sono piccole rispetto alla velocità della luce. In prima 
approssimazione in 4/4 (caso che corrisponde alla radiazione di 
dipolo, cfr. II, $ 67) nella corrente di transizione (45,3) si può sosti- 
tuire con l’unità il fattore e-**”, che varia debolmente nella regione, 
dove o ); 0 p; sono sensibilmente differenti da zero. Questa sostitu- 
zione significa, in altre parole, che si trascura l'impulso del fotone 
rispetto agli impulsi delle particelle nel sistema. 

Sempre in prima approssimazione l'integrale 7;; (0) può venire 
sostituito dall’espressione non relativistica corrispondente, cioè 
semplicemente dall’elemento di matrice v;; della velocità dell’elet- 
trone rispetto alle funzioni d’onda di Schròdinger. A sua volta, 
questo elemento è ®;; = —i@r;;, e er;; = d;;, ioved è il momento 
di dipolo dell’elettrone (nel suo moto orbitale). In tal modo, per 
la probabilità di radiazione di dipolo troviamo la formula seguente: 


dWen = La | e*d;i |? do (45,9) 


(la direzione n compare qui in forma implicita: il vettore e deve 
essere perpendicolare a n). Sommando sulle polarizzazioni, otte- 


niamo 
do, = | [md] do. (45,6) 


Poiché queste formule hanno carattere non relativistico (rispetto 
all’elettrone), la loro generalizzazione a sistemi elettronici qualsiasi 
è evidente: per d;; occorre intendere l'elemento di matrice del mo- 
mento di dipolo totale del sistema. 

Integrando la formula (45,6) su tutte le direzioni, troviamo la 
probabilità totale di radiazione 


403 
= |a,;P, (45,7) 
oppure, in unità ordinarie, 
403 
w= he | di e (45,7a) 
L'intensità / di radiazione si ottiene moltiplicando la probabilità 
per 7f0 
40 
Questa formula mostra un’analogia diretta con la formula clas- 


sica (vedi II (67,11)) per l’intensità della radiazione di dipolo da 
parte di un sistema di particelle che compiono un moto periodico; 


198 CAPITOLO V 


l'intensità di radiazione a frequenza ©, = s@ (dove © è la frequenza 
del moto delle particelle, s un numero intero) è uguale a 


le sei a 1d,l?, (45,9) 


dove 4, sono le componenti di Fourier del momento di dipolo, cioè 
i coefficienti dello sviluppo 


d(t)= i dye-iso!, (45,10) 


$= — 00 


La formula quantistica (45,8) si ricava dalla (45,9) mediante la 
sostituzione delle componenti di Fourier con gli elementi di matrice 
delle transizioni corrispondenti. Questa regola (che esprime il 
principio di corrispondenza di Bohr) è un caso particolare di una 
corrispondenza più generale tra componenti di Fourier di grandezze 
classiche ed elementi di matrice quantistici nel caso quasi-classico 
(vedi III, $ 48). La radiazione è quasi-classica per transizioni tra 
stati a grandi numeri quantici; inoltre la frequenza di transizione 
ho = E; — E; è piccola rispetto alle energie £; e £;. Questo fatto, 
tuttavia, non può portare a nessun cambiamento nella forma della 
formula (45,8), che vale per qualsiasi transizione. Questo spiega 
il fatto (in un certo senso accidentale) che il principio di corrispon- 
denza per l’intensità di radiazione risulta valido non solo nel caso 
quasi-classico, ma anche nel caso quantistico generale. 


$ 46. Radiazione di multipolo elettrico 


Invece di considerare la radiazione di un fotone in una direzione 
data (cioè con un impulso dato), consideriamo ora la radiazione di 
un fotone con dati valori del momento angolare j e della sua proie- 
zione m su una certa direzione scelta z. Abbiamo visto al $ 6 che 
questi fotoni possono essere di due tipi: elettrico e magnetico; 
incominciamo dalla radiazione di fotoni di tipo elettrico. Anche 
in questo caso, supporremo le dimensioni del sistema irraggiante 
piccole rispetto alla lunghezza d’onda. 

I calcoli si possono più comodamente eseguire mediante le fun- 
zioni d’onda del fotone nella rappresentazione degli impulsi, cioè 
rappresentando il quadrivettore A” (x) in forma di integrale di 
Fourier. Allora l'elemento di matrice si scrive gere forma 


Vii=e | Îfi(r) Ai (vr) d'r=e { d*x-jf;(7) | Ta A* (K)evikr 
(46,1) 


(per semplificare la scrittura delle formule ometteremo gli indici 
mjm delle funzioni d’onda del fotone). 


RADIAZIONE 199 


Per un fotone £j prendiamo la funzione d’onda dalla (7,10), 
assumendo la costante arbitraria C uguale a 
= 
E 
C= 7 7 * 
Con questa scelta della costante si fa in modo che nelle componenti 
spaziali della funzione (.A4) si elidano i termini contenenti funzioni 
sferiche di ordine j — 1 (come si vede dalle formule (7,16)). Allora A 
conterrà solo funzioni sferiche di ordine j + 1, e quindi il corrispon- 
dente contributo in V;; sarà (come risulterà evidente dai calcoli che 
seguiranno) di ordine di grandezza più elevato (in a/) che non il 
contributo della componente 4° = ®, contenente funzioni sferiche 
‘di ordine inferiore a j. 
In tal modo, poniamo 
j+1 4n2 a 
A"-=(0,0), D= NH “275 8(|k|-0) Y;m (n) 
(n = k/o). Sostituendo questa espressione nella (46,1) e integrando 
in d|K|, otteniamo 
«fTFI Vo 
Vij=—e VARESE | dz-py (7°) \ done-itTY*n(m). (46,2) 
Per calcolare l’integrale interno usiamo lo sviluppo (24,12), 
scrivendolo nella forma 


00 l 
etr=45D Di igm) Yin(+)Ym (£), (46,3) 
I=0 m=-l! 
dove!) 
gi (kr) = E Ji41,2 (87). (46,4) 


Sostituendo questo sviluppo nella (46,2), otteniamo 
| e2487Y%m (n) don = 4rti ig, (kr) Yim (-£-) 


(gli altri termini si annullano per l’ortogonalità delle funzioni sfe- 
riche). In forza della condizione a/4 « 4 nell’integrale in d*x saran- 


1) Le funzioni g, (kr) dipendono solo dai prodotti kr ed è quindi chiara la 
simmetria delle formule rispetto ai vettori r e X. È indifferente su quale delle 
due funzioni sferiche stia il segno di coniugazione complessa. 

. La normalizzazione delle funzioni g; è scelta in modo che la loro forma 
asintotica per %r —» co sia 

. 

sen (kr 5) 


kr ® (46,42) 


gi(kr) a 


200 CAPITOLO V 


no importanti solo quelle distanze, per le quali kr « 1. Quindi si 
possono sostituire le funzioni g;(Xr) con i primi termini del loro 

sviluppo in kr!): 

kry)i 
8; (kr) SZOEII ° (46,5) 
Per risultato otteniamo 
aci Di Li) (j-Lf j+1/2 

Vuy=(—1)}mti/ PIEDUTI 0 e (00 mi, (46,6) 


IU 


dove sono state introdotte le grandezze 
4 i 
(052): = VE Î P;i (7) ig E (1) dìx (46,7) 


(ricordiamo che Y; _m = (-41)-" Yi). Le grandezze (46,7)sono 
chiamate momenti di multipolo elettrico di ordine 2° di transizione 
del sistema per analogia con le corrispondenti grandezze classiche 
(II, $ 41)?). 

Per un elettrone in un campo esterno p;; = )fy;, e allora le 
grandezze (46,7) si calcolano come elementi di matrice della grandez- 


za classica 


(e) _ 4n ij 
mV gatti 


Nel caso non relativistico (rispetto alle velocità delle particelle) 
il momento di transizione può essere, in linea di principio, calcolato 
in modo analogo per qualsiasi sistema di N particelle interagenti. 
La densità di transizione si esprimerà attraverso le funzioni d’onda 
del sistema nella forma 


pri(1)= | WI (rn ci.) ra) di (14, 7) X 
N 


xD 8(e- rn) dz... dry, (46,8) 


n=1 


dove l'integrale è calcolato su tutto lo spazio delle configurazioni*). 


1) La potenza di %r coincide con l’ordine della funzione Yjm, con la quale 
viene moltiplicata g;. Con ciò si giustifica l'omissione dei termini in 4, che 
contengono funzioni sferiche di ordine più elevato. 

2) Noi determiniamo i momenti di multipolo senza la costante e concorde- 
mente col fatto che anche le correnti sono determinate in questo libro senza la 
costante di carica. 

3) La supposizione che le velocità degli elettroni nel sistema siano piccole 
ha come solo scopo la possibilità di descrivere il sistema mediante la funzione 
d'onda e in questo senso non ha carattere fondamentale. Può verificarsi la situa- 
zione, in cui la probabilità di transizione si annulla per regole approssimate dì 
selezione, che valgono solo se si trascura l'interazione spin-orbita degli elettroni. 
In questo caso, per ottenere un risultato non nullo occorre usare funzioni d'onda 
con correzioni relativistiche, che tengano conto di questa interazione. 


RADIAZIONE 20f 


La funzione d’onda del fotone, da noi usata, corrisponde (in rap- 
presentazione orbitale) alla normalizzazione secondo una funzione è 
delle quantità ©, come del resto si presupponeva nella formula (44,2). 
Sostituendo in essa la (46,6), otteniamo la probabilità della radia- 
zione Ej!) 

227441) (j+1 
DO tt 0 1(0/0 meal? (46,9) 


In particolare, per j = 1 abbiamo 
o = 1 (09m): (46,10) 


im 
Le quantità 09, sono legate alle componenti del vettore momento 


di dipolo elettrico dalle formule 
eQN=id,, eO01="F 377 (A, + idy). (46,11) 


Sommando la (46,10) sui valori di m noi torniamo, come c’era da 
aspettarsi, alla già nota formula (45,7) per la probabilità totale di 


radiazione di dipolo. 
La distribuzione angolare della radiazione di multipolo è deter- 


minata dalla formula (7,11). Normalizzando quest’ultima con la 
probabilità totale di emissione wjm, abbiamo 


2 wj 
dWjm sul | Yo(n | Wim do= FITESI |VaYim È do. (46,12) 
In particolare, per j = 1 
Yo=iV È cos 0, Yia1=Fi)/ > sonde io, 


dove 0 e @ sono, rispettivamente, l'angolo polare e azimutale della 
direzione » rispetto all’asse z. Calcolando il gradiente, troveremo 
che la distribuzione angolare della radiazione di dipolo, con deter- 
minati valori di m, è data dalle espressioni 
E cd 3 1 s2 0 

dWio = Wo Gr sen? 0 do, dw,i 4:=Wi, 4 PL do. (46,13) 
Queste formule si sarebbero potute ottenere anche dalla (45,6), 
ponendo in essa una volta (per m = 0) d, = d, = 0, d,= d, e una 
seconda volta (per m = +1) d, = Fid, = d/V2, d,=0. 

Se l’ordine di grandezza delle dimensioni del sistema (dell’atomo 
o del nucleo) è a, allora l’ordine di grandezza dei momenti di multi- 


1) Di primo acchito, può sembrare che in virtù dell’isotropia dello spazio 
la probabilità totale di emissione di un fotone non debba dipendere dal valore 
di m. È facile capire che non è cosi, se si nota che per l'emissione di fotoni di 
valori m diversi, devono essere diversi anche gli stati finali del sistema (per’ 
uno stato iniziale dato); cîr. più avanti con la regola (46,16). 


202 CAPITOLO V 


polo elettrico è, generalmente parlando, 09 — ai. La probabilità 
della radiazione di multipolo è 


wO = ak (ka). (46,14) 


L'aumento dell'ordine del multipolo di 41 diminuisce la probabilità 
di radiazione nel rapporto -— (ka)?. 

Le leggi di conservazione del momento angolare e della parità 
portano a determinate regole di selezione, che limitano le possibili 
variazioni dello stato del sistema irraggiante. Se il momento ango- 
lare iniziale del sistema è J;, dopo l'emissione di un fotone di mo- 
mento angolare j il momento angolare del sistema può assumere 
solo i valori /;, determinati dalla regola di composizione dei momenti 
angolari (Jj — J;= j): 

ehi (46,15) 


Per valori dati di J; e J;, la regola (46,15) determina ipossibili 
valori del momento angolare j del fotone. Poiché, però, la probabi- 
lità di radiazione decresce rapidamente con l'aumentare di j, la 
radiazione avviene principalmente nell’ordine più basso possibile 
di multipolo. 

Le proiezioni M; e M; dei momenti angolari +; e +J;, insieme 
con le proiezioni m del momento angolare del fotone, soddisfano 
la seguente ‘regola (evidente dalla stessa regola di composizione dei 
momenti) 


M,— M; = m. (46,16) 


Le parità P; e P; degli stati iniziale e finale del sistema irrag- 
giante devono soddisfare la condizione P;Ptot = Pi, dove Prot è la 
parità del fotone emesso; poiché le parità possono prendere solo 
i valori +4, questa condizione può anche venire scritta nella forma 


PP; = Prot. (46,17) 


Per un fotone di tipo elettrico, Prot = (—1)), e quindi la regola 
di selezione secondo la parità per la radiazione di multipolo elettrico 
‘sì può scrivere nella forma 


P,P,= (4). (46,18) 


Le regole di selezìione secondo il momento angolare totale e la 
parità sono assolutamente rigorose e devono essere osservate per 
radiazione da parte di qualsiasi sistema. Accanto a queste regole, 
ne possono esistere anche altre, più restrittive, connesse con queste 
‘o quelle particolarità della struttura di concreti sistemi irraggianti. 
Queste regole hanno inevitabilmente carattere più o meno appros- 
simato; esse verranno studiate nei paragrafi seguenti di questo 
capitolo. 


‘RADIAZIONE 203 


La dipendenza della probabilità di emissione dai numeri quanti- 
ci m, M;, M; è interamente determinata dal carattere tensoriale dei 
momenti di multipolo. Le quantità Q;m per dati j formano un ten- 
sore sferico di rango j. La dipendenza dei suoi elementi di matrice 
dai numeri quantici citati è data dalla formula 
{(5TM 4103, -m|PiJiMi) {= 

J; ij JE 
= n45J n;J;)l2 (46,19 

(nto m — Mi} |M td (46,19 
(vedi III (107,6)), dove la lettera » indica convenzionalmente l’in- 
sieme di tutti gli altri numeri quantici del sistema, oltre a J ed M. 
Gli elementi di matrice ridotti, che figurano nella parte destra 
dell'uguaglianza (46,19), non dipendono dai numeri m, M;, M,. 
Sostituita nella (46,9) questa formula determina la dipendenza 
cercata, che risulta essere proporzionale alla quantità 


(I, m =) 
M; m —_ M; 


(ovviamente, si suppone che il sistema irraggiante non si trovi in un 
campo esterno; allora la frequenza di transizione ®© non dipende 
dai numeri M; e M}). 

Sommando la probabilità su tutti i valori M; (per un dato M;), 
noi troviamo la probabilità totale di emissione di un fotone di 
data frequenza dal livello iniziale r;/7; del sistema. In virtù del- 
l’isotropia dello spazio è a priori evidente che questa quantità 
non dipenderà nemmeno dal valore iniziale M;. La somma viene 
eseguita mediante la formula 


1 
Di |(rxJ5M 10; -m|ruTiMi) = IT; 1 [regt5|{Q;llr:Ti) | (46,20) 
M 
f 
(vedi III (107,11)). 


$ 47. Radiazione di multipolo magnetico 


La funzione d’onda di un fotone di tipo magnetico è A* = 
= (0, A), dove A è dato dalla formula (7,6). Sostituendo quest’ulti- 
ma nella (46,1), otteniamo per l’elemento di matrice l'espressione 


Va=— e Ve | d'x-j;;() ) don cet YiD* (n). (47,1) 
Le componenti del vettore YM) si esprimono, secondo la (7,16), 
attraverso funzioni sferiche di ordine j. Usando nuovamente lo 


204 CAPITOLO V 
sviluppo (46,3), per l'integrale interno otteniamo 
| ihr F/R" (nm) don =4ni ig; (kr) VR (T), 


e sostituendo g; dalla (46,5),!) 
= 


gb 
DE mi _20 ? jy(m)* ( | 93 
Vij= —ei Tn fin (1) dz. 
In accordo con la definizione si 4), qui occorre porre 
Y PVY im, 
(73777 I; co ila 


e quindi, trasformando l’espressione integranda 
rit {YVY fm} = — [TI] V(MY5m) 


otteniamo 
1 


cassia, IE 
m sì 2Î54+1)(/+1 
=i(=4)°% SENSEO Om e (Om )t (47,2) 


dove sono state introdotte le quantità 


(OAV Ep (IrdKiVOYim) de (47,8) 


che sono chiamate momenti di multipolo magnetico di ordine 2’ di 
transizione. 

Dall’analogia tra le espressioni (47,2) e (46,6) segue che per la 
probabilità di emissione si ottiene una formula, che si differenzia 
dalla (46,10) soltanto per la sostituzione dei momenti elettrici con 
quelli magnetici. Rimane valida anche la formula (46,12) per la 
distribuzione angolare (come era già stato notato in relazione alla 
(7,11)). 

1 ATRIFIRTE la struttura dell’espressione (47,3) per j= 1. 
In questo caso, le funzioni hanno la forma 


VE 1Y0= Îz, per rVy,341=F—= Ve (€ + iy), 
e i loro gradienti sono semplicemente uguali ai versori sferici e‘, 
e‘+D(7,14). Quindi le quantità e (01%), sono le componenti sferiche 
del vettore 
e ® 3 
b;i=>5 \ [ri;il d°x, (47,4) 


il quale, per la sua struttura, è analogo al momento magnetico 
classico (vedi II, $ 44). Mostriamo ora in che modo la formula (47,4) 


1) Non confondere la corrente j con il momento angolare j! 


RADIAZIONE 205 


è legata con l’ordinaria espressione quantistica non relativistica 
dell'operatore del momento magnetico. 
L'espressione non relativistica della corrente di transizione è 


{vedi III, $ 115) 

in=— 37 (WVwi— 9.V47)+ Erot(pisp), — (47,5) 
dove u è il momento magnetico della particella, s il suo spin. Perciò 
abbiamo 
ui = — rn Î wi [PVI] widîz + a | pi [PV] pid + 


+4 (r'rot(47sw:)] dîz. (47,6) 


Nel secondo termine scriviamo 
| pi [PV] yid°'a= — | pf [PV] pidiz + | rot(rwfy;) dir. 


L'ultimo integrale si trasforma in integrale su una superficie all’in- 
finito e si annulla. In tal modo, i due primi termini nella (47,6) 
sono uguali. Nel terzo termine trasformiamo l’integrale nel modo 
seguente (denotiamo temporaneamente £ = wfsw;): 


| Ir WF] d'2= $ (n 1df-F1— | IFVIr] de. 


L’integrale di superficie si annulla, e nell’ultimo integrale abbiamo 
{{PFV]xa]= —Fdivr+F = —2F.In tal modo, otteniamo 


| [e rot F]dir=2 { Fd. 


Come risultato di queste trasformazioni, l’espressione per uy 
prende la forma 


un= | (#-L+5) pda, (47,7) 


dove L = —i [x V] è l’operatore del momento angolare orbitale 
della $particella. Come c'era da aspettarsi, p,; risulta essere l’ele- 
mento di matrice dell’operatore 


u=5—L+ts, (47,8) 


che si ottiene componendo l'operatore del momento magnetico 
orbitale della particella fcon il suo momento magnetico intrinseco. 
Le regole di selezione per la radiazione di multipolo magnetico 
sono analoghe alle regole per il caso elettrico; per il momento ango- 
lare totale valgono le stesse regole (46,15-16), e per la parità vale 
la regola 
P;P;=(_-1)?!, (47,9) 
che si ottiene sostituendo nella (46,17) la parità del fotone Mj : Pg = 
bea 


206 CAPITOLO V 


$ 48. Distribuzione angolare e polarizzazione della radiazione 


Le formule ricavate nei paragrafi 46 e 47 si riferivano all’emis- 
sione di un fotone di valori dati del momento angolare j e della sua 
proiezione m. In accordo con ciò, si supponeva che anche il sistema 
irraggiante (per esempio, un nucleo) avesse, prima e dopo l’emis- 
sione, non solo valori determinati del momento angolare J, ma 
anche polarizzazioni determinate, cioè valori determinati di M. 

Consideriamo ora il caso, più generale dei precedenti, della 
radiazione da parte di un nucleo parzialmente polarizzato (le sue 
dimensioni si suppongono, come prima, piccole rispetto alla lunghez- 
za d'onda). Il fotone emesso è dotato, come prima, di un dato mo- 
mento j, ma può essere parzialmente polarizzato. Troviamo la 
probabilità di radiazione in funzione della direzione del fotone n. 
Essa deve essere espressa attraverso le matrici densità, che descri- 
vono gli stati di polarizzazione del nucleo e del fotone. 

Per fare questo, scriviamo preventivamente la probabilità di 
emissione in funzione della direzione e della elicità 4 del fotone 
(A = +1) per il caso, in cui il nucleo iniziale e il nucleo finale 
hanno i valori determinati J;M;, J;M. 

L'elemento di matrice per l'emissione di un fotone di dati jm 
è proporzionale all’elemento di matrice del momento di multipolo 
di ordine 2’ (elettrico o magnetico) del nucleo: 

(JM; jm|V|J;M;) co (-1)"J;M;10;,-m|JiMi). (48,1) 
La funzione d'onda del fotone emesso (nella rappresentazione degli 
impulsi) è proporzionale a Y9 (n) oppure a Y (n). La funzione 
d'onda di un fotone con impulso in direzione n ed elicità 4 è pro- 
porzionale al vettore polarizzazione e‘. L'elemento di matrice 
per l'emissione del fotone n si ottiene moltiplicando la (48,1) con 
la proiezione della funzione d’onda dello stato |jm) sulla fun- 
zione d’onda dello stato |): 


(JM 5; MA|V|SMi) (-1)IM 10; -m|JiM }) (EMY im). 
In accordo con la (16,23) per i fotoni di ambedue i tipi, abbiamo 
eM*Y;m(n) o DI (n). (48,2) 


Esprimiamo invece l’elemento di matrice del momento di multipolo 
nel modo solito attraverso l'elemento di matrice ridotto. Come 
risultato, otteniamo l'ampiezza di probabilità di transizione nella 


forma 
Ma J; j Ji 
(JM p; mA|V TM) co (— 1719 (_ Var x QDÎÌ, (n), 
(48,3) 
dove con Q si denota (J;|[Q0{[J;}). 


RADIAZIONE 207 


Ora possiamo passare al caso generale di stati di polarizzazione 
miscelata. Secondo le regole generali della meccanica quantistica 
la probabilità di transizione è proporzionale all’espressione!) 


DI (JM; mA|V|J;MpXJMj;nX |V|J;Mjt x 
m) 
X (M;|p9®|M;)(M;|pP?|M)(X"|pWM|X), (48,4) 


dove p‘’, p°, p® sono le matrici densità di polarizzazione del 
nucleo iniziale, del nucleo finale e del fotone emesso; il simbolo (m) 
sotto il segno di sommatoria significa che la somma viene eseguita 
su tutti gli indici m (M;M;M;MfX') che si ripetono due volte. 
Occorre sostituire la (48,3) nella (48,4). 

Indichiamo la probabilità di radiazione nell'angolo solido do 
con w (n) do. La probabilità totale di radiazione in tutte le dire- 
zioni e con tutte le polarizzazioni del fotone e del nucleo secondario 
non dipende, evidentemente, dallo stato di polarizzazione iniziale 
del nucleo. Essa è data da formule a noi già note e qui non ci inte- 
ressa. Perciò conveniamo di normalizzare la probabilità w (n) a 1. 
Per la probabilità otteniamo?) 


2j +1) (27; +1 (-M,-M! 
w(m) = IT DÈ +4) Did M;-Mi 
(m) 
Cape: J j Ji J j Ji 
d) i, Î i d I |M 
x DimDim Lai —m ui Li —m' mi) Malo Nei 


X (M 3109 |M) (4° |p®|A5 


1) Se gli stati iniziale e finale del sistema sono descritti dalle sovrapposizioni 
lO = Dani, 9PI= DI mi), 
n m 
allora l'elemento di matrice è 
(f | VI i)= dI binanVmn» 
mn 


e il suo quadrato 
IIVIA[= DI VmrVin0n0% by bt. 
nn'’mm' 
Il passaggio al caso di stati miscelati è realizzato mediante la sostituzione 
(f) 


anaf: > Pin Imb > Palmi 
e quindi 
IGIVIAR> Di VmrVi n 00m 
nn’mm'’ 
_ 2) Nelle trasformazioni del fattore che determina il segno si può utilizzare 
il fatto che i numeri 2J;, 27; 2M;, 2M; hanno la stessa parità. Ricordiamo anche 
che i numeri j, m sono interi, e A = +1. 


208 CAPITOLO V 


(più avanti ci convinceremo che questa normalizzazione è giusta). 
Trasformiamo questa formula, sviluppando in serie il prodotto delle 
due funzioni D III (110,2) 


DID è = (— gr DI DÎ vm! => 
ìj ji L j ji LL 
L 


(dove A=%—X'; p=m — m; L sono numeri interi, L > 2)). 
In tal modo, otteniamo il risultato definitivo seguente: 


L (m) 


ij ) 20 j ii nb) * 
i a — Xx — A} \m -m —u)]\-M; mM; 


J Î J . leali 
x (ie n — pge) PR CM) AM: 1000 ME) Mp0 Mx 
X(A'[pMjA). (48,5) 
Come anche prima, il simbolo D indica la somma su tutti gli 
um 


indici m che si ripetono due volte. Occorre ricordare, a questo pro- 
posito, che gli indici A e A’ sono differenti da tutti gli altri indici m: 
la somma rispetto a questi indici viene fatta non su tutti i 2j + 1 
valori possibili (per un dato j), ma solo sui due valori 4, 2’ = +1, 
che corrispondono alle due polarizzazioni del fotone. 

La formula (48,5) contiene tutta l’informazione necessaria sulla 
distribuzione angolare dei fotoni emessi e sulla loro polarizzazione, 
e anche sulla polarizzazione dei nuclei secondari (cioè, dei nuclei 
che hanno emesso un fotone). In tutto questo ragionamento era sot- 
tinteso che la matrice densità di polarizzazione iniziale era data. 


Distribuzione angolare 


La distribuzione angolare dei fotoni si ottiene sommando su 
tutte le polarizzazioni del fotone e del nucleo secondario. La media 
sulle polarizzazioni si esegue sostituendo nella (48,5) le matrici 
densità degli stati non polarizzati 


A 1 
(A1PM |A) =, (M 5109 |M = FTT Oy (48,6) 


dopodiché la somma si riduce alla moltiplicazione per 2 (per il 
fotone) e per 2; + 1 (per il nucleo). In altre parole, la somma viene 
fatta mediante la sostituzione 


109 |X°)> Bag, (My10P|M> By © (4837) 


RADIAZIONE 209 


In tal modo, per la distribuzione angolare otteniamo 


= Î+ 1) (275; +1 m' 
w(m) = TIENITI SS (1)! (22+1) DI (n) x 
L (m) 


] ui | .) ( J; ali J; i 
“la 40) \m —m —u/\-M,—mM;]\-M,—m' M; 

Xx (M;|p9|M}). 

Questa formula può essere semplificata sostanzialmente som- 


mando sugli indici m. 
Notiamo innanzitutto che 


] j L L jjL 
(i 1 ui iù (a 1) 0) Rs 
e quindi per la somma otteniamo 
/j j L 9 I) ì L\ per L pari, 
> a NO 4A —10 
x=+1 
0 per L dispari. 
Di conseguenza nella somma su Z rimangono solo i termini a L 


pari, cioè in essa compaiono funzioni sferiche (DD) soltanto di 


ordine pari. Questo risultato si poteva prevedere: per la legge di 

conservazione della parità, la probabilità deve essere invariante 

rispetto all’inversione, cioè rispetto alla sostituzione n + —n. 
In tal modo otteniamo 


— ar _i+)QI+1) | sa 
(L) gta |} ji L J;s ) di 

x Daw (1) 21 ( 1) (n —m' Li (a —m Mi ì 

/ J; j Ji 


i) Î 
x (ari me i) MASSIMO. 


Notiamo che a questo punto è facile verificare la normalizzazione; 
in forza della formula 


d 
f Dit? (2) 7 = Brodo 


210 CAPITOLO V 


dopo l’integrazione sulle direzioni, rimane solo il termine con L = 
— p = 0; usando le formule 


j j 0 j-m 1 
=(- fiat, 
m -—m 0 V27+1 
Ji jJ;\° 
—M; —m My; 23; +1 
Mm 

ci possiamo convincere che questo termine è uguale a 1. 

Successivamente, la somma su mm'M, nella sommatoria inter- 
na, viene eseguita mediante le formule III (108,4). Finalmente per 
la distribuzione angolare dei fotoni troviamo la formula seguente: 
Di (m)=(— 1)14I4% CREO y 


as (Ì ae a 
x 2; ( i) VIZHI (| 101; If" 
pari L 


x Di Piu Don (n), (48,9) 
dove sono stati introdotti i simboli 


poi VQ@L+I) QI +1) Si (Mx 


Vi Lo Ti (Ar,100|M3, (48,40 
xl _m: n Pia :[p9|M}), (48,10) 
Pi = (1 a. 
La somma interna nella (48,9) viene eseguita su tutti i |u|<Z, 
mentre la somma esterna si esegue su tutti i valori pari di LZ, che 
soddisfano le condizioni 
L«K2j, Lz2J; (48,11) 
(queste condizioni sono la conseguenza della regola del triangolo, 
alla quale devono soddisfare i simboli j nei simboli 3}, che figurano 
nelle (48,9-10)). In forza di queste condizioni il numero dei termini 
nella somma, di solito, non è elevato. Per esempio, per J; = 0 
oppure 1/2, rimane solo il termine con Z = 0, cioè la radiazione 
è isotropa (è facile verificare che il termine con Z = 0 è uguale 
a 1/4, come deve essere per la condizione di normalizzazione). Per 
; = 1, 3/2 oppure per j= 1 nella somma su LZ rimangono due 
termini: ZL = 0, 2. Notiamo anche che se la matrice densità p‘** 
è diagonale (M; = Mi), allora up = 0 e la funzione di distribu- 
zione (48,9) assume la forma di uno sviluppo in polinomi di Legendre: 


RADIAZIONE 211 


(secondo la (16,5) e la III (58,23) le funzioni DA) si riducono alle 
funzioni P, (cos 6)). Infine, se 


(M;|p9|M;)= ò 


4 
2J; +1 MM; 


cioè se il nucleo iniziale non è polarizzato, tutti i PO, = 0, ad 
eccezione di PO = 11), 

Le quantità #,, sono comode per caratterizzare lo stato di 
polarizzazione del nucleo; li chiameremo momenti di polarizzazione. 
La formula (48,10) determina queste quantità attraverso la matrice 
densità 0xrm-. Con una verifica diretta ci si può facilmente convin- 
cere della validità della formula inversa, che esprime la matrice 
densità attraverso i momenti di polarizazzione 


DIZESZE i JL“JI 
2L4+1 .-L J-M' 
ema = DI 23 4-1 l (=1) \_m ui M 


Lu 


I Pru (48,12) 


Sia fry un certo tensore sferico, che dipende dallo stato di pola- 
rizzazione del nucleo. Secondo le regole generali (vedi III (14,8)) 
il suo valore medio nello stato di matrice densità fmm' è uguale a 


fuu= D pri (IM | fun | IM). (48,13) 


Esprimendo gli elementi di matrice delle quantità fr, attraverso 
l'elemento di matrice ridotto (Y/|{f,|{|J) secondo la formula 


: bt Lia 
(JM'|frn|JM)=i"(—1)°7M (_ M' bi (3 Ilfx.113) 


e introducendo i momenti di polarizzazione secondo la definizione 
(48,10), otteniamo 


Five {I Il fr. 17) P | 
fun= 7ETFD IT] ci 


1) Effettivamente, notando che 


—M' 0 M V2I+1 MM’? 


abbiamo 

J-M' JLJ sa 
S (-1) A: n Mm) Sar = 
MM’ 


ssa JLJ JO J _ 
=VIFi SY (_y A s) (- nie 0 ae) 7 VIF brado 
MM’ 


e quindi dalla definizione (48,10) troviamo il risultato indicato. 
14% 


212 CAPITOLO V 


‘Polarizzazione del fotone 


Se (oltre alla matrice p‘’) sono date le matrici pl e pl) la 
formula (48,5) determina la probabilità di transizione con emissione 
di un fotone che lascia il nucleo in determinati stati di polariz- 
zazione. Questi stati sono, in sostanza, una caratteristica non del 
processo di radiazione in quanto tale, ma di quei detectors che 
registrano il fotone e il nucleo di rinculo, evidenziando le loro pola- 
rizzazioni. Un’impostazione più naturale del problema consiste nel 
non fissare a priori lo stato finale del sistema « nucleo + fotone » 
e nel determinare la matrice densità di polarizzazione di questo 
stato fissando solo la direzione di emissione del fotone. 

La risposta a questo problema è data sempre dalla formula 
(48,5). Rappresentando quest’ultima nella forma 


w=w(m) D} (M;; nA|p|Mj; mA) (2'|p®M]|A)(M;|pî|M}), (48,45) 
(m) 


l’espressione (M;; nà | p | Mj;; nÀ') rappresenterà proprio la matrice 
densità voluta, poiché, secondo le regole generali della meccanica 
quantistica, la probabilità di transizione w in uno stato fissato 
a priori è data dalla sua « proiezione » sulle matrici date p Mp0. 


Il fattore w(n) nella (48,15) è evidenziato affinché la matrice densità 
resti normalizzata con la condizione solita 


Di (My; mA |p|M;; n) =1. 
XM, 


Se a noi interessa solo la polarizzazione del fotone, allora occorre 
sommare su M; = M;: 


(mA |p|nA)= 2 (M;; ni|p|M;; nX). 
f 


Con un metodo del tutto analogo a quello usato per ricavare la (48,9), 
troviamo 

N __(_ 4Y1+I+3; (i+1) VZ2I;+1 
{nX|p|nX)=(—1) ar 
X Zi (— i) V2L+1 (, ia 2A) i JI 


xD (n), (48,16) 
u 


(A=4 — X), e la somma viene eseguita su tutti i valori interi 
di L, che soddisfano la condizione (48,11). 
In particolare, la polarizzazione circolare è determinata dai 
parametri di Stokes 
E,=(nAi|p|m1)— n, —1|plm, —1) 


RADIAZIONE 243 


(vedi problema al $ 8). In forza della relazione (48,8) in questa 
differenza vengono a cadere tutti i termini con L pari, e per È, 
si ottiene una formula, che differisce dall’espressione (48,9), soltanto 
per il fatto che la somma viene eseguita sui valori dispari (e non 
pari) di L. 


Polarizzazione dei nuclei secondari 


Infine, se a noi interessa solo la polarizzazione finale dei nuclei, 
bisogna porre p‘#-+ 6. Se si esegue inoltre anche l’integrazione sulle 
direzioni del fotone, allora la matrice densità del nucleo secondario 
sarà 


(My lp|Mj}= | 10(m) (M;n |p|Mjm)do— 
J ji J 
2J;-M;-Mj f î 


mM;M; 
I Jy j 
(i) 


I momenti di polarizzazione, calcolati secondo né matrice, sono 


RR e, (0 
PLAN], II, 7) c}an. (48,17) 


Se il nucleo iniziale non è polarizzato, non lo sarà nemmeno il 
nucleo finale. Tuttavia, ci sarà una polarizzazione di correlazione, 
cioè la polarizzazione del nucleo dopo la radiazione in una data 


direzione. Ponendo p‘‘* + 8/(2J; + 1) (e corrispondentemente w (n) = 
= 41/4n) ed eseguendo un calcolo analogo alla deduzione della (48,9) 
per la matrice densità, che descrive questa polarizzazione, otteniamo 
(My; m|p1Mj; n) =(2j+ 1) (—1)74+MIH! x 
j j L J; L J; 
<  @2+1(1 _4 0) (au v) * 


pari L 
Ji J; } DI — 
) 
Da n 48,18 
{IDR Ce). (48,18) 
I momenti di polarizzazione corrispondenti a questa matrice sono 
Pin = i (— 1)! (27+1)V@L+1)(25,;+1) x 


x ({ 201 FA) ou (n). (48,19) 


Si hanno qui solo momenti di ordine pari (questo è una conseguenza 
della conservazione della parità, già ricordata). 


214 CAPITOLO V 


Se il nucleo secondario irraggia a sua volta, allora, essendo pola- 
rizzato, darà una distribuzione non isotropa dei fotoni. Poiché 
i momenti di polarizzazione (48,19) dipendono dalla direzione n 
del fatone emesso nel primo decadimento, nasce allora una deter- 
minata correlazione tra le direzioni dei fotoni emessi nelle fasi 
successive (per un nucleo primario non polarizzato). In modo analogo 
possono essere studiati anche altri fenomeni di correlazione in 
processi di radiazione a cascata (correlazione delle polarizzazioni 
e simili)!), 

PROBLEMA 


Determinare il legame tra i momenti di polarizzazione Py, e Pay coni va- 
lori medi del vettore momento angolare Y e del tensore momento di quadrupo- 


lo Qik. 
Soluzione. Gli elementi di matrice ridotti del vettore Y e del tensore Qik 


si ricavano dalle uguaglianze 
a _STIITNI?: 3_ 710137 
pla di MIE 
se Ti: Qik 27 +1 
(cfr. III (107,10-11)). L'operatore Q;, si esprime attraverso gli operatori del 
momento angolare secondo la formula III (75,2) 


«e ai j— È pr, 
din=TRIZI) (138411; 3 J 8 ) . 


Da qui troviamo il valore medio 
= 302 2, ,,3 3(27+1)(J+1) (275 +3) 
Di sp) PAR PORTI gi Ml i) n A A ci 
Qin "372 I 1a5 220) De 2J (4-1) 
Per gli elementi di matrice ridotti troviamo 
(JJ 1N)=VI(7+1) 27+1), 
_ n3/3I+1)(7+1) (27+3) 
unonn)= ev raga — 


Dalla (48,14) è chiaro ora che i momenti di polarizzazione #y coincidono con le 
componenti sferiche del vettore 


VITéS3 


ed i momenti P,, coincidono con le componenti sferiche del tensore 


A 105 (25-1) Qua 
L 3(J+1)(27+3) Q 


$ 49. Radiazione di atomi. Tipo elettrico?) 


L'energia degli elettroni esterni dell'atomo (che partecipano ai 
processi radiativi ottici), secondo una stima grossolana, è dell’ordine 


1) Un’esposizione particolareggiata di questi problemi si può trovare nel- 
l'articolo di A. Z. Dolginov nel volume « I raggi gamma », Ed. Accademia delle 


Scienze dell'URSS, 1961. foi oe 
2) Nei $$ 49-51, 53, 55 useremo unità ordinarie. 


RADIAZIONE 215 


di grandezza E — me4/h?, e quindi per le lunghezze delle onde irrag- 
giate abbiamo le relazioni A — fic/E — h°/ame?. Le dimensioni 
dell'atomo sono a — È?/me?. Quindi, negli spettri ottici degli atomi, 
di regola, ha luogo la disuguaglianza c/A — a « 1. Dello stesso 
ordine di grandezza è la relazione v/c — a, dove v sono le velocità 
degli elettroni ottici. 

In tal modo negli spettri ottici degli atomi è soddisfatta la 
condizione, secondo la quale la probabilità di radiazione di dipolo 
(se è ammessa dalle regole di selezione) è sensibilmente maggiore 
della probabilità di transizioni di multipolo”. In relazione a questo 
fatto, in spettroscopia atomica il ruolo di maggiore importanza 
è svolto proprio dalle transizioni di dipolo elettrico. 

Come si è già detto, queste transizioni sottostanno a regole di 
selezione rigorose relative al momento angolare totale dell’atomo J 
e alla parità P?: 

J'-J|Z1zJT+J", (49,1) 
PP'=—1. (49,2) 


La disuguaglianza |J'—J|<1 significa che il momento angola- 
re J può variare solo di 0, +1; in forza della disuguaglianza J + J'= 
= 1 è inoltre vietata la transizione 0 +0. Le parità degli stati 
iniziale e finale devono essere opposte?). 

La probabilità di radiazione con transizione nJ/M + n'J'M' 
è determinata dal corrispondente elemento di matrice del momento 
di dipolo dell'atomo secondo la formula 

3 
w(nJM-+n'J'M')= se: |(n'J'M'|d.m|nJM})|}, (49,3) 
o=o(nT+n'J'). 

Sommando la (49,3) su tutti i valori M° = M — m (per un dato M), 
si ottiene la probabilità totale di radiazione di una data frequenza 
dal livello atomico rY. La somma viene eseguita mediante la (46,20) 
e dà*) 


yi 403 1 (yi 
wnt+nT)=za Tini ld |rey)[?. (49,4) 

1) Valori tipici della probabilità di transizioni di dipolo nel campo ottico 
dello spettro atomico sono dell'ordine di 108 s-. 

?) Da qui in avanti denoteremo i numeri quantici degli stati iniziali e 
finali rispettivamente con lettere senza apice e con apice. Con le lettere n, n' 
saranno indicati i numeri quantici, che, insieme con quelli indicati esplicita- 
mente, determinano gli stati del sistema. 

3) La regola di selezione relativa alle parità venne per la prima volta sta- 
bilita da O. Laporte, 1924. 

4) L’intensità osservabile della radiazione si ottiene moltiplicando w per 
ho e per il numero di atomi nella sorgente, che si trovano nel dato livello eccitato 
(Nn3). Ad esempio, in un gas a temperatura 7 questo numero è N,5 N 
(27 + 1) exp (-Z,7/T); il fattore (27 + 1) è il peso statistico del livello 
di momento angolare J. 


216 CAPITOLO V 


Il quadrato del modulo dell'elemento di matrice ridotto che 
compare qui è detto, a volte, intensità della riga di transizione; 
questa quantità è simmetrica rispetto agli stati iniziale e finale. 

Ulteriori conclusioni circa le probabilità di transizione negli 
spettri atomici si possono fare solo specificando questa o quella 
caratteristica degli stati dell'atomo. Noi non ci soffermeremo qui 
sui metodi di calcolo degli elementi di matrice, il cui grado di 
approssimazione non ha un carattere teorico ben definito. Determi- 
neremo soltanto alcune relazioni per una categoria abbastanza larga 
(soprattutto negli atomi leggeri) di stati, costruiti secondo il tipo 
di accoppiamento LS (vedi III, $ 72). Tali stati sono caratterizzati, 
oltre che dal momento angolare totale, anche da determinati valori 
del momento angolare orbitale L e dello spin $, che in questo caso 
Sì conservano. 

Poiché il momento di dipolo è una grandezza puramente orbitale, 
il suo operatore commuta con l'operatore di spin, cioè la sua matrice 
è diagonale rispetto al numero $S. Relativamente al numero L per 
il momento di dipolo valgono le stesse regole di selezione che per 
qualsiasi altro vettore orbitale (vedi III, $ 29). In tal modo, le 
transizioni tra stati, costruiti secondo il tipo di accoppiamento L$, 
sottostanno a regole di selezioni supplementari (oltre che alle (49,1-2) 


Ss S=0, (49,5) 
varia D (49,6) 


Sottolineiamo ancora una volta che queste regole hanno carattere 
approssimato e vengono violate qualora si tenga conto dell’intera- 
zione spin-orbita. 

Notiamo che la regola (49,5) (divieto di transizioni tra termini 
di molteplicità differente) è valida non solo per le transizioni di 
dipolo, ma in generale per tutte le transizioni del tipo elettrico; 
i momenti di multipolo elettrico di tutti gli ordini sono tensori 
orbitali, e quindi le loro matrici sono diagonali rispetto allo spin. 
Cosi, per le transizioni di quadrupolo elettrico, oltre alle regole 
generali 


pel: BP = (49,7) 


nel caso di accoppiamento LS valgono le seguenti regole di sele- 
zione supplementari: 


s-——del ll'aLie ELA (49,8) 


La dipendenza della probabilità di radiazione dai numeri $, L, 
J' può essere determinata in forma esplicita. Questo problema si 
risolve direttamente mediante le formule generali per gli elementi 
di matrice di tensori sferici con composizione di momenti angolari. 


RADIAZIONE 2417 


Secondo le formule III (109,3) abbiamo!) 
|(e'L'SJ'||djnLSJ)}= 


LA LA 


S 2 
= 274027407 7 1} |eLlalnDe. (499) 


Sostituendo questa espressione nella (49,4) otteniamo 
w(nLSJ +N'L'ST')= 


/ LA 


403 9]! S|? ty! 2 
= pa (20+4{) | | I@L'idlinL)}P, (49,10) 


dove ®© = © (nLS + n'L'S)?). 
Per queste probabilità si può ricavare una determinata regola 
di somma. Per i quadrati dei simboli 6j vale la regola di somma 


(vedi III (108,7)) 
3 L'J' SI? { 
J 
Mediante questa formula dalla (49,10) troviamo 


Di w(nLSI +n'L'SI)=42 ul (L'IdiInL) |. (49,12) 
= 


Notiamo che questa grandezza non dipende dal valore iniziale di J. 

Se abbiamo a che fare con radiazione da parte di gas a tempera- 
tura molto maggiore degli intervalli della struttura fina del termine 
atomico n.SL, gli stati a diverso J sono popolati uniformemente, 
cioè tutti i valori di JY sono equiprobabili. La probabilità che l’ato- 
mo si trovi in un livello con un determinato valore di / è, in questo 
caso, uguale a 


(49,11) 


2744 
(QL+1) (25 +1)’ RO 


è cioè uguale al rapporto tra il peso statistico di questo livello e il 
peso statistico totale del termine n.SL. Il calcolo della media delle 
espressioni (49,10) o delle loro somme (49,12) rispetto a queste 
probabilità si riduce alla moltiplicazione per il fattore (49,13); 
indichiamo questo valore medio con una soprallineatura della 
lettera. La probabilità totale di radiazione di tutte le righe spettrali 


1) Nelle formule III, $ 109 per « momenti dei sottosistemi 1 e 2 » occorre 
intendere ora il momento angolare orbitale e lo spin dell’atomo, dei quali noi 
trascuriamo l’interazione reciproca. Il ruolo delle grandezze ft! è svolto dal 
vettore orbitale d,,. 

2) Trascurando l’interazione spin-orbita nel calcolo degli elementi di 
matrice, noi trascuriamo anche la dipendenza delle frequenze da J e J', cioè 
la struttura fina dei livelli iniziale e finale dell’atomo. 


218 CAPITOLO V 


-del multipletto (formato da tutte le possibili transizioni tra i com- 
ponenti della struttura fina dei due termini nSL e r'SL') è la somma 


w(nLS+n'L'S)=YM Dw(nLST +n'L'SJ). (49,14) 
JJ 
Poiché, ovviamente, Y} (27 + 1) = (25 + 1) (2Z + 1), per la pro- 
J 


babilità totale si ottiene un'espressione, che coincide con la (49,12). 
Perciò, per la probabilità relativa (0, ciò che è lo stesso, per l’inten- 
‘sità relativa) di una singola riga spettrale otteniamo 


w(nLST+n'L'SJ')_ (27+4)(25'+1) 7 J' ni (49,15) 
w(nLS+n'L'S) (2541) TJL1}° i 


L'analisi dei valori numerici, dati da questa formula, mostra 
-che tra le linee del multipletto le più intense sono quelle per le 
quali AJ = AL (sono chiamate righe principali, a differenza delle 
.altre componenti del multipletto, chiamate righe satelliti). L’inten- 
sità delle righe principali è tanto maggiore quanto più grande è il 
‘valore iniziale di J. 

La somma delle quantità (49,15) su YJ o su J' dà 


Dw(nLST+n'L'SJ') 
J' 


_ 2J+1 
w(nLS+n'L'S)  (2L41)(2S41)” 
w(nLST +n'L'SJ' 
Ceca PERRER — Gir P (49,16) 
w(nLS-+n'L'S) (2L+1) (2541) 


In tal modo, la somma delle intensità di tutte le righe spettrali del 
multipletto, aventi uno stesso livello iniziale (o finale), è proporzio- 
nale al peso statistico del livello iniziale (o finale). 

Soffermiamoci ancora sulla struttura iperfina delle linee spettrali 
dell'atomo. Ricordiamo che la separazione iperfina dei livelli 
«atomici avviene in conseguenza dell’interazione degli elettroni con 
lo spin del nucleo, se esso è differente da zero (vedi III, $ 122). 
Il momento angolare totale F' dell'atomo (insieme col nucleo) è com- 
posto dal momento angolare totale degli elettroni J e dal momento 
del nucleo 7. Ogni componente della struttura iperfina del livello nJ 
è caratterizzato dal valore del numero quantico £. 

La legge di conservazione del momento angolare porta ad una 
rigorosa regola di selezione relativa al momento totale F; per la 
radiazione di dipolo elettrico vale la relazione 


|M - FIZIZF+F. (49,17) 
.A_ causa, però, della eccezionale debolezza dell’interazione degli 


elettroni con lo spin del nucleo, questa regola può essere trascurata 
nei calcoli degli elementi di matrice dei momenti elettrici (e magne- 


RADIAZIONE 2419 


tici) dello strato elettronico dell’atomo. Quindi restano valide 
anche le precedenti regole di selezione relative al momento elettro- 
nico J e alla parità elettronica. In particolare, in forza di quest’ulti- 
ma regola, sono proibite le transizioni di dipolo elettrico tra compo- 
nenti della struttura iperfina di uno stesso termine: tutti i livelli 
hanno la stessa parità, mentre le transizioni indicate sono possibili 
solo tra stati di parità differente. 

Poiché l’operatore del momento di dipolo commuta con lo spin 
del nucleo, la dipendenza degli elementi di matrice dai numeri / 
e F può essere stabilita in forma esplicita; questi calcoli si differen- 
ziano da quelli fatti per il caso di accoppiamento LS soltanto per 
un evidente ‘cambiamento delle notazioni. La probabilità di radia- 
zione, sommata sui valori finali della proiezione del momento 


angolare totale F è 


w (RIIF + n'J'IF)= 0 rp |(WSIF|d|\nJIF)p, 
o=o(nJan'J'), (49,18) 


dove il quadrato dell'elemento di matrice ridotto è dato dalla for- 
mula 


{('J'IF'||d\\nJIF)}= 


f f 


I 2 
=CF+)@F+)T, 7} IMI NAeDP. (49,19) 


PROBLEMA 


La maggioranza delle righe spettrali dei metalli alcalini può essere descritta 
come il risultato di transizioni di un elettrone esterno (ottico) nel campo autocon- 
sistente del resto dell’atomo, che forma 
una configurazione chiusa; lo stato dell'a- ji 
tomo è costruito secondo il modello di accop- TR, z è 
piamento LS. In queste ipotesi trovare le J=1-// 
intensità relative dei componenti della 
struttura fina delle righe spettrali. 

Soluzione. I momenti angolari totali L e 
S = 1/2 dell'atomo coincidono col momento 
orbitale e con lo spin dell’elettrone ottico. J=L-% 
Perciò la parità dello stato è uguale a(—-1)P  n°1-1 3 
(la parità della configurazione chiusa del J=L- % 
resto atomico è positiva). Le regole di 
selezione relative alla parità vietano, di Fig. 1 
conseguenza, la transizione di dipolo a 
L' = L, e quindi sono possibili solo le tran- TG Dr l 
sizioni a L' — L= +1. Le transizioni tra i componenti dei livelli di doppietto 
nL e n', L—1 danno, in forza della regola di selezione relativa a J, tre righe 
in totale (fig. 1). Le intensità relative (che indichiamo con a, b, c) si determi- 
nano più facilmente (senza ricorrere direttamente alla formula (49,15)) median- 
te le regole (49,16). Facendo il rapporto tra le somme delle intensità delle 
righe aventi due dati livelli iniziali (o finali) troviamo le due seguenti ugua- 


220 CAPITOLO V 


glianze: 
bt+e __2L a+ Db 2L 
a ""2L42! c 22 


dalle quali otteniamo 
a:b:c={(L+1) (L—-4)]:41:KLZ—1)(2L-+-1)]. 


Se L = 1, allora il livello più basso non è separato, la riga c manca, e a/b = 2. 


$ 50. Radiazione di atomi. Tipo magnetico 


° 


Il momento magnetico dell’atomo è dell'ordine di grandezza 
del magnetone di Bohr: up — eh/me. Questa stima si differenzia per 
il fattore a dall'ordine di grandezza del momento di dipolo elettrico: 
d- ea — h*/me (poiché anche v/ce — a, si ha up dv/ic, come c'era 
da aspettarsi). Da qui discende che la probabilità di radiazione di 
dipolo magnetico (M1) da parte di un atomo è circa a? volte minore 
della probabilità di radiazione di dipolo elettrico (della stessa fre- 
quenza). Perciò la radiazione magnetica è di fatto importante solo 
per quelle transizioni, che sono proibite da regole di selezione inerenti 
al caso elettrico. 

Per quanto riguarda la radiazione di quadrupolo elettrico (£2), 
il rapporto della sua probabilità alla probabilità di radiazione 1/1, 
è, per ordine di grandezza, uguale a | 


E2 (ea)? 02/02 atm? AE \2 È 
e (GF (50,1) 


(il momento di quadrupolo è -—ea?, E — h*/ma* è l’energia atomica, 
AE la variazione energetica nella transizione). Come si vede, per 
frequenze atomiche medie (cioè per AE — ZE) le probabilità delle 
radiazioni £2 e M1 sono dello stesso ordine di grandezza (a condi- 
zione, ovviamente, che ambedue le radiazioni siano permesse dalle 
regole di selezione). Se invece AE « E (ad esempio, per transi- 
zioni tra componenti della struttura fina di uno stesso termine), 
allora la radiazione MA è più probabile della radiazione £2. 

Le transizioni di dipolo magnetico obbediscono a rigorose regole 
di selezione 


I -I<1<T+5J, (50,2) 
PP'=1. (50.3) 


Nel caso di accoppiamento LS si hanno regole addizionali di 
selezione ancora più restrittive che non per il caso elettrico. Quest’ul- 
tima circostanza è connessa con una proprietà specifica del momento 
magnetico dell'atomo, dovuta alla identità delle particelle del 
sistema (elettroni). Precisamente, l’operatore del momento magne- 
tico dell’atomo si esprime attraverso gli operatori dei suoi momenti 


RADIAZIONE 221 


‘orbitale e di spin secondo la relazione 
u = —bo(L+ 25) = —uo (JI + S), (50,4) 


dove uo = |e | X/2mc è il magnetone di Bohr (vedi III, $ 113). 
Poiché il momento totale si conserva, l'operatore J non ha elementi 
di matrice non diagonali rispetto all'energia; quindi, nello studio 
delle transizioni radiative è sufficiente scrivere u = —pgS'). 

Se si trascura l’interazione spin-orbita, ognuno dei momenti 
L e Ssi conserva separatamente. Perciò l’operatore S è diagonale 
in tutti i numeri quantici n.SLZ, caratterizzanti il termine non 
separato. Perché avvenga una qualsiasi transizione, deve, quindi, 
variare necessariamente il numero J. In tal modo, abbiamo le 
seguenti regole di selezione: 


W=i, = lab Pal dI (50,5) 


cioè le transizioni sono possibili solo tra componenti della struttura 
fina di uno stesso termine. 

Il calcolo della probabilità di radiazione può, in questo caso, 
essere portato fino alla fine. Cambiando opportunamente le nota- 
zioni nella formula (49,10), abbiamo 

14 


n 408801 S J' L\? 
w(nLSI +nLSJ')= 373 (24 +91, S 14 |(S]|S]|5)|?. 


L'elemento di matrice ridotto, che compare qui, dello spin rispetto 
alle proprie autofunzioni, è dato dalla formula 


(S||S[|S)=V S(S+1)(25+1) (50,6) 


DI 


{vedi III (29,13)). Il simbolo 6j che ci è necessario è il seguente: 


SI 41 LI? (1+5+5+1)(£+S-35+4)(L-S+5)(S-L+9) (50,7 
J S 1 = S (2S+1) (2542) (2J—1) 25 (25 +1) ò ) 


(vedi tabella III, $ 108). Come risultato otteniamo 


w(nLSI +nLS,J-1)=32t1 w(nLS,J-1+nLSJ)= 


3,32 
= any (L+8+7+1)(L+S-J+1)(J+S—L)(J+L—S). 
(50,8) 


Le transizioni tra componenti della struttura iperfina di uno 
stesso livello (le frequenze corrispondenti cadono nel campo delle 
onde radio) non possono avere luogo come transizione di dipolo 


| 1) Un’eccezione è costituita dai casi, in cui il momento elettronico del- 
l’atomo J non si conserva: se si tiene conto della struttura iperfina, in presenza 
di campo esterno, ecc. (vedi problemi). 


222 CAPITOLO V 


elettrico, in quanto tutti questi componenti hannu la stessa parità. 
Senza cambiamento di parità avvengono le transizioni £2 e MI. 
Ma per la larghezza relativamente piccola degli intervalli della 
struttura iperfina, la radiazione £2 è poco probabile rispetto alla M1 
(cfr. la (50,1)), e quindi le transizioni citate avvengono come transi- 
zioni di dipolo magnetico. 


PROBLEMI 


4. Trovare la probabilità di transizione M1 tra componenti della struttura 
iperfina di uno stesso livello. 

Soluzione. La probabilità di transizione è data dalle formule (49,18-19), 
nelle quali figurerà ora l’elemento di matrice ridotto diagonale del momento 
magnetico (n/ || p | rY). Il suo valore può essere scritto immediatamente se si 
nota che l'elemento di matrice completo (non ridotto) (n/M] pu, InJM) determi- 
na proprio la separazione del dato livello per effetto Zeeman (vedi III, $ 113) 
ed è uguale a — uogM, dove g è il fattore di Landé. L'elemento di matrice ridotto 
invece è (vedi III (29,7)) 


(n Wu |n9)= A VITFI GIF (nIM |] us |nSM)= 
=—nog VI(J+1) 25+1). 


Come risultato, per la probabilità cercata, troviamo!) 


vb ilrsasi. Pif cali w(nJI, F-A1-+nJIF)= 
= — SUE (5414 F44)(J+1-F+1)(F4+J-D(F-J+1) 
= 3 QF-+1)F 


Questa espressione si differenzia dalla (50,8) solo per un evidente cambiamento 
delle notazioni e per il fattore addizionale g?. 

2. Trovare la probabilità di transizione M1 tra i componenti Zeeman di uno 
stesso livello atomico. 

Soluzione. Il problema riguarda la transizione M + M-1 per valori invaria- 
ti di nJ; la frequenza di transizione Redi più avanti, la formula (51,3)) è fo = 
= uo gH (gè il fattore di Landé). L'elemento di matrice della componente sferica 
Ha del vettore u è determinato dalla formula 


J-M+1)(J+M 
(nd, MA |ps |ndM)\=} STATE nd) = 


= — nog/ +W-M+1)(7+M) 


1) Un interessante esempio è dato dalla transizione tra le componenti della 
struttura iperfina del livello fondamentale dell'atomo di idrogeno (4s,/2), rigoro- 
samente vietata non solo come transizione £41, ma anche come E2 (questo secondo 
divieto è connesso con la regola che proibisce la transizione di quadrupolo in cui 
J + J' = 1). A questa transizione corrisponde la frequenza © = 27 »1,42 109 s1 
(lunghezza d'onda à = 21 cm). Ponendo g = 2,7 = 1/2,J= 1/2,F=1,F = 
= 0, otteniamo 

opa -15 <A 
=335A = 2,85 -10719 s-1. 


RADIAZIONE 223: 


(vedi III (27,12) e problema precedente). Per la probabilità di transizione tro-. 


viamo 
403 2u5.H3 
w=-22>-|(nJ, M—1|p|nJM)}= o (J-M+4)(J+M). 


$ 51. Radiazione di atomi. Effetto Zeeman e effetto Stark 


In un campo magnetico esterno H (che è supposto debole) ogni 
livello atomico di momento totale J si separa in (2J +- 1) livelli 


Evy =E® + wgMH, (51,1): 


dove E® è il livello imperturbato, w, è il magnetone di Bohr, g il 
fattore di Landé, M la proiezione del momento / sulla direzione 
del campo (vedi III, $ 113). La degenerazione rispetto alle direzioni 
del momento viene, in tal modo, rimossa completamente. 

Corrispondentemente si separano anche le righe spettrali, con- 
nesse con le transizioni tra due livelli separati. Il numero delle 
componenti di una riga è determinato dalla regola di selezione rela- 
tiva al numero 2, secondo la quale nella radiazione di dipolo deve 
valere la relazione!) 


m=M_—M'=0, 41. (51,2) 
Le componenti, connesse alle transizioni conm = 0 e m= +1, 
sono chiamate componenti x e componenti co. Le frequenze relative 
sono 


hor= ho + po (gg) M, 


hos= ho + uo [EM —-g' (M=+1)]. (51,3) 
Nel caso particolare in cui g = g’, abbiamo 
hor=hHo®, hog=h0® F wgH, (51,4) 


indipendentemente dal valore di M; in altre parole, in questo caso 
la riga si separa in un tripletto con la componente x non spostata 
e le componenti o disposte simmetricamente rispetto ad essa (si ha 
il cosiddetto effetto Zeeman « normale »). 

La probabilità totale (su tutte le direzioni) di radiazione è pro- 
porzionale al quadrato del modulo | (n’'J'M°' |d_m | nIM). 
Quindi, in virtù della formula (46,19) in cui j = 1, la probabilità 
relativa di radiazione di ciascuna delle componenti Zeeman della 
riga spettrale vale 


J' 1 di 51.5 
. Ma) : 
M' m —M, ( ) 
1) Sono inoltre vietate le transizioni a M = M'=0, se J' = J. Questo 


segue direttamente dalle espressioni generali III (29,7) per gli elementi di. 
matrice di un vettore qualsiasi. 


224 CAPITOLO V 


Nel caso particolare dell’effetto Zeeman « normale »si hanno 
in tutto tre componenti, ognuna delle quali è connessa a transizioni 
da tutti i valori iniziali di M per un dato m. Poiché 

J' 1 J\2_4 si 
>, M' m _——M — 3 ( ù ) 
MM 


{vedi III (106,12)), in questo caso la radiazione di tutte e tre le compo- 
nenti è equiprobabile. 

Presenta, tuttavia, un grande interesse l’intensità relativa delle 
componenti Zeeman relativamente ad una determinata direzione 
(definita rispetto alla direzione della sorgente del campo magnetico 
applicato). Secondo la (45,5) la probabilità di radiazione (e insieme 
l’intensità della riga) in una data direzione n è proporzionale a 
SÌ |e*d;; |, dove la somma viene fatta sulle due polarizzazioni 
‘indipendenti di e, per il dato n. 

Parallelamente alla direzione del campo (asse z) questa somma 
è uguale a 

(Ax) +] (dy)p 3, 
‘oppure, passando in coordinate sferiche 


(Aa P+| (dp: 2. 


Questo significa che nella direzione longitudinale (parallela al 
campo) si possono osservare soltanto le due componenti o (m = +1): 
le loro intensità sono proporzionali a 


| J' 1 12 
MFI1 +1 ui (94,7) 


Possedendo valori determinati della proiezione del momento m 
lungo la direzione di propagazione, queste righe sono polarizzate 
circolarmente a destra (m = 1) e a sinistra (m = —1) (vedi $ 8). 

Nella direzione perpendicolare alla direzione del campo (sia 
questa la direzione dell’asse x) l'intensità è proporzionale alla somma 


(a P+] (da PE +T e +2 I 


In tal modo, nella direzione trasversale si osservano le due compo- 
nenti o e la componente x, aventi intensità rispettivamente propor- 


zionali a 
id A n° Hi NPA 
z\mx1 +1 mM] © \mo soli on) 


(le intensità delle componenti o sono due volte minori dell'intensità 
nella direzione longitudinale). La componente x è polarizzata 


RADIAZIONE 225 


linearmente secondo l’asse z, mentre le componenti o in questa 
direzione sono polarizzate linearmente secondo l’asse y. 

Notiamo che le intensità relative delle componenti Zeeman sono 
completamente determinate dai valori iniziali e finali di J e di M 
indipendentemente dalle altre caratteristiche dei livelli. 

Le regole di selezione vietano le transizioni di dipolo elettrico 
tra componenti Zeeman di uno stesso livello, poiché tutte hanno la 
stessa parità. Per la stessa ragione indicata alla fine del paragrafo 
precedente per le transizioni tra componenti della struttura iperfina 
di un livello, le transizioni citate avvengono come transizione di 
dipolo magnetico. In forza della regola di selezione relativa al 
numero M, le transizioni avvengono soltanto tra componenti conti- 
gue (M' —M= +1). 

La separazione dei livelli di un atomo in un campo elettrico 
debole (effetto Stark), a differenza della separazione in un campo 
magnetico, non rimuove completamente la degenerazione rispetto 
alle direzioni del momento angolare. Tutti i livelli, ad eccezione 
dei livelli di M = 0, rimangono doppiamente degeneri: ad ognuno 
sono connessi due stati con proiezione del momento angolare M 
e —M. 

Il calcolo delle intensità relative delle componenti Stark di una 
riga spettrale è del tutto analogo a quello esposto sopra per l’effetto 
Zeeman?). Occorre tener presente che nell’intensità delle componenti 
x danno il loro apporto (per M =# 0) le transizioni M +-Me—-M-+ 
+ —M e all'intensità delle componenti o le transizioni M + M + 
+1e —M--—(M +1). Perciò, ad esempio, nella direzione 
trasversale le intensità delle componenti sono proporzionali a 


pi 1 ci 
2 


M 0-M 
mentre le intensità delle componenti o sono proporzionali alle somme 
4 o hi 1 J 2 4 / J' 4 J 2 
ati LL La 
Hassi ai z\_M=x{&+1 “i 


J' 1 J\? 
C\Mx1 =s1 E 


1) Le frequenze di queste transizioni cadono nella banda centimetrica e 
vengono osservate in assorbimento o in emissione forzata (risonanza paramagne- 
tica elettronica): gli atomi assorbenti si trovano in un intenso campo magnetico 
costante (che produce la separazione per effetto Zeeman) e in un campo debole 
di onde radio di frequenza di risonanza. 

3) Ci si riferisce qui all’effetto quadratico Stark, che è proprio di tutti gli 
atomi, ad eccezione dell'idrogeno (vedi III, $ 76). Il campo è supposto tanto 
debole che la separazione da esso causata è piccola perfino rispetto agli intervalli 
della struttura fina. 


226 CAPITOLO V 


(ricordiamo che per il cambiamento del segno di tutti i numeri della 
seconda riga i simboli 3j possono cambiare solo di segno, e quindi 
i loro quadrati non cambiano). 

In un campo esterno, anche debole, il momento angolare totale +7, 
rigorosamente parlando, non si conserva più; in un campo omogeneo 
viene osservata esattamente solo la conservazione della proiezione 
del momento M. Quindi anche nelle transizioni radiative in un 
campo debole la conservazione del momento non è rigorosamente 
obbligatoria, e nello spettro degli atomi possono comparire righe, 
vietate dalle ordinarie regole di selezione. 

Il calcolo delle intensità di queste righe si riduce al calcolo delle 
correzioni nella matrice del momento di dipolo, che, a sua volta, 
richiede la determinazione delle correzioni alle funzioni d'onda 
degli stati stazionari. Nell’approssimazione del primo ordine (ri- 
spetto al campo esterno debole) della teoria perturbativa, nella 
funzione d'onda compaiono « miscele » di stati, legati con gli ori- 
ginari elementi di matrice, non nulli, della perturbazione (— Ed per 
un campo elettrico); la correzione di un certo stato w, allo stato y, 


è uguale a 


Di conseguenza, nell’elemento di matrice della transizione « vietata » 
compare il termine 
— (Ed) d32 
E, Es 4 


che è differente da zero se sono possibili le transizioni da uno stato 
«intermedio » 2 agli stati iniziale e finale 1 e 3. 


$ 52. Radiazione di atomi. Atomo di idrogeno 


L'atomo di idrogeno costituisce l'unico caso nel quale il calcolo 
degli elementi di matrice di transizione può essere eseguito fino 
alla fine in forma analitica (W. Gordon, 1929). 

La parità di stato dell'atomo di idrogeno è uguale a (—1)', 
è cioè univocamente determinata dal momento angolare orbitale 
dell’elettrone (ricordiamo che il numero /, in quanto numero che 
determina la parità di stato, conserva il suo significato anche per le 
funzioni d’onda relativistiche esatte, cioè quando si tiene conto del- 
l'interazione spin-orbita). Perciò, la regola di selezione relativa alla 
parità vieta rigorosamente le transizioni di dipolo elettrico senza 
variazione di /; sono possibili solo transizioni in cui /+/+ 1. 
La variazione del numero quantico principale » non è in alcun modo 
limitata. 

Il momento di dipolo dell'atomo di idrogeno si riduce al raggio 
vettore dell’elettrone: d = er. Poiché la funzione d'onda dell’elettro- 


RADIAZIONE 227 


ne nell’atomo di idrogeno è data dal prodotto della parte angolare 
con la funzione radiale R,,, gli elementi di matrice ridotti del raggio 
vettore si possono anch'essi rappresentare sotto forma di prodotto 


(2, 1A |1r {ln =@—1]vI1D | Ro 1 4rRar2dr, 
0 


dove ({ — 1 [| v [| {) sono gli elementi di matrice ridotti del versore w 
nella direzione ». Questi ultimi sono uguali a 


(-1|[w[|D}=2|{w||Z—1)*=iV1 
(vedi III (29,14). In tal modo, troviamo 
(n, I1-A|rin)= — nre, }-1)= 


=iVl | Ru, 1-4Rnir° dr. (52,1) 
0 


Le funzioni radiali non relativistiche dello spettro discreto del- 
l'atomo di idrogeno sono date dalla tormula III (36,13)!) 


2 2 (n4-2)1 
Am= nl+2 (21+- 1)! VEE 2 


x (2r)'e-rmE(—n+1+14,21+2, ), (52,2) 


L’integrale (52,1), contenente il prodotto di due funzioni ipergeo- 
metriche confluenti, si calcola mediante le formule riportate nel 
vol. III, appendice, $ f?). Il calcolo porta al risultato seguente: 


sara (E 
i, mA) =iVi n“ 


+ DI (n+I=1)! (Ann')IH4 (n—n'yntr 2122 

x V (1-1)! (n°—DI! (non: È 
7, 4nn' 

x {F(—n+41+1, —n'+1,21 x) - 


— (EVA n4i1, 412, E )), (629) 


n4_n' 


._ 3) In questo paragrafo si usano unità atomiche. In unità ordinarie le espres- 
sioni che seguono per gli elementi di matrice della coordinata devono essere 
moltiplicate per /?/me? (se invece si tratta di uno ione idrogenoide di numero Z, 
occorre moltiplicare per &?/mZe?). 

2) Con le notazioni là introdotte si vuole indicare il calcolo dell’integrale 
Ji, a (n ++ 1, —n' + 3). Il calcolo viene eseguito mediante le formule 
(f, 12-16). 

15* 


228 CAPITOLO V 


dove F (a, B, y, z) sono le funzioni ipergeometriche. Poiché i para- 
metri & e ff, in questo caso, sono uguali a numeri interi negativi 
(oppure a zero), queste funzioni si riducono a polinomi!). 
Riportiamo, per comodità di consultazione, alcune espressioni 
che si ricavano dalla (52,3) in alcuni casi particolari (il valore di / 
viene indicato mediante il simbolo spettroscopico s, p, d, ...): 
28n7 (n—1)2n-5 
De 
|disllrilnp)P= gas. 
217n? (n2 -1)(n—2)2n-6 
|(2s|]|r||mp) P= — Gaga — (02,4) 
219n9 (n2 — 1) (n 2)2n? 
[(2p 17 {]72d) | = 3 (n+2)2n+? ’ 
215n9 (n 2)2n-6 
|2p|lrl|ns)}=Tpaaee 
La formula (52,3) non è applicabile alle transizioni senza varia» 
zione del numero quantico principale » (cioè a transizioni tra compo- 
nenti della struttura fina del livello). In questo caso (n = n’) per 
l'integrazione partiamo dalla rappresentazione delle funzioni radiali 
attraverso i polinomi di Laguerre: 


NE: (2-1)! _ein{ 27 \t 72141 ( 2r 
Ru= a V Tr e (F) (7) 625) 
Nell’integrale 


| Rn, 1-4Rni3 dr co | ecop?t4+2L204! (0) L2%L, (0) dp 
0) 0 


sostituiamo uno dei polinomi con la sua espressione attraverso la 
funzione originale (vedi III, appendice, $ d) 


1) nor d \n-1-1 
1341 (= — TDI erp (LR erogr, 


Dopo la (n — l — 1)-esima integrazione per parti otteniamo l’inte- 
grale della forma 


fd \n-l4 1 21- 
e-0p"?! (4) PLatimi (9) dp, 


nel quale si va a sostituire il polinomio di Laguerre con la sua espres- 
sione esplicita secondo la formula 


Le = (01 DI (2,4) SE 
h=0 


1) Tabelle numeriche per elementi di matrice e di probabilità di transizione 
per l'idrogeno si possono trovare nel libro: 7. A. Bethe, E. E. Salpeter, Quantum 
Mechanics of one- and two- Electron Atoms, New York, 1957. 


RADIAZIONE 229 


Dopo la derivazione, nella somma restano in tutto tre termini 
e l'integrazione è elementare. Il calcolo porta al seguente semplice 


risultato: 
(n, 1-1|riln)=iVT-TnVr=P. (52,6) 


L'’integrale 


Xn, tei (PYni) de 


(e °) 
| Rn, Lu Rn dr = 
0 


(dove y,:= rAni) è il coefficiente dello sviluppo della funzione ryni 
secondo il sistema di funzioni ortogonali Ya, 1-1 (N = 1, 2, ...). 
La somma dei quadrati dei moduli di questi coefficienti è uguale 
all’integrale del quadrato della funzione sviluppata!). Quindi abbiamo 


00 


S|, 1—1]|r|lnd}}=2 | ray, dr. (52,7) 
n‘ 0 


Servendoci della nota espressione per il valore medio di r? nello 
stato rl (vedi III (36,16)), troviamo la seguente regola di somma; 


S |@, 1—1]rilnp= 0 [5n2+1—8.0+1)l. (52,8) 


Per dati valori di n, / e grandi valori di n’ l'elemento di matrice 
della transizione n/-+ n'l’ decresce secondo la legge 
(52,9) 


#17! 9 3 
|l'|irllnd)}o0F, 


come è facile convincersene sia dai casi particolari (52,4), che dalla 
formula generale (52,3). Questo risultato è del tutto naturale: 
i livelli energetici coulombiani £° = —41/2n'? per grandi n' sono 
disposti in modo quasi continuo, e la probabilità di transizioni in 
qualsiasi livello nell’intervallo dE° è proporzionale alla densità 
« di disposizione » di questi livelli, che a sua volta è - n°338. 
L'effetto Stark nell’idrogeno possiede, come è noto, una sua 
peculiarità (III, $ 77): la separazione è proporzionale alla prima 
potenza dell’intensità del campo elettrico. Il campo è supposto non 
intenso (condizione dell’applicabilità della teoria delle perturbazioni) 
ma, nel contempo, tale che la separazione dei livelli sia grande ri- 
spetto alla loro struttura fina. Con queste condizioni la grandezza 
del momento angolare non si conserva e i livelli devono essere classi- 
ficati secondo i numeri quantici parabolici n,, n,, m. L'ultimo di 
questi numeri, il numero quantico magnetico m, determina, come 


1) La somma viene eseguita sia rispetto agli stati dello spettro discreto che 
dello spettro continuo. 


230 CAPITOLO V 


prima, la proiezione del momento orbitale sull'asse z (direzione del 
campo), la quale, nelle date condizioni (si trascura l'interazione 
spin-orbita), si conserva. Perciò per questo numero quantico vale la 
solita regola di selezione 


m-m=0, +1. (52,10) 


Per la variazione dei numeri nr; e n,, invece, non si hanno restrizioni. 

Gli elementi di matrice del momento di dipolo in coordinate 
paraboliche possono essere calcolati analiticamente. Le formule che 
si ottengono, tuttavia, sono molto complesse e noi non le ripor- 


teremo!). 


PROBLEMA 


Trovare la separazione per effetto Stark dei livelli dell’idrogeno nel caso in 
cui il valore della separazione è piccolo rispetto agli intervalli della struttura 
fina (ma grande rispetto allo spostamento Lamb). 

Soluzione. Nelle condizioni indicate rimane una doppia degenerazione dei 
livelli imperturbati con /=j + 4/2, e quindi la separazione per effetto Stark re- 
sta lineare rispetto al campo. Il valore A della separazione si determina 
dall’equazione secolare 

_À —— E (d2)12 
— E (dz)m — A 
(gli indici 1, 2 corrispondono agli stati di /=j+ 1/2 e di dato numero quantico 
magnetico m; la perturbazione V = i è diagonale in m e non ha elementi 


diagonali in !). L’elemento di matrice della grandezza orbitale d, si calcola 
mediante le formule III (29,7), III (109,3) secondo le quali si ha 


=0, Asa + E|(d2)12] 


(j, 1-1, mjd |im=——___—- {, 1-1 Id j2) 
i VATEZIOREN i 
è ; 1-1 j 1/2 
G, 1-4 Nana=—i+1) {7° 1)a-tna19, 
dove occorre porre I = } 4 1/2; la quantità (L—1]|d||)è data dalla (52,6). 
Come risultato finale otteniamo 
3 ———_ es nm 
A=+— 2—(j 1 2 2 _—21_ Mg 
tg VR-G+H® 77 


$ 53, Radiazione di molecole biatomiche. Spettri elettronici 


La peculiarità degli spettri molecolari è legata, in primo luogo, 
alla suddivisione dell’energia della molecola in energia elettronica, 
oscillazionale e rotazionale; ognuna di queste energie è piccola ri- 
spetto a quella che la precede. La struttura dei livelli delle molecole 
biatomiche è stata dettagliatamente studiata nel vol. III, cap. XI. 


") Queste formule e le corrispondenti tabelle numeriche si possono trovare 
nel libro già citato di H. Bethe e E. Salpeter. 


RADIAZIONE 231 


Ora cercheremo di chiarire la struttura dello spettro e di calcolare 
le intensità delle righe spettrali!). 

Incominciamo dal caso generale, quando per la transizione cambia 
lo stato elettronico della molecola (e insieme ad esso cambiano anche, 
generalmente, gli stati oscillazionale e rotazionale). Le frequenze 
di queste transizioni cadono nel campo visivo e ultravioletto dello 
spettro. L'insieme di queste transizioni formano il cosiddetto spettro 
elettronico della molecola. Qui noi parleremo sempre di transizioni 
di dipolo elettrico; le transizioni di altri tipi sono poco importanti 
nella spettroscopia molecolare. 

Come anche per le transizioni di dipolo in un sistema qualsiasi, 
è valida la regola di selezione relativa al momento angolare totale / 


della molecola: 
PA au (93,1) 


Alla rigorosa regola di selezione relativa alla parità del sistema 
corrisponde, in questo caso, la regola di selezione relativa al segno 
del livello; ricordiamo che, secondo la terminologia usata in spettro- 
scopia molecolare, gli stati associati a funzioni d’onda, che per 
l’inversione spaziale (cambio del segno delle coordinate degli elettro- 
ni e dei nuclei) cambiano o non cambiano segno, sono chiamati stati 
positivi o negativi, rispettivamente. In tal modo, abbiamo la seguente 
regola rigorosa: 

+ iaia za a (53,2) 


Se la molecola è composta di atomi identici (con nuclei di uno 
stesso isotopo), si ha la classificazione dei livelli rispetto alla permu- 
tazione delle coordinate dei nuclei: livelli simmetrici (s) associati 
a funzioni d'onda che non cambiano segno per la trasformazione 
indicata, e livelli antisimmetrici (a) associati a funzioni d’onda che 
invece cambiano segno. Poiché l'operatore del momento di dipolo 
elettronico non viene affatto toccato da questa trasformazione, i suoi 
elementi di matrice sono differenti da zero solo per transizioni senza 
cambiamento di questa simmetria?) 


s+s, a+. (53,3) 


Questa regola non è, tuttavia, assolutamente rigorosa. Infatti, il 
fatto che un livello goda di questa simmetria è connesso con il 
fatto che la molecola possiede questo o quel valore determinato 
dello spin totale dei nuclei /. Per la straordinaria debolezza del- 
l'interazione degli spin nucleari con gli elettroni, lo spin / si con- 


1) La parte che segue è basata su materiale contenuto nel vol. III, $$ 78, 
a Per non appesantire il testo, eviteremo i continui rimandi a questi para- 
grafi. 

Pi ?) Questa regola vale, ovviamente, per transizioni di multipolo di qualsiasi 
ordine. 


232 UAPITOLO V 


serva con un elevato grado di precisione, ma non rigorosamente. 
Se si tiene conto di questa interazione, / non avrà un valore deter- 
minato, la proprietà di simmetria non si conserverà e la regola di 
selezione (53,3) viene a cadere. 

I termini elettronici di una molecola di atomi identici sono caratte- 
rizzati anche dalla parità (g oppure u), cioè dal comportamento delle 
funzioni d’onda per il cambiamento di segno delle coordinate degli 
elettroni (assumendo come centro il centro della molecola) lasciando 
invariate le coordinate dei nuclei. Esiste uno stretto legame tra 
questa proprietà del termine elettronico da una parte, la simmetria 
nucleare e il segno relativo a questo termine dei livelli rotazionali 
dall’altra. I livelli, relativi ad un termine elettronico pari (g), 
possono avere le caratteristiche s4+ oppure a—, e quelli relativi 
ad un termine dispari le caratteristiche s— oppure a+. Dalle regole 
(53,2) e (53,3) discende anche la regola 


g>Uu, U>g. (93,4) 


La regola (53,4) resta approssimativamente valida anche per 
molecole costituite di isotopi differenti di uno stesso elemento. 
Poiché le cariche dei nuclei sono identiche, nello studio del termine 
elettronico per nuclei fissi, noi abbiamo a che fare con un sistema di 
elettroni in un campo elettrico, che ha un centro di simmetria (situato 
nel punto che divide a metà la distanza tra i due nuclei). La sim- 
metria della funzione d’onda elettronica rispetto all’inversione in 
questo punto determina la parità del termine, e poiché il vettore 
momento di dipolo elettrico per questa trasformazione cambia segno, 
noi arriviamo alla regola (53,4). Il fatto che questa regola, dedotta 
come abbiamo detto, sia approssimata è legato alla necessità di 
considerare i nuclei come immobili. Perciò questa regola viene 
violata se si tiene conto dell’interazione tra lo stato elettronico e la 
rotazione della molecola. 

Altre regole di selezione sono connesse con queste o quelle concrete 
supposizioni circa l’intensità relativa delle diverse interazioni nella 
molecola (cioè circa il tipo di legame). Di conseguenza queste regole 
possono essere solo approssimate. 

La maggior parte dei termini elettronici di molecole biatomiche 
appartiene ai tipi di legame a oppure d. Ambedue questi tipi sono 
caratterizzati dal fatto che l’interazione del momento orbitale con 
l'asse (l’interazione elettrica dei due atomi nella molecola) è forte 
rispetto a tutti gli altri tipi di interazione. In relazione a ciò esistono 
i numeri quantici A e S (proiezione del momento angolare orbitale 
degli elettroni sull'asse della molecola e spin totale degli elettroni). 
L'operatore relativo ad una grandezza orbitale, il momento orbitale 
elettronico, commuta con l’operatore di spin, e quindi si ha 


S'—S=0 (casi a, di). (53,5) 


RADIAZIONE 233. 


La variazione del numero A obbedisce alla seguente regola di sele- 


zione: 
A —A=0, +1 (casi a, d), (53,6) 
e per le transizioni tra stati a A = 0 (termini Z) vale inoltre la regola 
Lt xt, X£--+ X° (casia, db) (53,7) 


(ricordiamo che gli stati X* e ®- si differenziano per il comporta- 
mento rispetto alla riflessione nel piano passante per l’asse della 
molecola). Le regole (53,6-7) si ricavano considerando le molecole 
nel sistema di coordinate solidale coi nuclei (vedi III, $ 87); la 
regola (53,6) è analoga alla regola di selezione relativa al numero 
quantico magnetico nel caso di atomi. 

I tipi di legame a e d si differenziano tra loro per la relazione tra 
l'energia di interazione « spin-asse » e l’energia rotazionale (cioè 
le differenze tra l’energia dei livelli rotazionali). Nel caso a la 
prima di esse è maggiore della seconda, nel caso d è invece di molto 
inferiore. Studiamo ora questi due casi separatamente. 

Caso a. In questo caso esiste il numero quantico Z, proiezione 
dello spin totale sull’asse della molecola (e con esso esiste anche il 
numero quantico £ = £ + A, proiezione del momento angolare 
totale). Se ambedue gli stati (iniziale ei finale) sono relativi all caso a, 
allora è valida la regola 


2'-X£=0 (caso a) (53,8) 


(che discende dalla già citata commutatività del momento di dipolo 
con lo spin). Dalle (53,6) e (53,8) discende!) 
d-Q=0, +1, (53,9) 


Se 2 = 2° = 0, addizionalmente alla regola generale (53,1), sono 
vietate le transizioni con J' = J?): 
J'-JT= +1 per L= =0 (caso a). (53,10) 


Consideriamo le transizioni tra due dati livelli oscillazionali 
qualsiasi, relativi a due termini elettronici diversi (del tipo a). 
Tenendo conto della struttura fina del termine elettronico, ognuno di 
questi livelli si separa in più componenti, il cui numero deve essere 
identico per ambedue i livelli in forza della regola (53,5) ed è uguale. 


1) Questa regola rimane valida anche nel caso c (l'interazione del momento 
angolare orbitale è piccola rispetto all’interazione « spin-orbita »), quando i 
numeri A e X separatamente non esistono. 

2) Questa regola è analoga al divieto delle transizioni con J = J' per M = 
= M' = 0 nelcaso di atomi (vedi nota a pag. 223), dove, tuttavia, essa presen- 
tava interesse soltanto in presenza di un campo esterno. Nel caso considerato, la. 
regola segue direttamente dalla formula riportata più avanti (53,12); il simbolo. 


3j (3 ì o) si annulla per J’ = J, quando la somma J’ |--J + 1è dispari. 


234 CAPITOLO V 


a (25 +- 1). Secondo la regola (53,8) ogni componente di un livello si 
combina solo con una componente di un altro livello con lo stesso 
valore di X. 

Prendiamo ora una coppia di livelli con identici X; i loro valori 
Q e Q' possono differenziarsi (insieme a A e A’) di 0 o di +1. Se si 
tiene conto della rotazione, ognuno di essi si separa in una successione 
di livelli, che si differenziano per i valori dei numeri J e J', che 
assumono i valori definiti dalle disuguaglianze J >|Q2],J = 
= |' |. La dipendenza delle probabilità di transizione da questi 
numeri può venire stabilita in forma generale (7. Hònl, F. London, 
1925). 

L'elemento di matrice della transizione nAQUM > n'A'Q'J'Mj 
{dove n indica tutte le altre caratteristiche del termine elettronico, 
‘oltre a £2 e A) è uguale a 


{(n'AN'QI'M;|dg|nAQJM;)|= 
VETFIRTAD(_0 Vallo n 


x | A'|dy|nA)|, (53,11) 


dove dy e dy sono le componenti sferiche del vettore momento di 
dipolo relative rispettivamente al sistema di coordinate fisso yz 
e al sistema « mobile » Én$ con l’asse & diretto lungo l’asse della 
molecola (questa formula si ricava mediante la III (110,6)). 
‘Gli elementi di matrice (@'A’ | dy | n A) non dipendono dai numeri 
quantici rotazionali 7Y, J', ma dipendono solo dalle caratteristiche 
dei termini elettronici (nel caso considerato non dipendono nemmeno 
dal numero 2!)); perciò nella notazione dell’elemento di matrice 
sono stati omessi gli indici Q' — A+ Z, e Q=A+%. 

La probabilità della transizione nAQJ+ n'A'Q'J' è propor- 
zionale al quadrato dell’elemento di matrice (53,11), sommato su Mj. 
In forza della formula III (106,12) 

J1J ) 7 
2. —M3 q My 
My 


otteniamo 
"bi 1J\2 
w(MRAQI + n'A'QVI'Y=(2J'+1) Li O 90 A B(n',n; N, A), 


(53,12) 


1) Di questo ci si può convincere analogamente a come si fece all’inizio del 
vol. III, $ 24 per la grandezza scalare f. Nel caso considerato, l'operatore della 
.grandezza vettoriale d commuta con l'operatore del vettore conservativo (in 
-approssimazione zero) S, e ® è la proiezione di S sull'asse &% nel sistema di coor- 
dinate in rotazione, proprio nel quale va considerata la condizione di commuta- 
zione di d e S, 


RADIAZIONE 235 


dove i coefficienti B non dipendono da J, J' (noi trascuriamo, ovvia- 
mente, la differenza, relativamente piccola, tra le frequenze di 
transizioni a J, J' differenti)!). 

Sommando la (53,12) su J’ (in forza della proprietà di ortogonalità 
dei simboli 3j III (106,13)), noi otteniamo semplicemente 2 (n'’, n; 
A”, A). In altre parole, la probabilità totale di transizione dal livello 
rotazionale J dello stato £ a tutti i livelli J’ dello stato £?° non dipen- 
de da /J. 

Caso b. In questo caso esiste, accanto al momento angolare 
totale J, anche il numero quantico X, momento angolare della 
molecola senza tener conto dello spin. Le regole di selezione relative 
a questo numero coincidono con le regole generali di selezione relative 
a qualsiasi grandezza vettoriale orbitale (quale è il momento di 
dipolo elettrico): 

IKR-KIZA1<KXt+XKX' (caso bd) (53,13) 


col divieto addizionale per la transizione con X = A’ perA = A’ = 
= 0 (analogamente alla (53,10)): 
K'-K=4#1 per A=A'=0. (53,14) 


Consideriamo le transizioni tra componenti rotazionali di determinati 
livelli oscillazionali di due stati elettronici, relativi al tipo .. 
Le probabilità di transizione tra di essi sono determinate dalle for- 
mule (53,12), nelle quali bisogna scrivere X, A al posto di J, Q. 
Tenendo conto della struttura fina (per S + 0) ogni livello rotazio- 
nale X si separa in 25 + 1 componenti con g=|K—-5S]|,..., 
K + S; a risultato di ciò, invece di una riga J + J”, si ha un multi- 
pletto. Poiché nel dato caso noi abbiamo a che fare con la composi- 
zione di momenti K e $ liberi (non legati all'asse della molecola), 
le formule delle probabilità relative di transizione per le diverse 
righe del multipletto coincidono con le formule analoghe (49,15) 
per le componenti della struttura fina degli spettri atomici, dove 
l'analogo ruolo (nel caso di accoppiamento LS) è svolto dai momenti 
Le S. 

In tal modo, noi abbiamo considerato le regole di selezione, che 
determinano le possibili righe dello spettro in tutti i casi principali, 
che si possono avere nelle molecole biatomiche. 

L’insieme delle righe originate da transizioni tra le componenti 
rotazionali di due dati livelli elettronico-oscillazionali costituiscono, 
come si dice in spettroscopia, una banda; essendo gli intervalli 


1) Ciascuno dei livelli rotazionali Y presi in considerazione, se si tiene 
conto dello sdoppiamento A, si separa in due livelli, dei quali uno è positivo e 
l’altro Recniizo: Perciò invece della sola transizione J + J’, noi avremo, tenendo 
conto”delle regole di selezione (53,2), due transizioni: dalla componente positiva 
(negativa) del livello J alla componente negativa (positiva) del livello J'. Le 
probabilità di queste transizioni sono uguali. 


236 CAPITOLO V 


rotazionali piccoli, le righe nella banda sono molto fitte. Le fre- 
quenze di queste righe sono date dalle differenze 


hwyy: = costante+ BI (J+1)—B'J'(J'+1), (953,15) 


dove B, B' sono costanti rotazionali in ambedue gli stati elettronici 
(per evitare inutili complicazioni, si suppone che i termini elettro- 
nici siano termini di singoletto). Per J' = J,J + 1{la formula (53,15) 
può essere rappresentata graficamente (fig. 2) mediante tre rami 
(parabole), i cui punti, per valori interi di J, determinano i valori 
delle frequenze (la disposizione dei rami nella fig. 2 coorrisponde al 


J'=Jtl 


5 SUR IDONNQVwo 
«a 
M 
Cai 


Fig. 2 


caso B' < B; per B' >Birami sono aperti dalla parte dei piccoli ©, 
e il ramo superiore è la curva per J' = Y — 1)!). La presenza di un 
ramo ‘a curvatura pronunciata porta, come è chiaro dalla figura, ad 
un infittimento delle linee che si dirigono verso una determinata 
posizione limite (testa di banda). 

Parlando della intensità delle righe, è necessario ricordare anche 
il peculiare fenomeno della alternanza delle intensità in alcune 
bande dello spettro elettronico di molecole costituite da atomi di uno 
stesso isotopo (W. Heisenberg, F. Hund, 1927). Le condizioni di 
simmetria, connesse con gli spin nucleari, hanno come conseguenza 
che le componenti rotazionali con valori pari e dispari di X dei 
termini elettronici X, godono di una simmetria opposta rispetto 
ai nuclei ed hanno corrispondentemente dei diversi pesi statistici 
nucleari gs e g, (vedi III, $ 86). Secondo la regola (53,14) nelle 
transizioni tra due diversi termini 2 sono possibili solo i valori 
J' = J + 1; inoltre uno dei due termini £ deve essere, in forza 
della regola (53,4), pari e l’altro dispari. Come risultato si ha che, 
per un dato valore di J' — J, le transizioni con valori successivi di 


1) Le serie di righe, relative a transizioni con J' = J + 1,J, J — 1, sono 
chiamate rispettivamente rami P, Q, AR. 


RADIAZIONE 237 


J avvengono alternativamente tra coppie di livelli simmetrici 
e coppie di livelli antisimmetrici (come è illustrato dallo schema 
alla fig. 3 sull’esempio degli stati 2} e Xi). D'altra parte, l’intensità 
osservabile della riga è proporzionale al numero di molecole che si 
trovano nel dato stato iniziale, e quindi al suo peso statistico. Perciò 
l'intensità di righe successive (J = 0, 1, 2, ...) sarà alternativa- 
mente maggiore e minore, alternativamente proporzionale a g, e fa 
(questa alternanza accompagna l’andamento regolare previsto dalle 
formule (53,12)!). 

Per la variazione del numero quantico vibrazionale in transizioni 
tra due differenti termini elettronici non esistono rigorose regole 


di selezione. Esiste, tuttavia, una regola (principio di Frank — 
Condon), che permette di predire la variazione più probabile dello 
stato oscillazionale. Essa è basata sulla quasi-classicità del moto 
dei nuclei, connessa col fatto che la massa dei nuclei è grande (cfr. 
quanto detto sulla predissociazione nel vol. III, $ 90)?). 

Nell’integrale, che determina l’elemento di matrice di transi- 
zione tra gli stati vibrazionali £ e £' dei termini elettronici U (r) 
e U' (r), l’apporto principale è dato dalla regione vicina al punto 
r=ro, in cui 


U (rr) — U' (MM =E— E (53,16) 


(cioè gli impulsi del moto relativo dei nuclei sono uguali in ambedue 
gli stati: p = p'). Per un dato valore di £ la probabilità di transi- 
zione (come funzione dell’energia finale £’) è tanto maggiore 
quanto minore è ognuna delle differenze E — U e E' — U'. Essa 
raggiunge il valore massimo per 


E-U(n)=E'" -U'(r)=0, (53,17) 


1) Qui si suppone che tutti gli stati con diversi valori dello spin nucleare 
totale siano popolati uniformemente. 

?) Rigorosamente parlando, è necessario anche che il numero quantico oscil- 
lazionale sia sufficientemente grande. 


238 CAPITOLO V 


cioè il « punto di transizione » r,) (la radice dell’equazione (53,16)) 
coincide con il punto classico di arresto dei nuclei (la fig. 4 illustra 


graficamente questo legame tra £ e il valore più probabile di £°). 
Per visualizzare, si può dire che la transizione 


U(r) è più probabile in vicinanza del punto in cui 
i nuclei si fermano e dove, di conseguenza, essì 
Ur E permangono per un intervallo di tempo relativa- 


mente grande!). 
2 $ 54. Radiazione di molecole biatomiche. 
Spettri oscillazionali e rotazionali 


Le regole di selezione, enumerate nel para- 

Fig. 4 grafo precedente, e le formule per le probabilità 

di transizione restano valide anche per le transi- 

zioni, nelle quali lo stato elettronico della molecola non cam- 

bia?). Soffermiamoci qui soltanto su alcune peculiarità di queste 
transizioni. 

Innanzitutto, la regola di selezione (53,4) vieta le transizioni 
(di dipolo) senza variazione dello stato elettronico in molecole di 
atomi identici, poiché, per tale transizione, la parità del termine 
elettronico rimarrebbe immutata. Come da quanto detto nel $ 53, 
questo divieto potrebbe essere violato solo tenendo conto della 
interazione degli spin nucleari con gli elettroni, e per molecole di 
isotopi differenti di uno'stesso elemento, già per effetto dell’influenza 
della rotazione sullo stato elettronico. 

Il calcolo degli elementi di matrice del momento di dipolo si 
riconduce (secondo le formule III, $ 87) al calcolo di questi elementi 
nel sistema di coordinate rotante con la molecola. La funzione d’onda 
della molecola in questo sistema è rappresentata dal prodotto della 
funzione d’onda degli elettroni per una data distanza r tra i nuclei 
e la funzione d’onda del moto vibrazionale dei nuclei nel campo 
efficace U (r) degli elettroni e dei nuclei. Trascurando completa- 
mente l’effetto del moto dei nuclei sullo stato elettronico, le funzioni 
d'onda elettroniche iniziale e finale sono, per le transizioni con- 
siderate, uguali. L'integrazione rispetto alle coordinate degli elet- 
troni dà, quindi, nell’elemento di matrice semplicemente il mo- 


mento medio di dipolo d della molecola (diretto, evidentemente, 


1) Il problema di trovare (nell’approssimazione quasi-classica) la distribu- 
zione di probabilità delle diverse transizioni in vicinanza del suo valore massimo, 
è identico al problema 3 nel vol. III, $ 90, differenziandosi solo per il cambia- 
mento di alcune notazioni. 

2) Le transizioni con variazione dello stato oscillazionale (e con esso anche 
dello stato rotazionale) formano, come si dice, lo spettro oscillazionale della 
molecola; esso cade nel vicino infrarosso (lunghezze d’onda <20 p). Le transizioni 
con variazione del solo stato rotazionale formano lo spettro rotazionale, che cade 
nel lontano infrarosso (lunghezza d’onda >20 p). 


RADIAZIONE 239 


come il suo asse) in funzione della distanza r. Per a piccolezza delle 
oscillazioni d (r) si può sviluppare in potenze della: coordinata 
oscillazionale g = r — rp. Per transizioni connesse a variazione 
dello stato oscillazionale, il termine d’ordine zero dello sviluppo 
viene a cadere nell'elemento di matrice a causa dell’ortogonalità 
delle funzioni d'onda del moto oscillazionale in uno stesso campo 
U (g), e rimane quindi il termine proporzionale a g. Se consideriamo 
armoniche le oscillazioni in questione, allora, secondo le note pro- 
prietà dell’oscillatore lineare (III, $ 23), gli elementi di matrice 
saranno differenti da zero solo per transizioni tra stati oscillazionali 
contigui; in altre parole, per il numero quantico oscillazionale v 
è valida la regola di selezione 


U-v= +1, (54,1) 


Questa regola, tuttavia, viene violata se si tiene conto della anarmo- 
nicità delle oscillazioni, e anche se si tiene conto dei successivi. 
termini dello sviluppo della funzione d (g). 

Per una transizione rotazionale pura (senza variazione anche 
dello stato oscillazionale) l'elemento di matrice della proiezione del 
momento di dipolo su l’asse mobile $ può essere posto semplicemente. 
uguale al momento di dipolo medio della molecola d = d (0)!). 
Di conseguenza, per la probabilità della transizione J +J — 1 
si ottiene la formula 


403 = J2-Q2 
v(inl+n, J-1)= 7a PTT); (04,2) 


che permette di calcolare non solo i valori relativi (come la (53,12)), 
ma anche quelli assoluti delle probabilità. (La iormula (54,2) è scritta 
per il caso a; nel caso d occorre scrivere X, A al posto di J,-L). 
Le frequenze delle transizioni rotazionali pure sono determinate 
dalle differenze delle energie rotazionali BJ (J + 1) e sono uguali a 


ho;, JA 2BJ. (54,3) 


Le righe successive si trovano ad uguali distanze tra di loro (28). 


$ 55. Radiazione di nuclei 


Per la radiazione y da parte di nuclei, di regola, è soddisfatta 
la condizione per cui le dimensioni del sistema (cioè il raggio del 
nucleo AR) siano piccole rispetto alla lunghezza d’onda del fotone. 
Tuttavia, le distanze tra i livelli nucleari (e quindi anche l’energia 
dei quanti y) sono di solito piccole rispetto all’energia associata 


1) In una molecola di atomi identici d = 0, come è evidente da considera- 
zioni di simmetria. 


240 CAPITOLO V 


a ciascun nucleone nel nucleo. Perciò la quantità /4 non è diretta- 
mente connessa con la velocità v/c dei nucleoni nel nucleo, e, general- 
mente, è sensibilmente più piccola di quest'ultima. In relazione 
a ciò, la probabilità di radiazione M?, di regola, è maggiore della 
probabilità di radiazione £, / + 1 (cfr. inizio $ 950). 

Le regole di selezione generali relative al momento angolare 
totale (« spin ») del nucleo e alla parità sono le stesse che per la 
radiazione di un qualsiasi sistema. La peculiarità della radiazione 
nucleare è costituita dal fatto che le transizioni di multipolo più 
elevato sono molto frequenti. Contrariamente agli atomi, nei quali 
la radiazione è di solito radiazione di dipolo elettrico, nei nuclei, 
a piccole energie, queste transizioni sono relativamente rare, poiché 
risultano proibite da regole di selezione. 

Se consideriamo una transizione radiativa del nucleo come tran- 
sizione di una sola particella, cioè come la variazione dello stato di 
un nucleone, mentre rimane invariato lo stato del «resto » del 
nucleo, vengono ad aggiungersi regole di selezione relative al momento 
angolare di questo nucleone. Tuttavia, il grado di precisione con cui 
sono osservate queste regole relative alle transizioni « di una sola 
particella » risulta, di fatto, molto basso. 

Specifiche per il nucleo sono le regole di selezione relative allo 
spin isotopico. Ricordiamo che la proiezione 7, dello spin isotopico 
è determinata dal peso atomico e dal numero atomico 


1 A 


Per un dato valore di 7, il modulo dello spin isotopico può avere 
qualsiasi valore 7 = | 7; |. La regola di selezione relativa al nume- 
ro 7 per le transizioni radiative compare in relazione al fatto che gli 
‘operatori dei momenti elettrici e magnetici del nucleo, espressi 
mediante gli operatori degli spin isotopici dei nuclei, sono la somma 
di uno scalare e della componente 7; di un vettore nello spazio isoto- 
pico (vedi III, $ 116). Perciò i relativi elementi di matrice sono dif- 
ferenti da zero solo alla condizione 


si = T = 0, +1. (59,1) 


Di per se stessa questa regola, tuttavia, non impone particolari 
restrizioni sulle transizioni nei nuclei leggeri (per i quali soltanto si 
può parlare con sufficiente precisione di conservazione dello spin 
isotopico); infatti, tra i livelli più bassi di questi nuclei di fatto non 
ci sono livelli con T >>1. 

Per le transizioni £1 si ha ancora una regola addizionale in rela- 
zione al fatto che per il momento di dipolo elettrico la parte isotopi- 
camente scalare viene a mancare, e il suo operatore si riduce alla 
componente xy del vettore isotopico (vedi III, $ 116). Perciò se 
T,z= 0, sono vietate anche le transizioni con AT = 0. In altre 


RADIAZIONE 241 


parole, nei nuclei con un ugual numero di protoni e di neutroni 
(N = Z, A = 22Z) le transizioni Z1 sono possibili solo se 


D'-T=41 (7,=0) (55,2) 


È ovvio che la precisione, con cui questa regola è osservata, dipende 
dalla precisione con cui si conserva lo spin isotopico del nucleo. 

Sul valore della probabilità delle transizioni £41 nel nucleo 
influisce anche l’effetto di rinculo del resto del nucleo nel moto dei 
singoli nucleoni. Questo effetto ha come conseguenza che al momento 
di dipolo i protoni concorrono con la carica efficace e (1 — Z/A) 
invece di e, e i neutroni con la carica —eZ/A invece di 0 (vedi III, 
$ 118). La diminuzione della carica efficace del protone porta ad una 
certa diminuzione della probabilità delle transizioni £1. 

I livelli energetici dei nuclei non sferici hanno una struttura 
rotazionale. In relazione a ciò, compare una struttura rotazionale 
nello spettro dei raggi y, specifica per tali nuclei. 

La simmetria del campo nel quale si muovono i nucleoni nel 
nucleo « fisso » non sferico (assiale), coincide con la simmetria del 
campo nel quale si muovono gli elettroni in una molecola biatomica 
« fissa » costituita di atomi identici (gruppo puntiforme Cor). 
Quindi le proprietà di simmetria dei livelli di un nucleo non sferico 
(e insieme ad esse anche le regole di selezione per gli elementi di 
matrice) sono analoghe alla simmetria dei livelli di una molecola 
biatomica (vedi III, $ 119). In particolare, come per le molecole 
biatomiche di atomi identici, sono vietate le transizioni di dipolo 
elettrico all'interno di una stessa banda rotazionale (cioè senza 
variazione dello stato interno del'nucleo, cfr. $ 54). Queste transi- 
zioni avvengono quindi come transizioni £2 e M1. Nel primo caso 
il momento totale del nucleo J può variare di 2 oppure di 4, mentre 
nel secondo soltanto di 1. 

Secondo la (46,9) la probabilità di transizione di quadrupolo, 
sommata sui valori della proiezione M° del momento angolare totale 
del nucleo nello stato finale, è data dall'espressione 


Om =] Do QM'|0_m|JQM)f 


(J è il momento angolare totale del nucleo; £ la sua proiezione sul- 
l’asse del nucleo; m = M — M°). Mediante la III (110,8) questa 
somma può venire espressa attraverso i quadrati di quantità date: 
i momenti di quadrupolo diagonali (rispetto allo stato interno del 


nucleo) della transizione 0, determinati rispetto agli assi coordi- 
nati Ent solidali col nucleo. Si avrà inoltre A = Q — £'*, e quindi 
nel caso in esame (2° = £) figura solo la componente ds. Per defi- 
nizione, momento di quadrupolo è chiamata semplicemente la 


242 CAPITOLO V 


quantità 
eQu=e | pi (AP— En?) din dt = —2e (Qu)u 


Otteniamo perciò 


, 


2 
5 
wr (27 +97)=Fa 2741 (_g i si , (55,3) 


oppure sviluppando 
_ 05 Q° (J?2— Q2) 
Wwe (07 +92, I-1)= 7a VITDISTO TI: 


__0_ ga_WP- 991? 92] 
We (2Î +Q,I—2)= 77 (I=1)T2I-1)(75+1) 


A proposito di queste formule occorre, tuttavia, fare la seguente 
osservazione. In esse sono stati usati elementi di matrice, calcolati 


con funzioni d'onda della forma 
Wyom = costante. voDél (n) 


(ya è la funzione d’onda dello stato intrinseco del nucleo). Queste 
funzioni sono relative a determinati valori (per modulo e per segno) 
della proiezione del momento angolare sull’asse Z. Nei nuclei noi 
abbiamo a che fare con stati, che hanno una determinata parità e un 
determinato modulo della proiezione del momento (è quest’ultima 
grandezza che di solito viene indicata con £). Perciò per Q #0 
come funzioni d'onda iniziale e finale sarebbe necessario prendere 


combinazioni della forma 


75 (prom È Wy, - 0, M)» 


775 (tram + Py. -0, Mm). 
I prodotti dei primi e dei secondi termini danno i valori noti del- 
l'elemento di matrice del momento di quadrupolo. I prodotti 
« incrociati » invece portano ad integrali non nulli se 20 < 21). 
Di conseguenza, la formula (55,3), rigorosamente parlando, non 
è applicabile per Q = 41/2, 1; in questi casi nella probabilità di 


1) Per gli elementi di matrice di multipolo di ordine 2°, nelle espressioni 
integrande compaiono prodotti del tipo 
J)* NO n 
DI 33,,DO, DI). 
L’integrale rispetto agli angoli è diverso da zero per g' = —2, dove g’ assume 
solo i valori compresi da —/ a +; quindi deve essere 292 < 1. 


RADIAZIONE 243 


transizione compare un termine addizionale, che non è esprimibile 
attraverso il valore medio del momento di quadrupolo!). 

Analogamente alla formula (55,3) per la probabilità di transi- 
zione M1, si ottiene la formula 


403 J-11JI\2 
403 J2-Q2 
= pe TOTI: (954) 


dove pu è il momento magnetico del nucleo (questa formula non 
è applicabile per Q = 1/2). 


$ 56, Effetto fotoelettrico. Caso non relativistico 


Nei $$ 49-52 abbiamo studiato le transizioni radiative (emissione 
e assorbimento) tra livelli atomici dello spettro discreto. L’effetto 
fotoelettrico si differenzia da tale processo di assorbimento di un 
fotone solo per il fatto che lo stato finale appartiene allo spettro 
continuo. 

La sezione d’urto dell'effetto fotoelettrico può essere calcolata 
completamente in forma analitica per l’atomo di idrogeno o per uno 
ione idrogenoide (con carica del nucleo Z < 137). 

Nello stato iniziale abbiamo un elettrone sul livello discreto 
e; == —I (I è il potenziale di ionizzazione dell'atomo) e un fotone 
di dato impulso &. Nello stato finale l’elettrone possiede impulso @ 
(ed energia e;= e). Poiché p assume un insieme continuo di valori, 
la sezione d’urto dell’effetto fotoelettrico è data dalla formula 

| dB 

do =2x|V;;[:8(-I+®—e) Ta (56,1) 
(cfr. con la (44,3)), dove la funzione d’onda dello stato finale del- 
l'elettrone si suppone riormalizzata con « una particella nel volu- 
me V = 1». Allo stesso modo è normalizzata la funzione d’onda del 
fotone; per passare alla sezione d’urto do, abbiamo dovuto. divi- 
dere la probabilità dw per la densità del fascio di fotoni (uguale 
a c/V = c), ma in unità relativistiche questo fatto non si riflette 
sulla forma della formula (56,1). 

Scegliamo (come anche per la (45,2)) il gauge trasversale tridi- 
mensionale del fotone. Abbiamo allora 


Via,= —eAju= —eV4n 


Vo 


1) Di fatto, questo termine apporta una correzione essenziale soltanto nel 
caso £2 = 4/2, quando il legame tra la rotazione e lo stato intrinseco del nucleo è 
particolarmente forte (vedi su questo: problema III, $ 119). 


Mu 


244 QAPITOLO V 


dove è stata introdotta la notazione 
M;;= Î p* (ae) eit"pdiz (56,2) 


(p= ); e p =; sono le funzioni d’onda iniziale e finale del- 
l'elettrone). Operando nella (56,1) la sostituzione d°p+ 
-+p*d | p|do = € |p | dedo e integrando la funzione $ in de, 
riscriviamo questa formula come segue: 

do = e? PI |M fi |? do. (56,3) 
Noi eseguiremo i calcoli per due casi, che si differenziano per il 
valore dell’energia del fotone: 0 {Ze @ « m. Poiché I — me'Z* «m, 
i due campi indicati in parte si sovrappongono (per /«& o «€ m), 
e quindi l’analisi di questi casi dà, in sostanza, una descrizione com- 
pleta dell’effetto fotoelettrico. 


Iniziamo dal caso 
(0) & m. (56,4) 


Qui la velocità dell'elettrone è piccola sia nello stato iniziale che in 
quello finale, e quindi, relativamente all’elettrone, il problema 
è completamente non relativistico. In relazione a ciò, sostituiamo 
nella (56,2) « con l’operatore non relativistico della velocità 
v= — iV/m (cfr. $ 45). Inoltre, si può passare all’approssimazione 
di dipolo facendo la sostituzione e'*” % 1, si può, cioè, trascurare 
l'impulso del fotone rispetto all'impulso dell’elettrone. Allora si 
può scrivere 
do = LPl |ew,fdo, vn=-—1|w*Vp-d'z (56,5) 
Considereremo l’effetto fotoelettrico per il livello fondamentale 
dell'atomo di idrogeno (o di uno ione idrogenoide). Allora abbiamo 


pa (20m reame (56,6) 
IT 


(in unità ordinarie me? + 1/2, dove ag = h°/me? è il raggio di Bohr). 

Come w', occorre prendere una funzione d’onda, la cui forma 
asintotica contenga un’onda piana (e'?7) e insieme un'onda sferica 
convergente (vedi III, $ 136, dove questa funzione è indicata come 
+3). In virtù della regola di selezione relativa a Z la transizione dallo 
stato s è possibile solo nello stato p (caso di dipolo!). Quindi nello 


sviluppo!) 


wet 1 Di 2+1)e RM) Pi (nn) (56,7) 


1=0 


1) Da qui fino alla fine di questo paragrafo p significa | p |. 


RADIAZIONE 245 


(n = p/p, n= r/r) è sufficiente lasciare solo il termine con = 1!), 
Omettendo i fattori di fase, qui inessenziali, abbiamo quindi 
pai i (mn) Ry(1) (56,8) 
Con le funzioni y e w', definite nelle (56,6) e (56,8), abbiamo 
Ze 5/2 
esi “non Î | (nn) (n ye) e-Ze°m*R; (r) do, -r? dr = 
3/2 5/2 si 
__ 2a (Zen) (ne) | r2e-ZeîmrR_, (r) dr. 


pm 
0 


Secondo la III (36,18) e la III (36,24) la funzione radiale (nelle 
notazioni qui usate) ha la forma 


aLe 14 v2 -—jpr 4 e 
Rpy=G_ VTFES 3" 279) pre 'P"F(24+ iv, 4, 2ipr), 


dove è stata introdotta la notazione 


Ze2m Ze 
v= (= ). (56,9) 
L’integrale, che ci occorre, si calcola mediante la formula 


{ e-Mz%-1F (a, 27 kz) dz=T ()) qa? (A— k)° 
0 


(vedi III (f, 3)). Notando anche che 


Î saran = e 2v arccotg v, 


y—i 
otteniamo 
ine 2'/2rv3 (ne) e 72% arccotg v 
NO Vimii+vai ya 


L’energia di ionizzazione dal livello fondamentale dell’atomo di 
idrogeno (o di uno ione idrogenoide) è / = Z?e4m/2. Quindi abbiamo 


o=L+1=£ (1402). (56,10) 


Tenendo conto di questa relazione, scriviamo l’espressione definitiva 
della sezione d'urto dell’effetto fotoelettrico con emissione del- 
l’elettrone nell'elemento di angolo solido do: 


- Vv t 
do = 2°naa? (Fa) (Me)? do, (56,11) 


1) Il coefficiente Enia di questo sviluppo si differenzia dal coefficiente 
nel III (136,5), data la normalizzazione differente della funzione Rp;. 


246 CAPITOLO V 


dove a = h°/mZe® = a,/Z (da qui in avanti si usano unità ordina- 
rie). Notiamo che la distribuzione angolare dei fotoelettroni è deter- 
minata dal fattore (ne)?. Esso raggiunge il suo valore massimo nelle 
direzioni parallele alla direzione di polarizzazione dei fotoni inci- 
denti e si annulla nelle direzioni perpendicolari a e, compresa anche 
la direzione di incidenza dei fotoni. Per fotoni non polarizzati la 
formula (56,11) deve essere mediata sulle direzioni di e, operazione 
che si riduce alla sostituzione 


(me) + + [mon], 
dove n = X&/k (vedi la (45,4b)). 


L'integrazione della formula (56,11) rispetto agli angoli dà la 
sezione d’urto totale dell’effetto fotoelettrico 


29n2 9 I \3 e7}varccotgv 
o=3- aa? (7) È — a (56,12) 


(M. Stobbe, 1930). 
Per il valore di o al limite fio + / (cioè per v + co) otteniamo 


292 2912 «aa 
= Za a? uf” a (56,13) 


(al denominatore e = 2,71 ... 1). Come deve essere per una rea- 
zione accompagnata dalla generazione di particelle cariche 
(vedi III, $ 147), la sezione d'urto dell'effetto fotoelettrico vicino 
alla propria soglia tende ad un limite costante. 

Il caso 7@ $ I (in cui, come prima, si ha 70 & me?) corrisponde 
all’approssimazione di Born (v = Ze?/Rv< 1). La formula (56,12) 
assume la forma 

o= 3° gatZ° (4 VP (56,14) 
(Io = e*m/2h? è l’energia di ionizzazione dell'atomo di idrogeno). 

Il processo contrario dell’effetto fotoelettrico è la ricombina- 
zione radiativa dell’elettrone con lo ione fisso. La sezione d'urto 
di questo processo (0r;c) si può ricavare dalla sezione d'urto del- 
l'effetto fotoelettrico (0:) mediante il principio del bilancio detta- 
gliato (III, $ 144). Secondo questo principio, le sezioni d’urto dei 
processi i+-f e f+ i (con due particelle in ciascuno degli stati i 
ed f) sono legate dalla relazione 


B1Pi9i+}= 8Pf9f+is 
dove p;, p; sono gli impulsi del moto relativo delle particelle, e g; 


e g; sono i pesi statistici di spin degli stati i e f. Considerando anche 
che, per il fotone, g = 2 (due direzioni di polarizzazione), otteniamo 


2k2 
Tric = Ofot pi (96,19) 


RADIAZIONE 247 


(p = mv è l’impulso dell'elettrone incidente, & l’impulso del fotone 
emesso). 
PROBLEMA 


Determinare la sezione d’urto totale di ricombinazione radiativa di un elet- 
trone veloce non relativistico (7 € mu? < mc?) con un nucleo (carica Z « 137). 

Soluzione. La sezione d’urto di cattura nello”strato X (numero quantico 
principale n = 1) si ottiene sostituendo la (56,14) nella (56,15): 


: 2A I 5/2 
ot! = 250% (2) 


(e = mv2/2 è l'energia dell'elettrone incidente; fw = e). Fra gli altri stati del- 
l'atomo che si forma, sono importanti solo gli stati s; nel calcolo dell'elemento di 
matrice nell’approssimazione di Born sono essenziali i valori della funzione 
d'onda dello stato legato per piccoli r (come sarà chiaro dai calcoli fatti nel 
& 57), e per 1 >Q0 questi valori sono piccoli rispetto ai valori della funzione 
a L= 0; in questo caso è sufficiente trattenere solo i primi due termini dello 
sviluppo di w in potenze di r. Per gli stati con 1 = 0 e n qualsiasi, questi ter- 
minì sono 


ur 1 (1 r 
Lun VR an812 -—-) ’ 


cioè contengono n solo sotto forma del fattore n-3/ (l’espressione scritta si ricava 
sviluppando la funzione III (36,13)). Quindi la sezione d’urto totale di ricom- 


binazione è 


(°_°) 0060 

i | 1 

ric __ ric___ric = Tic 

o) =D On =9, di TE =t(3) 0, 
n=1 n=i 


(per il valore della funzione & abbiamo & (3) = 1,202). 


$ 57. Effetto fotoelettrico. Caso relativistico 
Occupiamoci ora del caso 


In questo caso si ha anche e = @ — ZY% /Z ,e quindi si può tener 
conto dell’influenza del campo coulombiano del nucleo sulla fun- 
zione d'onda del fotoelettrone (4’) mediante la teoria delle pertur- 
bazioni. Scriviamo w’ nella forma 


bs 1 'pipr. (4) 

d=E We 4 gia). (57,2) 

Il fotoelettrone può essere relativistico; quindi la funzione impertur- 

bata nella (57,2) è scritta sotto forma di onda relativistica pia- 
na (23,1). 

Sebbene nello stato iniziale l’elettrone sia non relativistico, 

è però necessario che nella sua funzione d’onda si tenga conto (per 

ragioni che saranno chiarite in seguito) della correzione relativistica 


248 CAPITOLO V 


(-Ze?). Tale funzione è data dalla formula (vedi problema al $ 39) 
i u 
py= (1 = YyV) Vea vnon rel» (97,3) 


dove ‘Pnonrei è la funzione non relativistica dello stato legato 
(56,6) e u è l'ampiezza bispinoriale dell'elettrone a riposo, normaliz- 


zata con la condizione uu = 2m. 
Sostituiamo le funzioni (57,2-3) nell’elemento di matrice (06,2)?) 


My “i = | {u (ve) | (1 — WyV) UPnon re | X 


> a ni ina per» (ve) e'*"UPnon rei ; d°x. (57,4) 


Volendo ottenere il primo membro dello sviluppo di questa quantità 
in Ze”, nel secondo termine tra parentesi graffa possiamo semplice- 


mente sostituire wronrei con la costante (Ze?m)?//Y n. Con questa 
sostituzione, dal canto suo, il primo membro si sarebbe annullato 
(per p — X #0) (proprio per questa ragione in w occorre tenere 
conto anche della prima correzione relativistica, proporzionale 
a Ze*. Per v — 1 questa correzione dà nella sezione d’urto un contri- 
buto dello stesso ordine di grandezza di quello dato dal termine 
successivo dello sviluppo di wponrei in Ze?). 

Eseguiamo nel primo termine della (57,4) l’integrazione per 
parti, trasferendo l’azione dell'operatore V dalla funzione non rei 
sul fattore esponenziale. Come risultato otteniamo 


Zem)3! |-, 1 
Ma=3mor {® (0) [1437 rr (_M]x 


Xu (e-semr) x +? (ye)ul, (57,5) 


dove l’indice vettoriale indica la trasformata spaziale di Fourier. 
Limitandoci al termine —Ze?;°) abbiamo 


EnZe? 
(e-Ze2mr) _x =: (57,6) 


1) La funzione d’onda (57,3) venne trovata per distanze r — 4/mZe?, per 
le quali il termine di correzione è dell’ordine di grandezza relativo Ze?. Ma per 
lo stato fondamentale (e anche per tutti gli stati s in generale) la formula (57,3) 
è valida per qualsiasi r, poiché la derivata della funzione esponenziale pura 
(56,6) (e con essa anche il termine di correzione nella (57,3)) è sempre proporzio- 
nale a Ze. Questa circostanza permette di usare la formula (57,3) nel problema 
considerato, nel quale (come vedremo più avanti) sono essenziali i piccoli r. 

2) Prendendo la trasformata di Fourier di ambedue i termini dell’ugua- 


glianza 
di” Àr 


pa = — 4n8 (7°), 


(AA) 


RADIAZIONE 249 


Per trovare la trasformata di Fourier y?° scriviamo l'equazione, 
cui soddisfa la funzione y'®, 


(ite + iyV— m) 00 cre (piAg) letra — LÉ puteto» 


(ad essa si perviene sostituendo la (57,2) nella (32,1)). Applicando 
ad ambedue i membri di questa equazione l’operatore (y°e + iyV + 
+ m), otteniamo 


(A+ p?) pi — — Ze? (ve + iyV + m) (y0u') 7 Er 


Moltiplichiamo questa equazione per e-*** e integriamo in d*z; nei 
termini con A e V integriamo, come al solito, per parti. In tal 
modo, otteniamo 


1 

2__I2\hW_ _ 702 DEE ne «0,\ {_1 nl 

(p— 12) pP = — Ze (ge yk—m)(xw)(—),__= 
, 47 
= —Zeò(2ey0—v(k— p)) (VU) TETTE 
Nell'ultima riga si è tenuto conto del fatto che l'ampiezza u’ soddisfa. 
l'equazione 
(eg py-m)u=0 0 (e9+py—m)yu'=0. 

Da qui troviamo 


sE _ —, 2ey0 k — 
Povo dazi RELIEZD o 671) 


Sostituendo le (57,6-7) nell'elemento di matrice (57,5), lo possiamo: 
scrivere nella forma 


Ant? (Ze2m)9/?  — 


MaT Teme pe 00 
dove 
A=a(Yye)+(ve)y (10) + (ve) y° (ve), 
Tita ir de CS eo: 
otteniamo 


Derivando questa espressione rispetto al parametro %, troviamo 


mi BITÀ 
(e dr -— ITTESOLI . (57,6b) 


250 CAPITOLO V 


La sezione d'urto è 

__ 8e2(Ze2m)9| pl 

093 = pini 

dove A = y°A*y° (vedi $ 66). Questa espressione deve essere ancora 
sommata sulle direzioni finali dello spin dell’elettrone e mediata su 
quelle iniziali. Queste operazioni si eseguono secondo le regole, 
descritte più avanti al $ 66, mediante le matrici densità di polariz- 
zazione degli stati iniziale e finale 


’ 1 
p=5-(19+1), = (v'e—vp+m) 
(nello stato iniziale p= 0, e = m). Esse portano all’espressione 
1662 (Ze2m)® | p| DAT 
do ai Tr (0) ApA) do. 

Il calcolo della traccia è un’operazione puramente algebrica e porta 
al seguente risultato!): 
Tr (p'ApA)= 77 lap—(b—e)(e+m)}?+ 

+4m (be) [(e+m)(ce)+a(pe)] 
(il vettore e è supposto reale, cioè la polarizzazione del fotone 
è lineare). 

La formula della sezione d’urto dell’effetto fotoelettrico assume 
la sua forma definitiva introducendo l’angolo polare 0 e l’azimut @ 
della direzione di p rispetto alla direzione di 7, assunta come asse z, 
e al piano X, e preso come piano zz (in modo che pe = | p | cos gx 
x sen 0). Per © > Z la conservazione dell'energia può essere scritta 
nella forma e — m= © (invece che nella forma e—m=@o— 1). 
È facile verificare che allora valgono le relazioni 


k® — p° = —2m (e — m), (CK — p)°a = 2e(e — m)(1 — vcosì), 


dove v = p/8 è la velocità del fotoelettrone. Dopo semplici trasfor- 
mazioni otteniamo la seguente espressione definitiva: 


13 (1— v2)3 sen? 0 (A-VI-v2 
d = 5 4 1 _ e ——_ ———_——_—_——————€<£mÉ€——E__ 1 PS 50 
iii (1-V1—02)5(1—vcos0)4 { 2 (1— v2)8!2 VAMICORRIEE 


+[2 0 Vi 20089 cos p} do, (57,8) 


1 y2 


(u' Au) (uAu') do, 


dove r, = e*/m. 

1) Le formule tridimensionali per il calcolo delle tracce sono analoghe alle 
‘formule quadridimensionali, riportate al $ 22. Sono diverse da zero solo le tracce 
di prodotti con un numero pari di fattori y° e y; tutti i fattori y° si riducono al- 
l’unità, e per le tracce di prodotti con due e con quattro fattori y si trova 


Tr (ay) (by)=—ab, 


Tr (ay) (0y) (cv) (dv) =(22) (ca) — (ae) (bd) + (ad) (be). 


RADIAZIONE 251 


Nel caso ultrarelativistico (e > m) la sezione d’urto dell'effetto 
fotoelettrico ha un massimo molto marcato per piccoli angoli 
(9 — V1 — v), cioè gli elettroni vengono emessi essenzialmente 
nella direzione d’incidenza del fotone. In vicinanza del massimo 
possiamo scrivere 


1-vcos0aI(1 — v°) + 02], 


e i termini principali nella (57,8) danno 


(1— v2)3/2 63 
(1—02+-02)3 
L'integrazione, elementare anche se abbastanza lunga, dell’espres- 


sione (57,8) rispetto agli angoli porta alla seguente formula per la 
sezione d'urto totale (F. Sauter, 1931): 


CA svi (9-19 4 rd) 2) x 
o=dal'ate—(_1)} {3 Fio 


4 Vy-1 
(iaia avan) 0740 


dove, per brevità, è stato introdotto il «fattore di Lorentz » 


1 __£ mt 
ieri (57,11) 


Nel caso ultrarelativistico questa formula si riduce alla semplice 
espressione 


do  4ZSa*rî d6 dg. (57,9) 


o=2nZ°a*rì - . (57,12) 


Nel caso, invece, di /«& ®<« m il passaggio nella (57,10) al limite 
per piccoli valori di y — 1 porta al risultato (56,14), che noi già 
conosciamo. 


$ 58. Fotodisintegrazione del deutone 


La peculiarità del deutone consiste nel fatto che la sua energia 
di legame è piccola (rispetto alla profondità della buca di potenziale). 
Questa circostanza permette di descrivere le reazioni, che avvengono 
con la partecipazione del deutone, senza conoscere dettagliatamente 
l’andamento delle forze nucleari, ma solo mediante l’energia di 
legame (vedi III, $ 133). Si suppone inoltre che le lunghezze d’onda 
delle particelle in collisione siano grandi rispetto al raggio d’azione 
delle forze nucleari a. 

Quanto appena detto vale anche per la disintegrazione del deutone 
sotto l’azione di quei quanti y, per i quali ka < 4. Si suppone anche 


252 CAPITOLO V 


che pa< 1, dove p è l'impulso del moto relativo del neutrone e del 

protone liberi (questa condizione è più forte della precedente)!). 
Partiamo dalla formula non relativistica per la sezione d’urto 

dell’effetto fotoelettrico (56,5), integrata rispetto alle direzioni 


ep M 4x 
= ro 2 3 (pal 


Qui p è l’impulso del moto relativo del protone e del neutrone?), 
e la quantità m che compare nella (56,5) è stata sostituita dalla loro 
massa ridotta M/2 (dove M è la massa di un nucleone). L'elemento 
di matrice è calcolato per la velocità del protone v,, poiché solo il 
protone interagisce col fotone. Esprimendo v, attraverso l'impulso 
DP (v, = v/2 = p/M), abbiamo 


e2p 


o‘©) — 3Mao |Dri 2. (58,1) 


L’indice (e) indica che questa formula si riferisce alle transizioni di 
dipolo elettrico: ep/M = ev, = d, e quindi ep;/M = iod;;. 
La funzione normalizzata dello stato iniziale (fondamentale) del 


deutone è 
y=V + 7 , x=V MI, (58,2) 


r 


dove Z = 2,23 MeV è l’energia di legame (vedi III, $ 133)*). Come 
funzione d'onda dello stato finale si può prendere la funzione del 
moto libero, cioè l’onda piana 

yî = eirr, (58,3) 


La ragione di questa scelta consiste nel fatto che nella teoria consi- 
derata la « dimensione del deutone » 1/x è supposta grande rispetto 
al raggio efficace di interazione a. Quindi occorre tener conto del- 
l'interazione tra protone e neutrone solo negli stati S, trascurandola 


1) L'energia del fotone, alla quale pa 1 (a = 1,5-10-13 cm) è uguale 
a 15 MeV. 

2) In questo paragrafo p significa | p |. 

3) Questa funzione può essere resa più precisa con l’introduzione della 
correzione, dovuta al fatto che a ha un valore finito. Di questo si tiene conto 
sostituendo il coefficiente di normalizzazione nella (58,2) con l’espressione 


2 (1—- ax) 


(vedi III, $ 133, problema] 1). Corrispondentemente comparirà il fattore 
41/(1 — ax) anche nelle formule per la sezione d’urto. Occorre dire che di fatto 
QU 10 OEESzIORE non è poi tanto piccola: per lo stato fondamentale del deutone 
axz 04. 

Lo stato fondamentale del deutone è lo stato 95, con una piccola « aggiunta » 
dello stato *D,, dovuta all’azione di forze nucleari tensoriali (vedi III, $ 117). 
Qui noi trascureremo questa « aggiunta » e quindi anche le forze tensoriali. 


RADIAZIONE 253 


invece negli stati con ) =40, le cui funzioni d'onda, alle piccole 
distanze, sono piccole. Però, in base alle regole di selezione, le tran- 
sizioni di dipolo elettrico tra due stati S (stato fondamentale e stato $ 
dello spettro continuo) sono vietate. Ciò permette, nel caso conside- 
rato, di trascurare l’interazione dei nucleoni nello stato finale. 
Integrando per parti, per l'elemento di matrice troviamo 


«ro 


: x BE et 
pu=tiV wr) da 
“Pe («— —y £__A5P_ 
e 2r r ) = 2r pe+x2 
{vedi nota a pag. 248). 


Utilizzando inoltre l'uguaglianza 


2 
N + p)=I+ 0 


che esprime la conservazione dell'energia, troviamo la sezione d'urto 
definitiva della fotodisintegrazione nella forma (in unità ordinarie) 


o__ 810 82 "VI (ho—1)3!? 
g‘e — 3% "God — (58,4) 
(H. A. Bethe, R. Peierls, 1935). Essa ha un massimo per #0 = 2/ 
e si annulla per fim + I e per fio + co. 
L’assorbimento di dipolo elettrico di un fotone, descritto dalla 
formula (58,4), non dà, tuttavia, il contributo principale nella 
sezione d’urto in prossimità della soglia dell'effetto fotoelettrico 
(cioè per fio vicini a /). Il fatto è che, in questa regione, l’effetto 
principale deve provenire dalle transizioni allo stato S, che mancano 
invece nell’assorbimento di dipolo elettrico. Queste transizioni 
mancano anche nell’assorbimento di quadrupolo elettrico; anche se 
esse non sono in contraddizione, in questo caso, con la regola di 
selezione relativa alla parità, esse sono vietate dalla regola di sele- 
zione relativa al momento angolare orbitale (ricordiamo che noi 
trascuriamo le forze tensoriali, in assenza delle quali L e S si con- 
servano separatamente). Per calcolare la sezione d’urto di fotodisin- 
tegrazione in prossimità della soglia occorre quindi prendere in 
considerazione l’assorbimento di dipolo magnetico, per il quale 
1. Po601o di selezione ammettono le transizioni tra stati S (£. Fermi, 
930). 
Sostituendo nella formula (58,1) il momento elettrico con il 
momento magnetico, abbiamo 


om = i 0Mp|uy (58,5) 


Il momento magnetico del moto orbitale non dà nessun contributo 
a 4;; ,poiché il momento angolare orbitale ZL non ha elementi di 


254 CAPITOLO V 


matrice per transizioni tra stati S. Il momento magnetico di spin è 
u=24pSp + 2UnSn=2(4p—Un) Sp + 2Un8, 


dove S=8, + n, © Up; Un sono i momenti magnetici del protone 
e del neutrone. Trascurando le forze nucleari tensoriali lo spin totale 
si conserva, e quindi il suo operatore non dà transizioni. Quindi 
abbiamo 

bi =2(8p);i (Lp — Un). 


In questa stessa approssimazione (senza forze tensoriali) le variabili 
orbitali e di spin si separano. Insieme con le funzioni d’onda, si può 
rappresentare sotto forma di prodotto di una parte orbitale e di una 
parte di spin anche l’elemento di matrice 


bj ==2 (ip — Pin) (SpS'M' | Sp|5pSM) Î w* (7) p (r) dix. 


La presenza, però, di forze nucleari spin-spin ha come conseguenza 
che l’equazione d’onda per le funzioni orbitali w (r) contiene, in 
qualità di parametro, il valore dello spin S. Se S’ = S, allora w' (r) 
e w (r) sono autofunzioni di uno stesso operatore e quindi ortogonali. 
In tal modo, dallo stato iniziale *8 la fotodisintegrazione avverrà 
solo allo stato dello spettro continuo 1$. 

Il quadrato | p;; |? nella (58,5) deve essere, ovviamente, mediato 
sulle proiezioni M dello spin $S nello stato iniziale. In tal modo, il 
problema si riconduce al calcolo della quantità 


1 ag: 
1 Di 1(5pS'M"]8p|5pSM)F, 
M 


25 


dove S = 1, S' = 0, sp = sn = 4/2. Secondo le regole generali per 
gli elementi di matrice e la composizione dei momenti, questa quan- 
tità vale 


1 4 
stesi 1899 Ils» 1l5p9) = 


Sp S' Sn}? ; 4 
={" , n Le'splisplinsp)P=-4-1(p]l spllsp)}P 


(sono state usate le formule III (107,11) e (109,3)). Per l’elemento dì 
matrice ridotto troviamo 


n—_@aE 3 
splisolsp=Va Gt) Fa i. 
La formula (58,5) assume, quindi, la forma 


| w'*pd 


s (58,6) 


1 
0 ag OM p (Lp — Un) 


RADIAZIONE 255 


La funzione iniziale p è data dalla formula (58,2). La funzione 


finale invece è 
1 I 
v=1y E Root). 


Questo è il primo termine (f = 0) dello sviluppo (56,7) della funzione 
contenente nella sua forma asintotica un’onda piana e un'onda 
sferica convergente; è stato omesso il fattore di fase, qui inessen- 
ziale. Poiché l'integrazione viene fatta su una regione fuori del 
raggio d'azione delle forze nucleari, la funzione radiale ha la forma. 
__q/ 2 sen(pr+$) 

Rmo()=V a 7 
La fase è è connessa con il valore del livello virtuale (7, = 0,067 MeV} 
del sistema « protone + neutrone » per S = 0: 


cotgò=-, x=VMI, 


(vedi III, $ 133). Abbiamo quindi 
ei 
x—ip” 


| p'*pdiz = (2n)5/* Va Im | e-*r+ipreiò dr = (2r1)5/° L* iii 


Dopo semplici trasformazioni algebriche otteniamo la seguente 
espressione per la sezione d'urto di fotodisintegrazione (in unità 
ordinarie): 


8 I(Go—I(VI+VT)? 
ca lx (lp — bn)? x Me DU IT ta) dial; 


Per fio + / questa sezione d’urto si annulla come Vo — / in 
accordo con le proprietà generali del comportamento delle sezioni 
d’urto in prossimità della soglia di reazione (III, $ 147). 

Il processo, contrario alla fotodisintegrazione, è la cattura radia- 
tiva di un protone da parte di un neutrone. La sezione di cattura 
(cai) Si ottiene dalla sezione d'urto dell'effetto fotoelettrico (0) 
mediante il principio del bilancio dettagliato (vedi deduzione della 
(56,15)). Il peso statistico di spin del neutrone e del protone è uguale 
a 2.2 = 4. Il peso statistico del deutone (nello stato S = 1) e del 
fotone è uguale a 3-2 = 6. Quindi troviamo 

3 (fo)? 3 (fw)? 
Ocat "7 co Ot “ii A GT Of. (58,8) 


$ 59. Radiazione di frenamento magnetico) 


Secondo la teoria classica (II, $ 74) un elettrone ultrarelativistico, 
che si muove nel campo magnetico H, irraggia uno spettro quasi- 


1) Questo paragrafo è stato scritto in collaborazione con V. N. Bayer. 


256 CAPITOLO V 


continuo con un massimo per la frequenza 


= (1) , (59,1) 
dove 
__ veH _ eH 
api (59,2) 


è la frequenza con la quale l’elettrone di energia e si muove su un’or- 
bita circolare (nel piano perpendicolare al campo)?). 

Gli effetti quantistici nella radiazione di frenamento magnetico 
hanno una doppia origine: la quantizzazione del moto dell’elettrone 
e il rinculo quantizzato nell’atto di emissione del fotone. Quest’ulti- 
mo è determinato dall’entità del rapporto f”iw/e, e la condizione di 
applicabilità della teoria classica richiede che esso sia piccolo. In 
relazione a ciò è comodo introdurre il parametro 


Hi {pi He _ ho ( € \3 
“pila ee (id), Sii 
dove H, = m?/eh (= m?ce/eh) = 4,4:1013 Gauss. Nel campo clas- 
sico si ha la relazione y - hRo/e< 4. Nel caso contrario (Y > 1) 
l’energia del fotone emesso è 7.7@ — €, e (come vedremo in seguito) 
una parte importante dello spettro si allarga fino a comprendere 
frequenze, per le quali l’energia dell’elettrone dopo l’emissione è 


com. (59,4) 


Perché l’elettrone rimanga ultrarelativistico,) il campo deve soddi- 
sfare la condizione 


H 
TI (59,5) 


Per quanto riguarda la quantizzazione del moto stesso dell’elettro- 
ne, essa è caratterizzata dal rapporto fiwy/e; fo, è l'intervallo tra 
i livelli energetici contigui nel moto nel campo magnetico. Poiché 


dalla (59,5) segue che 7Zm,« €, cioè il moto dell’elettrone è quasi- 
classico, indipendentemente dal valore di y. In altre parole, si può 


1) In questo paragrafo poniamo c = 1, ma conserviamo È. 


RADIAZIONE 257 


trascurare la reciproca non commutatività degli operatori delle 
variabili dinamiche dell’elettrone (grandezze — È. 0/€), tenendo con- 
to, nello stesso tempo, della non commutatività di detti operatori 
con gli operatori del campo fotonico (grandezze —%w/e)'). 

Le funzioni d’onda quasi-classiche degli stati stazionari del- 
l’elettrone in un campo esterno possono essere rappresentate nella 
forma simbolica 


Patio? p(1) (59,6) 


dove (x) — exp (iS/R) sono le funzioni d’onda quasi-classiche di 
una particella senza spin (S (x) è l’azione classica di quest’ultima); 
u (p) è il bispinore operatoriale 


Er 
u(p)= fans i 
Vara 


che si ricava dall’ampiezza bispinoriale dell'onda piana u (p) (23,9) 
sostituendo 7 e € con gli operatori”): 


p=P_ceA4=—ilVv—eA, H=Vp+m? 


P è l'impulso generalizzato della particella nel campo di potenziale 
vettore A (x); l’ordine, nel quale sono posti i fattori operatoriali in w, 
non è essenziale, poiché noi trascuriamo la non commutatività di 
questi operatori; lo stato di spin dell’elettrone è determinato dallo 
spinore tridimensionale w. 

Per il calcolo della probabilità di emissione del fotone nel caso 
quasi-classico è più comodo non partire dalla formula definitiva 
della teoria delle perturbazioni (44,3), ma usare la formula nella 
quale non è ancora stata fatta l’integrazione rispetto al tempo. Per 


1) La soluzione completa del problema quantistico della radiazione di 
frenamento magnetico fu data ber la prima volta da N. P. Klepikov (1954), ela 
prima correzione quantistica alla formula classica venne trovata da A. A. Soko- 
lov, N. P. Klepikov, I. M. Ternov (1952). 

La deduzione esposta in questo paragrafo delle formule (59,23) e (59,30), in 
cui si utilizza in modo esplicito la quasi-classicità del moto, appartiene a 
B. N. Bayer e V. M. Katkov (OSP. Un metodo analogo era stato usato prima da 
J. Schwinger (1954) per calcolare la prima correzione quantistica all'intensità di 
radiazione. 

2) In questo paragrafo (a differenza del cap. IV) l’impulso generalizzato è 
TRITO con la lettera maiuscola P; la notazione p è usata per l’ordinario impulso 
cinetico). 


258 CAPITOLO V 
la completa (in tutto il tempo) probabilità differenziale si ha!) 


d3k c 
dw= Di Î Afi |? ni 3 d}i = { Vii (t) dt (59,7) 
i — 00 


(vedi III (41,2). La sommatoria viene eseguita secondo gli stati 


finali dell’elettrone. 
Usando la (59,6) scriviamo l'elemento di matrice V,; per l’emissio- 


ne del fotone @, X nella forma di operatori 


__ eV Ta Ht ut (p) 
Va Te free] 


X eigi_ikr (e *a) 


dove gli operatori tra parentesi quadra agiscono a sinistra; il campo 
fotonico è preso nel gauge tridimensionale. I fattori exp (tiHt/È) 
trasformano gli operatori di Schròdinger, che stanno tra due di 
questi fattori, in operatori esplicitamente dipendenti dal tempo nella 
rappresentazione di Heisenberg. Riscriviamo V;; nella forma 


Va= SEE (110 0) |), 


dove Q (#) indica l'operatore di Heisenberg 


_ i) #) p-ikr(1) _Li (P) 
Q (01) = v?H (ce )e v2H ’ (99,8) 


mentre l'elemento di matrice (f |... |i}) è calcolato rispetto alle 


funzioni @;, @®:. 
La sommatoria nella (59,7) è estesa a tutte le funzioni d'onda 


finali gp; e viene eseguita usando l’uguaglianza 
Zi 9} (1°) 9; (r)=d(7°—r), 
che esprime la completezza del sistema di funzioni @;?). A conti 


1) Sostituendo 
Vii (0)= Vel 
Si ha aj; = 2V;ò (0;;). Tenendo conto che il quadrato della funzione è rappre- 
senta (vedì pag. 299) 
[6 (05;;)]? = #26 (0}1) 
(dove t è il periodo di osservazione) dalla (59,7) otteniamo per la probabilità in 


unità di tempo la formula (44,3). 

2) Ricordiamo che nella (59,7) l’integrazione rispetto al tempo non è ancora 
stata fatta e quindi la conservazione dell’energia non è stata evidenziata e la 
sommatoria su 9g; non è limitata da nessuna condizione. 


RADIAZIONE 259 


fatti otteniamo 
2 3 
do = 2 P3 | dis | dizceiotiim i ]Q* (4) Q (4) |). (59,9) 


Se l'integrazione è fatta su un intervallo sufficientemente grande di 
tempo, si possono introdurre al posto di 7, e #, le nuove variabili 


ttt 
t=t i, e iti 


e quindi si può considerare l’espressione integranda nell'integrale 
in dt come la probabilità di emissione nell'unità di tempo. Moltipli- 
cando quest'ultima per 7@, otteniamo l’intensità 


dI = Fk | e-tor (i Q' (+4) 0(:-+) li i) da. (59,10) 


L’elettrone ultrarelativistico dui in uno stretto cono ad 
angoli 06 — m/e rispetto alla sua velocità v. Perciò la radiazione in 
una data direzione n = K/o è originata nel tratto di traiettoria, dove 
v ruota di un angolo — m/e£. Questo tratto viene percorso in un tempo t, 


che soddisfa la relazione 1 | v | To = m/e« 1. Proprio questo 
intervallo dà il contributo essenziale nell’integrale in dt. Per questa 
ragione, nei calcoli, che seguiranno, noi svilupperemo sistematica- 
mente tutte le quantità in potenze di @yT. Può, tuttavia, risultare 
necessario trattenere parecchi termini dello sviluppo, a causa delle 
elisioni che ci possono essere per il fatto che 1 — nv — 0? — (m/e)?. 

Se diamo all’operatore Q+Q la forma di prodotto di operatori 
commutanti (con la precisione richiesta), il calcolo dell'elemento 
di matrice diagonale (i|... |i) si riduce alla sostituzione di 
questi operatori con i valori classici (funzioni del tempo) delle 
corrispondenti grandezze. Questo si può fare nel modo seguente. 

Secondo quanto detto prima, nell’espressione per Q (#) occorre 
tener conto della non commutatività degli operatori elettronici col 
solo operatore exp (—iXr (#)), connesso al campo fotonico. Abbiamo 


pei =e-ikr (p—hk), (59,11) 

H (p) e-!*" = e-i*tH(p— ik). (59,12) 

Queste formule conseguono dal fatto che e-**r è l'operatore di spo- 

stamento nello spazio degli impulsi. Mediante le formule (59, 11-12) 

trasportiamo nella (59,8) l’operatore ei*r% a sinistra e scriviamo 
Q (t) nella forma 

Q(t)=e-ir0R (1), R(M= (gen 210 (59,13) 


V 2H' vV2H 
dove H'=H — ho, p=pt_ hk. 
Ora abbiamo 


Q5Q, = Roe!*Fie-iXtR, (99,14) 
17* 


260 CAPITOLO V 


(qui e nel seguito gli indici 1, 2 denotano i valori delle grandezze 
negli istanti t, = # — 1/2 e t, = t + 1/2). Rimane da calcolare 
il prodotto dei due operatori non commutanti ei*:2 e etikr, 
Questo prodotto si può già considerare commutante con gli altri 
fattori. 

Introduciamo la notazione 


J, (È) — e iWT(E- i)eibkrag-iskri, (59,15) 
dove È è un parametro ausiliario; l'operatore che ci interessa è L (1). 


Derivando la definizione (59,15) rispetto a È, troviamo l'equazione 
differenziale 


F= L (E) eitkrsbe-itkr1, (59,16) 


dove, per brevità, abbiamo scritto 
b=sa= ik (r, = ri) — iWT. 


La grandezza » si può esprimere attraverso p, = ® (f,) mediante 
l'equazione del moto classico nel piano perpendicolare a H!): 


sea __ Pi eHt [24-H] ea eHt 
ra_r=-<z Sen — + O (1 cos —— 


(vedi II, $ 21). Sviluppando in potenze di t, otteniamo 


; H 2H% 
b(pi) Sior {(an—-1)+1 cali a TE} (5947) 


(nell'ultimo termine abbiamo posto nwv, 1). Utilizzando ora 
e-*kri come operatore di spostamento nello spazio p, abbiamo 
eikrib (p,) e-ikr—b(p,—thk)= bd; 


il segno meno, apposto come indice, qui e nel seguito significa che 
la grandezza è funzione dell'argomento p, — EliXk. Trasformiamo b_ 
usando la funzione è (p) (59, 17). Nel primo termine scriviamo 


v.m-124 [(v_n)?—1]=37-{(pin—Eh0)— (pi — ik} m} = 


2 2 2 
pane = (vin 1). 


— 
_— 


28? cel 
La trasformazione degli altri termini della (59,17) si riduce alla 
sostituzione al denominatore di e con e_. In tal modo, bd_ = (e/e_)?b. 


Tenendo presente ora che le direzioni p e n sono vicine e che e x p, 
si può porre, rispettando la precisione necessaria, e_ = e — Ho. 


1) Questo si può fare, poiché la non commutatività delle componenti della 
velocità in un campo magnetico porta a termini di ordine di grandezza relativo 
fiog/e.ed è quindi inessenziale. 


RADIAZIONE 264 


L'espressione dl dell'equazione (59,16) ha la forma 
e2b 
G=l (è) Teo * 
Qui l’ordine dei fattori di è essenziale e tutte le grandezze si pos- 
sono considerare come classiche. Risolvendo quest’equazione con 
la condizione L (0) = et@t, Wa 


L (E) = exp {ph TE +iot), 
e quindi 
L(41)=exp fior+iÈ i È (kr, kr,-0)}, (59,18) 
dove e' = e — ho. 
Trasformiamo gli altri fattori nella (59,14). Sviluppando diret- 


tamente il prodotto che compare in AR (t) (con la matrice a presa 
dalla (21,20)), troviamo 


R(t)=uvfe*(A+i[Bo]) vw, 


4-5(7+7 e, (59,19) 
P-3 (Fiano) a (noto) 


dove e = e — ho, p'(i)=p(t) — hk, n.= k/o; sono stati 
omessi i termini di sitio più elevato in m/e. In tal modo, scriviamo 
finalmente 


(i Q30,|i)= R8A, exp { ion + it (kro- kr, 0T) } i 


R3R,=Tr 1T8° ((4,—i[B:0]) e) ESC ((4,+i [B,0]) e*). 
(59,20) 
I fattori (1 + $0)/2 sono le matrici densità di polarizzazione del- 
l’elettrone iniziale e finale. 

Consideriamo ora l’intensità di radiazione, sommata sulle pola- 
rizzazioni del fotone e dell'elettrone finale e mediata sulle polariz- 
zazioni dell'elettrone iniziale. Come risultato delle operazioni indi- 
cate, dopo un semplice calcolo, otteniamo!) 


7 Di RiR= mn D+ 3 (07). 
polar 


1) Qui è stata utilizzata anche la seguente circostanza. Sommando su e 
troviamo 


di (012) (v2e*) = viva — (VIN) (vm). 


Sostituendo la (59,20) nella (59,9) si può integrare per parti, notando che 


Li exp (-3 kr), 


de 
(vjn) exp (-+ kr.)= ros di 


262 CAPITOLO V 
Con la precisione richiesta abbiamo 
2 192 1-4 0302 
WU, = V Pò + 80 = — Dot 


Sostituendo queste espressioni nella (59,20) e Li nella (59,10), 
otteniamo tenendo conto della (59,17), 


dl = — £;-0® do don | (Tom) x 


— 00 


xexpf 2 (1-nv+70)} dt. (59,21) 


Questa formula dà la distribuzione spettrale e angolare dell’inten- 
sità di radiazione. 

Introduciamo l’angolo 8 individuato da n e dal piano dell’orbita 
dell’elettrone, e anche l'angolo w individuato dalla proiezione del 
vettore n su detto piano e il vettore v. Tenendo presente che il con- 
tributo principale nell’integrale è dato dai piccoli angoli, si può 
porre 

024 p2 
si nn | 


nNv=VCc09 È cos) xv (4 — 


Per l’integrazione della formula (59,21) è comodo introdurre 
invece di t, w le nuove variabili 7 e y secondo la relazione 


ogr= (SM) (2+y), p= (20 io MI 


£0 2 


Allora l'esponente nella (59,21) assume la forma 
23 3 
—i(m+T+m+4). 


dove sonu state introdotte le notazioni 


2/3 h h 
n= (7) 4+9 u== ie 87 (69,22) 


Gli integrali in dx dy si esprimono attraverso la funzione di Airy 
e la sua derivata!). Come risultato troviamo per la distribuzione 


e analogamente per v3n. Troviamo allora'che, ai fini della successiva integrazione 
vjn e v,n possono essere sostituiti con l’unità. 

1) Per la definizione sola funzione di Airy e del suo legame con le funzioni 
di Macdonald vedi ITI, $ ò 


RADIAZIONE 263 


spettrale l’espressione 
di _Memì u ( u \1/3 
do" nh 14 3) 
(« °) 
u2 


x{{-®2(mM+(1+82) (+75) 


X [© (n) + 7 2 (| } dB. (59,23) 


Il contributo principale  nell’integrale viene dagli angoli 
0 — mile ($ — 1). Il massimo della distribuzione cade sulle frequen- 


St 


Fig. 5 


ze per le quali n — (fiw/e'y)?/" = 41. Per y< 1, discende la (59,1) 


e per yS51, la (59,4). 
Nella fig. 5 sono riportati i grafici della distribuzione spettrale 


per vari valori di y'). Vi è riportata la quantità 
1 dI 
3/olci d(0/0c) * 


come funzione del rapporto ©w/o., dove 

____ 8X __ 2e2m?y2 __ 2e4H?2e2 

Roe= rpg TIo= an = ami 
La quantità /c1 è l'intensità classica totale di radiazione (vedi II 
(74,2)). 
Usando la relazione 
1 à 1° dd 
DMt+t792M=7 PM 


1) I grafici 5 e 6 sono costruiti sulla base di calcoli di N. P. Klepikov. 


264 CAPITOLO'.V 


e sostituendo la variabile è secondo la formula (u/2y)?/86? = 1, 
riscriviamo la (59,23) nella forma 
dI 2e2m® u 2 u? d° 
‘nigi gl Cri egli ira Cucco ir pe 
Cd — 2/3 
—- D? (2 i), 

X ) Vi ( ct t) 

dove x = (u/y)?*. Ricorrendo inoltre alla formula!) 


( di q2(9-2 VAC 
7° (2-7 e Pie 3 eda 
diamo alla distribuzione spettrale la forma 
dI e?2m? u N 2 u? ’ 
Vanta) POT+i (+) 0}. 


Xx 


(59,24) 


Nel caso limite classico abbiamo fw<« e, e quindi ua ho/e, 
cz (0/0)?/*(m/e)?, e la (59,24) si trasforma nella formula clas- 
sica II (74,13). 

Scrivendo 
nre du 
do (14 u)2 h 


e integrando in du da 0 a co (nel primo termine della (59,24) l’integra- 
zione viene eseguita due volte), otteniamo 


dI 
dl= = do= 


e2m2y2 c 44-5yx3/2 + 4y223 ’ 
fa “TRA esere) Vane (2) dr. (59,25) 
0 


Nella fig. 6 è riportato il grafico della funzione / (Y)/Za. 
Per Y<« 4 il contributo dominante all’integrale proviene dalla 
regione x — 1. Sviluppando l’espressione integranda in potenze di Y 
e integrando per serie mediante la formula 
A ’ n 1 (4v-1)/6pnf VE do 
{© (2) de= — = 8 T(5+1)F(4+3). 
0 

otteniamo 


I=Io(1— ALE x+48X—...). (59,26) 
tI 


1) La deduzione di questa formula si può trovare nell’articolo di D. E. A 8 - 
pnes, Phys. Rev. 147, 554 (1966). 


RADIAZIONE 26 5; 
Per y 4 nell’integrale è essenziale la regione nella quale 
yx3/2 = 1, cioè r< 4. In prima approssimazione si può quindi 
sostituire D'(x) con D'(0) = —3!/*T(2/3)/2V n, dopo di che l’integra- 
zione porta al risultato 

= 321 (2/3) e2m2 2/3 e?m? 

Ix — 243° (3y) — 0,82 nz 
La radiazione di frenamento magnetico origina la polarizzazione 
degli elettroni che si muovono nel campo (A. A. Sokolov, I. M. Ter- 


(FL). (59,27) 


Fig. 6 


nov, 1963). Per risolvere questo problema occorre trovare la proba- 
bilità della transizione radiativa accompagnata a spin flip (inver- 


sione della direzione dello spin). 
Ponendo nella (59,20) & = —&;= è, 16$|= 1, otteniamo 


R3R,=(B,B.)—-(e*B,)(eB.)— 
— (e*[B46)) (e [B281) — i (ge*) (e [B:B2]). 
Sommando sulle polarizzazioni del fotone, dopo semplici trasforma- 
zioni, otteniamo 


d R3R,=(B;B.)(1-Gn)) + 


+(gn)(nB,)(5B.)+($n)(nB.)(6B.)— 
—i(&f-n(n6))[B.B.]. (09,28) 


266 CAPITOLO V 


Noi supporremo che y<« 1 ecercheremo solo il termine principale 
dello sviluppo della probabilità in potenze di fi. Poiché l’espressione 
(59,28) (con B dalla (59,19)) contiene già %?, tutte le restanti gran- 
dezze e’ (comprese quelle che figurano nell’esponente della (59,20)) 
possono venire sostituite con 8. 

Sviluppando 

(00, 


B=-(n-v+30+04), 


W t° m 
B.= 5 (n-v-3v+07), 


73 06 
ra_Ti=Wt 37 V 


e sostituendo la (59,28) nella (59,20) e quindi nella (59,10), tro- 
viamo la probabilità differenziale di transizione nell’unità di tempo 
(dw = dI/hw). L'integrazione in d°% viene fatta usando la formula 


ie dk : 43° 
fiere E ili (69,29) 


dove, in questo caso, 


2 203 
= = 7 ° 2, 2-72 4 T0o 
Zo=t%,, X=Tto-,, ZX =IN,_X =T ( e2 12 ). 


Il calcolo porta al seguente risultato: 
e \° dz 
v=tar (+) DISETESIONI 0) 
3 Ò 1 5 2i a 
x[atqrt(#tae)60- 7 (6100) |. 


dove è stata fatta la sostituzione z = t0y€/m, e il cammino d'inte- 
grazione in dz passa sotto l’asse reale e si richiude nel semipiano 
inferiore. Eseguendo quest’ultima integrazione, otteniamo l’espres- 
sione definitiva per la probabilità totale di transizione radiativa 
accompagnata da spin flip: 

5V/30 582 (e \5_3 2. 8V3 e 

(1) (1-7 TL), (59,30) 
dove &t= $v, 6, = 6H/H. Questa formula è applicabile sia per 
gli elettroni (e <0) che per i positroni (e > 0). 

La probabilità (59,30) non dipende dal segno della polarizzazione 
longitudinale &n, ma dipende dal segno di $,. Di conseguenza 
anche la polarizzazione che nasce in conseguenza della radiazione 
è trasversale!). Per gli elettroni la probabilità di transizione da uno 


1) Questa circostanza è evidente a priori: il vettore assiale polarizzazione 
radiativa può essere diretto solo come l’unico vettore assiale che figuri nel 
problema e cioò H. 


RADIAZIONE 


stato con spin diretto « secondo il campo » (è, = 1) ad uno stato 
con spin diretto « contro il campo » è maggiore della probabilità 
della transizione inversa. Quindi la polarizzazione per radiazione 
degli elettroni è diretta contro il campo, e il suo grado, in uno stato 
stazionario (per Èî, = 0), vale 


wi, = _-1)_w(%,=1) na 8V/3 


=0,93, 


wi = —1)+w(1,=1) 15 


I positroni si polarizzano (con lo stesso grado) nella direzione del 
campo. 


Capitolo VI 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 


$ 60. Tensore di diffusione 


La diffusione di un fotone da parte di un sistema di elettroni (per 
fissare le idee, parleremo dell’atomo) è un processo formato dal- 
l'assorbimento del fotone iniziale X e dall'emissione simultanea di un 
altro fotone X'. In questo processo l’atomo può ritrovarsi o al livello 
energetico discreto iniziale o ad un altro livello discreto qualsiasi. 
Nel primo caso la frequenza del fotone non varia (diffusione Rayleigh), 
mentre nel secondo essa varia della quantità 


oe E, (60,1) 


dove £,, E, sono le energie iniziale e finale dell’atomo (diffusione 
Raman o diffusione combinata)*). 

Poiché l'operatore di perturbazione elettromagnetica non ha 
elementi di matrice per transizioni con variazione simultanea di due 
numeri di occupazione fotonici, l’effetto di diffusione compare solo 
nell'approssimazione del secondo ordine della teoria delle pertur- 
bazioni. Questo effetto va considerato come se avvenisse attraverso 
determinati stati intermedi, i quali possono essere di due tipi. 

I. Il fotone X viene assorbito, l'atomo passa in uno dei suoi possi- 
bili stati £,; nella successiva transizione allo stato finale viene 
emesso il fotone K'. 

II. Viene emesso il fotone k'’, l'atomo passa nello stato Z,; nella 
transizione allo stato finale viene assorbito il fotone X. 

Come elemento di matrice per il processo esaminato si deve 
considerare la somma (vedi III (43,7)) 

Vni VanVa 


È 
Va = > (gr = — gl TRENI: _gli 7)» (60,2) 
dove l’energia iniziale del sistema « atomo + fotone» è €, = 
= E, + ®, e le energie degli stati intermedi sono 
€ =En, € En+o+®', 


1) In questo capitolo le grandezze relative agli stati iniziale e finale del 
sistema diffusore verranno munite degli indici 1 e 2. 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 269 


V...sono gli elementi di matrice di assorbimento del fotone &, V'.. 
sono gli elementi di matrice di emissione del fotone X'; dalla somma- 
toria su n lo stato iniziale viene escluso (per questo abbiamo apposto 
l’apice al simbolo di sommatoria). La sezione d'urto di diffusione è 


w'2 do' 


do = 27 | Vo, | ni (60,3) 


dove da’ è l'elemento di angolo solido per la direzione X'1). 

Supporremo che le lunghezze d'onda dei fotoni iniziale e finale 
siano grandi rispetto alle dimensioni a del sistema diffusore. In 
relazione a ciò, considereremo tutte le transizioni nell’approssima- 
zione di dipolo. Se gli stati dei fotoni si descrivono con onde piane, 
a questa approssimazione corrisponde la sostituzione dei fattori ei*” 
con l’unità. Allora le funzioni d'onda dei fotoni (nel gauge trasver- 
sale ne sono 


Aeo = ala, rl TIUE Ae ,= VV 4n 


Nell'ambito Ni, condizioni esposte, l'operatore di interazione 
elettromagnetica può essere scritto nella forma 


V= —dE, (60,4) 


dove E = —A è l'operatore del campo, e dè l’operatore del momento 
di dipolo dell'atomo (analogamente all’espressione classica per 
l'energia di un sistema di piccole dimensioni in un campo elettrico; 
vedi II, $ 42). Gli elementi di matrice di questo operatore sono 


Vai = —iV2n0(edn;), Vin =iV 210 (e'*dan). 


Sostituendo queste espressioni nelle (60,2-3), otteniamo la sezione 
d'urto di diffusione (che scriviamo in unità poni 2) 
=| ba (done *) (An10) | (Aan0) (Ante 9) (Aane) (An1e'*) } Î 003 


Oni ® — Ont® h2c4 È 


: eTid l, 
0) 


(60,5) 
hong =En-E,, lion =En—E.. 


La somma è estesa a tutti i possibili stati dell'atomo, inclusi gli 
stati dello spettro continuo (gli stati 1 e 2 vengono automaticamente 


1) L'energia luminosa d/’, diffusa (in 1 s) nell’angolo solido do’, si esprime 
attraverso l’intensità / (densità del flusso di energia) della luce incidente me- 
diante la relazione 


dl'=1- do. 


2) Questa formula fu ottenuta per la prima volta da H. A. Kramers 6 
W. Heisenberg (1925). 


270 CAPITOLO VI 


esclusi dalla somma poiché i rispettivi elementi di matrice sono 
nulli: d,} = dig = 0). 
Introduciamo la notazione*) 
d n d n d n d n 
(Cin)a: = D [pen ine i)an (de)ni tion tini ( (dr)an (di)ni (di)ni I (60,6) 


Onj Ong + ® 


(i, X = x, y, z sono indici vettoriali tridimensionali). Usando questa 
relazione, riscriviamo la formula (60,5) nella forma 


do = © (0 + ©2)° | (ci2)21 ef€x |? do'. (60,7) 


La notazione (60,6) si giustifica con il fatto che questa somma può 
effettivamente essere rappresentata come elemento di matrice di un 
certo tensore. Il modo più semplice per convincersi di questo è di 
introdurre una grandezza vettoriale d, il cui operatore soddisfa 
l'equazione 


I suoi elementi di matrice sono 


b ii dn == don 
Mi 0-04 2 +02” 
e quindi 
(Cin)o1 = (badi — dida). (60,8) 


Chiameremo gli elementi di matrice (c;2),, tensore di diffusione della 
luce. 

Da quanto detto segue che le regole di selezione per la diffusione 
coincidono con le regole di selezione per gli elementi di matrice di 
un tensore qualsiasi di rango 2. Notiamo subito che se il sistema 
gode di un centro di simmetria (e quindi i suoi stati possono essere 
classificati secondo la parità), allora le transizioni sono possibili 
solo tra stati della stessa parità (ivi comprese transizioni senza cam- 
biamento di stato). Questa regola è l'opposto della regola di selezione 
relativa alla parità nella radiazione (di dipolo elettrico), cosî che 
ha luogo un divieto alternativo: le transizioni, permesse nella radia- 
zione, sono vietate nella diffusione, e le transizioni, permesse nella 
diffusione, sono vietate nella radiazione. 

Scomponiamo il tensore c;y in parti irriducibili 


Cih CÒ ip L Ci fina Cin? (60,9) 


1) La maggior parte dei risultati esposti nei $$ 60-62 appartiene principal- 
mente a G. Placzek (1931-1933). 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 27 


dove 


Ciis 


(cin + Cn1) — 09th; (60,10) 


so 
Cin = 


cin =" (Cin — Chi) 
sono, rispettivamente, uno scalare, un tensore simmetrico (di traccia 
nulla) e un tensore antisimmetrico. I loro elementi di matrice sono 
1 a W + © 
(C0)21 tg: > ioni (di)an (di)nt (60,11) 
n 


— 0) (On2-t+® 


1 Oni +-On2 
I EE) 
n 


(Cin) SR Oni — 0) (Ong + @) 
X [(di)an (Aa)n1 + (Ar)en (di)mi] — (0%)21 din (60,12) 


(c2.)a, i sot 012 di (di)on (de)na1 — (de)on (di)ni (60,13) 


(Oni — 0) (On + ©) 


Studiamo ora alcune proprietà del tensore di diffusione nei casi 
limite di piccole e grandi frequenze del fotone!). 

Per la diffusione Rayleigh (©,, = 0) la parte antisimmetrica del 
tensore per © + 0 si annulla (per la presenza del fattore © davanti 
alla somma (60,13)). La parte scalare e la parte simmetrica del 
tensore di diffusione, invece, per © + 0 tendono a limiti finiti. In 
relazione a ciò, la sezione d’urto per piccoli © è proporzionale a @*. 

Nel caso opposto, quando la frequenza © è grande rispetto a tutte 
le frequenze @nj e 0,9, essenziali nella (60,6), noi dobbiamo tornare 
alle formule della teoria classica (ovviamente per la lunghezza 
d'onda deve sempre valere la relazione ) > a). Il primo termine dello 
sviluppo del tensore di diffusione in potenze di 1/0 è 


L >, [(Aa)2n (di)n1 — (di)on (da) na} = i (d,d; — d;dx)x 


e si annulla a causa della commutatività degli operatori d;, dx- 
Il successivo termine dello sviluppo è 


(C14)21 = d; > [Wan (dx)an (di)na e (di)an Oni (d.)na] == 


4 ° . 
= 2 (did; ri d;d,)o,. 


1) Il caso della risonanza (quando © è vicina a una delle frequenze ©,3 
O sn) verrà considerato al $ 64. 


272 CAPITOLO VI 


Usando la definizione &= }}er (la somma è estesa a tutti gli elettroni 
dell'atomo) e le regole di commutazione tra gli impulsi e le coordi- 
nate, otteniamo 


Ze2 
(Cin) = — n) in (Cina =0, (60,14) 


dove Z è il numero totale degli elettroni del sistema. In tal modo, nel 
limite delle grandi frequenze, nel tensore di diffusione rimane solo 
la parte scalare, e la diffusione ha luogo senza cambiamento dello 
stato del sistema (cioè la diffusione è completamente coerente, vedi 
più avanti). In questo caso, la sezione d’urto di diffusione è 


do=r2Z2|e*e |} do', (60,15) 


dove r, = e?/m. Sommando sulle polarizzazioni del fotone finale, 
otteniamo la formula 


do =rî Z?{1— (en')} do' =rî Z> sen? 0 - do', (60,16) 


che coincide effettivamente con la formula classica di Thomson 
II (80,7) (0 è l’angolo tra la direzione di diffusione e il vettore pola- 
rizzazione del fotone incidente). 

Consideriamo ora la diffusione della luce da parte di un insieme 
di N atomi identici, contenuti in un volume, le cui dimensioni 
sono piccole rispetto alla lunghezza d’onda. Il tensore di diffusione 
associato a un tale insieme sarà uguale alla somma dei tensori di 
diffusione relativi a ciascun atomo. Occorre, però, tenere presente che 
le funzioni d'onda (mediante le quali si calcolano gli elementi di 
matrice del momento di dipolo) di più atomi identici, considerati 
simultaneamente, non si possono considerare semplicemente uguali. 
Le funzioni d’onda sono per definizione determinate a meno di un 
fattore di fase arbitrario, e questi fattori sono peculiari di ogni 
atomo. La sezione d'urto di diffusione deve essere mediata rispetto 
ai fattori di fase di ciascun atomo separatamente. 

Il tensore di diffusione (c;x),1 di ciascun atomo contiene il fattore 
ei(91-92), dove ©; e ®, sono le fasi delle funzioni d’onda degli stati 
iniziale e finale. Per la diffusione Raman gli stati 1 e 2 sono diffe- 
renti, e questo fattore è differente dall’unità. Nel quadrato del modulo 


| esen DI (Cin)a1 |? 


(sommatoria estesa a tutti gli N atomi) i prodotti dei termini della 
somma, relativi ad atomi differenti, contengono fattori di fase che 
si annullano quando si esegue separatamente la media sulle fasi 
degli atomi; rimangono solo i quadrati dei moduli di ciascun ter- 
mine. Questo significa che la sezione d'urto di diffusione totale da 
parte di N atomi si ottiene moltiplicando per N la sezione d’urto di 


DI 


diffusione di un singolo atomo (la diffusione è incoerente). 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 273 


Se, invece, gli stati iniziale e finale dell’atomo coincidono, allora 
i fattori e*(91-2 sono uguali all’unità. In questo caso sarà l’ampiez- 
za di diffusione per un sistema di N atomi a differire di un fattore N 
dall’ampiezza di diffusione per un singolo atomo, mentre la sezione 
d’urto di diffusione differirà a sua volta di un fattore N? (la diffu- 
sione è coerente). Se il livello energetico dell'atomo non è degenere, la 
diffusione Rayleigh sarà, in tal modo, completamente coerente. 
Se, invece, il livello energetico è degenere, avrà luogo anche la dif- 
fusione Rayleigh incoerente, generata dalle transizioni dell’atomo tra 
i diversi stati reciprocamente degeneri. Notiamo che quest’ultimo 
fatto è un effetto puramente quantistico: nella teoria classica una 
diffusione senza variazione di frequenza è già coerente. 

Il tensore di diffusione coerente è dato dall’elemento di matrice 
diagonale (c;x);;: indichiamolo con a;x (tralasciando, per semplicità, 
l'indice con il quale si indica lo stato dell’atomo). Dalla (60,6) 
abbiamo 

di)tn (d d ; 
in (0) = (cin) ui [intro Chini p (Clin idnt |. (60,17) 
Notando che (d;),, = (d;)},, è facile vedere che questo tensore 
è hermitiano!): 
Qik _ ii. (60,18) 


Questo significa che la sua parte scalare e quella simmetrica sono 
reali, mentre la parte antisimmetrica è immaginaria. Notiamo che la 
parte antisimmetrica è chiaramente nulla, se l'atomo si trova in uno 
stato non degenere; la funzione d’onda di tale stato è reale?), e quindi 
sono reali anche gli elementi di matrice diagonali. 

Il tensore &;, è connesso con la polarizzabilità dell'atomo in un 
campo elettrico esterno. Per stabilire questa connessione, calcoliamo 
la correzione al valore medio del momento di dipolo del sistema, se 
quest’ultimo è posto in un campo elettrico esterno 


3 (Be-i0t4 E*ei0!), (60,19) 


1) Questo risultato è connesso al fatto che noi trascuriamo la larghezza 
naturale della riga, e quindi anche la possibilità di assorbimento della luce inci- 
dente; vedi $ 64. 

2) Ricordiamo che questo fatto è connesso con la simmetria rispetto al 
cambiamento di segno del tempo (si sottintende che non ci sia un campo magne- 
tico esterno). Per la sostituzione t con —t la funzione d’onda di uno stato stazio- 
nario wp viene sostituita con w*, cioè p e p* descrivono ambedue degli stati possi- 
bili con la stessa energia. Da qui discende che, se il livello non è degenere, allora 
y e p* devono coincidere (a meno di un inessenziale fattore di fase), e di conse- 
guenza può essere sempre definita come una funzione reale. Se invece il livello 
è degenere, allora per coniugazione complessa le funzioni d'onda, relative ad 
uno stesso livello, si trasformano tra loro, e quindi non sono obbligatoriamente 
reali. 


274 CAPITOLO VI 


Si può usare a questo scopo la nota formula della teoria delle pertur- 
bazioni (vedi III, $ 40): se su un sistema agisce la perturbazione 


V pa Fe-1®! + Ftei@t, 
allora la correzione del primo ordine agli elementi di matrice diago- 
nali di una grandezza f è uguale a 
(0) fr (0) 7 
(1) UOaA tia ni ini in - int 
fa o=- {+ ]ett 
n 


0 0) 
4[-feria PRI gio1} i 
Oni kt ® Oni 0 


Nel caso considerato 
F- jd, 


e la correzione all’elemento di matrice diagonale del momento di 
dipolo risulta uguale a 
ai = 3 (de-i0! + d*ei0t), (60,20) 


dove d è un vettore di componenti 
d; = LipEpe (60,21) 


Dall’ultima formula si vede che il tensore di diffusione Rayleigh 
coerente 2;,(0) rappresenta anche il tensore di polarizzabilità del- 
l'atomo in un campo di frequenza ©. Per ®© = 0 la formula (60,21) 
diventa la formula III (76,4) con tensore di polarizzabilità statica 
&;:(0), nella forma in cui esso è determinato nell’ordinaria teoria 


delle perturbazioni in un campo costante. 


PROBLEMI!) 


4. Calcolare la probabilità di emissione simultanea di due fotoni da parte 
di un atomo (M. Goppert-Mayer, 1931)?). 


1) Nei problemi sono usate le unità ordinarie. 

2) La probabilità di emissione di due fotoni © e w' è di solito molto piccola 
rispetto alla probabilità di emissione di un solo fotone di frequenza ® + @'. 
Un'’eccezione è costituita dai casi in cui le regole di selezione vietano il secondo 
processo e permettono il primo. Tali sono, ad esempio, le transizioni tra due stati 
di J= 0, peri quali qualsiasi processo di emissione di un solo fotone è vietato 
rigorosamente. Un altro esempio è costituito dalla transizione dal primo stato 
eccitato dell'atomo di idrogeno (2s;/,) allo stato fondamentale (45/9). Per la 
radiazione E1 questa transizione è rigorosamente vietata dalla regola di selezione 
relativa alla parità. Essa è vietata (se si trascura l'interazione spin-orbita molto 
debole) anche per la radiazione M4; il momento magnetieo, in questo caso (1=0), 
è una quantità puramente spinoriale, e il suo elemento di matrice si annulla in 
virtù della mutua ortogonalità delle funzioni orbitali di numere quantico prin- 
cipale differente. La vita media del livello 25,/,, relativa all'emissione di due 


fotoni, è = 1/7 s. 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 375 


Soluzione. L'emissione di due fotoni è, come anche la diffusione, un processo 
del secondo ordine nella teoria delle perturbazioni. La probabilità cercata diffe- 
risce dalla (60,5) soltanto per 1) la sostituzione ® + — 0, e+ €* (emissione di 
un fotone © al posto del suo assorbimento), 2) il fattore addizionale 


dk @2dodo 
(2r)3 = (20)8 
In tal modo, la probabilità di radiazione (nell’unità di tempo) è 


do=|Y [ene (Anse*)  (dane®) CL 
n 


Qin -® Qin — 0' 


0Ì0'3 , 
(2n)? cone do do’ dw (14 


(0 + ©' = 0©;:). Sommando questa espressione sulle polarizzazioni dei fotoni 
e integrando sulle direzioni di uscita, otteniamo 


__8 (di)on (de)ni (di)on (da)ni 2 0303 
n 


2. Calcolare la sezione d'urto di « diffusione forzata »: il fotone incidente K 
rimane invariato, ma sotto la sua azione l’atomo emette due fotoni, un fotone 
dello stesso tipo & e un fotone « diffuso » Ve. 

‘ Soluzione. La probabilità del processo considerato differisce dalla probabi- 
lità (1), trovata nel problema 1 per l'emissione simultanea di due quanti, per i 
fattore N,,,, dove N,, è il numero di fotoni della luce incidente di dati K, e. 


La densità del flusso di fotoni incidenti è uguale a 


d3k 2 
dI=cNye @2m)3 — ke Bra do do. 


Esprimendo il fattore N,, mediante d/ e dividendo per d/ la probabilità del 
processo, otteniamo la sezione d'urto 


Di [ (Cene!) inse) (Azne9 (Ange!) 72 00% dp 
n 


do = _ —-— _——- 
+ Qin o' | | h2c4 


in ® 


Qui © è la frequenza dei fotoni incidente e « forzato », 0’ è la frequenza del foto- 
ne diffuso (0 + 0’ = ©). 

3. Calcolare la probabilità di diffusione elastica di un elettrone (non relati- 
vistico) da parte di un’onda luminosa stazionaria quasi-monocromatica 
(P. L. Kapitsa, P. A. M. Dirac, 1933). 

Soluzione. Un'onda stazionaria può essere considerata come composta da 
un insieme di fotoni di impulso X e —K (e di identiche polarizzazioni). La diffu- 
sione di un elettrone può essere considerata come l’assorbimento di un fotone X 
e l'emissione forzata di un fotone —X; per effetto di questi due processi l’impulse 
dell’elettrone p riceve l'incremento 24%, ruotando (senza variazione del modulo) 
di un angolo 0: | p | sen (0/2) = #w/c. La probabilità di questo processo si può 
ricavare dalla sezione d’urto di diffusione Thomson (60,15) 


do=r?|e'*e}?do' =r? do' 
moltiplicando quest’ultima per la densità del flusso di fotoni di impulso. e per 


il numero di fotoni di impulso —&. 
18* 


276 CAPITOLO VI 


La densità del flusso di fotoni di frequenza compresa nell’intervallo dw è 
uguale a 
cUy do 
2ho 


dove UV, do è la densità di energia nell’onda stazionaria nell’intervallo spettrale 
do (il fattore 1/2 tiene conto del fatto che l'energia dell'onda è divisa esattamente 
tra fotoni di direzioni opposte). Gli impulsi X di tutti i fotoni, che formano 
l’onda stazionaria, sono paralleli ad una determinata direzione x (« direzione » 
dell'onda stazionaria). In altre parole, la densità di energia, come funzione della 
frequenza e della direzione n’ dei fotoni, è uguale a VU, = Uo8®(*' — n). 
In relazione a ciò il numero di fotoni —%%è uguale a 
8r3c8 U 
1 (à) 
\ N_, do' = 08 DO 


(cîr. (44,8)). Per la probabilità di diffusione di un elettrone (in 1 s) otteniamo il 
risultato 


2n3e4 (| 
= arca | Ui, do. 
mha 


Îl fattore w-4 è stato portato fuori dal segno di integrale, poiché il grado di 
non monocromaticità A è supposto piccolo. Il valore dell’integrale è inversa- 
mente proporzionale a Aw (per una data intensità totale). 


$ 61. Diffusione da parte di sistemi liberamente orientabili 


Se il livello energetico dell’atomo non è degenere, allora la pola- 
rizzabilità e l’intensità della diffusione coerente sono ambedue deter- 
minate dallo stesso tensore a;x = (c;4);1. Se, invece, il livello è dege- 
nere, allora i valori osservati delle grandezze citate si ottengono 
mediando su tutti gli stati relativi al dato livello. La polarizzabilità 
deve essere determinata come il valore medio!) 


in = (Cin) 


L'intensità osservabile della diffusione invece è determinata dai 
valori dei prodotti 
(Cin)11 (Cim)a1- 
Di conseguenza la connessione tra polarizzabilità e diffusione diventa 
meno diretta. 
Per atomi o molecole liberi (che non si trovano in un campo ester- 
no) la degenerazione dei livelli è connessa solitamente con il momento 


angolare liberamente orientabile nello spazio. Si supponga che lo 
stato iniziale nella diffusione abbia il momento angolare J,, e lo 


1) Sebbene ciascuna delle quantità (c;x);1 possa essere complessa, il loro 
valore medio (per sistemi che non si trovano ìîn un campo magnetico esterno) è 
reale. In effetti, nell'eseguire la media l'insieme delle funzioni d'onda indipen- 
denti (relative ad un dato livello degenere) si può scegliere arbitrariamente, e 
quindi si può sempre fare in modo che tutte le funzioni siano reali. 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 277 


stato finale il momento J,. Come al solito, la sezione d'urto di dif- 
fusione deve essere mediata su tutti i valori della proiezione M, 
esommata sui valori di M,. Dopo la prima operazione, la sezione non 
dipende più da M,, e quindi la successiva somma si riduce alla 
moltiplicazione per (27, + 1). In tal modo, per la sezione d'urto 
di diffusione media otteniamo 


do = noci) e;te,ei et do', (61,1) 
dove 
4 ——_—_—_——___——_-I 
Cihim — 24,41 >: (Cin)o1 (Cim)21 = (24241) (cin)z1 (CIm)21 è (61,2) 


MiM2 


e la soprallineatura con l’indice 1 significa la media su M,. 

Per la diffusione Rayleigh gli stati / e 2 sono relativi ad uno 
stesso livello energetico (0,, = 0). Se si tratta solo di diffusione 
coerente, allora gli stati / e 2 devono coincidere completamente, 
deve cioè essere M, = M,. La sommatoria su M,, e con essa anche 
il fattore 2/, + 1, spariscono dalla formula (61,2): 


———_—- 
‘ose = (Cin) (Cim)i1 - (61,3) 
Il risultato di questa media può essere scritto senza calcoli 
particolari, se si tiene presente che la media su M, è equivalente 
alla media su tutte le orientazioni del sistema, e quindi il valore 
medio può esprimersi solo mediante il tensore unità 6;x. Diversi da 
zero possono risultare solo i valori medi dei prodotti di componenti 
della parte scalare, simmetrica e antisimmetrica separatamente; 
è chiaro che mediante il tensore unità non si possono com porre espres- 
sioni, che possano, per le loro proprietà di simmetria, corrispondere 
ai prodotti incrociati. In tal modo, otteniamo 


RD = 08 6 ndm + HR + E, (614 
dove 
i 
G21=(2I:+ 1)|(c)m 
lei 
cls =(2J2+ 1) (67, )24 (CZ » (61,5) 


—————_—_——— 
c25a = (2J,4-1) (c9,)04 (ce). 


In altre parole, la sezione d’urto (e con essa l’intensità) di diffusione 
da parte di un sistema liberamente orientabile sì scinde nella somma 
di tre parti indipendenti, che noi chiameremo diffusione scalare, 
simmetrica e antisimmetrica. 

Ognuno dei tre termini nella (61,4) si esprime mediante una sola 
quantità indipendente. La diffusione scalare si esprime mediante la 


278 CAPITOLO VI 


quantità G°,, e per la diffusione simmetrica e antisimmetrica abbiamo 


1 $ 2 î 
cs = _ Go (8:8xm + Bimbn1 — 3 dinbim) ; 


ihim — 10 


i 
G21 = (2I2+1)(cia)o1 (CIA) ; 


(21)a 


Cihim = ra G% ($:10xm "= Simbni) ) 


nani 
21 =(2I,+ 1) (ciR)21 (CIA) 


(la combinazione dei tensori unità si forma secondo le proprietà di 
simmetria, e quindi il coefficiente generale si trova contraendo sulle 
coppie di indici il e km). 

Sostituendo le formule (61,4-6) nella (61,1) si trova la seguente 
espressione per la sezione d’urto di diffusione: 


do = 00" {6% |e'*e P4+ Gi: (14+|e'e P_3]e"*eP)+ 
4 
+7 6Gî1 (1—|e'e)} do. (61,7) 


Questa formula determina in forma esplicita le dipendenze angolari 
e le proprietà di polarizzazione della diffusione. 

La sezione d'urto di diffusione totale rispetto a tutte le direzioni, 
sommata sulle polarizzazioni del fotone finale e mediata sulle pola- 
rizzazioni e sulle direzioni di incidenza del fotone iniziale, si ricava 
con facilità direttamente dalla (61,1). A questo scopo notiamo che 


—— 1 
ejen = 2 din» 


sia che la media venga eseguita sulle polarizzazioni che sulle dire- 
zioni di propagazione del fotone (invece la somma su queste quantità 
darebbe corrispondentemente un risultato di 2-4n volte maggiore). 
Otteniamo cosi 


- 8a È 8 ; 8 a 
G=-- 00 30021) — 7 00 9 (3634 + Go1 + G24). (61,8) 


Abbiamo già detto prima che le regole di selezione per la diffu- 
sione coincidono con le regole di selezione per gli elementi di matrice 
di un qualsiasi tensore di rango 2. Dal momento che l’intensità di 
diffusione si scompone in tre parti indipendenti, è opportuno formu- 
lare queste regole per ciascuna di queste parti separatamente. 

Le regole di selezione per la diffusione simmetrica coincidono con 
te regole di selezione per la radiazione di quadrupolo elettrico, 
poiché quest’ultima è anch’essa determinata da un tensore simmetrico 
irriducibile (il tensore dei momenti di quadrupolo). Per la diffusione 
antisimmetrica le regole di selezione coincidono con quelle per la 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 279 


radiazione di dipolo magnetico, poiché ambedue i processi sono 
determinati da un vettore assiale; ricordiamo che un tensore anti- 
simmetrico è equivalente (duale) ad un vettore assiale!). Esiste, 
tuttavia, una differenza che consiste nel fatto che gli elementi 
di matrice diagonali, i quali nel caso radiativo danno i valori medi 
dei momenti elettrici e magnetici (e non corrispondono a transizio- 
ni radiative), nel caso della diffusione sono essenziali: essi sono rela- 
tivi alla diffusione coerente. 

Per la diffusione scalare le regole di selezione coincidono con le 
regole analoghe per gli elementi di matrice di qualsiasi grandezza 
scalare. Questo significa che sono possibili transizioni solo tra stati 
di uguale simmetria. In particolare, devono essere uguali i valori del 
momento angolare totale 7 e la sua proiezione M (gli elementi di 
matrice diagonali in M non dipendono dal numero M; vedi III 
(29,3)). Per la diffusione Rayleigh, quindi, gli stati / e 2 devono 
coincidere completamente (non solo nell’energia, ma anche nel 
numero M), e di conseguenza la diffusione Rayleigh scalare è com- 
pletamente coerente. Inversamente, poiché nella diffusione scalare 
tutti gli stati in ogni caso si combinano tra loro, nella diffusione 
coerente c'è sempre una parte scalare. 

Analogamente alla media, eseguita prima, della sezione d’urto 
di diffusione, per un sistema liberamente orientabile nello spazio 
deve essere effettuata la media sulle direzioni del momento angola- 
re J, anche del tensore di polarizzabilità. Questa operazione è molto 
semplice: è evidente che 


{ 1 
ip = (Cindia =(0%)1 Sino 


Le parti simmetrica e antisimmetrica del tensore di diffusione 
nella media vengono a mancare: è;, è il solo tensore isotropo di 
rango 2. 

Prima abbiamo notato che gli elementi di matrice diagonali di 
uno scalare non dipendono dal numero M,. Perciò il segno di media 
sopra (c°),, si può omettere (e calcolare questo elemento per un qual- 
siasi valore di M,), e quindi per la polarizzabilità troviamo 


Cin = (0) dip (61,9) 


Per la stessa ragione il segno di media si può omettere anche nella 
quantità G°,,, che determina la parte scalare della diffusione coe- 
rente: 


0° 0 du 0\2 
Gi1=[(0%)4 |? = (11 (61,10) 


1) Si parla qui, ovviamente, di quelle regole di selezione, che sono connesse 
ad una simmetria, e non alla forma concreta del vettore assiale nel caso di 
radiazione; il vettore momento magnetico contiene una parte di spin, mentre nel 
caso della diffusione si parla di elementi di matrice di grandezze di natura pura- 
mente orbitale. 


280 CAPITOLO VI 


(il fattore 27, + 1 è stato omesso in corrispondenza con la (61,3)). 
In tal modo, si stabilisce una semplice connessione tra la polarizza- 
bilità media e la parte scalare della diffusione coerente. Ambedue 
queste grandezze sono determinate dalla quantità 


2 n 
(0)1= dI N |Ani]" (61,11) 
i 


PROBLEMI 


4. Trovare la distribuzione angolare e il grado di depolarizzazione nella 
diffusione di luce polarizzata linearmente. 

Soluzione. Sia 0 l’angolo tra la direzione di diffusione »’ e la direzione di 
polarizzazione e della luce incidente. La luce diffusa contiene due componenti 
indipendenti, polarizzate nel piano n' e (intensità /,) e nel piano perpendicolare 
(intensità /,); il grado di depolarizzazione è dato dal rapporto Z,//,. Le 
intensità /, e /, si determinano secondo la formula (61,7) con il vettore e’ 
diretto opportunamente. 

Per la diffusione scalare la luce rimane completamente polarizzata nello 
stesso piano (7, = 0), e la distribuzione angolare dell’intensità è 


nta OC ae 
= > sen°0. 


(Qui e nel seguito le espressioni per / = /, + 7, sono normalizzate in modo da 
ottenere l’unità mediando sulle direzioni). Per la diffusione simmetrica abbiamo 


3 I, 3 
a 2 ‘en ni 
‘Cap (0a. Grana 


Per la diffusione antisimmetrica troviamo 


3 I 1 
= 2 e a 
I 7 (1 + così 6), I, cos 0° 


2. Determinare le stesse quantità per la diffusione di luce naturale. 
Soluzione. Il passaggio nella formula (61,7) a luce incidente naturale (non 
polarizzata) si realizza con la sostituzione 


1 
e;eì > DI (Gia — RiNk), 


cioè si esegue la media sulle direzioni di polarizzazione e per una data direzione 
di incidenza. La luce diffusa sarà parzialmente polarizzata, e da considerazioni 
di simmetria è evidente che le due componenti indipendenti saranno polarizzate 
linearmente nel piano di diffusione n, x’ (intensità /,,) e nel piano perpendico- 
lare (intensità / | ). Indichiamo l’angolo di diffusione (l'angolo tra n e n’) con è. 


Per la diffusione scalare abbiamo 


3 
I=I,+1y=7(1+cos2#), nina 
Per la diffusione simmetrica 
3 5 Ii 6 + cos? è 
TI=7G (134 così 8), cala ana. 


e per la diffusione antisimmetrica 


3 dl 
I=3 (2 + sen? %), n 1-- sen? d. 
L 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 281 


3. Per la diffusione di luce polarizzata circolarmente determinare i coeffi- 
cienti di inversione (cioè il rapporto tra l'intensità della componente polarizzata. 
circolarmente nel senso « inverso » e l'intensità della componente polarizzata 
nello stesso senso, che chiameremo « regolare »). 

Soluzione. Nel caso di luce incidente polarizzata circolarmente la distribu- 
zione angolare e il grado di depolarizzazione (il rapporto Iy/Z,) sono gli stessi 


che per la diffusione di luce naturale. 
Siano n (1, i, 0)le componenti del vettore e della luce incidente (nel sistema 


di coordinate con il piano zz coincidente con il piano di diffusione e l’asse z diret- 
to secondo n). Allora per le componenti polarizzate circolarmente « inversa » 
e « regolare » della luce diffusa, ì vettori di polarizzazione sono determinati 
dalle relazioni 

tÀ 


D (così, —i, — send) e e alieni i, — sen È). 
vV2 yV2 
Calcolando l’intensità mediante la (61,7) troviamo i coefficienti di inver- 
sione P per i tre tipi di diffusione 


f 


e = 


è 

1T— così — 

po= ig è pe 13+ cos? ®+ 10 cos ® a 2 
dA 13+cos2 d— 10 cos d ’ Ù 
1_sent— 


(9 è l'angolo di diffusione). 
4. Calcolare la sezione d’urto di diffusione elastica di raggi y da parte 
del deutone (H. A. Bethe, R. Peierls, 1935). È 
Soluzione. Le funzioni d’onda dello stato fondamentale del deutone e dei 
suoi stati dello spettro continuo (deutone disintegrato) sono 


ve È e, p, = e'?”, x=V MI, 


vedi (58,2-3). Il momento di dipolo è d= er/2 (solo il protone, il cui raggio 
vettore è r/2, ha carica elettrica). Per l'elemento di matrice troviamo 


DE * 3. x d 
d,0= | Py dwo d VAT 


dir -urtipr on: VEE p 
X | né = 8nie Da C+ po 


(l'integrale si calcola mediante la formula (57,6a)). 
Per il tensore di polarizzabilità otteniamo 


20 3 
e _dP__ 


— 2Ma2 6n= { 3 | oi — 02 | dop | (208 = 2Mo2 din 


Il primo termine è connesso con l’eccitazione virtuale dei gradi di libertà intrin- 
seci del deutone; esso è scritto nella forma (61,11), dove le frequenze sono 
èpo = (20° + x?)/M. Il secondo termine è connesso con l’azione del campo dell’on- 


da sul moto di traslazione d’insieme del deutone. Poiché questo moto è quasi- 


‘282 CAPITOLO VI 


«classico, la corrispondente parte del tensore di diffusione è data semplicemente 
-dalla formula (60,14) (con la massa del deutone 2M al posto di m). 
Il calcolo di a;y si riduce al calcolo dell’integrale 


00 


= GTI z= 2 y Mo © 
CI @+pe@ttea a] Ta TTT 
Abbiamo 

_1 d (A dJo 

rali) 

(.°) 
Ja { 24 dz 
"od (24292412 x] ® 


Per y <1 l’espressione integranda ha, nel semipiano superiore della variabile 
complessa z, dei poli nei punti ià, iV1+y, iV1 — y; l'integrale J, si calcola 
determinando i residui in questi punti singolari. A conti fatti otteniamo 


gag ed di -(Frt4)}. 


La sezione d'urto di diffusione totale si esprime mediante a; secondo la 
61,8) ed è uguale (in unità ordinarie) a 


oe Sa ( e% \2 
3 ve) 


L'ampiezza di diffusione per y) > 1 (sopra la soglia di dissociazione del deutone) 
si ricava dall’ampiezza per y < 1 mediante prolungamento analitico; per essa 
compare anche una parte immaginaria, che deve essere positiva, 


__ x e2 2 4 2 3/2 
o (na) | ata +0" 


e 2. 
+i gr 01°? per y>1. 


2 
Per y > 1 si ottiene o = "3 ( na) , che corrisponde, come era naturale atten- 


.dersi, alla diffusione (non relativistica) su un protone libero. 
Per la distribuzione angolare della radiazione troviamo 


3 do 
— -—a 2 —— 
do=0 7 (1-+ cos? 6) i 


dove 0 è l’angolo di diffusione. Determinando l'ampiezza ‘di diffusione in modo 
‘tale che do = | f |? do, avremo 


2e2 (y—-1)?? 
3M c2 y2 


Secondo il teorema ottico questa quantità deve coincidere con wotot/4, dove 
Otot è la sezione d'urto totale di diffusione anelastica (fotodissociazione) ed 
elastica. Nel caso considerato, però, la sezione d’urto di diffusione elastica è di 
‘ordine più elevato (--e4) della sezione d’urto di dissociazione (— e?, vedi la (58,4)), 
e quindi Imf (0) = ©0a:ss/4x. Per questa stessa ragione nell’approssimazione 
«considerata l'ampiezza di diffusione per y<1 (cioè sotto la soglia di dissociazio- 
ne) risulta reale. 


Im f(0)= per y>f. 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 283 


$ 62. Diffusione su molecole 


La peculiarità della diffusione molecolare è connessa con quelle 
proprietà che sono alla base della teoria dei loro spettri, e cioè con 
la possibilità di esaminare separatamente lo stato elettronico, con- 
siderando nuclei « fissi », e il moto dei nuclei nel campo efficace 
degli elettroni. 

Supponiamo che la frequenza della luce incidente @ sia minore 
dell'energia ©, della prima eccitazione elettronica. Allora nella 
diffusione i termini elettronici non possono eccitarsi. La diffusione 
sarà del tipo Rayleigh o del tipo Raman in relazione all’eccitazione 
dei livelli rotazionali e vibrazionali. 

Supponiamo inoltre che il termine elettronico fondamentale non 
sia degenere (e non abbia una struttura fine). In altre parole, si 
suppone che siano uguali a zero lo spin totale degli elettroni e la 
proiezione del loro momento angolare orbitale totale sull’asse della 
molecola (per molecole del tipo « trottola simmetrica »). Questo 
significa che per molecole biatomiche il termine elettronico fonda- 
mentale deve essere 12. Come è noto, queste condizioni sono soddi- 
sfatte per gli stati fondamentali della maggioranza delle molecole!). 

Infine, supporremo che la frequenza @ sia grande rispetto agli 
intervalli della struttura nucleare (rotazionale e vibrazionale) del 
termine elettronico fondamentale, e che la differenza ®, — osi 
trovi nello stesso rapporto rispetto alla struttura nucleare del termine 
elettronico eccitato. In altre parole, la frequenza della luce incidente 
deve essere sufficientemente lontana da risonanze. Queste condizioni 
permettono, nel calcolo del tensore di diffusione, di fare astrazione, 
in un primo momento, dal moto dei nuclei, e di considerare il proble- 
ma per una data configurazione nucleare. 

Nel problema cosi impostato il tensore di diffusione coincide col 
tensore di polarizzabilità @;x = (c;r);; @ Si calcola, in linea di 
principio, secondo la formula generale (60,17), nella quale la somma 
viene effettuata su tutti i termini elettronici eccitati. Le quantità 
@;x trovate in questo modo saranno funzioni delle coordinate della 
configurazione nucleare (dalle quali dipendono, come da parametri, 
le energie e le funzioni d'onda dei termini elettronici). Essendo lo 
stato non degenere, il tensore &;x(g) sarà reale, e quindi simmetrico. 

Il tensore &;, (9g) dà la polarizzabilità elettronica di una data 
configurazione nucleare della molecola. Per la soluzione del problema 


1) I risultati esposti nel seguito possono, tuttavia, essere validi (con un 
determinato grado di precisione) anche nei casi in cui la degenerazione del termi- 
ne elettronico fondamentale è connessa con uno spin non nullo, e l’interazione 
spin-orbita è debole (talché si può trascurare la struttura fina da essa generata). 
In questa approssimazione gli stati con differenti orientazioni dello spin non si 
combinano e in questo senso si comportano come stati non degeneri. Tale è, 
ad esempio, il caso della molecola O, il cui termine fondamentale è ?Z. 


284 CAPITOLO VI 


reale della diffusione occorre tenere ancora conto del moto dei nuclei 
negli stati iniziale e finale. Siano ws, (9) e +, (9) le funzioni d’onda 
nucleari di questi stati (dove sj e s, sono insiemi di numeri quantici 
rotazionali e vibrazionali). Il tensore cercato è dato dall’elemento 
di matrice del tensore @;, (g), calcolato rispetto a queste funzioni 
d’onda: 


(52 | Qin | $1) = { wi. (4) Lia (9) Vs: (9) dg. (62,1) 


Dal carattere simmetrico del tensore a;, (9g) segue il carattere sim- 
metrico (sia per s,, s, uguali che per s;, s, differenti) del tensore 
(62,1). In tal modo, siamo arrivati alla conclusione che, con le con- 
dizioni citate, la parte antisimmetrica mancherà sia nella diffusione 
Rayleigh che nella diffusione Raman. La diffusione conterrà solo 
una parte scalare e una simmetrica. 

La parte scalare della polarizzabilità @° (q) non dipende dal- 
l’orientazione della molecola, ma dipende soltanto dalla disposi- 
zione interna degli atomi. Indichiamo con v l’insieme dei numeri 
quantici vibrazionali della molecola, e con r l'insieme dei numeri 
rotazionali, ad eccezione del numero magnetico m. Allora gli ele- 
menti di matrice assumono la forma 


(vgroma | &° | varamy) = (v,| a° |D4) 6,.r,Om,ms (62,2) 


Il fatto che gli elementi di matrice siano diagonali in r, m è una 
proprietà comune di ogni scalare. La peculiarità della (62,2) con- 
siste nel fatto che questi elementi, nel nostro caso, non dipendono 
dai suddetti numeri. Quindi, la diffusione scalare ha luogo solo per 
transizioni puramente vibrazionali e non dipende dallo stato rota- 
zionale. 

La diffusione simmetrica è determinata dagli elementi di matrice 
del tensore aj. Le sue componenti rispetto al sistema di coordinate 
fisso xyz si esprimono mediante le componenti aî.,. nel sistema Énh 
solidale con la molecola, secondo la formula 


cin = Di ai DiaDan, (62,3) 


ih’ 


dove D;.; sono i coseni direttori dei nuovi assi rispetto ai vecchi. 


Le quantità aî.,. non dipendono dall’orientazione della molecola, 
e D;:; non dipende dalle coordinate interne di essa. Perciò abbiamo 


(Vol'oMo | Cir | varamy) = di (Vo |ain | Vi) X 
i Cd 


X (ramo | Di |ramy) (romo| Dan |ramy). 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 285 


La somma dei quadrati dei moduli di queste quantità, rispetto 
a rom, è uguale, come è facile convincersi, a!) 


di di | (aroma | Qik |varamy) | = DI | (03 | Cine | vi) |?. (62,4) 


morg 1 


Questo significa che l’intensità totale di diffusione, con transizioni 
da un dato livello vibro-rotazionale v}r a tutti i livelli rotazionali 
dello stato vibrazionale v, non dipende da r,. 

Per molecole tipo trottola simmetrica si può andare oltre e stabi- 
lire la dipendenza dell'intensità di diffusione dai numeri quantici 
rotazionali per ciascuna transizione v,rj + vyr,. Numeri quantici r 
sono, in questo caso, il momento angolare Y e la sua proiezione £ 
sull'asse della molecola. Introduciamo, al posto delle componenti 
cartesiane aî,, il corrispondente tensore sferico di rango 2, di cui 
indichiamo le componenti con a,(A = 0, +1, +2). Secondo la III 
(110,7) i quadrati dei moduli dei suoi elementi di matrice sono 


i Jo 2 J,\2 
I (vaJgkomo|&,|vJykym,) | =(2J4+ 1) (2J9 +1) | a ) i 
“LO 
I, 232 _ 
; 2 
x(_77 Z n |(va] ay: ]vy){?, 


dove «,:(9) è il tensore sferico di polarizzabilità, relativo agli assi 
solidali con la molecola, X’ = %, — k,. Sommando su m, e 7 = 
= My — m; (per un dato m), otteniamo (cfr. con la III (110,8)) 


DI | (0,Jakam| aa | vst dm) | = 
m? 


Ja 


2 J,\? s 
= 941), 2) Ilio (629 


Questa quantità determina l’intensità di diffusione accompagnata 
dalla transizione roto-vibrazionale viJiki + 03 ok,. Poiché gli 
elementi di matrice (v, | @,- | v,) non dipendono affatto dalla rota- 
zione della molecola, resta di conseguenza determinata la dipendenza 
dell’intensità sia dai numeri J,, J,, che dai numeri %;, k,. Notiamo, 
che nel membro destro della (62,5) compare in tutto una sola compo- 
nente sferica del tensore di polarizzabilità. 


1) Per la trasformazione della somma si ricorre all’uguaglianza 


DI DI (ram | Dij rgM9) (Pomo Î Djp: | ramy)= 


è remo 


= Crm, | di D;jiDipe | rim >= (rim Î d;.pe Î rqmy)=Ò;.pe 
ui 


286 CAPITOLO VI 


Sommando l’uguaglianza (62,5) su J, e È,, otteniamo!) 
di dI | (v2Jagkom, | &,|vJ4kymy) fia |(va | ae | vs) |, 


Jahama 
ritorniamo cioè alla regola di somma (62,4). 

Un caso particolare di trottola simmetrica rappresenta il rota- 
tore, che in questo caso è una molecola lineare (in particolare, biato- 
mica). La proiezione del momento angolare sull’asse di questa mole- 
cola è nulla (in uno stato elettronico non degenere di momento ango- 
lare orbitale elettronico nullo)?). In questo caso occorre quindi porre 
nella (62,5) XK, = %k,=0. 

Consideriamo infine il problema delle regole di selezione per la 
diffusione vibrazionale Raman contemporaneamente al problema 
analogo per gli spettri vibrazionali di emissione (o di assorbimento) 
della molecola?). 

Per la diffusione il problema si riconduce alla determinazione 
delle condizioni, per le quali sono diversi da zero gli elementi di 
matrice del tensore a;, (g) rispetto alle funzioni d’onda vibrazionali 
w., (g); in questo procedimento è necessario considerare separata- 
mente lo scalare a ® (per la diffusione scalare) e il tensore simmetrico 
irriducibile aî, (per la diffusione simmetrica). Nella radiazione il 
ruolo analogo è svolto dagli elementi di matrice del vettore d& (9g), 
che è il momento di dipolo della molecola, mediato rispetto ad uno 
stato elettronico per una data posizione dei nuclei (per le molecole 
biatomiche questo è stato già fatto nel $ 54). 

Le oscillazioni di molecole poliatomiche vengono classificate 
secondo i tipi di simmetria, cioè secondo le rappresentazioni irridu- 
cibili del gruppo puntiforme corrispondente D,, dove a è il numero 
della rappresentazione (vedi III, $ 100). Secondo queste rappresen- 
tazioni si determina anche la simmetria delle funzioni d’onda degli 
stati vibrazionali della molecola (vedi III, $ 101). La simmetria 
delle funzioni d'onda del primo stato vibrazionale (numero quan- 
tico v, = 1) coincide con la simmetria D, del tipo di oscillazione. 
La simmetria degli stati più elevati, invece, (v, >1) è data dalla 


rappresentazione [D°], cioè dal prodotto simmetrico della rappre- 


1) Sommando su J, per %, e X’ fissati (e quindi anche per %, = k, +2), 
abbiamo 
pd di 
Des+n(_% 2) 


J2 


(in virtù della III (106,13)). Dopo questa operazione viene fatta la somma su ky 


(oppure, ciò che è lo stesso, su X' = k, — ki) per un dato ki. 
2) Noi non consideriamo qui effetti connessi all’interazione ‘delle oscillazioni 


con la rotazione della molecola (vedi III, $ 104). 
) Questi spettri cadono nel campo infrarosso e si osservano di solito in 


ei 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 287 


sentazione D, »v, volte per se stessa. Infine, la simmetria ‘di stati: 
con eccitazione simultanea di diverse oscillazioni a e è è data dal 


prodotto diretto [Dî°] x [D$°]!). Il metodo per trovare le regole 
di selezione delle diverse grandezze (scalare, vettore e tensore) rela- 
tive ai tipi di simmetria, è esposto nel vol. III, $ 97. 

Le regole di selezione, basate sulle proprietà di simmetria della: 
molecola, sono rigorose. Oltre a queste, esistono anche regole appros- 
simate, connesse con l'ipotesi di armonicità delle oscillazioni e con 
lo sviluppo delle funzioni a; (9) oppure d (g) in potenze delle coordi- 
nate vibrazionali g. Esse sorgono come una conseguenza della nota 
regola di selezione per l’oscillatore lineare, secondo la quale gli 
elementi”di matrice della sua coordinata] sono differenti da zero solo 
per transizioni con variazione del numero quantico vibrazionale: 
Av= +1 ?). 


$ 63. Larghezza naturale delle righe spettrali 


Finora, nello studio dell’emissione e dell’assorbimento di luce 
noi abbiamo considerato tutti i livelli del sistema (diciamo, dell’ato- 
mo) come rigorosamente discreti. Invece, i livelli eccitati, avendo. 
una probabilità di emettere luce, hanno una vita media finita. 
Secondo i principi generali della meccanica quantistica, questo fatto. 
ha come conseguenza che i livelli diventano quasi-discreti, acqui- 
stando una certa (piccola) larghezza (vedi III, $ 134); essi si scrivono 


nella forma £ —IF, dove I (=I/%) è la probalilità totale (in un: 


secondo) di tutti i possibili processi di « decadimento » dello stato. 
considerato. 

Consideriamo ora in quale modo questa circostanza influisce sul 
processo di radiazione (V. Weisskopf, E. Wigner, 1930). E a priori 
chiaro che, poiché la larghezza del livello è finita la luce risulterà. 
non rigorosamente monocromatica: le frequenze cadranno a caso 
nell'intervallo Ao — T (= T/h). Ma per misurare la distribuzione 
dei fotoni in funzione della frequenza con una tale precisione, 
è necessario un tempo 7 > 1/Ao — #/T. In questo intervallo di 
tempo il livello decadrà con una probabilità molto elevata. Per 
questa ragione si deve parlare di determinazione della probabilità: 
totale di emissione di un fotone di una data frequenza, e non della 


1) Le proprietà di simmetria delle funzioni d’onda vibrazionali non dipen- 
dono, ovviamente, dalla forma concreta dell'energia potenziale vibrazionale;. 
esse non dipendono, in particolare, dall'ipotesi di armonicità delle oscillazioni. 
fatta nel III, $ 101. 

2) Un’esposizione più particolareggiata dei problemi toccati in questo 
paragrafo si può trovare nei libri: G. Placze k, Diffusione Rayleigh e effetto 
Raman, Kbharkov, 1935; G. Gertsberg, Spettri vibrazionali e rotazionali 
delle molecole poliatomiche, IL, 1949; M. AA.EljaSevibè, Spettroscopia ato- 
mica e molecolare, Fizmatgiz, 1962. 


288 CAPITOLO VI 


probabilità totale nell’unità di tempo. Calcoliamo questa probabi- 
lità iniziando dal caso della transizione di un atomo da un certo 
livello eccitato 


i 
al livello fondamentale £,, che possiede vita media infinita e quindi 
è rigorosamente discreto. 
Sia Y la funzione d'onda dell’atomo e del campo fotonico, 
H = H°® + V è l’hamiltoniano del sistema, dove V è l’operatore 


di interazione dell’atomo col campo fotonico. Cercheremo la solu- 
zione dell’equazione di Schrédinger 


iS _(HO+VWY (63,1) 


sotto forma di sviluppo in serie di autofunzioni degli stati impertur- 
bati del sistema 


w= Day(é) LO = Va, (i) e-i8viy0®. (63,2) 
v v 
Per i coefficienti ay (#) otteniamo il seguente sistema di equazioni: 


Î av = di (v|V|v')ay exp{i(Ev— €v) 1}. (63,3) 


Sia |v}) lo stato di energia €, = £, + ©, nel quale l’atomo si 
trova nel suo livello fondamentale £,, e si ha un quanto di data fre- 
quenza ©; indichiamo questo stato col simbolo | @2). All’istante 
iniziale il sistema si trova nello stato | 7), nel quale l’atomo è ecci- 
tato al livello £,, e non vi sono fotoni. In altre parole, per t = 0, 
deve essere 


a,=1, ay=0 per |v)#]|1). (63,4) 


La soluzione dell'equazione (63,3) trovata con questa condizione 
iniziale darà (con una opportuna normalizzazione delle funzioni 
d’onda) la probabilità che entro il tempo # avvenga la transizione 
1-»2 con emissione di un fotone nell’intervallo di frequenze dw: 


|aog (1) do. 
A noi interessa la probabilità definitiva per f + co: 
du =|09(00)|? do. (63,5) 


Per chiarire meglio l'impostazione del problema ricordiamo che 
per determinare la probabilità ordinaria di radiazione (in 1 s) 
accompagnata dalla transizione 7 +2 (senza tener conto della 
larghezza del livello) occorre risolvere l'equazione (63,3) sostituendo, 
in prima approssimazione, tutti gli ay (#) nel membro destro con 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 289 


i valori (63,4). Si studia, quindi, il comportamento della soluzione 
ottenuta per grandi # (cfr. III, $ 42). Noi possiamo ora precisare il 
senso di questo procedimento: esso vale per tempi piccoli rispetto 
alla vita media del livello eccitato; per grandi # si intendono qui 
tempi grandi rispetto al periodo 1/(E, — £.), ma piccoli rispetto 
a 1/T,. 

Nel nostro caso, in cui invece si considerano tempi confrontabili 
con 1/T,, la funzione a, (#) decresce col tempo secondo la legge 

li 


ale (63,6) 


Quanto alle funzioni a, (t) relative agli stati | v') che si possono 
avere nel decadimento dell'atomo, esse col tempo crescono. Se dal 
livello E, è possibile un decadimento verso diversi livelli dell’atomo 
(oltre a £,), si avranno molte funzioni crescenti ay. (t); ognuna di 
esse è relativa ad uno stato, nel quale l'atomo viene a trovarsi in uno 
dei suoi livelli, e si ha un fotone di energia corrispondente. Tutta- 
via, nella parte destra dell'equazione (63,3) rimarrà sempre un solo 
termine: quello relativo a | v') = | 7). Infatti, poiché gli elementi 
di matrice possono essere diversi da zero solo per transizioni in cui il 
numero di fotoni di una certa energia (quale che essa sia) può variare 
solo di una unità, allora essi sono ovviamente nulli per transizioni 
tra stati che contengono ognuno un fotone di energia diversa. 
In tal modo, per le funzioni 2,3 (1) abbiamo l’equazione 


j cto2 — (02]V|1) ei(E2+0-Evta, — 


dt 


(dove ©,, = £; — £.). Integrando con la condizione «a, (0) = 
= 0, troviamo 


41— exp {i(0-01) iti) 
aog=(02|V|I}, —T—_—_—__—________—. (63,8) 


o—-0+3 li 
Da qui troviamo la probabilità dw (63,9): 
dw=|(02|V| 1} ui 


(0 — 049)? +4 lf 


Poiché si ha T}« @,, nel fattore | (02 ]V |Z) |? si può porre 
© = ©,y. Allora la quantità 2a | (02|V|Z)|? è la probabilità 
ordinaria di radiazione (in 1 s) di un fotone di frequenza ©;, che 
possiede anche altre caratteristiche (oltre alla frequenza, direzione 
di propagazione, polarizzazione), delle quali finora, per brevità di 
scrittura, non ci siamo preoccupati. Notiamo che la dipendenza 


290 CAPITOLO VI 


della probabilità da queste caratteristiche è completamente determi- 
nata dal fattore | (&è2 | V | Z) |?. In altre parole, il tener conto della 
larghezza del livello non porta a cambiamenti nelle proprietà di 
polarizzazione e nella distribuzione angolare della radiazione. 


La somma 
T1.2=27 Yi|(02|V]2)[?, (63,9) 


calcolata sulle polarizzazioni e sulle direzioni di propagazione del 
fotone, è la probabilità totale ordinaria di radiazione. Nello stesso 
tempo, però, essa è anche quella parte della larghezza del livello £, 
(larghezza parziale), che è connessa alla transizione Z/ + 2, a diffe- 
renza della larghezza totale T,, formata mediante i contributi di 
tutti i possibili modi di « decadimento » del livello quasi-staziona- 
rio!) dato. 

Eseguendo questa stessa somma per la probabilità dw, otteniamo 
la seguente formula definitiva per la distribuzione della luce irrag- 


giata in funzione della frequenza: 
dw == D1013- a i (63,10) 

(012 0)?+ — 

dove wrogt = T1--/I1 è la probabilità relativa totale della transi- 


zione 7 ++ 2 in esame. Questa è una distribuzione avente la forma 


delle relazioni di dispersione. La forma della riga spettrale, descritta 
dalla formula (63,10), è propria di un atomo isolato fisso ed è chiama- 
ta naturale?). 

Supponiamo ora che anche il livello dell'atomo £, sia eccitato 
con larghezza finita I,. Teniamo conto di questo fatto, supponendo 
che nell’equazione (63,1) nell'hamiltoniano «imperturbato » siano 
inclusi tutti i termini (cioè gli elementi di matrice), che portano al 
decadimento dello stato 2. Allora nella parte destra dell’equazione 
(63,7) l’energia £, viene sostituita con £, — 1/2iT,. Nell’approssi- 
mazione richiesta, la piccola (per piccoli valori di T,) variazione 
di H‘® non si rifletterà in alcun modo sull’elemento di matrice 
(02 |V|Z). Di conseguenza, al posto della (63,8) otteniamo 
1— exp { (0-01) i-3(M—Ta)t} 
a02()=(02)V|1) ——T—T—____—_—___-;« (63,11) 
o— 012+35 (f_T2) 


1) Notiamo che le transizioni a stati dello spettro continuo, dovute alla 
larghezza finita del livello, non sono necessariamente connesse con emissione di 
fotoni. I livelli fortemente eccitati (livelli Rontgen) possono decadere emettendo 
un elettrone formando cosi uno ione positivo nello stato fondamentale (effetto 
Auger). 

S >) Ciò per distinguerla dall’allargamento connesso all’interazione dell'atomo 
con altri atomi (allargamento per collisione) o alla presenza, nella sorgente, di 
atomi che si muovono a velocità differenti (allargamento per effetto Doppler). 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 294 


Lo stato 2, avendo una vita media finita, decade a sua volta 
emettendo un fotone di una certa frequenza ©’, e l'atomo passa 
finalmente al suo stato fondamentale £, (in relazione a ciò, la 
probabilità che l’atomo si trovi nello stato 2, uguale a 
| a5o (t) exp (—T1/2) |}, tende a zero per t+ co)!). In questo 
stato finale del sistema, l'atomo si trova, quindi, al suo livello 
fondamentale £, e si ha un fotone per ognuna delle due frequenze 
O e. L'ampiezza di questo stato anw-olé) soddisfa un’equazione, 
che differisce dalla (63,7) solo per le notazioni 


, da 
I 


ra = d92(00°0|V|02) x 


x exp {i(E,+0+0")t—i(E.+0) e + 21 
= dp (00'0|V |w2} exp PA t). 


Sostituendo nella parte destra di questa equazione ay,(i) dalla 
(63,11), integrando (con la condizione iniziale 403(0) = 0) e facendo 
quindi tendere # all’infinito, otteniamo 


40:0(0) = A x 
W—- 01, +3 (la —T2) 
1 1 
Qui 
n —od20+ 352 0+t0-o0ot+5T1 
(00'0|V|@2)(02|V|1) 
’ i ; i 
(@ —020+5 S2) (0+0 — 00+3T1) ° 


La probabilità di emissione dei fotoni © e ©’ è 


d 2d d fi Ti.9 To0 
w=|aw0'0 (00) |? do eo ao al 


do do' 
"Too +Ir7] [+0 a+] (63,12) 
(0 — 009)? +73] | (0+0'—019?+7 St | 


Come doveva essere, questa espressione ha dei massimi molto mar- 
cati per 0 ® og € 0% 0g. 

La forma cercata della riga spettrale, relativa alla transizione 
1 + 2, si ottiene integrando la (63,12) in do’ (da — co a + 00). 
L'integrazione si esegue facilmente applicando il teorema dei resi- 


1) Per semplicità supporremo che la transizione dell'atomo 2 + 0 avvenga 
direttamente, senza tappe intermedie. Questa supposizione non ha carattere di 
principio e non si riflette sul risultato finale (63,13). 


19* 


292 CAPITOLO VI 


dui; come risultato otteniamo!) 
dior DE (63,19 
(© — @12)? +7 (41 + Fa)? 


dove Wtot — ine è la probabilità totale della doppia tran- 
sizione 1 -+2-+0?). 

La forma della riga (63,13) differisce dalla (63,10) solo per la 
sostituzione di I, con T, + T,: la larghezza della riga è uguale alla 
somma delle larghezze degli stati iniziale e finale. 

Notiamo che la larghezza della riga non risulta, in generale, 
uguale alla probabilità T,_., della transizione stessa Z/+> 2, 
cioè non è proporzionale all’intensità della riga (come sarebbe invece 
nella teoria classica). Poiché T, + T,>IT-., la riga può avere una 
larghezza grande per una intensità relativamente piccola. 


$ 64. Fluorescenza di risonanza 


La larghezza dei livelli nel problema della diffusione della luce 
è molto importante in quei casi, nei quali la frequenza @ della luce 
incidente è vicina ad una delle frequenze « intermedie » ©%7} 0 gn 
(si ha allora fluorescenza di risonanza)?). 

Consideriamo la diffusione Rayleigh da parte di un sistema 
(diciamo, un atomo) nel suo stato fondamentale, cosi che i livelli 
iniziale e finale coincidano e siano rigorosamente discreti. Sia la 
frequenza della luce vicina ad una certa frequenza @,;, dove il livello 
n è eccitato e quindi quasi-discreto. 

Questo problema si potrebbe risolvere col metodo esposto nel 
paragrafo precedente. Questo non è, tuttavia, necessario poiché 
il problema è del tutto analogo al problema, considerato nel vol. III, 
$ 134, della diffusione non relativistica di risonanza su un livello 
quasi-discreto. Secondo i risultati ottenuti in quella sede, l’ampiezza 


1) L’integrazione viene effettuata su un cammino composto dall’asse reale 
w' e da un semicerchio all’infinito nel semipiano superiore. L'espressione inte- 
granda ha, nel semipiano superiore, due punti singolari: 


r i tà i 
o=@0+T2 e 0 =00-0+5Th1, 
nei quali i residui sono uguali a 
1 ) 2, I3]1 1 i 2 12.1 
mt [(0-00+3"2) ++ e ml(onon-a tr) +] 
2) In casi più complessi (vedi nota a pag. 291) wtot è la probabilità totale 


di tutte le cascate, che iniziano con la transizione / + 2 e terminano al livello 0. 
3) Questo problema venne per la prima volta affrontato da V. Weisskopf 


1931). 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 293 


di diffusione deve contenere un termine con un punto singolare 


1 
sii Gigi alia! 


D'altra parte, per | © — ©, |> T, la formula deve trasformarsi 
nella formula di non risonanza (60,5). È quindi chiaro che la sezione 
d’urto di diffusione che cerchiamo si ottiene semplicemente mediante 
la sostituzione di £, con £, — i/2T, nella formula (60,5), dove ora 
nella somma su n ci si può limitare ai termini di risonanza 


| DI (Azne”*) (Ame) | 
do = n w* do' . (64,1) 


Laga 
(ona 0 +7 Ti 


La sommatoria è estesa a tutti gli stati (con diversa proiezione del 
momento //,), relativi al livello di risonanza £,; gli stati / e 2 sono 
relativi ad uno stesso livello (fondamentale), ma possono differire 
per i valori di M, e M.. 

La sezione d’urto (64,1) è massima per © = ©@,;. Come ordine di 
grandezza, il suo valore in questo punto è Omax — @©°d*/Tà. Poiché 
la probabilità di transizione spontanea n + 17, e quindi anche la 
larghezza T,,, è proporzionale a ©*d?, per questo valore otteniamo 


1 
Omax po Me A, (64,2) 


e cioè dell'ordine di grandezza del quadrato della lunghezza d’onda 
della luce e non dipende dalla costante della struttura fina. 

Sottolineiamo che poiché l’atomo prima e dopo la diffusione 
si trova ad un livello rigorosamente discreto (quello fondamentale), 
allora anche le frequenze dei fotoni primario e secondario coincidono 
esattamente. Perciò, per un irraggiamento con luce monocroma- 
tica, sarà monocromatica anche la riga diffusa. Se invece la luce inci- 
dente ha la distribuzione spettrale di intensità / (@), e se inoltre 
I (©) varia di poco sulla larghezza T,, allora l'intensità della luce 
diffusa sarà proporzionale a 


e. (64,3) 
(@— n) ++ Ft 
In altre parole, la forma della riga diffusa coinciderà con la forma 


naturale della riga per emissione spontanea dal livello É,. 
Alla sezione di diffusione (64,1) corrisponde il tensore di diffu- 


sione 
dI (di)an (da)ni 
(cola=t———-, (64,4) 


i 
Sera ge RAS 


294 CAPITOLO VI 


In particolare, il tensore di ‘polarizzabilità è 


DI (di)in (da)ni 
Cin =(Cin)it —__—___, (64,5) 


Notiamo subito che, poiché ora nei livelli energetici degli stati 
eccitati intermedi compare anche una parte immaginaria, il tensore 
di polarizzabilità non è più hermitiano. In esso compare anche una 
parte antihermitiana, direttamente connessa, come ora mostreremo, 
con l’assorbimento di luce!). 

Assorbendo un quanto, l’atomo prima o poi finirà per passare 
allo stato fondamentale emettendo uno o più fotoni. Perciò, da 
questo punto di vista, la sezione d’urto di assorbimento è semplice- 
mente la sezione d’urto totale o; di tutti i processi di diffusione?). 
D'altra parte, secondo il teorema ottico ($ 72), la sezione d’urto si 
esprime mediante la parte immaginaria dell’ampiezza f (0) di diffu- 
sione elastica ad angolo zero secondo la relazione 


o,=-# Imf(0). 


L'ampiezza di diffusione elastica del fotone è data, come si vede 
dalla (60,7), dalla quantità 


1% 
f= dA; pé; Che 


La diffusione « ad angolo zero » significa nel caso in esame una dif- 
fusione senza variazione dell'impulso e della polarizzazione del 
fotone, cioè e’ = e. In tal modo, la sezione d’urto di assorbimento 
di un fotone è data dalla relazione 


ih Fk; 
Cass = 410 Im (a,p efter) = Anwefe, —, (64,6) 


che determina il suo legame con la parte antihermitiana del tensore 
di polarizzabilità. 

La formula (64,6) ha un senso classico molto semplice. Il campo 
elettrico E compie (in 1 s) su un sistema di cariche un lavoro uguale 


a VevE = Ed. Rappresentando il campo nella forma (60,19) e il 
momento di dipolo nella forma (60,20-21) e mediando questo lavoro 


1) Notiamo anche che questa formula. chiarisce il senso in cui va intesa 
l’espressione (60,17) in prossimità delle sue singolarità per T + 0. Secondo quan- 
to sì è detto, per I + 0 l’espressione per &;x (0) con la sostituzione ®,1 + Oni — 
— i0 si trasforma nella (60,17). 

2) Sottolineiamo che si parla qui di assorbimento da parte di un sistema, che 
si trova al livello fondamentale stabile. Poiché il tempo dell’osservazione speri- 
mentale è necessariamente limitato, l'impostazione del problema per stati eccita- 
ti sarebbe stata differente. 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 295 


rispetto al tempo, troviamo 
1 din Ah; 
5@|E refer 
(E = eE). D'altra parte, se E è il campo della luce incidente, la 
3 ; . sure x 1 
densità media del flusso di energia in esso sarà uguale a si |E{, 


e l’energia assorbita dall’atomo (in 1 s) è 
1 
EOLIE 


Uguagliando le due espressioni ottenute, troviamo la formula (64,6). 
Sostituendo nella (64,6) il tensore di polarizzazione preso dalla 

(64,5), troviamo la seguente formula per la sezione d’urto di assorbi- 

mento di un fotone di frequenza © vicina alla frequenza ©,;: 


005 =4n D|dnePo — tt. (64,7) 
Mn n[(0-on?+758 | 


Nel limite T, + 0 l’ultimo fattore in questa formula tende alla 
funzione è (© — €,3), in corrispondenza al fatto che, in questo caso, 
può venire assorbito un fotone di frequenza rigorosamente determi- 
nata. Se sull’atomo cade una luce di densità spettrale e angolare del 
flusso di energia Zxe (cfr. (44,7)), allora la densità del flusso di 


fotoni è uguale a —° do do, e per la probabilità di assorbimento 
troviamo 
I 

dass = Cass —° do do. (64,8) 
Se la funzione Zxe (@) varia di poco sulla larghezza T,, allora inte- 
grando rispetto alle frequenze otteniamo 

dwass = 4 d | Ans0 Ike (On3) do. 
n 


Notando d’altra parte che, secondo la (45,5) 
3 3 
dWspont = a di I dine* le do = ra di | An,€ |? do 
Mn Mn 


è la probabilità di emissione spontanea di un fotone di frequenza 
ny} Si riottiene la formula (44,9). 


PROBLEMA 


Trovare la sezione d'urto di diffusione di risonanza, sommata su tutte le 
polarizzazioni finali e su tutte le direzioni iniziali del fotone, e anche sulle 
proiezioni finali M, del momento angolare dell’atomo (e mediata inoltre sulle 
polarizzazioni del fotone iniziale e sui valori iniziali di M,). 


296 CAPITOLO VI 


Soluzione. Secondo le (61,8), (61,2) e la (64,4), la sezione d'urto cercata è 


1 
81104 1 2 
= ———T _,_ f(7:+1)|S) (in l@bm| } 
(0— @n1)? ra Ti Mn 


(poiché gli stati / e 2 differiscono solo per i valori di M, e M,, sihaJ, = J;). 
L'espressione tra parentesi graffa si riscrive nella forma 


1 
(333731 >; > (dand, 9) (di n0n1) 
Mi:M2 MnMyn: 
(il quadrato della somma su M, è rappresentato sotto forma di una doppia somma 
su M, e Mn’). Le somme 
SI (An:2d2n)= DI (An44;n?) 
M2 


Mi 


sono diverse da zero solo per M, = My’ e coincidono con la quantità 31,-/408, 
doveT -,èla probabilità della transizione n+ / (essa è anche una larghezza par- 
ziale del livello E,). Quindi abbiamo 


1 3 2 
(= appa nt (ge) 


e per la sezione d’urto totale troviamo!) 
I r2, (2) 


O0=g—-—7 
2 4 . 
(0-@n1)? +71f 


dove 
2J +1 


ECG +1) 
Se a noi interessa solo la parte coerente della diffusione (gli stati / e 2 coin- 
cidono, cioè M, = Mi), allora nella (1) il fattore tra parentesi graffa deve essere 
sostituito con 


2 


DI (in (ma | }=77 Di DI (did) Agi) 
Mn 


Mi MnMy 


(cfr. con la (64,3)). In componenti vettoriali sferiche il prodotto scalare si scrive 
dind,,1= DI (—1)1-3 (da) in{(d_3)n1: 
A 


esso è diverso da zero solo per M,= M,’. Esprimendo gli elementi di matrice 
mediante gli elementi ridotti e introducendo di nuovo le larghezze parziali 


403 1 
TE ++ —-——»— 2 


1) Come c’era da aspettarsi (per la somiglianza formale dei due problemi), 
questa formula coincide con la formula di Breit — Wigner per la diffusione 
elastica di risonanza di neutroni lenti su un nucleo (vedi III (145,16), (145,18)). 
Il fattore g è la probabilità di ottenere il dato valore J, per una composizione 
arbitraria dei momenti del fotone e dell'atomo iniziale. 


DIFFUSIONE DELLA LUCE 297 


0er Ocoer otteniamo la formula (2) dove 


__ (24n+1)? S In 1T\5 
ETTI) —M, ma) i 
M:iMn 


Per i tre casi possibili 
In == J1, Ji t 1, 
un calcolo diretto della somma dà 


75, (J1+41)+1 A 
enza ai 
sei EOS, pl 


3027 FIR (+1) 
(2J1—1) (1641) 
304; (27141)? ? 


Capitolo VII 


MATRICE DI DIFFUSIONE 


$ 65. Ampiezza di diffusione 


L'impostazione generale del problema delle collisioni consiste 
in questo: per un dato stato iniziale del sistema (una certa collezione 
di particelle libere) occorre determinare le probabilità dei diversi 
stati finali possibili (altre collezioni di particelle libere). Se con 
il simbolo | î) indichiamo lo stato iniziale, allora il risultato della 
«collisione può essere rappresentato come una sovrapposizione 


di INGISI, (65,1) 


‘dove la sommatoria è estesa ai diversi stati finali possibili |f). 
I coefficienti di questo sviluppo (f|S|i) (oppure più brevemente 
$S;;) formano la matrice di diffusione o matrice S*). I quadrati 
{ S,; |} danno la probabilità delle transizioni a determinati sta- 
ti | f) 

In assenza di interazione tra le particelle lo stato del sistema 
non subisce cambiamenti e quindi a questo caso corrisponde la 
matrice unità (assenza di diffusione). Risulta sempre comodo mettere 
in evidenza questa matrice unità rappresentando la matrice di diffu- 
sione nella forma 


S;j=0pan+i(2n)° 60 (PPT, (65,2) 


dove 7; è una nuova matrice. Nel secondo termine è evidenziata 
una funzione delta quadridimensionale, che esprime la legge di con- 
servazione del 4-impulso (o energia-impulso) (P, e P, sono le somme 
dei 4-impulsi di tutte le particelle negli stati iniziale e finale); gli 
altri moltiplicatori sono stati introdotti per ragioni di comodità. 
Negli elementi di matrice non diagonali il primo termine nella 
(65,2) viene a mancare, e quindi per la transizione i + f gli elementi 
delle matrici S e T sono connessi tra loro dalla relazione 


Si =i (270)* 6A) (P,— Pi) Tito (65,3) 
Noi chiameremo ampiezze di diffusione gli elementi di matrice 7;;, 
‘che rimangono dopo che si è evidenziata la funzione delta. 


1) Dall’inglese « scattering » o dal tedesco « Streuung ». 


MATRICE DI DIFFUSIONE 299 


Elevando i moduli | $,; | al quadrato compare il quadrato della 
funzione delta, che va inteso nel modo seguente: la funzione delta 
è definita dall’integrale 


6° (P,— Pi) 2 | e'P5o Pi dir, (65,4) 


Se ora calcoliamo un altro di questi integrali per P,; = P; (questo 
in virtù della presenza di una funzione delta) estendendo l’integra- 
zione su un certo volume grande ma finito V e su un certo intervallo 
di tempo t, si otterrà il risultato V#/(2n)* !). Possiamo quindi scri- 
vere 

[Si ]?= (20)* 60 (P,— P)[ Ti? Vi. 


Dividendo per otteniamo la probabilità di transizione nell’unità di 
tem po 
Wferi (271)* 80) (P, DELE P,) | Tji È V. (65,5) 


Ciascuna delle particelle libere (iniziali e finali) è descritta da 
una propria funzione d'onda, un’onda piana di una certa ampiezza u 
{per l’elettrone è un bispinore, per il fotone è un quadrivettore, ecc.). 
L'ampiezza di diffusione 7;; ha una struttura della forma 


T;;=utut... Quiu, ..., (65,6) 


dove a sinistra stanno le ampiezze delle funzioni d’onda delle par- 
ticelle finali e a destra quelle delle particelle iniziali; Q è una certa 
matrice (rispetto agli indici delle componenti delle ampiezze d’onda 
di tutte le particelle). 

I casi più importanti sono quelli in cui nello stato iniziale ci 
sono in tutto una o due particelle. Nel primo di questi due casi si 
tratta di decadimento, nel secondo di collisione di due particelle. 

Esaminiamo dapprima il decadimento di una particella in un 
numero qualsiasi di altre particelle di impulsi pg nell'elemento dello 


spazio degli impulsi |] d*p; (l'indice a numera le particelle nello 
ad 


stato finale, e quindi }]p; = P;). Il numero degli stati relativi a 


a 
questo elemento (e al volume di normalizzazione V)?) è 
Vdaspi, 
Il (271)3 i 
a 


1) A questo si può arrivare in un altro modo, eseguendo prima l'integrazione 
nella (65,4) rispetto a ciascuna coordinata tra limiti finiti e facendo quindi 
tendere questi limiti all'infinito usando la formula III (42,4): 


È +00 
2) Per visualizzare meglio i calcoli, in questo paragrafo non porremo il 
volume di normalizzazione uguale all’unità. 


300 CAPITOLO VII 


L'espressione (65,5) va moltiplicata per questa quantità: 
Va p,, E 
dw =(2n)* 80 (P,—-P)\TiPVII ar (69,7) 


Le funzioni d’onda di tutte le particelle, usate per il calcolo 
dell'elemento di matrice, devono essere normalizzate secondo « una 
particella nel volume V »!). Così per l’elettrone abbiamo l’onda piana 
(23,1), per una particella a spin 1 la funzione (14,12), e per il fotone 
la (4,3). Tutte queste funzioni contengono il fattore 1/V 2£V, dove 
e è l’energia della particella. Nel seguito, tuttavia, sarà comodo 
scrivere in tutti i calcoli le funzioni d'onda senza questi fattori (che 
noi includeremo nell’espressione della probabilità). In tal modo, 
l’onda piana elettronica sarà 

w= ue?" uu=2m, (65,8) 
e l’onda fotonica 


A=V4Amee%, eet- —1, ek=0. (65,9) 


Indichiamo l'ampiezza di diffusione calcolata mediante queste 
funzioni con M;; (per distinguerla da 7,;). È evidente che . 


= ea 65,10 
N (eV... 2ejV ...)1/2 (60,10) 


al denominatore compare un fattore | 2eV per ogni particella ini- 
ziale e finale. 
In varticolare, per la probabilità di decadimento, invece della 


(65,7), avremo 
dw = (2n)* è (P;— P;)|M; Po II 


a 
dove € è l’energia della particella che decade; il volume di norma- 
lizzazione, come era naturale, è scomparso dalla formula?). 

Diamo alla formula (659,11) una forma diversa (eliminando in essa 
le funzioni delta) per il caso in cui il decadimento avvenga con la 
generazione di due particelle (di impulso p;j, ©; e energie £,, £,). 
Nel sistema di quiete della particella che decade abbiamo ;, = 
= —p;,= p’, € + e, = m. Otteniamo quindi 


d3 Pi, 


an 


1 1 1 ? E ” î sea 
dw "Tae Ma lerarnra 6 (P; +.) 6 (e, +e, — m)d°p,d' p,. 


1) Ricordiamo (vedi nota a pag. 193) che questa normalizzazione è equiva- 
lente alla normalizzazione secondo la quale le funzioni d’onda delle particelle 
finali sono normalizzate secondo è (p), e la probabilità è relativa a d3pj ... 

2) Se tra le particelle finali ce ne sono N identiche, integrando rispetto ai 
loro impulsi (per la determinazione della probabilità integrale) deve essere in- 
trodotto il fattore 1/N!, che tiene conto della identità degli stati che differiscono - 
per uno scambio di posto delle particelle. 


MATRICE DI DIFFUSIONE 301 


La prima delle funzioni delta viene eliminata integrando in d*p;; il 
differenziale d*p; si riscrive nella forma 
dp'= p'*d|p'|do=|p"|do ftt) (65,12) 
€1+-€2 
(l'esattezza di questa forma di scrittura è facilmente verificabile 
se si nota che e&;° — m;° = e;° — m;? = p’?). L'integrazione in 
d (e; + €;) elimina la seconda funzione È, e si ottiene 


1 ’ 7 
du = ne |M si | p'|do'. | (65,13) 


Esaminiamo ora la collisione di due particelle (di impulso 7, e PD; 
e energie €, e €,) accompagnata dalla trasformazione di queste in 
un numero qualsiasi di particelle di impulso pg. Invece della (65,11) 
otterremo ora 
d3 Pa 


dw = (2n)* 69 (P,— P;)|M |? TE eg ia (2r1)3 2e7 * 


La quantità che ci interessa in questo caso non è, tuttavia, la 
probabilità, ma la sezione d’urto do. La sezione d’urto invariante 
(rispetto alle trasformazioni di Lorentz) si ottiene dalla ‘probabilità 
dw dividendo per la quantità 

; I uè 
13 Tee ; (60,14) 
dove / indica la quantità quadriscalare 
I=V (p,p.):—mî mì (60,15) 
(vedi II, $ 12)!). Nel sistema di riferimento del baricentro (p, = 
= —Ppy; = P) abbiamo 


‘x = |pl(e1+ 8), (65,16) 
e quindi 
1 1 
j12L (+7) = Uta | (65,17) 


che coincide con la definizione ordinaria della densità di flusso delle 
particelle collidenti (v,, v, sono le loro velocità)?). In tal modo, per 


1) Per futuri riferimenti, scriviamo anche l’espressione / nella forma 


12=4- Is (my + mo)?] [s— (my— mo)?], (65,152) 


dove s= (pi + pa). 0 
?) In un sistema di riferimento generico 


. 1 ——————_______——__ 
j=7 V (01 02)? [v102}?. 


Questa espressione si riduce alla densità ordinaria in tutti i casi in cui v, || #5: 
Leni | Vi PE Va Î V. 


302 CAPITOLO VII 


la sezione d’urto troviamo la formula 


d3pi 
do = (2n)* 8 (P,—P)| My 1? 71 -ex magri (65.18) 


Diamo a questa formula la sua forma definitiva eliminando in 
essa la funzione delta per il caso in cui nello stato finale si abbiano 
in tutto ancora due particelle. Esaminiamo il processo nel sistema 
del baricentro. Sia e= e + €3 ei + e; l’energia totale; siano 
P\= —P =D e pi = —DP;, = p' gli impulsi iniziale e finale. La 
funzione delta viene eliminata come nella deduzione della (65,13) 
e si ottiene 


1 IP 
dop Mal r® (65,19) 
(nel caso particolare di diffusione elastica, quando il tipo di particel- 
le nella collisione rimane lo stesso, abbiamo |pd'|= |® |) 


Riscriviamo questa formula in un'altra forma ancora, introdu- 
cendo in essa la quantità invariante 


t=(p— pi)? = mì +mj° — 2 (pipi) = 
=mî + m;° — 2,6 + 2]|p1|| p;]cos8, (65,20) 


dove 0 è l’angolo tra p, e Pi. a sistema del baricentro gli impulsi 


|p\|=|p]|e|p;|=|2' | determinano soltanto l'energia to- 
tale €, e per una data £ Ai 
di=2|p||p'|dcos0. (65,21) 
Nella (65,19) si può quindi sostituire 
’ dqpd(—-t) 
do' = — dgdcos0@=-——-— 
\aeeneiITZIZAL: 
dove @ è l’azimut di p, 2000 a p:!). In tal modo troviamo 
Sala d 
do=- |M (65,22) 


(abbiamo nuovamente introdotto l’invariante /Z secondo la (65,16)). 
L’azimut @, e con esso anche la sezione d’urto nella forma (69,22). 
è invariante per le trasformazioni di Lorentz, che non cambiano la 
direzione del moto relativo delle particelle. Se la sezione d’urto non 
dipende dall’azimut, allora la formula (65,22) assume una forma 
particolarmente semplice 


1 di 
do=Tar Mur. 


1) Poiché il segno giusto del differenziale in casi del genere è evidente, nel 
seguito noi scriveremo per semplicità dt invece di d (—t), ecc. 


(65,23) 


MATRICE DI DIFFUSIONE 303 


Se una delle particelle collidenti è sufficientemente pesante (e il 
suo stato non cambia in seguito alla collisione), allora il suo ruolo 
nel processo si riduce al ruolo di una sorgente fissa di un campo costan- 
te, sul quale va a diffondersi l'altra particella. In relazione al fatto 
che in un campo costante si conserva l'energia (ma non l’impulsol) 
del sistema, in questa descrizione del processo di collisione rappre- 
sentiamo gli elementi della matrice S nella forma 


Si = 1210 (Ej- E) Ti. (65,24): 
Nell'espressione | S;; |? il quadrato della funzione è va inteso: 
come segue: 


(8 (E;— E)}P>+ 3-8 (E,—E)t. 


Passando quindi (come abbiamo fatto anche per la deduzione della, 
(65,11)) dalla quantità 7; all'’ampiezza My, otteniamo per la pro- 
babilità del processo in cui una particella, incidendo su un campo 
costante, crea nello stato finale un certo numero di altre particelle, 
la seguente espressione: 
dp, 
dw = 28 (E, — €) |M il? Tr II Per 2e7 * 


Anche qui e (= £,) è l’energia della sini iniziale, pa € Ea SOnN@ 
gli impulsi e le energie delle particelle finali. La sezione d'urto di 
diffusione si ottiene dividendo dw per la densità di flusso j = v/V, 


dove v = | p |/eè la velocità della particella diffusa. Allora il volu- 

me di normalizzazione, come doveva avvenire, scompare e si ottiene: 
dp; 

do =2nò (E;—€)|Mjif? HET zip Ul was Cie, (60,25), 


Nel caso particolare di diffusione Part nello stato finale si ha: 
ancora una sola particella avente lo stesso impulso (per modulo); 
e la stessa energia. Sostituendo d’p’'+ p’d| p' |do' = 
= |p' | &' de' do' e eliminando Éé (e’ — e) con l’integrazione in. 
de’, otteniamo la sezione d’urto nella forma 


do = Mud. (65,26) 


$ 66. Reazioni con particelle polarizzate 


In questo paragrafo mostreremo, sulla base di esempi semplici, 
in che modo si tiene conto, nel calcolo della sezione d’urto di dif- 
fusione, dello stato di polarizzazione delle particelle che interven- 
gono nella reazione. 


304 CAPITOLO VII 


Si supponga che negli stati iniziale e finale vi sia un elettrone. 
Allora l'ampiezza di diffusione ha la forma 


M,;=u'Au(=ujAxUz), (66,1) 


dove u e u' sono le ampiezze bispinoriali dell'elettrone iniziale e fina- 
le, e A una certa matrice (che dipende dagli impulsi e dalle polariz- 
zazioni delle altre particelle che intervengono nella reazione, se tali 


particelle ci sono). 
La sezione d’urto di diffusione è proporzionale a | M;; |?. Ab- 


biamo 
(u'Au)* — u'y%*A*u* = u*A*y°+u', 
‘ovvero 
(u'Au)*=uAu', (66,2) 
dove!) 
A=q0A*. 

In tal modo, otteniamo 

| M;;|2= (u' Au) (uAu')= ujuAniizumAmi (66,3) 


Se l’elettrone iniziale si trova in uno stato miscelato (parzialmen- 
te polarizzato) con matrice densità p, e se a noi interessa la sezione 
d’urto del processo con formazione di un elettrone finale in un 
determinato stato, fissato a priori, di polarizzazione p’, allora occor- 
re sostituire i prodotti delle componenti delle ampiezze bispinoriali 
come segue: 

UjUz > Pihg Um > Pim 
Allora otteniamo 


|M; |2= Tr (p'ApA). (66,4) 
Le matrici densità p e p‘' sono date dalla formula (29,13) 
4 ,° A 
p=5(p+m)(1— ya) (66,0) 


(e analogamente per g'). 
Se l’elettrone iniziale non è polarizzato, allora si ha 


p=3p+m. (66,6) 


La sostituzione di questa espressione è equivalente al calcolo della 
media sulle polarizzazioni dell'elettrone. Se si richiede di determina- 


1) In relazione alla necessità di formare la matrice A, notiamo, per future 
esigenze, le seguenti uguaglianze facilmente verificabili 


pan vp... I, g= —y3, y5yt=vy5yP. (66,22) 


MATRICE DI DIFFUSIONE 305 


re la sezione d’urto di diffusione con polarizzazione qualsiasi del- 


Fai 


l'elettrone finale, allora occorre anche porre p’ = (p’ + m)/2 e rad- 
doppiare il risultato; questa operazione è equivalente alla sommato- 
ria sulle polarizzazioni dell’elettrone. In tal modo otteniamo 


15 |MaP=4Tr{'+m)A(+m)Z}, (667 


polar 
dove >) significa la sommatoria sulle polarizzazioni iniziali e fina- 


olar 
li, e il fattore 1/2 trasforma una delle sommatorie in una media. 

La matrice densità p’ nella (66,4) è un concetto ausiliario, che 
caratterizza, in sostanza, le proprietà del detector (che rivela questa 
o quella polarizzazione dell’elettrone finale), e non del processo di 
diffusione in quanto tale. Sorge ora il problema dello stato di pola- 
rizzazione, nel quale l’elettrone si viene a trovare in conseguenza del 
processo stesso di diffusione. Se p‘’’ è la matrice densità di questo 
stato, allora la probabilità che l’elettrone venga rivelato nello stato 
p' si ottiene proiettando p‘’’ su p’, cioè formando la traccia Tr (p‘’p’). 
A questa quantità sarà proporzionale la corrispondente sezione d’ur- 
to, cioè il quadrato | M;; |?. Confrontando con la (66,4) si arriva alla 
conclusione che 


piî + ApA. (66,8) 


Poiché è noto a priori che p‘’ deve avere la forma (66,5) con un certo 
quadrivettore a‘, allora il problema si riconduce alla determinazio- 
ne di quest’ultimo. Ciò si potrebbe fare sulla base della (29,14), ma 
risulta ancora più semplice procedere come ora mostreremo. 
Abbiamo visto nel $ 29 che le componenti del quadrivettore a 
si esprimono attraverso le componenti del 3-vettore $, che rappresen- 
ta il valore (raddoppiato) dello spin dell’elettrone nel suo sistema a 
riposo. Gli stati di polarizzazione degli elettroni sono determinati 
completamente da questi vettori, ed è quindi opportuno esprimere 
tramite essi anche la sezione d’urto di diffusione. È evidente che 
il quadrato | M;; |? è lineare rispetto a ciascuno dei vettori $ e $', 
relativi agli elettroni iniziale e finale. Come funzione di $' esso 


avrà la forma 
|My}=a+ 8, . (66,9) 


dove a e fi sono esse stesse funzioni lineari di È. 

Il vettore $’ nella (66,9) è una data polarizzazione dell’elettrone 
finale, rivelata dal detector. Il vettore $‘ invece, relativo alla 
matrice f‘’, è facilmente determinabile nel seguente modo. Secondo 
quanto detto prima abbiamo 


|M; |} — Tr(p'p’). 


In virtù della invarianza relativistica di questa quantità, la pos- 
siamo calcolare in qualsiasi sistema di riferimento. Nel sistema di 


306 CAPITOLO VII 


quiete dell’elettrone finale, in accordo con la (29,20), abbiamo 
p'piî — (1+08°) (1+08). 


Perciò 
| My P_1+ 859 


e, confrontando con la (66,9), troviamo che 


__B 
Sirion (66,10) 


In tal modo, calcolando la sezione d’urto come funzione del para 
metro £', noi determiniamo anche la polarizzazione $°°. 

In casi più complessi, quando si hanno più elettroni negli stati 
finali e iniziali, i calcoli vengono eseguiti in maniera analoga secondo 
lo schema esposto. 

Per esempio, nel caso che sia all’inizio che alla fine si abbia a che 
fare con due elettroni, l’ampiezza di diffusione ha la forma 


M = (ujAuy) (u,Bup) + (u;Cu,),(u;Dur), 


dove u,, u, sono le ampiezze bispinoriali degli elettroni iniziali, 
e u;, u; le ampiezze degli elettroni finali. Formando il quadrato 


| Mj;: |} compaiono termini del tipo 
|u;Au, |? |u;Buo |? 
e del tipo 
(u; Aus) (Bus) (u;Cus)* (u;Duz)*. 


I primi si riconducono a prodotti di due tracce della forma (66,4), 
mentre i secondi a tracce della forma 


Tr (p;Ap:Cp;Bp:D). 


I positroni sono descritti dalle ampiezze « a frequenza negativa » 
u (—p). Per reazioni con la partecipazione di positroni, l’unica dif- 
ferenza da quanto detto finora consiste nel fatto che come matrici 
densità occorre usare espressioni, che differiscono dalle (66,5-6) 
solo per il cambiamento di segno davanti a m (cfr. (29,16-17)). 

Esaminiamo ora gli stati di polarizzazione dei fotoni che inter- 
vengono nella reazione. 

La polarizzazione di ciascuno dei fotoni iniziali entra nell’am- 
piezza di diffusione linearmente sotto forma del 4-vettore e, mentre 
la polarizzazione di ciascuno dei fotoni finali entra in essa sotto forma 
del quadrivettore e*. In ambedue i casi nella sezione d’urto (cioè 
nel quadrato | M;; |?) entra il 4-tensore e,eg. Per passare al caso di 
uno stato qualsiasi parzialmente polarizzato questo tensore va 
sostituito con la matrice densità quadridimensionale, cioè con il 


MATRICE DI DIFFUSIONE 307 


4-tensore puy: 
C10% > Pu (66,11) 


In particolare, per un fotone non polarizzato, in’ accordo con la 
(8,15), abbiamo 


1 
Puy= — 5 Bu (66,12) 


In tal modo, la media sulle polarizzazioni del fotone si riconduce ad 
una contrazione tensoriale in | M;; |? rispetto ai due indici tenso- 
riali pv!). 

Se si richiede di eseguire non la media ma la somma sulle polariz- 
zazioni del fotone, allora occorre sostituire e,ey con l’espressione 
precedente raddoppiata 

16% > — Luv: (66,13) 


La matrice densità di un fotone polarizzato è data dalla formu- 
la (8,17). La scelta dei 4-vettori e‘ e e‘, che figurano in questa 
espressione, è dettata di solito dalle condizioni concrete del proble- 
ma. In certi casi questi vettori possono essere connessi a determinate 
direzioni spaziali in un dato sistema di riferimento. In altri casi risul- 
ta più comodo mettere questi vettori in relazione ai 4-vettori carat- 
teristici, che figurano nelle condizioni del problema, i 4-impulsi delle 
particelle. 

Nella (8,17) la polarizzazione del fotone è descritta mediante i 
parametri di Stokes, che formano il « vettore » È = (È,, ÈÉ., É3). 
Come anche per l’elettrone, è necessario distinguere la polarizzazione 
€ del fotone finale come tale dalla polarizzazione $', rivelata dal 
detector. Se il quadrato dell’ampiezza di diffusione in funzione del 


parametro È’ è noto 
|Myi}=a+ 5, 


allora la polarizzazione € = B/a è del tutto analoga alla for- 
mula (66,10). 


$ 67. Invarianti cinematici 


Esaminiamo alcune relazioni cinematiche per i processi di dif- 
fusione, per i quali si abbiano due particelle sia nello stato iniziale 
che in quello finale. Ci riferiamo qui a relazioni che siano una con- 
seguenza solo delle leggi generali di conservazione e quindi valide 
indipendentemente dal tipo di particelle e dalle leggi della loro 
interazione. 


1) L'espressione (66,12) riconduce, in un certo senso, il problema del calcolo 
della media sulle due polarizzazioni realmente possibili del fotone al calcolo 
della media sulle quattro direzioni indipendenti del 4-vettore e. 


20% 


308 CAPITOLO VII 


Scriviamo la legge di conservazione dell’energia-impulso in 
forma generale, senza preoccuparci di stabilire quali impulsi siano 
relativi alle particelle iniziali e quali a quelle finali: 


Q +92 t+t93t%=0. (67,1) 


Qui +9, sono i 4-vettori impulso, dei quali due sono relativi alle 
particelle incidenti e due alle particelle diffuse; per queste ultime 
gli impulsi sono —ga. In altre parole, per due dei vettori 9g, la compo- 
nente temporale 92 >0, mentre per gli altri due g2 <0. 

Contemporaneamente alla conservazione dell’energia-impulso 
deve essere osservata la legge di conservazione della carica. Per 
« carica » si intende qui non solo la carica elettrica ma anche altre 
quantità conservative che hanno segno diverso per particelle e an- 
tiparticelle. 

Per un dato tipo di particelle partecipanti al processo, i quadrati 
dei 4-vettori gg sono quadrati dati delle masse delle particelle 
(92 = ma). A seconda dei valori assunti dalle componenti temporali 
g3, e dei valori delle cariche, si ottengono tre reazioni differenti. 
Scriviamo questi tre processi come segue: 


I) 142-344, 
II) 1+3 + 244, (67,2) 
II) 1+4 + 2+3, 


Qui il numero individua la particella, la soprallineatura distingue 
l’antiparticella dalla particella. Al passaggio da una di queste rea- 
zioni ad un'altra, cioè al passaggio di una particella dall’una al- 
l’altra parte della formula, corrisponde il cambiamento di segno della 
corrispondente componente temporale gî, e anche del segno della 
carica, cioè la sostituzione della particella con l’antiparticella. 
(Oltre ai processi (67,2) sono possibili, ovviamente, anche le reazioni 
inverse.) 

Dei tre processi (67,2) si parla come di tre canali incrociati 
(« cross-channels ») di un’unica reazione (generalizzata). 

Riportiamo alcuni esempi. Se le particelle 1 e 3 sono elettroni, 
e le 2 e 4 fotoni, allora il canale I rappresenta la diffusione di un 
fotone su un elettrone; essendo il fotone una particella realmente 
neutra, il canale III è lo stesso del canale I. Il canale II invece dà 
l’annichilazione della coppia elettrone-positrone in 2 fotoni. Se 
tutte e quattro le particelle sono elettroni, allora il canale I è la 
diffusione elettrone-elettrone, mentre i canali II e III sono la diffu- 
sione positrone-elettrone. Se le particelle 1 e 3 sono elettroni, e le 
2 e 4 muoni, allora il canale I è la diffusione dell’elettrone sul muo- 


ne, il canale III la diffusione di e su pe il canale II la trasformazione 
della coppia ee nella coppia up. 


MATRICE DI DIFFUSIONE 309 


Nell’esame dei processi di diffusione un ruolo particolare è svolto 
dalle quantità invarianti, che si possono comporre con i 4-impulsi. 
Funzioni di queste quantità sono le ampiezze invarianti di diffu- 
sione ($ 71). 

Con quattro 4-impulsi si possono comporre due quantità inva- 
rianti indipendenti. In effetti, in virtù della (67,1) solo tre dei 
4-vettori g, sono indipendenti; siano questi 93, 92, 93. Con questi 
vettori si possono formare sei invarianti: i tre quadrati gî, 9ì, gg e i 
tre prodotti 9192; 9193: 2393. Le prime tre quantità sono i quadrati 
dati delle masse, mentre le seconde tre sono legate da una relazione, 
che discende dall’uguaglianza!) 

(9/+-9,+ 93)? =gi= mi. 


Per avere una maggiore simmetria è comodo considerare non 
due ma tre invarianti, scelti nel seguente [modo: 


s= (914 92)? =(93+%)?, 
= (914 93)? = (4.+-41)?, (67,3) 
u= (914 9)" = (9,+ 93)?. 
Essi sono legati, come è facile vedere, dalla relazione 


s+ti+u=h, (67,4) 


E 


dove 
h=mj+m3+ m+ mi. (67,5) 


Nel canale fondamentale (I) l’invariante s ha un senso fisico 
molto semplice. Esso dà il quadrato dell’energia totale delle parti- 
celle collidenti (1 e 2) nel sistema del loro baricentro (per p, + ps = 
= 0: s = (e, + &,)?). Nel canale II il ruolo analogo è svolto dall’in- 
variante #, e nel canale III dall’invariante u. In relazione a questo, 
i canali I, II, III sono spesso chiamati canali s, #, u. 

Non è difficile esprimere tutti gli invarianti s, i, u attraverso 
l'energia e l'impulso delle particelle collidenti in ognuno dei canali. 
Esaminiamo il canale s. Nel sistema di baricentro delle particelle 
1 e 2 le componenti temporali e spaziali dei 4-vettori 9, sono date 


1) Nel caso generale, quando nella reazione intervengono n = 4 particelle, 
il numero delle variabili invarianti funzionalmente indipendenti è uguale a 
3n — 10. Si hanno infatti in totale 4r grandezze, le componenti di n 4-impulsi gg. 
Tra queste grandezze si hanno nr legami funzionali g3 = mì e ancora 4 relazioni 


n 
date dalla legge di conservazione DI da = 0. Valori arbitrari possono venire 
a=1 
assegnati a 6 grandezze, in accordo col numero di parametri che determinano una 
trasformazione generale di Lorentz (una rotazione quadridimensionale). Perciò 
il numero di variabili invarianti indipendenti è uguale a 


in-n_-4_-6=3n— 10. 


310 CAPITOLO VII 


nel seguente modo: 
Qi=P1= (8, Ds), Q,= Pa= (€ — Pa), 
qg= — p3=(—€3, — Ds), di = — p,=(—%, Ps) 


(gli indici s apposti a ps e ; ricordano che questi impulsi si riferi- 
scono ad una reazione nel canale s). Allora 


(67,6) 


s=eì, e =& + =83+ 8; (67,7) 
4sps= {[s — (m, + mo)?] [s— (m,— m)?], 
4sp;' = [s—-(m3+ m)?] [s— (m—-mmy)?]; (67,8) 


U=h—s+4ppi— + (mî— m3) (mî— m}), 
(67,9) 
Qu=h—s— 4pyp+ (mì — m3)(mî—m3). 


Nel caso di diffusione elastica (m, = ms, m, = m,) abbiamo | p, | = 
= |p; |; quindi e, = €3, €, = &,. Al posto della (67,9) si ottengono 
allora formule più semplici 
t= — (p.— pi}: = — 2p3(1—cos0,), 
u= —2pî(1+cos0,)+ (e —£2)?, 
dove 0, è l'angolo tra p, e %;,. Notiamo che l’invariante — rappre- 


senta il quadrato dell’impulso trasferito (tridimensionale) nella col- 


lisione. 

Formule analoghe per gli altri canali si ottengono con un semplice 
cambiamento delle notazioni. Per passare al canale £ occorre operare 
nella (67,6-10) la sostituzione s + #, 2 + 3; per passare al canale u 
è necessaria la sostituzione s ++ u, 2 + 


(67,40) 


$ 68. Domini fisici 


Nel considerare le ampiezze di diffusione come funzioni delle 
variabili indipendenti s, #, u (connesse tra loro solo dalla relazione 
st+t+u= hh), noi dobbiamo necessariamente distinguere i domini 
ammessi e quelli non ammessi dei valori di tali variabili. I valori, 
che possono rispondere a un processo fisico di diffusione, devono sod- 
disfare a determinate condizioni, che sono conseguenze della legge di 
conservazione dell’energia-impulso e del fatto che il quadrato di 
ciascuno dei 4-vettori g, è uguale ad una quantità data: gì = mì. 

Per il prodotto di due 4-impulsi abbiamo 


PaP» > MM. (68,1) 
Quindi abbiamo 
(da + 96)" = (Pa + ps)? >(Mma + mv), 


MATRICE DI DIFFUSIONE 311 


Se da = Pa» Iv = Ps (Oppure ga = —Pa: do = —Po), oppure 
(da + 96)" =(Pa— Pr) &(ma— mo), 
Se da = Pas Iv = —Db- Da qui discende che per le reazioni nel canale 


s valgono le relazioni 
(m+m.)?<s>(m3 + mi), 
(m — my)? 2>its(m—m,) (68,2) 
(mi —m.)? >uz(m, — mg)? 

(disuguaglianze analoghe valgono anche nei canali t e w). 


Per determinare le altre condizioni formiamo il 4-vettore LZ, duale 
del prodotto di tre quadrivettori ga qualsiasi, per esempio 


Lai _ eruvp1t92 98, (68,3) 


Nel sistema di quiete di una delle particelle (diciamo, della particel- 
la 1) g; = (g°, 0). In questo caso, £ ha solo le componenti spaziali 
L; = é;0x19°92gì. In altre parole, L è un vettore del genere spazio, 
e in tutti i sistemi di riferimento L? < 0. Svilluppando il quadrato 


L?, troviamo la condizione 
gi Q1942 9193 
qa a 99 >0. (68,4) 
q3I1 9392 % 


Essa può venire espressa attraverso gli invarianti s, #t, u in una forma 
unica per tutti i canali 


stu => as + bt + cu, (68,0) 
dove 
ah=(mîmt— mimi) (mî+ mî— mî—m®), 
bh=(m?îmì— mîm?) (mt +mì-mì— î), (68,6) 
ch=(mìmì— mîmì) (mî-+mì—mi— mì) 


(T. W. B. Kibble, 1960). 

Per la rappresentazione grafica dei domini di variazione delle 
variabili s, #, u è comodo ricorrere alle cosiddette coordinate triango- 
lari nel piano di Mandelstam (S. Mandelstam, 1958). In questo piano 
gli assi coordinati sono dati da tre rette che formano, intersecandosi, 
un triangolo equilatero. Le coordinate s, #, u sono misurate su dire- 
zioni perpendicolari a queste tre rette (considerando positive le 
direzioni verso l’interno del triangolo, come è indicato nella fig. 7 
dalle freccette). In altre parole, ad ogni punto del piano corrispon- 
dono dei valori s, t, u, dati graficamente (con i relativi segni) dalle 
lunghezze delle perpendicolari abbassate sui tre assi. Il soddisfaci- 
mento della condizione s + # + u = » è garantito da un noto 


312 CAPITOLO VII 
teorema di geometria (se l’altezza del triangolo equilatero è ugua- 
le a k)'). 

Esaminiamo il caso, molto importante, in cui al canale principale 


(s) corrisponde la diffusione elastica; in questo caso le masse delle 
particelle sono a due a due 


u=0 s=0 uguali: 
my=Mgyg=M, Mo=M=H. 
(68,7) 


Sia m >p. Nella condizione 
(68,5) abbiamo 
h=2(m°+p?), a=c=0, 
b=(m°—p?), 
e di conseguenza 
sut=>(m?—u?)?t. (68,8) 
Fig. 7 La frontiera del dominio, 
determinata da questa disu- 
guaglianza, è costituita dalla retta # = 0 e dall’iperbole 


su=(m?—u?)?, (68,9) 


i due rami della quale giacciono nei settori u <0, s<0es >0Q, 
u >0; gli assis=0eu= 0 sono gli asintoti dell’iperbole. Invece 
della (68,8) si può scrivere 
i>0, su>(m?—pu2)2 oppure t<0, su<(m?—pu?)?. 

Inoltre, in base alle condizioni (68,2), occorre tenere ancora conto 
della disuguaglianza s >(m + pu)? nel canale s e u >(m+ pu)? 
nel canale u; le altre disuguaglianze sono automaticamente soddi- 
sfatte. In conclusione troviamo che ai canali I, II, III (s, t, u) cor- 
rispondono i domini fisici rappresentati nella fig. 8 dalle parti trat- 


teggiate. 
Se u = 0 (le particelle 2, 4 sono dei fotoni), allora il ramo infe- 


riore dell’iperbole è tangente all’asse t = 0, e i domini fisici sono 


le parti tratteggiate nella fig. 9. 
Se u = m, allora le frontiere del dominio (68,8) sono gli stessi 


assi coordinati, e i domini fisici sono i tre settori indicati nella 
fig. 10. 


1) Unendo, ad esempio, il punto P (fig. 7) con i tre vertici del triangolo 
ABC, noi dividiamo quest’ultimo in tre triangoli di altezze s, #, uj uguagliando 
la somma delle loro aree all’area del triangolo ABC si trova l'uguaglianza richie- 
sta. Analogamente essa’ si dimostra per il caso in cui il punto P giaccia fuori 
dal triangolo ABC. 


Il Y] È N (| t=0 


Fig. 8 sec 


U=0 S=0 U=0 DIE 


| 

/ \ 
SA 0A A \ 
\ "} i 


c>0 mr 


a) ; 
Fig. 11 


314 CAPITOLO VII 


Nel caso generale di quattro masse differenti l’equazione 
stu = as + bt + cu (68,10) 


determina una curva del terzo ordine, i cui rami delimitano i domini 
fisici dei tre canali come è mostrato nella fig. 11. Sia 


m, > m, 2 Mm3 2 M, 
allora 
a=bZX=c, a>0, b 30. 


La curva (68,10) interseca gli assi coordinati in punti che giacciono 
sulla retta 


as + bt + cu=0. 


A seconda del segno di c, essa è situata come è mostrato rispettivamen- 
te nella fig. 11, a e 11, db. Perc <0 il dominio fisico del canale u va 
ad occupare una parte dell’area del triangolo delle coordinate; in 
altre parole, in questo caso, le quantità s, #, u possono essere simul- 
taneamente positive. Tutti e tre i rami della curva di frontiere 
hanno come asintoto gli assi coordinati corrispondenti (come è facile 
convincersi eliminando dall’equazione (68,10) una delle variabili 
mediante la relazione s+#+u = e facendo quindi tendere 
all’infinito una delle variabili rimaste). Le condizioni (68,2) nel 
caso generale, non introducono niente di nuovo rispetto alle fron- 
tiere determinate dall’equazione (68,10). Le rette, corrispondenti ai 
segni di uguaglianza nella (68,2), non intersecano i domini fisici 
tratteggiati nella fig. 11, a, dò; alcune di esse sono tangenti alle 
frontiere di questi domini, e corrispondono ai valori estremi delle 
variabili s, #, oppure u nel canale corrispondente. 

Nel caso in cui la massa di una delle particelle sia maggiore della 
somma delle masse delle altre tre (m, >m, + ms + my) oltre ai 
canali I, II, III è possibile anche un quarto canale di reazione, rela- 
tivo al decadimento 


IVA1-+-2+3+4. (68,11) 
Per questo canale, nel sistema di quiete della particella che decade, 
abbiamo 
Q,= (my, 0), q,=(—&2,— Pz), 
q3=(— 83, — Ps), &a=(—8 — Pi), 
e,+eg+e,=m, pot Ps+D =0. 
Gli invarianti sono 
s=mj+mì— 2mg, 
t=mi + m?— 2m,83, (68,12) 


u=mî + mì — 2. 


MATRICE DI DIFFUSIONE 315 


Dalla (68,1) otteniamo ora 


(m3+m)?<s<(m— ma, 
(mo + m)?<%t<z(m,— m3)?, (68,13) 
(mo + m3)}<u<(m —m)?. 

In tal modo, tutti e tre gli invarianti sono positivi, e quindi il domi- 


nio fisico del canale di decadimento si trova all’interno del triangolo 


delle coordinate. Esso è delimitato da una curva chiusa, che si ottiene 
dalla (68, 10). 


PROBLEMI 


4. Trovare i domini fisici nel caso di tre masse uguali: mn, = m,m, = mg = 
= my= | (ad esempio, la reazione X£ +na-+-n + n). 
Soluzione. L'equazione (68,10) assume la forma 
stu= pu? (m2 — p2}? (1) 
e si ha la relazione 
Ss+it+u= 3h + m?. 
I domini I, II, III sono delimitati da curve di forma uguale (per I: s > 0, 
t<0,u<0, e analogamente per II e III). Se m > 3 p, allora la (1) ha anche 


un ramo (una curva chiusa) per il quale s > 0, t >0,w > 0, e che rappresenta 
il dominio del canale IV (fig. 12). 


U=0 S=0 


/\ ——— sS=(m-p)* 
7a ; - po. 


7 CI, 


Fig. 12 Fig. 13 


2. Rispondere allo stesso quesito per il caso m, = m,m, = 4, mg = m4y=0, 
m > p (ad esempio, la reazione p +-v->+ e + v). 
Soluzione. La condizione (68,5) assume la forma 


stu > m°pu? s 


e si ha la relazione s +-t+u= m? n 2, 1 domini fisici sono delimitati dal- 
l’asse s = 0 e dai due rami dell’iperbole tu = m?p? (fig. 13). 

3. Lo stesso per il caso m, = mg = m, mg = 0, m,= p,m > 24 (ad esem- 
pio, la reazione p+-y+p + n°). 


316 CAPITOLO VII 


Soluzione. L'equazione (68,10) assume la forma 
su=a(s+u)+ bt, 
ah = m?p4, bh = m4 (2m® — n3); h = 2m° +{?. 
Eliminando u otteniamo 


24 ( 


Per un dato s questa è un’equazione quadratica rispetto a #. Per s > (m + pu)? 
(dominio del canale s) ad ogni s COrtIFRODdono due valori negativi di t. Per s = 
= (m+ p)° queste due radici dell’equazione quadratica coincidono: t = 
= — mp?/(m + pu). Il dominio del canale s ha la forma mostrata nella fig. 14. 


bT_- 
s 


psn) +0 


Fig. 14 


Il ramo inferiore della curva di frontiera si avvicina asintoticamente all’asse 
u= 0, e quello superiore interseca questo asse nel punto t = p#/(p3 — m?). 
Il dominio del canale u è simmetrico al dominio del canale s, e il dominio 


del canale # è disposto come mostra la figura. 


$ 69. Sviluppo in ampiezze parziali 


Un punto essenziale nello studio di reazioni del tipo 
a+b-+>c+d (69,1) 
è costituito dallo sviluppo dell’ampiezza di diffusione in ampiezze 
parziali, ognuna delle quali corrisponde (per una data energia totale 
e) ad un valore determinato del momento angolare totale delle par- 
ticelle / nel sistema del loro baricentro!). 


1) La maggior parte dei risultati esposti nei $$ 69, 70, sono stati ottenuti da 
M. Jacob, G. C. Wick (1959). 


MATRICE DI DIFFUSIONE 317 


Queste ampiezze parziali sono, in altre parole, elementi della 
matrice S nella rappresentazione del momento angolare 


(eJ'M'|S|eJM). 


Poiché il momento angolare YJ e la sua proiezione su un dato asse z 
si conservano, la matrice S è diagonale rispetto a questi numeri 
(come anche rispetto all’energia e). Inoltre, per l’isotropia dello 
spazio, gli elementi diagonali non dipendono dal valore di M. Per 
J, M, & assegnati la matrice di diffusione rimane ancora matrice 
rispetto ai numeri quantici di spin; gli elementi di tale matrice noi 
li scriveremo in una forma più breve 


(eJMN' |S|eJMX=(N'|S (e) 3, (69,2) 


dove À e X' indicano tutti i numeri quantici di spin. La cosa più 
naturale è prendere per questi ultimi le elicità delle particelle. 
Ricordiamo che l’elicità (a differenza della proiezione dello spin su 
un asse qualsiasi nello spazio) per una particella libera si conserva 
e che, inoltre, essa commuta sia con l’impulso che con il momento 
angolare ($ 16). Perciò le elicità possono venire usate sia nella 
rappresentazione degli impulsi che nella rappresentazione del mo- 
mento angolare della matrice di diffusione. 

Chiameremo gli elementi della matrice S rispetto agli indici 
delle elicità, ampiezze di diffusione nella rappresentazione delle elicità 
e, in tal modo, per À e A’ intenderemo l’insieme delle elicità delle 
particelle iniziali e finali: A = (A, Ab), 2’ = (Ae, da). 

Nella rappresentazione degli impulsi gli elementi della matrice 
di diffusione sono definiti rispetto agli stati |& A) (dove n = 
= p/|p | è la direzione dell'impulso del moto relativo nel sistema 
del baricentro) mentre nella rappresentazione del momento angolare 
sono definiti rispetto agli stati | e7Y.MA). Essi si esprimono l’uno 
attraverso l’altro sotto forma di sviluppi 


(JM) = { | mM) (nX|TMA) don, (69,3) 


dove l’integrazione è eseguita rispetto alla direzione » (nei simboli 
degli stati ometteremo per brevità l'energia e). In virtù dell’unita- 
rietà di questa trasformazione (vedi III, $ 12) i coefficienti della 
trasformazione inversa sono 


(JMI|nX)=(nmX|JM})*. (69,4) 
Secondo la regola generale di trasformazione delle matrici, questi 


stessi coefficienti determinano il legame tra gli elementi della matri- 
ce $S nelle due rappresentazioni 


(n'N' |S|nA)= x (n'N°|IMNY\JMX|S|IMM(JMX|nA). (69,5) 
M 


318 CAPITOLO VII 


I coefficienti dello sviluppo (69,3) si possono facilmente trovare 
usando i risultati del $ 16. 

Assumiamo ora che le funzioni d'onda di tutti gli stati siano 
espresse nella rappresentazione degli impulsi, cioè come funzioni 
della direzione dell’impulso (per una data energia); questa dire- 
zione, considerata come variabile indipendente, sarà indicata con v, 
per distinguerla da n, che indica la direzione come numero quantico 
di stato. In questa rappresentazione la funzione d'onda ha la forma 
(16,2) 

Pra (Vv) =uVE2 (v_n). (69,6) 


Sostituendo la (69,6) nello sviluppo (69,3), quest’ultimo si riduce ad 
un solo termine 
Wrman = (VA |J MX) u®. (69,7) 
Le elicità A, e À» di ciascuna delle due particelle sono definite 
come la proiezione del loro spin sulla direzione del loro impulso. 
Se gli impulsi delle particelle sono pa = P, Do = —D, allora per la 
prima particella questa direzione è n, e per la seconda è — n. Se con- 
sideriamo ora il sistema come una particella di elicità A nella dire- 
zione n, allora A = %À, — As. La sua funzione d'onda (nella rappre- 
sentazione degli impulsi) può essere rappresentata, secondo la 
(16,4), nella forma 


women (0) = DE (MV ET. (69,8) 


Confrontando le due espressioni (69,7-8) (e cambiando la notazione 
della variabile v in n), per i coefficienti cercati troviamo 


(ma | JMn=y/ E DI (n). (69,9) 


Sostituendo questi coefficienti nella (69,5) troviamo 


(n°815 | rh) = S} STE DO (1°) DER (m) A |S']A), (69,10) 
JM 
hell; Well 


dove è stata usata la notazione abbreviata (69,2). Scegliendo la 
direzione n come asse z abbiamo 


AM (n) = am 
e la (69,10) assume la forma 
(n° |S|mh=S SE DI (n')(A°1.S|M. (69,11) 


J 


MATRICE DI DIFFUSIONE 319 


Noi vediamo che lo sviluppo in ampiezze parziali ha per coeffi- 
cienti le funzioni DY),. Per reazioni del tipo (69,1) è comodo definire 


l'ampiezza di diffusione f in modo che la sezione d’urto (nel sistema 
del baricentro) sia 
do =|(n''|f|mn})| do' (69,12) 


(confrontando con la (65,19) si può stabilire il legame tra questa 
ampiezza e gli elementi di matrice M;;). Scriviamo il suo sviluppo 
in ampiezze parziali nella forma 


(n'2'|f|mX)= D) (25+1) DA (n') DIRE (m) (| |A), (69,43) 


JM 


oppure, assumendo l’asse z diretto secondo n, 


(n'2'| fl mh)= di (27 +1) DE (m')(A|f|A). (69,14) 


Questa formula rappresenta la generalizzazione dello sviluppo in 
ampiezze parziali per la diffusione di particelle prive di spin (vedi 
III (123,14)). Poiché Db) = P, (cos 6), allora per spin nulli la 
(69,14) diventa lo sviluppo in polinomi di Legendre 


f(0)= d, (2L + 1) frPr (cos 0). 


La sezione d’urto (69,12) si riferisce al caso in cui tutte le par- 
ticelle hanno elicità determinate. Se invece le particelle si trovano 
in stati di polarizzazione miscelati, allora la sezione d’urto si ottiene 
mediando il prodotto 


(Acha |f|AaAb) (Acha | {|AaAt)" 
sulle ratrici densità di polarizzazione delle particelle 
(Aa | P9° 16) (Av | PÎ99| A5) (Ac [| Ac) (Agl PP] Aa) 


(vedi nota a pag. 207). Cosî, per una reazione tra particelle non pola- 
rizzate a e è con generazione di particelle non polarizzate ce d, 
otteniamo 


do , 
d0= FD DIET 


X (Aeda 1f7 | Rahb) (Ada 1 fx 
x Rado)" DE (m') DIN (n') (69,45) 


(l’asse z è diretta secondo n, il simbolo Y) 1, indica la sommatoria su 
Xah5A cha). Sostituendo la funzione D,)* in accordo con la ITI (58,19) 


320 CAPITOLO VII 


e usando poi lo sviluppo III (110,2), otteniamo in definitiva 


n. do A-A* ’ 
do= Tenero di (AT (741) Q9'+ 
(A)JJ* 
+ 1) (Ada 11 1AaA8) (Ada 7 | X 
3 J J' 2) tJ J' L 
X Zad) 2 2141) A -A0, (n _N' 0) P, {cos8) (69,16) 


(0 ‘l’angolo tra n' e l’asse z); la sommatoria rispetto a ZL è fatta su 
tutti i valori interi, che si ottengono componendo vettorialmente 
J con J*. 

Lo sviluppo dell’ampiezza di diffusione in ampiezze parziali 
tiene conto completamente di tutte le proprietà della distribuzione 
angolare della diffusione, connesse alla simmetria rispetto alle 
rotazioni spaziali. Esso, tuttavia, non tiene conto esplicitamente 
delle proprietà connesse alla simmetria rispetto alla riflessione 
spaziale. L’invarianza P (se l’interazione gode di essa) porta a deter- 
minate relazioni tra le diverse ampiezze nella rappresentazione delle 
elicità (vedi più avanti, $ 70). 


$ 70. Simmetria delle ampiezze di diffusione 
nella rappresentazione delle elicità 


Le richieste, imposte dalla simmetria rispetto alle trasformazioni 
P, T, C (se, naturalmente, il processo considerato di interazione tra 
particelle gode effettivamente di questa simmetria), portano a deter- 
minate relazioni tra le diverse ampiezze di diffusione nella rappre- 
sentazione delle elicità e, di conseguenza, diminuiscono il numero 
delle ampiezze indipendenti!). 

Per stabilire queste relazioni chiariamo dapprima le proprietà 
degli stati di elicità di un sistema di due particelle. 

Consideriamo le particelle nel sistema del loro baricentro. Una 
delle particelle ha impulso p, = p e elicità A, rispetto alla direzione 
p, l’altra ha impulso p, = —peelicità 4, rispetto alla direzione —p. 
Se ci si riferisce invece alla elicità di ambedue le particelle rispetto 
alla stessa direzione », allora esse saranno 4, e —%». In accordo con 
questo, esse saranno descritte da onde piane di ampiezza up e 
UD *. Il sistema delle due particelle è descritto dalla funzione (a 
più componenti) un. composta dai prodotti delle ampiezze 


(24) (-4.2) 
Un e Un ° 


1) Il numero di ampiezze indipendenti non dipende, ovviamente, dalla 
rappresentazione concreta della matrice S* e rimane invariato per qualsiasi 
scelta delle variabili di spin. 


MATRICE DI DIFFUSIONE 321 


Considerando ora il sistema come un'unica particella di elicità 
A =, — Ax sulla direzione n = p/| p|, noi possiamo scrivere la 
funzione d'onda (nella rappresentazione degli impulsi, cioè come 
funzione di n) per lo stato di dati valori J, M, À,, 4, assegnati (e con 
energia totale e) nella forma 


Poma = US DEI, (n) pie. 
A=% ha (70,1) 


(cfr. la (69,8)). Poiché A è la proiezione del momento angolare totale 
su p, deve valere la relazione 


IATS4. (70,2) 
Secondo la (16,14), per la riflessione spaziale si ha 


Pu (n) = ypleh0 (— me) = mm (— 1) "497 At AMA (20), 
(70,3) 


dove n;, ny, sono le parità intrinseche delle particelle. Utilizzando 
anche la (16,10), si trova la legge di trasformazione delle funzioni 
(70,1): 


Pwymane _ NaMz ( ri 1)°1+92" I prmorre (70,4) 


Se le due particelle sono identiche, allora sorge il problema della 
simmetria rispetto alla loro permutazione. Lo scambio di posto delle 
particelle significa lo scambio dei loro impulsi e dei loro spin. Per 
chiarire il senso di questa operazione in relazione alla funzione (70,1) 
notiamo che nella definizione stessa di quest’ultima è contenuta 
una certa asimmetria, consistente nel fatto che i momenti di ambe- 
due le particelle vengono proiettati sulla direzione di uno stesso 
vettore p, = , che è l'impulso di una (la prima) delle particelle, 
Dopo la permutazione il posto di questo vettore verrà preso dal vet- 
tore p, = —P; le proiezioni dei momenti j, e J, Su questo vettore sa- 
ranno —À, e 4, (invece delle proiezioni À, e —A, su p). Perciò il risul- 
tato dell’azione dell’operatore di scambio delle particelle (P,,) sul- 
la funzione (70,1) può essere scritto come 


i J 27+1 
Pioomane = CM (— n) Dad (— n) a 


(dove, come prima, A = À, — 43). Usando poi la (70,3) e la (16,10) 


troviamo 
Proponi = (—1)°°7 boma (70,9) 


dove sj = Ss, =sS. 
Per particelle identiche sono ammessi solo stati simmetrici (per 
bosoni) e solo stati antisimmetrici (per fermioni) rispetto allo scam- 


322 CAPITOLO VII 


bio delle particelle. Poiché il primo di questi casi corrisponde a spin 
s intero e il secondo a spin s semintero, allora gli stati possibili di 
elicità di un sistema di due particelle possono, in ambedue i casi, es- 
sere scritti sotto forma di combinazioni lineari 


[14+(-—1)°Pio] Pymasne 
oppure, secondo la (70,5), 


oraara +(— 1)” boma (70,6) 


E notevole il fatto che questa combinazione ha una forma unica per 
i bosoni e per i fermioni. 

Per un sistema particella-antiparticella il risultato dello scambio 
è espresso sempre dalla formula (70,5). Tuttavia, a differenza del 
caso di particelle identiche, qui sono ammessi stati che godono di 
ambedue le simmetrie di scambio, cioè sono possibili le due combi- 


nazioni 
pE= prmana L (-1) foma (70,7) 


Questi stati hanno parità di carica C determinata. L'operazione di 
coniugazione di carica si può rappresentare come il risultato di uno 
scambio totale di tutte le variabili (di spin e di carica) delle due 
particelle seguito dallo scambio inverso delle variabili di spin (di 
elicità). Il risultato della prima operazione deve coincidere col risul- 
tato dello scambio per un sistema di due particelle identiche. Da qui 
è chiaro che se nella (70,7) si prende il segno positivo (che coincide 
con il segno nello stato (70,6), ammesso per particelle identiche) 
il sistema avrà parità di carica positiva, mentre se si prende 
segno negativo il sistema avrà parità di carica negativa 


Cpt= + vs. 


Esaminiamo, infine, l'operazione di inversione temporale. La fun- 
zione d'onda di una particella a riposo di spin s e con proiezione del- 
lo spin uguale a o si trasforma come segue: 


Tpio=(-1)° ws, a 


(vedi III (60,2)). La funzione d'onda di due particelle nel sistema 
del loro baricentro può anch'essa venire considerata (rispetto alle 
proprietà di trasformazione) come la funzione d’onda di una « par- 
ticella a riposo » di momento J e proiezione M. Per quanto riguarda 
le elicità 4,, 4», esse non cambiano: l’inversione del tempo cambia il 
segno dei vettori impulso e momento angolare e quindi i prodotti jp 
restano invariati. In tal modo, troviamo 


TwPyumane si ( sr sO i WPIM212.0* (70,8) 


MATRICE DI DIFFUSIONE 323 


Ora possiamo scrivere immediatamente le relazioni di simmetria 


per le ampiezze di elicità. 
Se l’interazione è P-invariante, allora per la reazione 


a+bdb->c+d 
le ampiezze di transizione (per dati YJ e e) devono coincidere 
[AaAo) + |AcAa) ® P|AaAho) + P|JA Ag). 
Usando la (70,4), troviamo quindi 
(ha 18 ad = e (1) tte x 
X (Mer — Ma SA, — Ab). (70,9) 


Se invece di stati di date elicità si prendono stati di data parità, 
cioè le combinazioni 
1 
V2 

(dove XA, = Aaà5 oppure Ac4a), allora le ampiezze di transizione, 
che non conservano la parità, si annulleranno. 

L’inversione del tempo trasforma ciascuno degli stati secondo la 
(70,8) e, inoltre, scambia di posto gli stati iniziali e finali. Perciò 
l'invarianza 7 porta alle relazioni 


(Ada | ST (€) [AaA8) = (AaAo |S° (8) |AcAa). (70,10) 


Queste due ampiezze, tuttavia, si riferiscono a processi differenti 
(reazione diretta e inversa). Soltanto nel caso di diffusione elastica 
ambedue i processi in sostanza coincidono, e allora la (70,10) rap- 
presenta una determinata relazione tra le ampiezze nella rappresen- 
tazione delle elicità dell’una e dell’altra reazione. 

Nella diffusione elastica di due particelle identiche il numero di 
ampiezze differenti diminuisce ulteriormente in virtù della sim- 
metria di scambio. Noi abbiamo visto che, per un dato J, si realiz- 
zano stati o solo simmetrici o solo antisimmetrici rispetto a À,, às. 
Perciò la conservazione del momento angolare significa automatica- 
mente la conservazione anche della simmetria rispetto allo scambio 
delle elicità. 

Una situazione analoga ha luogo nella diffusione elastica particel- 
la-antiparticella (oppure nella trasformazione di tale coppia in 
un’altra coppia, cioè in una reazione del tipo a + a + bd + bd). Per 
un dato J esistono stati sia simmetrici che antisimmetrici rispetto 
a À,, À,, ma a questi stati corrispondono valori diversi di parità di 
carica del sistema. Da qui segue che, se l’interazione tra le particelle 
è C-invariante, e quindi la parità di carica si conserva, allora le 
transizioni tra stati di diversa simmetria rispetto a À,, À, sono vieta- 

21* 


(PIMANS ns Pwymaao) 


324 CAPITOLO VII 


te!). Sottolineiamo, tuttavia, la differenza che c'è rispetto al caso 
di particelle identiche, quando per un dato Y gli stati di una delle 
simmetrie vengono a mancare completamente. Nel caso di « parti- 
cella-antiparticella » sono vietate solo le transizioni tra stati di 
simmetria differente, sebbene questi stati (per ogni J) esistano. In 
virtù della universalità dell’invarianza CP7, l’esistenza dell’inva- 
rianza 7 significa anche l’invarianza CP. Quest'ultima porta al- 
l'uguaglianza delle ampiezze di due reazioni, delle quali una si ricava 
dall'altra mediante la sostituzione di tutte le particelle con le ri- 
spettive antiparticelle (e mediante il cambiamento di segno delle 
elicità): 

(Aha | ST Aghi) = (42478 | Ad), (70,11) 


dove iz = —a, . « .2). 

Il numero delle ampiezze indipendenti è uguale per tutti i canali 
incrociati di una stessa reazione generalizzata; perciò per determinare 
questo numero si può prendere in esame uno qualsiasi dei canali. 
Per esempio, con un uguale numero di ampiezze indipendenti si 
descrivono la diffusione elastica a + db + a + ò e l’annichilazione 
a+a-b + db. Le limitazioni, imposte dall’invarianza 7 nel 
primo caso, sono equivalenti alle limitazioni, imposte dall’inva- 
rianza C nel secondo. 

Soffermiamoci ancora sulla reazione di disintegrazione di una par- 
ticella in due particelle: a + b + c. Nel sistema del baricentro (il 


sistema di quiete della particella a) abbiamo p, = —pc. Moltipli- 
cando l'uguaglianza ja = jb + Jc Per P» otteniamo 
da = db — ke (70,12) 


(la elicità A, della particella primaria è determinata come la proiee 
zione del suo spin sulla direzione dell'impulso di una delle particella 
secondarie). Questa relazione è, per cosî dire, la conseguenza di un- 
simmetria addizionale, di cui gode il processo considerato: la sim- 
metria assiale rispetto alla direzione di p, e p,. Selo spin della parti- 
cella originaria sg < 5» + se, allora la relazione (70,12) diminuisce 
il numero degli insiemi ammissibili dei valori di A, 4», 4c e quindi 
anche il numero delle ampiezze di disintegrazione indipendenti 
nella rappresentazione delle elicità. II momento angolare totale J in 


1) Un divieto analogo può sorgere anche come conseguenza dell’invarianza 
isotopica dell'interazione di particelle non identiche. Per esempio, in virti di 
questa invarianza, sono vietate le transizioni tra stati di diversa simmetria 
rispetto a À,, 4, nella diffusione neutrone-protone. 

2) Poiché queste due ampiezze sono relative a processi differenti, l’inter- 
ferenza tra i quali è perciò impossibile, un fattore di fase nella (70,11) non avrebbe 
alcun senso e lo si può uguagliare ad 1. Un senso reale l’ha solo l’uguaglianza 
delle sezioni d’urto, che discende dalla (70,11). 


MATRICE DI DIFFUSIONE 325 


questo caso coincide con lo spin della particella primaria s,, e quindi 


è una quantità fissata. 
L’invarianza P nel decadimento è espressa dalla relazione 


(ApAe| S| Ma) = 00 (— 4)°a 7%" (ha, —Xe|S' |-Aa) (70,13) 


(qui oltre alla (70,4) si è usata anche la legge di trasformazione della 
funzione d’onda di una singola particella (16,16)). 

Se la particella primaria è neutra, allora sorgono ulteriori limi- 
tazioni nel caso in cui la parità C si conservi. Qui occorre distinguere 
tre casi. Se i prodotti della disintegrazione sono anch'essi neutri, 
allora deve essere C, = CyClc; questa condizione o vieta totalmente 
la disintegrazione, oppure viene soddisfatta e non comporta quindi 
nuove limitazioni. Se le particelle d e c sono differenti, allora l’inva- 
rianza C stabilisce una relazione tra le ampiezze dei processi: a + 
->b+c e a-+b + c. Infine, per la disintegrazione a+ b + d 
compare una limitazione connessa con il fatto che per una data parità 
di carica C e un dato momento angolare totale J = s,, il sistema 
può trovarsi soltanto o in stati simmetrici o in stati antisimmetrici 
rispetto alle elicità, a seconda della parità del numero Y e del se- 


gno di C. 
L'’invarianza CP porta ad un’uguaglianza delle ampiezze di 


disintegrazione dei processi a + d + c e a>b+ c: 
(he | 5° Aa) = (AA 15 422) (70,14) 


(dove i; = —Aa; - - .), cioè all’uguaglianza delle probabilità di deca- 
dimento di particella e antiparticella. Se la particella può disintegrar- 
si in diversi modi (secondo diversi canali), allora questa uguaglianza 
vale per ciascuno dei canali. Sottolineiamo, tuttavia, che questo 
risultato presuppone l’osservanza dell’invarianza CP, che non è una 
proprietà universale della natura. Soltanto l’invarianza CPT ha 
carattere universale; quest’ultima richiesta avrebbe portato, di per 
se stessa, solo all’uguaglianza 


(ode | ST |Aa)= (A, 1Sg [Ad , 


nella quale la partel destra è relativa al processo inverso del processo 
di decadimento. Più avanti ($ 72) vedremo che la condizione di 
invarianza CPT unitamente alle richieste di unitarietà porta, tutta- 
via, ad una certa relazione, anche se più limitata, tra le probabilità 
di decadimento di una particella e della rispettiva antiparticella. 


326 CAPITOLO VII 


PROBLEMI 


1. Ottenere mediante la (70,6) una classificazione degli stati possibili 


di un sistema di due fotoni. 
Soluzione. In questo caso ,, 4, = +4. Per J pari (J > 0), secondo la 
(70,6) sono ammessi tre stati simmetrici rispetto a à,, As: 


a) brmiis Db) pym-i-t0 ©) pymizt1 + pom 
Per J dispari (J > 1) è ammesso un solo stato antisimmetrico: 


d) pymiATPrM_1- 
Gli stati c) e d) hanno anche parità definita (4-1); secondo la (70,4) abbiamo 


P (pri È wrm-1)= + (—1) (rari + dymsd): 


il fattore + (—1)7 = 4, poiché il segno superiore si riferisce ai valori pari di J 
e il segno inferiore a quelli dispari. Gli stati a) e b), invece, non hanno una pari- 
tà definita ma, formando con essi le combinazioni 


a) pormi + @ym-i-10 DD) rm — Pym-1-1 


Si ottengono stati pari e dispari. Per Y = 0 (per la condizione | A, — 2» | < J) 
deve essere A, = 4,; di conseguenza lo stato c) viene a mancare e rimangono solo 
uno stato pari ed uno dispari: a’) e b’). Infine per J =1 l’unico stato ammissibile 
per.J dispari, e cioè lo stato d), è vietato, poiché per esso A=2>J. In tal 
modo, noi arriviamo alla tabella degli stati ammissibili (9,5). 

2. Nell’approssimazione non relativistica il momento totale J è il risultato 
della composizione dello spin S e del momento angolare orbitale L. Per un siste- 
ma di due particelle trovare la relazione tra gli stati | LSM ) e| JM 2,40). 

Soluzione. Secondo la regola di formazione delle funzioni d’onda con compo- 


sizione dei momenti angolari abbiamo 
SM JM 
vrLsm = dI lds101ds30,C 0103) bum, CM, Mg (1) 
Qui wo sono autofunzioni dello spin s con proiezione o (su un asse scelto z), 


PLm; sono autofunzioni del momento angolare orbitale Z con proiezione ML; 


l’espressione tra parentesi corrisponde alla composizione di sj e sy in S, e alla 
successiva composizione di S e ZL in J; la sommatoria avviene su tutti gli indi- 
ci m. Esprimiamo queste funzioni nella rappresentazione degli impulsi come 
funzioni della direzione » (cioè dell'impulso p = p,), esprimendo le funzioni 
so attraverso le funzioni degli stati di elicità pn, mediante la III (58,7): 


Se (51) 
Pesos G di Di 01 (10) nr ga 
NI 


Ps20% 2 DE3 5a (70) Pa, -i3' 
iA2 


Per le funzioni prm, abbiamo invece 
2LHA 
.-L Rit Pea 
bm, =YLM; (n)=i Ax 
(sono state usate la III (58,25) e la definizione (16,5)). Sostituendo queste funzio- 


ni nella (1), usando”due volte lo sviluppo III (110,1) e usando anche la proprietà 
di ortogonalità dei coefficienti di Clebsch — Gordan III (106,13) otteniamo la 


funzione pyLsm sotto forma dello sviluppo 
PILSM = > Pymasrg (TM Ae 1TLSM), (2) 
2142 


De) 
60M, (2°) 


MATRICE DI DIFFUSIONE 327 


dove 


2741 
J -—€_«_£—_nkp 
PIMA(Xa Pri Pa, -2,P si (n) V 45 , 
A= di sas o, 
e i coefficienti 
(JM Ag | JLSM)=(— )E(—1)817582+5x 


var I) 


In virtù dell’unitarietà"della trasformazione (2) abbiamo 
(JLSM \JM}{Xo)=(JM}j}g |JLSM)*. 


3. Determinare il numero di ampiezze parziali indipendenti per i seguenti 
processi di diffusione: a) 71 +-N-+-27+-Nbby+tn5->y+n,)y+N- 
+Y+ N, d) e+N-e+N, e) v+e-v+e, Î) p+y-n+ 13, 
@NHKH+N-+-N+MN). 

Soluzione. a), b) Il numero totale di elementi di matrice S‘ (cioè il numero 
dei diversi insiemi dei numeri 2,4,A{4a) è N = 4. Se si tiene conto dell'in- 
varianza P il numero di elementi indipendenti si riduce a N p = 2; con l'invarian- 
za T si riduce a Nr = 3, mentre se si tiene conto di ambedue il numero si 
riduce a Npr = 2. 

c), dà N= 16, Np= 8, Np = 10, Npr = 6. 

e N= 4, Npr= 3. 

ff)N=8, Np= 4. 

g) In questo caso è comodo partire da combinazioni lineari degli stati di 
elicità: 

Pig = Pa+t p_, Pag = Puy P, 
Pag = Pat pa, Pu=Pde — Pr 


dove gli indici + indicano i valori delle elicità (+-1/2) delle due particelle. Gli 
stati 1g, 2g, 3g sono pari, mentre lo stato u è dispari rispetto allo scambio delle 
particelle. Allora le transizioni g «+ u sono vietate, e di conseguenza, tenendo 
conto della simmetria di scambio, abbiamo N = 16 — 6 = 10. Rispetto alla 
riflessione spaziale P le funzioni pig, Psg € Pao, Pu hanno parità opposte (rispet- 
tivamente (1) e (—1)?); il divieto di transizioni tra questi stati porta il 
numero di ampiezze indipendenti a Np= 6. Infine, l’invarianza 7 comporta 
l'uguaglianza delle ampiezze 1g + 3g, 3g + 1g, e quindi Npr = 5.! 


$ 71. Ampiezze invarianti 


Per le ampiezze nella rappresentazione delle elicità viene usato 
un determinato sistema di riferimento: il sistema del baricentro. Nei 
calcoli delle ampiezze di diffusione mediante la teoria invariante 
delle perturbazioni (e anche per l’analisi delle loro proprietà generali 
di analiticità) è conveniente scrivere le ampiezze in forma esplicita- 
mente invariante. 

Se le particelle che partecipano alla reazione non hanno spin, 
allora l’ampiezza di diffusione dipende solo dai prodotti invarianti 


1) In questi esempi sono essenziali solo gli spin delle particelle e la simmetria 
della loro interazione. 


328 CAPITOLO VII 


dei 4-impulsi delle particelle. Per una reazione del tipo 
a+b->c+d (741,1) 


come invarianti si possono scegliere due qualsiasi delle grandezze 
s, t, u, definite nel $ 67. Allora l’ampiezza di diffusione si riduce alla 
sola funzione Mj;; = f (s, 1). 

Se, invece, le particelle hanno spin, allora, oltre agli invarianti 
cinematici s, , u, esistono anche invarianti, che si possono formare 
con le ampiezze d’onda delle particelle (bispinori, 4-tensori, ecc.). 
Le ampiezze di diffusione devono allora avere la forma 


1M = Di fn (8, 1) Fa, ‘74,2) 


dove F, sono degli invarianti, che dipendono linearmente dalle am- 
piezze d'onda di tutte le particelle partecipanti al processo (e anche 
dai loro 4-impulsi). I coefficienti f, (s, #) sono chiamati ampiezze 
invarianti. 

Scegliendo le ampiezze d’onda in modo tale che corrispondano a 
particelle di elicità definita, noi otteniamo determinati valori degli 
invarianti F, = F (A;, 4y). Allora le ampiezze di diffusione nella 
rappresentazione delle elicità assumono la forma di combinazioni 
lineari omogenee delle ampiezze invarianti f,. È quindi evidente che 
il numero di funzioni d’onda indipendenti f, (s, #) coincide con il 
numero di ampiezze indipendenti nella rappresentazione delle elici- 
tà. Poiché il numero di queste ultime è facile da determinare (come 
abbiamo spiegato nel $ 70), il problema degli invarianti /, viene 
in tal modo a semplificarsi: noi ne conosciamo a priori il numero. 

Esaminiamo alcuni esempi, supponendo che, in ogni caso, l’inte- 
razione goda dell’invarianza P e 7; quest’ultima proprietà implica 
che gli invarianti /, devono essere dei « veri » scalari (e non degli 
pseudoscalari). 

1) Diffusione di una particella di spin 0 su una particella di 
spin 4/2. Il numero degli invarianti è uguale a 2 (vedi problema 3, 
$ 70). Come invarianti si possono scegliere 


r,=uu, F,=u'Ku, (71,9) 
dove u = u (p), u' = u (p') sono ampiezze bispinoriali dei fermioni 
iniziale e finale; X = X + &', dove £ e X’ sono i 4-impulsi dei bosoni 
iniziale e finale!). 


1) A prima vista sembrerebbe possibile formare ancora un invariante, 7 ] 
trai ld 
u'ouvkk “iù 
È facile, tuttavia, convincersi che esso si riduce agli invarianti (71,3) se si tiene 


conto della legge di conservazione k° = p + % — p' e delle equazioni pu = mu 
e u'p' = mu', alle quali soddisfano le ampiezze bispinoriali. 


MATRICE DI DIFFUSIONE 329 


L’invarianza 7 delle grandezze (71,3) si può con facilità verificare 
direttamente. L’inversione temporale scambia di posto gli stati 
iniziale e finale e sostituisce le ampiezze wu (p) con le « ampiezze 
invertite nel tempo »: 


u”= Uzu, ul -- — Utu 
(vedi la (28,5)). Troviamo quindi la relazione 
u'u > UTu'T= —(Uzu)(U7u)= 
— —v'U,Utu=uU7Uju=u'u, 
che dimostra l’invarianza 7 di F,. Analogamente abbiamo 
uu + uTytuT = — (Uzu) ye (Uxu')= Ur yhUiu, 
oppure, in virtù della (26,12)!) 
unu + u' yu, u'yu >— uu. 
In questo stesso modo si trasformano i 4-impulsi (£°,K) +(£°, —K), 
e di conseguenza, il prodotto scalare /, = Ky (u'y* u) è invariante. 
2) Diffusione elastica di due particelle identiche di spin 4/2. 
Esistono 5 invarianti indipendenti, che possono essere scelti nel 


modo seguente: 


F, = (uju,) (Usu?), F, == (ufy8u,) (usyBuo), 
Fy= (u;yhu,) (usvuUz), F,= (u;ytyfu,) (Uri u2), 
Fs= (U;otvu,) (Uso pyU2), (71,4) 


dove u;, u, sono le ampiezze bispinoriali delle particelle iniziali, 
e u,, u; quelle delle particelle finali. Lo scambio delle particelle 
iniziali (o di quelle finali) non porta a nuovi: invarianti: i nuovi 
invarianti si esprimono attraverso i vecchi (problema 1, $ 28). 
L'espressione (74,2) con 7, preso dalla (71,4), non ha però la pro- 
prietà richiesta di cambiare di segno per lo scambio di due fermioni 
identici. Si può invece usare l’espressione seguente: 


M ji == [(uju3) (uzuo) fa (1, u)— (uzui) (usuz) fi (L, )]} +... (71,5) 


In effetti, per lo scambio di p, e p, (oppure di p; e p.) gli invarianti 
cinematici si trasformano come segue: s + s, t +— u, ut e perciò 
la proprietà richiesta viene soddisfatta automaticamente. 
Esaminiamo ancora due esempi: la diffusione di un fotone su 
particelle di spin 0 e 1/2. È opportuno esprimere l’ampiezza di 


1) Queste leggi di trasformazione seguono, evidentemente, anche dal com- 
portamento, chiarito nel $ 28, nell’inversione temporale;degli operatori pw, py} wp, 
i cui elementi di matrice sono i prodotti u'u, u'y’u. 


330 CAPITOLO VII 


questo processo mediante i quadriversori del genere spazio e‘, et, 
che soddisfano le condizioni 


e1)2 — el22 — — 1, elet) — 0, 


eVk= ek =0, ek = ek' =0 (71,6) 


{per ciascuno dei fotoni questi 4-vettori possono servire da sistema 
di riferimento quadridimensionale mediante il quale si realizza la 
«descrizione invariante delle loro proprietà di polarizzazione; vedi 
$ 8). 

Siano % e k' i 4-impulsi iniziale e finale del fotone, e p e p' le 
corrispondenti quantità per la particella bersaglio. Consideriamo 
i quadrivettori 

VI ’ rpK+#p'K 
P'=p+p*_K __ K2 


71,7 
N*= eMbvoP,gyKo, al 


dove 
K=k+k, q=pT—_p'=k —k. 


‘Questi vettori sono evidentemente ortogonali. Essi sono ortogonali 
anche ai quadrivettori X, g e quindi anche a %, #'. Essendo ortogo- 
nali al 4-vettore del genere tempo X (XA? = 2%kk' >), significa 
che essi sono del genere spazio (infatti, nel sistema di riferimento in 
cui K = 0, dall’uguaglianza KP = 0 segue che Ph =0, e quindi 
P? <0). Normalizzando P e N, cioè formando 


A NI 
eli) — — a. PC) (RETRO : (71,8) 
V_N? V_P? 
noi otteniamo una coppia di quadrivettori, che godono di tutte le 
proprietà richieste. Notiamo che e‘® è un « vero » vettore, mentre 


e è uno pseudovettore. 
Rappresentiamo l’ampiezza di diffusione del fotone nella forma 


M;j= Festen, (71,9) 


‘evidenziando i 4-vettori polarizzazione e, e’ dei fotoni iniziale e fi- 
nale. 

3) Diffusione di un fotone su una particella di spin 0. Il tensore 
FM nella (71,9) deve essere costruito solo con i 4-impulsi delle par- 
ticelle. Lo si può rappresentare nella forma 


F*P = f,e(i)Me(1)M L fye(2Ael(2u, (74,10) 


dove f,, f, sono ampiezze invarianti, il cui numero è, in questo caso, 
uguale a 2. Notiamo che il termine contenente il prodotto e et@u 
è impossibile in F*#, poiché questo prodotto è uno pseudotensore e, 
sostituito nella (71,9), avrebbe dato uno pseudoscalare. 


MATRICE DI DIFFUSIONE 331 


4) Diffusione di un fotone su una particella di spin 1/2. Rappre- 
sentiamo il tensore F,, nella forma 


Fry = Go (eWPe + efel) + Gi (ee + 

+ elett) + Go (Mel — Pell) + Ga (ee — ee), (74,11) 
dove Go, G3 sono « veri » scalari, e G, e G, sono degli pseudoscalari. 
Sia questi che quelli sono bilineari rispetto alle ampiezze bispino- 
riali dei fermioni u (p’) e u (p), hanno cioè la forma 


Gr=U(p')Qnu(p). (71,12) 
La forma generale delle matrici Q, (rispetto agli indici bispinoriali) è 
Q=f+fÈ, Q=Y (f3+AÉ), 


. A 11,13 
Q2=% (f5+ feK), Q3=f+ fsK, 


dove K = k + K'. licoefficienti f,, . . ., fg sono le ampiezze inva- 
rianti, il cui numero è risultato qui uguale a 8 (invece delle 6 richie- 
ste) per il fatto che non si è ancora tenuto conto dell’invarianza 7. 
L’inversione temporale scambia di posto i 4-impulsi iniziale e 
finale delle particelle, cambiando anche i segni delle loro componenti 
spaziali: 

(Ko K) > (ki —K), (Po D) —> (Po —P'). (71,14) 
I quadrivettori polarizzazione dei fotoni si trasformano come segue: 
(eo, e) > (6°, — e'*) (71,15) 

(cfr. la (8,11a)), e quindi 

(eo'co, ci*eo, ci*en) > (eo'eo, — ev%e;, enter). 


In virtù dell’ultima trasformazione la condizione di invarianza 
dell’ampiezza di diffusione (71,9) è equivalente alla richiesta 


(Foo Fio Fia) > (Foo — Fois Fui). 

D'altra parte, come conseguenza delle sostituzioni (71,14) abbiamo 
(Ko, K) > (Ko — K), (doo A) > (— do; 2)» 
(Por P) > (Po — PD), (No, N) > (No, — N), 

e perciò 

(eb, ett.2) > (ep, — e(.2)). (71,16) 

Dalla espressione (71,11) segue quindi che deve essere 


Go, 1,3 > Go 13 Ga +— Go, 


332 CAPITOLO VII 


Abbiamo| visto precedentemente che per l'inversione temporale 
abbiamo 


uu u'u, u'Ku — ut Ku. (71,17) 
Analogamente si può trovare che 
u'yu > —u' yu, uu + uvkKu. (71,18) 


Dalle espressioni (71,12-13) si vede infine che l’invarianza 7 dell’am- 
piezza di diffusione implica 


fs=fe=0. (71,19) 


$ 72. Condizione di unitarietà 


La matrice di diffusione deve essere unitaria: SS® = 1, ovvero, 
in termini di elementi di matrice, 


(SS); = Di SinSt= dts (72,1) 


dove l’indice n numera tutti gli stati intermedi possibili!). Questa è 
la proprietà più generale della matrice $, che garantisce la conser- 
vazione della normalizzazione e della ortogonalità degli stati nelle 
reazioni (cfr. III, $ 125, 144). In particolare, gli elementi diagonali 
dell'uguaglianza (72,1) esprimono semplicemente il fatto che la som- 
ma delle probabilità di transizione da un dato stato iniziale ad uno 
stato finale qualsiasi è uguale all’unità: 


Di Sni p=1. 


Sostituendo nella (72,1) gli elementi di matrice nella forma (65,2), 

otteniamo?) 
Ty Ti=i (20) di 80 (P,—Pa)T Tn (72,2) 

n 

Notiamo che la parte sinistra di questa uguaglianza è lineare ri- 
spetto agli elementi di matrice T mentre la parte destra è quadratica. 
Se l’interazione contiene un parametro « piccolo » (come, ad esem- 
pio, l’interazione elettromagnetica), allora la parte sinistra sarà del 
primo ordine di grandezza rispetto a questo parametro, la parte 


1) Il senso concreto del simbolo è,; nella (72,1) dipende naturalmente dalla 
scelta concreta dei numeri quantici e dalla normalizzazione delle funzioni d'onda 


del sistema. Esso deve essere definito in modo che: DI; d;; = 1. 


f 
?) Se scriviamo la condizione di unitarietà nella forma S*S ={1 (invertendo 
cioèi fattori S* e S) allora la (72,2) si rappresenta nella forma equivalente 


Tri -Ty=i(20)4D) 60 (Pi —Pn)T*yTnio (72,2a) 
n 


MATRICE DI DIFFUSIONE 333 


destra del secondo. Nell’approssimazione del primo ordine si può 
quindi trascurare la parte destra, e allora abbiamo 


Ti = Ti, (72,3) 


cioè la matrice T è hermitiana. 

Per dare alla condizione di unitarietà (72,2) una forma più con- 
creta, occorre precisare cosa si intenda esattamente per sommatoria 
su n. Chiariamo questo punto per il caso di collisione di due parti- 
celle, supponendo inoltre che le leggi di conservazione permettano 
solo la diffusione elastica; allora anche tutti gli stati « intermedi » 
nella (72,2) saranno stati «a due particelle ». La sommatoria su 
questi stati significa l’integrazione rispetto agli impulsi pf, pj e la 
sommatoria sui numeri quantici di spin (ad esempio, sulle elicità) 
di ambedue le particelle, che denoteremo con 4”: 


1_ { V2dpidpi 
dDi= | ed. 
n A” 


Eliminando le funzioni è con lo stesso metodo usato nel $ 65, otte- 
niamo la condizione di unitarietà « a due particelle » nella forma 


iV2 |p #_N # 
Tu Tig= ma Dè pl Î TinT in8; E, do , 


dove % è l'impulso ed £ sii totale nel sistema del baricentro. Il 
volume di normalizzazione scompare da questa relazione dopo il 
passaggio dalle ampiezze 7;; alle ampiezze M;; eseguito secondo la 


(65,10) | ù 
* LÌ % " 
Mit = DE | M inMîndo . (72,4) 


Definiamo l’ampiezza di diffusione elastica in modo che 
do=|(m'X"|f|mnA){do' (72,5) 
(n,n' sono le direzioni degli impulsi iniziale e finale; A, 2’ i numeri 


ia di spin iniziali e finali). Un confronto con la (65,19) mostra 
che 


(m'N'|f|nK=-— My (72,6) 


nà 
e la condizione di unitarietà (72,4) assume la forma 


(m'2° | f|mA)— (mA|f| mn)" =HEL 5 (41 f| n") x 
x 


x (nA|f|n"X")* do", (72,7) 


PITOÀ Vania la nota formula della teoria non relativistica III 


334 CAPITOLO VII 


Per ampiezza di diffusione elastica ad angolo zero si intende 
l'elemento di matrice diagonale 7;;, per il quale lo stato finale delle 
particelle coincide con quello iniziale‘). Per questa ampiezza la 
condizion di unitarietà (72,2) assume la forma 


21m Ti = (20) DI Tin 289 (P,— Pa). (72,8) 


La parte destra di questa uguaglianza differisce solo per un fattore 
moltiplicativo dalla sezione d’urto totale di tutti i processi possibili 
di diffusione per un dato stato iniziale i; indichiamo questa sezione 
con 0;. Infatti, sommando la probabilità (65,5) sugli stati f e divi- 
dendo per la densità di flusso j, troviamo 


0,= SELL S| T.n P 8 (P;— Pa), 


e quindi 
ELA Im Tii =0 

n) 
Il volume di normalizzazione scompare dopo la sostituzione 7;; = 
= M;;l/(2e,V - 2e,V) (€,, €, sono le energie delle particelle nel siste- 
ma del baricentro) e la sostituzione di j secondo la (69,17): 


ImMi=2|p|eo,. (72,9) 
Questa formula costituisce il contenuto del cosiddetto teorema ottico. 


Se si introduce l’ampiezza di diffusione elastica (72,6), questa for- 
mula assume la sua forma ordinaria 


Im(nA]f|nA=-2! 0, (72,10) 


(cfr. III (142,10). 
Se la matrice S è data in rappresentazione angolare (ampiezze 


parziali), essendo essa diagonale in J, la condizione di unitarietà si 


scrive separatamente per ciascun 4J. 
Cosî, se è possibile solo la diffusione elastica, la condizione di 


unitarietà assume la forma 

3, (N° Î S| 2”) (A Î Ku Î I" = Bi1° (72,11) 
In virtà dell’invarianza 7 la matrice di diffusione elastica è simme- 
trica (cfr. (70,10)) e quindi può essere diagonalizzata. Dopo questa 
operazione la condizione di unitarietà richiede che gli elementi 
diagonali siano in modulo uguali a 1; si conviene di scriverli ip 


1) Sottolineiamo che si parla proprio degli elementi della matrice T, e non 
S, cioè l'elemento diagonale viene trovato dopo che dalla matrice S è stata eli- 
minata la matrice unità. 


MATRICE DI DIFFUSIONE 335 


questo caso nella forma 
SI = exp (2i8;n), (72,12) 


dove è;, sono costanti reali, funzioni dell’energia (l’indice ” numera 
gli elementi diagonali per un dato J). Nel caso generale, quando il 
numero di ampiezze indipendenti N è maggiore del rango della ma- 
trice (quadrata) SY, i coefficienti di trasformazione, che realizzano: 
la diagonalizzazione di S7, dipendono da J e £ (questi coefficienti, 
oltre ai valori principali della matrice, contengono allora delle quan- 
tità indipendenti, equivalenti alle N quantità iniziali). Se, però, il 
numero N coincide con il rango della matrice SY (e quindi con il 
numero dei suoi valori principali), allora i coefficienti di diagonaliz-. 
zazione sono universali. Gli stati che diagonalizzano SY” sono stati 
di parità definita (ma, beninteso, non di elicità definita). 

La condizione (72,11), espressa attraverso le ampiezze parziali 
(A 17 |A), ha la forma 


(411° ]M_-]/"12)*= 
=2il p|ZA1S]2) 1/99, (72,13) 
come è facile verificare sostituendo lo sviluppo (69,13) nella (72,7) 
e tenendo conto della ortonormalità delle funzioni D. Se c’è anche 


l’invarianza 7 la matrice A’ | {7 |A) è simmetrica, e la (72,13) as- 
sume la forma 


Im (| |A=|p| A |fEF 12). (72,14) 
Se la matrice è diagonalizzata, i suoi elementi diagonali sono 
J___1 2i8rn__4\__1_ ,55n 
fi zi pi (en MES e Jn sen Oyn. (72,15) 


Indichiamo infine alcune conseguenze che discendono congiun- 
tamente dalla condizione di unitarietà e dalla richiesta di invarianza 
CPT. In virtù di quest ultima abbiamo 


if’ 
dove i e f sono stati che differiscono da i e f per la sostituzione di 
tutte le particelle con antiparticelle (e anche per il cambiamento di 
segno dei momenti angolari, mentre restano invariati gli impulsi). 
In particolare, per gli elementi diagonali risulta 


Ti —= T.-. 
Dalla (72,8), o dalla (72,9), discende”quindi che la sezione d'urto 


totale di tutti i processi possibili (per un dato stato iniziale) è uguale 
per reazioni tra particelle e antiparticelle. 


336 CAPITOLO VII 


{n particolare, sono uguali le probabilità totali di decadimento 
(cioè la vita media) di una particella e della rispettiva antiparticel- 
la. Questi risultati (insieme con l'uguaglianza delle masse di parti- 
cella e antiparticella ($ 11)) sono le conseguenze più importanti del- 
l’invarianza CPT delle interazioni. Ricordiamo (vedi fine $ 70) che, 
perché un'affermazione analoga sia valida per ciascuno dei possibili 
canali di decadimento separatamente, si deve richiedere anche l’os- 
servanza dell’invarianza CP. 


PROBLEMA 


Usando la condizione di unitarietà, trovare la connessione tra le fasi delle 
ampiezze parziali di fotoproduzione di pioni in reazione con nucleoni () + N + 
+ n + N) e le fasi di diffusione elastica di pioni su nucleoni (n + N + n + 

N); nella soluzione occorre tener conto del fatto che la diffusione n è rego- 
lata dalle interazioni forti, mentre la fotogenerazione e la diffusione yN sono 


regolate dalla interazione elettromagnetica. 
Soluzione. Introduciamo per le ampiezze parziali le seguenti notazioni: 


(N S| yN)=5Sy, 
(sono stati omessi gli indici J e i simboli delle elicità). La fotoproduzione è un 
processc del primo ordine rispetto alla carica elettrica e, mentre la diffusione 
yN è del secondo; perciò Say — e, Syy — 1 — e?. L'ampiezza Sxn non contiene 
invece alcun fattore « piccolo ». Limitandoci a considerare i termini — e, le 
condizioni (72,1) danno le relazioni 


SnySty +Snn5ta = SayvtSanSta=0; (1) 

SrySty tSanSin ® SanSka=1 (2) 

(nella parte destra dell'uguaglianza (2) per 1 occorre intendere una matrice 
unità rispetto alle variabili di spin). In virtù dell’invarianza 7 la matrice Sax 


è simmetrica, e S,x= Sny. Prendiamo la matrice Sx in forma diagonale, cioè 
rispetto agli stati d l pione di parità definita; allora dalla (2) discende che gli 


elementi diagonali nanno la forma e?/5x con diverse costanti 8,. Quindi, dalla 
(1), per ciascuno degli elementi della matrice $,.. troviamo 


Say 2i6_ 
_—_— Ri 


da cui 
. i) 


In tal modo, la fase dell’ampiezza parziale di fotoproduzione (in uno stato di 
parità definita) è determinata dalla fase di diffusione elastica 1N. 


Capitolo VIII 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 


$ 73. Prodotto cronologico 


Le probabilità dei diversi processi che hanno luogo nelle colli- 
sioni fra particelle, la cui interazione reciproca può essere conside- 
rata piccola, vengono calcolate mediante la teoria delle perturba- 
zioni. Il formalismo che caratterizza d’ordinario (per la meccanica 
quantistica non relativistica) questa teoria ha, tuttavia, il difetto 
che non sono in esso evidenti le condizioni di invarianza relativistica. 
Anche se nell’applicazione di tale formalismo a problemi relativistici 
il risultato finale soddisfa queste condizioni, la forma non invariante 
delle formule intermedie complica notevolmente i calcoli. Il presente 
capitolo è dedicato allo sviluppo di una teoria relativistica coerente 
delle perturbazioni libera da questo difetto; essa venne costruita da 
R. Feynman (1948-49). 

Poiché la descrizione del sistema viene fatta col metodo della 
seconda quantizzazione, indicheremo con © la funzione d’onda nello 
« spazio » dei numeri di occupazione dei diversi stati delle particelle 
libere. L’hamiltoniano del sistema è H = H, + V, dove V è l’ope- 
ratore di interazione. Siano P, le autofunzioni dell’hamiltoniano 
imperturbato; ciascuna di esse corrisponde a valori definiti di tutti 
i numeri di occupazione. Una funzione generica ® è rappresentabile 


in forma di sviluppo ® = YIC,D,. Allora l'equazione d'onda esatta 
, 0 
i =(Ho+V)® (73,4) 


si rappresenta sotto forma di un sistema di equazioni nei coefficien- 
ti C,i 
iCn= DI Vame En Em"Cmi (73,2) 
m 


dove V,,m sono gli elementi di matrice, indipendenti dal tempo, del- 
l'operatore V, e £, sono i livelli energetici del sistema imperturbato 


(cfr. III, $ 40). 
Per definizione, l’operatore V non dipende esplicitamente dal 


tempo. Invece le quantità 
Vum (t) = Vame in Em! (73,3) 


338 CAPITOLO VIII 


sì possono considerare come elementi di matrice dell’operatore 


dipendente dal tempo 
V (2) = eiHotVe-iHo!, (73,4) 


Si dice che V (t) è l’operatore nella rappresentazione di interazione 
(mentre V, indipendente dal tempo, è l’operatore nella rappresen- 
tazione di Schròdinger!)). Denotando ora con la stessa lettera di pri- 
ma © la funzione d’onda in questa nuova rappresentazione, scriviamo 
le equazioni (73,2) nella forma simbolica 


iD=V() 2. (73,5) 


Tutta la variazione della funzione d’onda, in questa rappresentazio- 
ne, è dovuta unicamente all’effetto della perturbazione, corrisponde 
cioè a processi che avvengono per effetto dell’interazione delle 


particelle. 
Se @ (t) e D (t + 6t) sono i valori di ® in due istanti infinita- 


mente vicini, allora in virtù della (73,5) essi sono legati dalla rela- 
zione 
D(1-4+ 6) =[1—idt-V (#)] D (1) = ei8!VOD (2). 


Corrispondentemente, il valore di © in un istante qualsiasi i; può 
essere espresso mediante il suo valore in un certo istante iniziale 
; (t; >t;) in base alla relazione 


f 
® (t;)=([[e 7a”) © (4), (73,6) 


dove il simbolo |] indica il limite del prodotto su tutti gli interval 
li infinitamente piccoli ét, compresi tra #; e #;. Se V (t) fosse una 
funzione ordinaria, allora questo limite si ridurrebbe semplice- 
mente a 

i) 

exp | —i | V (t) dt). 

ti 
Questa operazione si basa sulla commutatività dei fattori, conside- 
rati ad istanti diversi, della quale si fa uso nel passaggio dal prodotto 
degli esponenziali nella (73,6) all’esponenziale della somma. Ma per 
l'operatore V (#) questa commutatività non esiste e la riduzione ad 
un integrale non è possibile. 


1) Sottolineiamo che nella definizione (73,4) figura l'operatore impertur- 
bato Hy, a differenza di quanto avviene nella cosiddetta rappresentazione di 
Heisenberg, in cui 

vH (1) — eiHiv,-iHt 


(vedi III, $ 13). 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 339. 


Riscriviamo la (73,6) nella forma simbolica 


i; 
O ()=Tespf—i (vo dt} © (t1), (73,7) 
i. 


dove T è l’operatore cronologico!), che sta a significare una determi- 
nata successione (« cronologica ») degli istanti nei fattori successivi 
del prodotto (73,6). In particolare, ponendo t; + —00, t;+ + co 


abbiamo 
D (+00) = SP (00), (73,8) 
dove 
S=Texp{—i \ VOod). (73,9) 


Il senso della scrittura simbolica della soluzione formalmente 
esatta (73,7-9) dell'equazione d’onda consiste nel fatto che questa 
scrittura permette di scrivere facilmente lo sviluppo in serie di 
potenze della perturbazione: 


00 00 00 


en fat | at... | di: T{V@IV()...V(4)} 
ci 0 Di (73,10) 


Qui, in ciascuno dei termini, la X-esima potenza dell’integrale è scrit- 
ta sotto forma di un integrale di molteplicità £, e l'operatore T sta a 
indicare che per ogni insieme di valori delle variabili #,, f2, -.., #x 
occorre disporre i corrispondenti operatori in ordine cronologico: 
da destra a sinistra in ordine crescente dei valori di 1°). 

Dalla definizione (73,8) è evidente che, se prima dell'urto il. 
sistema si trovava nello stato ®; (una certa collezione di particelle. 
libere), allora l'ampiezza di probabilità di transizione allo stato. Dy 
(altra collezione di particelle libere) è l’elemento di matrice $,;. 
In altre parole, questi elementi formano la matrice S. 


“ 


L'operatore di interazione elettromagnetica è già stato scritto 


nel $ 43: 


V=e { (jA) dr. (73,11) 
Sostituendolo nella (73,9), otteniamo 
S=Texp{—ie {GA) dix}. (73,12) 


1) Non confondere con l’operatore di inversione temporale! 
2) La deduzione delle regole della teoria invariante delle perturbazioni 
mediante lo sviluppo (73,10) appartiene a F. Dyson (1949). 
22 


340 CAPITOLO VIII 


Il fatto importante è che l'operatore (73,12) è relativisticamente inva- 
riante. Questo è chiaro dalla natura scalare dell’espressione inte- 
granda (jA), dal carattere invariante sia dell’integrazione rispetto 
a d‘x che dell’operazione di ordinamento cronologico. Quest'ultimo 
fatto richiede, tuttavia, un chiarimento. 

Come è noto, la successione di due istanti t, e #, (cioè il segno 
della differenza 1, — t,) non dipende dalla scelta del sistema di rife- 
rimento, se questi istanti si riferiscono a punti dello spazio-tempo 
Z, e £,, separati da una « distanza » del genere tempo: (x, — 2,)? >0. 
In questo caso l’invarianza dell'ordinamento cronologico è evidente. 
Se invece (x, — z;)? <0 (« distanza » del genere spazio), allora in 
sistemi di riferimento differenti si può avere sia £, >, sia t, < fj}). 
Questi due punti corrispondono, però, a eventi, tra i quali non può sus- 
sistere una relazione di causalità. É evidente perciò che gli operatori 
di due grandezze fisiche, relative a questi punti, non possono non 
commutare tra loro; infatti, la non commutatività di due operatori 
significa, da un punto di vista fisico, che le grandezze in questione 
non possono essere misurate simultaneamente, il che presuppone 
l’esistenza di una relazione fisica tra i due processi di misura. Di 
conseguenza, l'ordinamento cronologico del prodotto rimane inva- 
riante anche in questo caso: anche se una trasformazione di Lorentz 
può cambiare la successione degli istanti, grazie alla commutatività 
dei fattori si può sempre ristabilire l’ordine cronologico?). 

È facile vedere che la definizione, data in questo paragrafo, della 
matrice $S soddisfa automaticamente la condizione di unitarietà. Rap- 
presentando S in forma di prodotto cronologico, che figura nella 
(73,6), e tenendo conto del fatto che V è hermitiano, troviamo che 
S* si esprime come il prodotto degli stessi fattori exp (i8t,-V (ta)) 
(col segno opposto all’esponente) disposti in ordine cronologico 
iniverso. Di conseguenza moltiplicando S con S*, tutti i fattori si 


semplificano a due a due. 


1) Invece di « distanze » del genere tempo e del genere spazio, si parla spes- 
so, per brevità, di regioni rispettivamente all’interno e all’esterno del cono di 
luce: tutti i punti x, separati dal punto x’ da una distanza (z — 27’)? > 0, si 
trovano all’interno del cono a due falde con il vertice nel punto x’, mentre i 
punti, separati da x’ da una distanza (x — x’)? <— 0, si trovano all’esterno di 
questo cono. 

2) Per evitare malintesi, questa affermazione, per l'applicazione al prodotto 
V (ha) V (t2) ..., richiede una precisazione. Poiché l’operatore V non gode 
4Aell’invarianza di gauge (esso varia insieme con A), allora i fattori V (t,), 
V (ta), . « +, Che per un gauge del potenziale sono commutativi, possono non 
esserlo per un altro gauge. Le affermazioni fatte devono essere intese nel senso 
che è sempre possibile una scelta del gauge del potenziale, per il quale V (#1), V (#2) 
siano commutativi all’esterno del cono di luce. Questa precisazione non ha, evi- 
dentemente, alcuna conseguenza sull’invarianza della matrice S: le ampiezze 
di diffusione, in quanto quantità fisiche reali, non possono dipendere dal gauge 
del potenziale (formalmente questa indipendenza discende dall’invarianza di 
gauge, notata nel $ 43, dell’integrale d’azione). 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 341 


Notiamo che l’unitarietà dell’operatore S è garantita, in questo 
caso, dal fatto che l’hamiltoniano è hermitiano. La richiesta di uni- 
tarietà ha, in realtà, un carattere più generale delle ipotesi che stanno 
alla base della teoria che andiamo esponendo. Essa dovrebbe venire 
soddisfatta anche per una descrizione quantomeccanica, in cui non 
si usassero i concetti di hamiltoniano e di funzione d'onda. 


$ 74. Diagrammi di Feynman per la diffusione di elettroni 


Mostriamo ora sulla base di esempi concreti come viene eseguito 
il calcolo degli elementi di matrice. Questi esempi renderanno più 
facile la successiva formulazione delle regole generali della teoria 
invariante delle perturbazioni. 

L’operatore di corrente j contiene il prodotto di due operatori 
elettronici w. Perciò al primo ordine nella teoria perturbativa potreb- 
bero avere luogo processi, nei quali intervengono in tutto (negli 
stati iniziale e finale) tre particelle: due elettroni (operatore j) 
e un fotone (operatore A). È facile, tuttavia, vedere che questi proces- 
si tra particelle libere sono impossibili: essi sono vietati dalla legge 
di conservazione dell’energia e dell’impulso. Se p, e p, sono i 4-im- 
pulsi degli elettroni, e % il 4-impulso del fotone, allora la conserva- 
zione del 4-impulso è descritta dall’uguaglianza %X = p, — pi oppure 
k = p, + pi. Queste uguaglianze sono, tuttavia, impossibili, 
poiché per il fotone X° = 0, mentre il quadrato (p, + p;)? è diverso 
da zero. Infatti, calcolando il valore del quadrato (p, + p;)? nel 
sistema di quiete di uno degli elettroni otteniamo 


(po + p.)?= 2(m? + p;p»)= 2(m° +. €, F pp.) = 2m(m +). 
Poiché e, >m abbiamo 
(p2+ p.)? > 0, (pi— pi)? <0. (74,1) 


In tal modo, i primi elementi (non diagonali) non nulli della ma- 
trice $ possono comparire soltanto al secondo ordine nella teoria delle 
perturbazioni. Tutti i relativi processi sono contenuti nell’operatore 
del secondo ordine, che si ottiene sviluppando l’espressione (73,12): 

2) e? 4 4 nl slo VV (0 ’ 
= | |\dedx-T(j" (2) Au(2)j (2) Ay(2°)). 
Poiché gli operatori elettronici e fotonici commutano tra loro, allora 
il prodotto 7, che compare qui, può essere scomposto in due prodot- 
ti 7: 
e? j } : 1 ; 700 
Son (diede Tim TAMA (2). (74,2) 

Come primo esempio esaminiamo la diffusione elastica di due 
elettroni; nello stato iniziale abbiamo due elettroni di energia-impul- 
SO Pi € Pa, e nello stato finale due elettroni di energia-impulso p3 e py. 


342 CAPITOLO VIII 


È inoltre sottinteso che tutti gli elettroni si trovano in determinati 
stati di spin; per brevità, gli indici delle variabili di spin sono ovun= 
que omessi. 

Poiché in ambedue gli stati i fotoni mancano, è chiaro che il 
necessario elemento di matrice del prodotto 7 degli operatori foto- 
nici è l’elemento diagonale (0 |... |0), dove il simbolo |0) indica 
lo stato di vuoto fotonico. Questo valor medio nel vuoto del prodotto 
T rappresenta (per ogni coppia di indici pv) una determinata funzio- 
ne delle coordinate dei punti x e x’. In virtù della omogeneità dello 
spazio-tempo le coordinate possono figurare solo attraverso la diffe- 
renza x — x’. Il tensore 


Duy(a—-2')=i(0|TAy(2) Ay (24)]0) (74,3) 


è chiamato funzione di propagazione dei fotoni (0 propagatore fotonico). 
Il calcolo di questa funzione verrà eseguito nel $ 77. 
Per il prodotto 7 degli operatori elettronici è necessario calco- 


lare l'elemento di matrice 
(34 | Ti" (z)j' (2) 112), (74,4) 


dove i simboli | 12), | 34} indicano gli stati in cui sono presenti 
coppie di elettroni di impulsi corrispondenti. Anche questo elemento 
può essere rappresentato sotto forma di valor medio nel vuoto me- 
diante l'evidente uguaglianza 


(2|F|1)=0|a.Fa}|0), 
dove F è un operatore qualsiasi, af e a, sono rispettivamente gli opera- 


tori di creazione del primo elettrone e di distruzione del secondo. 
Perciò, invece della (74,4), possiamo calcolare la quantità 


(0 | aga,T (j" (2) j° (2*)) agaf]0) (74,9) 
(gli indici 4, 2, ... sostituiscono, per brevità, pi, Pa, - | .). 


Ciascuno dei ‘due operatori di corrente rappresenta il prodotto 
j = wyp, e ciascuno degli operatori p è rappresentato dalla somma 


op= di (apbt + bip), 
= 2 (25, + bop) (74,6) 


(i secondi termini contengono operatori positronici, che nel nostro 
caso non « lavorano »). Quindi il prodotto j! (x) j* (x’) si rappresenta 
sotto forma di una somma di termini, ciascuno dei quali contiene il 
prodotto di due operatori a, e di due az. Questi operatori devono 
assicurare la distruzione degli elettroni 1 e 2 e la generazione degli 
elettroni 3, 4. In altre parole, si tratta degli operatori a,, a, 43, 4}, 
i quali, come si dice, si contraggono con gli operatori « esterni » aj, 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 343 


at, az, a, nella (74,5) e si semplificano in accordo con le uguaglianze 
(0]|a,a5[0})=1. (74,7) 


In corrispondenza alle possibili scelte degli operatori w, da cui 
vengono presi nella (74,5) gli operatori aj, a», af, af, compaiono i 
seguenti quattro termini: 


area 7: 
(74,5) = 238, (Py) (p'y'p') azar + 
vwe—_Y__—_ _ 


pa RR E a, 
+ aza, (PYPp) (Yap) azat + 232; (Py) (p'y"p') azar + 
n li bri È e i 


Sa 


__ Vi = 
+ asa, (Py tw) (p'yp')asar, (74,8) 
v—->/r — 


e nei 


dove = + (2), pd = + (2°), e mediante archi sono uniti quegli o pe- 
ratori tra i quali avviene la contrazione, cioè quelli dai quali viene 
presa la coppia di operatori a, a* che si semplificano poi secondo la 
(74,7). In ciascuno di questi termini, mediante successive trasposi- 
zioni degli operatori aj, ay, ..., Si possono disporre in posizioni 
contigue gli operatori coniugati (aj aj, ecc.); a questo punto il valor 
medio del loro prodotto si riduce al prodotto dei valori medi (74,7). 
Tenendo conto del fatto che tutti gli operatori anticommutano 
{1, 2, 3, 4 sono stati differenti !)!), troviamo che l'elemento di 
matrice (74,4) è uguale a 


(34 | Tj" (2) j"(29)|12)= (Pay pa) x 
x (Wy*w:) + (Parla) (p/yp2) — 
— (sy bo) (PPP) — (Pra) (Pd). (74,9) 


Notiamo che il segno complessivo di questa somma è convenzionale 
e dipende dall'ordine in cui sono disposti nella (74,5) gli operatori 
elettronici « esterni ». Questa circostanza corrisponde al fatto che 
il segno complessivo dell’elemento di matrice per la diffusione di 
fermioni identici è, generalmente, arbitrario. Il segno relativo, invece, 
dei diversi termini nella (74,9) non dipende, ovviamente, dal partico- 
lare ordine di disposizione degli operatori esterni. 

I due termini nella prima e nella seconda riga della (74,9) diffe- 
riscono solo per la simultanea trasposizione degli indici u, v e degli 
argomenti x, x’. Tale trasposizione non cambia, evidentemente, nem- 


.  *) Grazie a questa anticommutatività, gli operatori j (x) e j (r') si possono, 
în questo caso, considerare commutativi (nel calcolo dell’elemento di matrice) 
e quindi si può omettere il segno del prodotto cronologico 7°. 


344 CAPITOLO VIII 


meno l’elemento di matrice (74,3) (nel quale l’ordine dei fattori è 
stabilito sempre dal simbolo T). Perciò, dopo la moltiplicazione della 
(74,3) con la (74,9) e l’integrazione rispetto a d'x d‘z’, i quattro ter- 
mini nella (74,9) danno risultati a due a due uguali, e quindi l’ele- 
mento di matrice ha la forma 


Spzie| | diede Du (e-2 {dava (Pv) — 
— (Peri) (Pr p)} (74,10) 


(si noti la scomparsa del fattore 1/2). 
Le funzioni d’onda elettroniche sono le onde piane (60,8). Perciò 


l’espressione tra parentesi graffa ha la forma 
{. i .}= (U, yu») (ugyU,) e 'i(p2- pa)x—i(pi—p3)x" __ 
— (u,yHU:) (UgyVUs) e-i1-Po)x- i02- Pax" == 
= {(uytu,) (Ugyu,) ec il®2-P0+ps-po18? _ 
es (usyu,) (Ugy"Uo) e-il(®1-Pa)+(p3-pd}E/2) Xx 


Xx e-i(pitp2-p3-pa)X_ 


dove X = (x + 2x')/2, E = x — 2’. L'integrazione in d'z d'z’ viene 
sostituita con l’integrazione in: d4€ d'X. L’integrale in d'X dà una 
funzione è (in virtù della quale p; + p, = ps + pi). Passando quin- 
di dalla matrice S alla matrice M ($ 65), per l’ampiezza di diffu- 
sione otteniamo 
Mj=e° {(,pPU2) Duy (Pi — Pa) (ugyVu:) va (uu) Duy X 

X (Pa— Pa) (Usy'uz)}. (74,11) 
Qui è stata introdotta la funzione di propagazione nella rappresen- 
tazione degli impulsi 


Dv (k)= | Dv (%) ei dit. (74,12) 
Ciascuno dei due termini dell’ampiezza (74,11) può essere sim- 
bolicamente rappresentato mediante i cosiddetti diagrammi di Feyn- 
man. 
Il primo termine è rappresentato dal diagramma 
Ps P, 


e‘(î, y*u,) Duv(k) (7, yu.) “oi fk (74,13) 


p, P, 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 345. 


A ciascuno dei punti di intersezione delle linee (vertici del diagramma): 
si mette in relazione un fattore y. Le linee continue « entranti », diret- 
te verso un vertice, corrispondono agli elettroni iniziali; ad esse si 
mettono in relazione i fattori u, cioè le ampiezze bispinoriali dei 
corrispondenti stati elettronici. Le linee continue « uscenti », dirette 
a partire dai vertici, sono gli elettroni finali; a queste linee 


si mettono in relazione i fattori u. Nella « lettura » del diagramma i 
fattori citati si scrivono da sinistra a destra nell’ordine corrispon- 
dente allo spostamento secondo le linee continue nel senso opposto 
alla direzione delle frecce. I due vertici sono uniti da una linea trat- 
teggiata, che corrisponde ad un fotone virtuale (intermedio), « emes- 
so » in un vertice e « assorbito » nell'altro; a questa linea si mette in 
relazione ilNattore — iD yy (£). Il 4-impulso X del fotone virtuale è 
determinato dalla « conservazione del 4-impulso nel vertice », cioè 
dall’uguaglianza della somma degli impulsi delle linee entranti e 
delle linee uscenti; nel caso in esame % = p, — ps = p, — Pol). 
Oltre a tutti i fattori citati, al diagramma viene assegnato global-. 
mente ancora il fattore (—ie)? (l'esponente è uguale al numero dei 
vertici nel diagramma), e in questa forma esso entra come fattore in 
iM;;. Analogamente il secondo termine nella (74,14) si rappresenta 
mediante il diagramma (ora 4’ = pi — pa = Ps — D2)?) 


Di P, 
e?(7,y"u,)Dyy(k)(î y"u,) = pk (74,14) 


P; P, 


Le linee relative alle particelle iniziali e finali sono chiamate 
linee esterne o terminali liberi del diagramma. I diagrammi (74,13) 
e (74,14) differiscono l’uno dall'altro per lo scambio dei due termi-- 


1) La lettura del diagramma si può iniziare indifferentemente da p3 0 da pu: 
le espressioni che si ottengono coincidono tra loro in virtù del carattere simme- 
trico del tensore D,,y. È indifferente anche la scelta della direzione della linea 
del fotone virtuale: un cambiamento di questa direzione porta solo ad un cam-. 
biamento del segno di , che è inessenziale in forza della parità delle funzioni 
D,y (k) (vedi $ 77). i " 

2) I diagrammi di Feynman possono essere messi in relazione con i termini 
dell’ampiezza di diffusione non solo nella rappresentazione degli impulsi, ma 
anche nella rappresentazione delle coordinate originaria (integrali (74,10)). Il 
ruolo delle ampiezze elettroniche è svolto ora dalle corrispondenti funzioni delle 
coordinate, e i propagatori vengono presi nello spazio delle coordinate. Ad ogni 
vertice corrisponde una delle variabili di integrazione (x oppure x’ nella (74,10); 
i fattori, assegnati alle linee intersecantisi in un vertice, vengono presi come 


funzione di questa variabile. 


346 CAPITOLO VIII 


nali elettronici liberi (p3 e p,). Tale scambio di due fermioni cambia 
il segno del diagramma; questa regola corrisponde al fatto che nell’am- 
piezza (74,11) i due termini entrano con segni diversi. 

Esaminiamo ora la diffusione elettrone-positrone; indichiamo 
i loro impulsi iniziali rispettivamente con p_ e p+, e gli impulsi 
finali con pl e p,.. 

Gli operatori di creazione e di distruzione dei positroni entrano 
negli operatori w (74,6) insieme con i rispettivi operatori di creazione 
e di distruzione degli elettroni. Mentre nel caso precedente la distru- 
zione delle due particelle iniziali era garantita dall'operatore w e la 


——5 


creazione delle due particelle finali dall’operatore w, qui il ruolo 
.di questi operatori nei confronti degli elettroni e dei positroni è op- 


posto. Perciò la funzione coniugata w (—p+) descriverà ora il positro- 
ne iniziale, e la funzione wp (—p;) il positrone finale (ambedue prese 
«col segno opposto del 4-impulso). Tenendo conto di questa differenza 
‘otteniamo l’espressione dell’ampiezza di diffusione!) 


M;;=> — e: (u(pi) wu (p-)) Duv(p-— pi) (U(—p+) vu(— pi) + 
+ e? (U(— p,) v'u(p-)) Duv(p-+ p+) (U (pi) vu(— PI). (74,45) 


Il primo e il secondo termine in questa espressione sono rappre- 
sentati dai seguenti diagrammi: 


P_ p_ 
xo 


È — 
p_ P, 
/ fr 
=D Pi ° Pi Di » 
Le regole di composizione dei diagrammi cambiano solo per quanto 
riguarda i positroni. Come prima, alle linee continue entranti sì 


mette in relazione il fattore u, e a quelle uscenti il fattore u. Ora, 
però, le linee entranti corrispondono ai positroni finali, e quelle 


1) Perla diffusione di particelle non identiche il segno generale dell’ampiez- 
za è univoco. Esso è determinato dal fatto che nella (74,5) i due operatori « ester- 
ni » devono essere disposti in modo che i due operatori elettronici si trovino ad 
‘occupare le posizioni esterne estreme: 


(0| a'b'... bta+| 0) 


(oppure ambedue in mezzo); con questa condizione si garantisce un « segno 
ruguale » agli stati iniziale e finale di vuoto. Il segno generale dell’ampiezza si 
può verificare anche nel limite non relativistico: più avanti ($ 82) vedremo che 
in questo limite il secondo termine nella (74,15) tende a zero, e il primo tende 
.all’ampiezza di Born della diffusione Rutherford. 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 347 


uscenti ai positroni iniziali, e gli impulsi di tutti i positroni vengono 
presi col segno opposto. 

Notiamo il carattere differente dei due diagrammi (74,16). Nel 
primo diagramma in uno dei vertici si intersecano le linee dell’elet- 
trone iniziale e finale, nell'altro avviene lo stesso per il positrone. 
Nel secondo diagramma, invece, in ciascuno dei vertici si interse- 
cano le linee di elettroni e positroni iniziali e finali; in uno avviene, 
per cosi dire, l’annichilazione della coppia con emissione di un foto- 
ne virtuale, nell'altro dal fotone si genera una coppia. 

Questa differenza si riflette anche nelle proprietà dei fotoni vir- 
tuali nei due diagrammi. Nel primo diagramma (del tipo diagramma 
« di diffusione ») il 4-impulso del fotone virtuale è uguale alla diffe- 
renza dei 4-impulsi dei due elettroni (o positroni); quindi 4? <0 
(cfr. (74,1)). Nelsecondo diagramma, invece, (del tipo diagramma « di 
annichilazione ») #' = p- + p+, e quindi 4"? >Q0. Notiamo a questo 
proposito che per il fotone virtuale si ha sempre %? # 0, a differenza 
del fotone reale, per il quale X? = 0. 

Se le particelle in reazione non sono identiche e non sono una 
coppia particella-antiparticella (poniamo un elettrone e un muone), 
allora l'ampiezza di diffusione è rappresentata da un solo diagramma 


p (e) p (e) 


IL (74,47) 


por p(i) 


Un diagramma del tipo « annichilazione » o « di scambio » in questo 
caso è impossibile. Questo risultato si ottiene analiticamente scri- 
vendo l'operatore di corrente come somma delle correnti elettronica 
e muonica 
ji += (PPP9)+ (O p0») 

e calcolando nel prodotto j (x) j) (x’) gli elementi di matrice dei 
termini che realizzano la distruzione e la creazione richieste di 
particelle. 

Torniamo ai processi del primo ordine nella serie perturbativa, 
vietati, come si è mostrato all’inizio del paragrafo, dalla legge di 
conservazione dell’energia-impulso. Gli elementi di matrice del- 
l'operatore 


Swe ie | j@A(2)d'z (74,18) 


per queste transizioni corrispondono alla creazione o alla distruzione 
«in uno stesso punto x» di tre particelle reali: due elettroni e un 
fotone. Tali elementi compaiono in seguito alla contrazione degli 


348 CAPITOLO VIII 


operatori w (x) e + (x) in uno stesso punto x e corrispondono (ad 
esempio, per l'emissione di un fotone) a integrali del tipo 


Su= —ie | Gv 0) À* 1) dir, 


che si annullano grazie alla presenza nell’espressione integranda del 
fattore exp [—i (p; — p, — k) x] con esponente diverso da zero. 
In termini di diagrammi questo significa che sono nulli i diagrammi 
con tre terminali liberi 


Pa (74,19) 


Per questa stessa ragione sono impossibili, al secondo ordine, 
processi nei quali intervengano (nello stato iniziale e finale) sei parti- 
celle. Nell’elemento di matrice $,; delle corrispondenti transizioni 
l'integrale in d‘xd*x’ si scinderebbe nel prodotto di due integrali in 
d'x e d'x° di prodotti di tre funzioni d’onda, prese in uno stesso 
punto; tali integrali si annullano. In altre parole, i corrispondenti 
diagrammi si separerebbero in due diagrammi indipendenti del tipo 


(74,49). 


$ 75. Diagrammi di Feynman per la diffusione di un fotone 


Esaminiamo un altro effetto del secondo ordine: la diffusione 
di un fotone su un elettrone (effetto Compton). Supponiamo che nello 
stato inziale il fotone e l’elettrone abbiano 4-impulso kj e pj, e in 
quello finale %, e p, (e anche polarizzazioni determinate, che noi, per 
brevità, non indicheremo). 

L'elemento di matrice fotonico è 

(2[T(Au(2) Ay(2))[1)=(0|c2T(Au(x) Ay(2°))ct[0), (75.1) 

dove 


A= Ò (ccAn + CkA}). 
Contraendo gli operatori interni ed esterni otteniamo 
(79,1) = AuAict + AA AînAiv + An dv (75,2) 
(qui si è tenuto conto della commutatività degli operatori c,, ci; 


per questa ragione il segno T può essere, in questo caso, omesso). 
L'elemento di matrice elettronico è 


(21 (j° (2) j" (2°))/1)=(0|a2T [(py") (p'rp)]af[0). (75,3) 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 349 


In esso compaiono quattro operatori p. Soltanto due di essi saranno 
utilizzati per la distruzione dell’elettrone 1 e la creazione dell’elet- 
trone 2, verranno cioè contratti con gli operatori ai e a. , Questi pos- 
sono essere gli operatori w', p oppure w', p (ma non w, ) oppure wp’, 
ap’; la creazione e la distruzione in uno stesso punto x o 2’ di elettroni 
reali insieme con un fotone reale annulla l’espressione). Eseguendo 
la contrazione nei due modi possibili, otteniamo nell’elemento di 
matrice (75,3) due termini; scriviamoli supponendo t >’: 


n _ _ gel 
(75,3) =22 (@YPp) (1p'Y"P°) ar +az (‘py'p) (Id) af. (75,4) 


Nel primo termine si contraggono gli operatori 
nn + 

a, > A9A, Po, 

par > 2a;W,. 
Poiché gli operatori a309) e aa} sono diagonali e si trovano agli estre- 
mi del prodotto, essi possono venire sostituiti dai loro valori medi 
nel vuoto, cioè dall’unità. Per trasformare analogamente il secondo 
termine nella (75,4) occorre in primo luogo « trasportare » l'operatore 
a} a sinistra e l'operatore a, a destra. Questo si può fare ricorrendo 
alle regole di commutazione degli operatori ap, aj in virtù delle 


quali abbiamo _ 
’ = ap, + =0, 
fan + ={ » ‘} (75,5) 
{2, p}, =YPpa {ap, (}f = Wp 

L'espressione (75,4) assume allora la forma 

(0 (*Petldp) (PIP) — (Pr da) (par p') 0), #># (75,6) 
(ovviamente vengono mediati solo i fattori operatoriali). Analoga- 
mente, per f < #”, otteniamo un’espressione che differisce dalla (75,6) 


per lo scambio degli apici e degli indici yu, v 
(01 (p"1":) (Pep) + (Pey”p') Gprpa) 10), #<#" (75,7) 
Le due espressioni (75,6) e (75,7) possono essere scritte in un’uni- 
ca forma, introducendo il prodotto cronologico degli operatori w 
secondo la definizione _ 
Sa pi (2) pa (2), <<; 
Tp; (2) di (2) =| I | (75,8) 
— Pa (7°) pi (e), tI. 


{i, 4 sono indici bispinoriali). Allora i primi e i secondi termini nelle 
(75,6-7) possono essere riuniti in un’unica espressione 


pay (0 Tp-p]0) + dir (0 Tp -p|0) vp (75,9) 


(y-y indica simbolicamente la matrice wipa). 


350 CAPITOLO VIII 


Notiamo che nella definizione (75,8), a cui siamo arrivati in modo 
del tutto naturale, i prodotti degli operatori per t < #' e per t > 
vengono presi con segni diversi. Per questo la (75,8) differisce dalla 
definizione di prodotto cronologico 7, che noi abbiamo usato per gli 
operatori A e j. L’origine di questa differenza è connessa al fatto che 
gli operatori fermionici p, w anticommutano fuori del cono di luce 
(a differenza degli operatori bosonici commutativi A, e anche degli 


—_— 


operatori bilineari j = wyw)!). In tal modo si garantisce l’invarianza 
relativistica della definizione (75,8) (la dimostrazione formale delle 
regole di commutazione degli operatori wp verrà data nel $ 76)?). 
Introduciamo la funzione elettronica di propagazione (0 propagato- 
re elettronico), il bispinore di rango due G;x (z — 7’), secondo la defi- 
nizione 

Gin (e —-x)= —i(0|Tw;(2) px (2)[0). (75,10) 

Allora l'elemento di matrice elettronico si scrive nella forma 
(2|Tj*(2)j"(2)|1) =iportGrpi + ipy Gy. (75,11) 


Moltiplicando per l’elemento di matrice fotonico (75,1) e inte- 
grando in d‘xd*r’, i due termini nella (75,11) danno lo stesso risultato 


e quindi si ottiene 
Si=i| | d'adiz'b (2) WE 2) (2) x 
X {A5, (x) Any(1) +45 (7) Au (2)}. (75,12) 


Sostituendo per le funzioni d’onda elettroniche e fotoniche le 
onde piane (65,8-9) e esplicitando la funzione è, come abbiamo fatto 
per la (74,10), otteniamo l’espressione definitiva dell'ampiezza dì 


diffusione 
Mi = — 4ne2ug {e*G (p+-k1) e1-+-6,G(p1—ko)et}u,, (75,13) 


dove e,, e, sono i 4-vettori polarizzazione del fotone, e G (p) è il 
propagatore fotonico nella rappresentazione degli impulsi. 


1) Ricordiamo che di per se stessi gli operatori w non si riferiscono a grandez- 
ze fisiche misurabili e quindi non sono obbligatoriamente commutativi fuori 
dal cono di luce. 

2) Il prodotto 7 di un numero qualsiasi di operatori si può definire in modo 
analogo. Esso è uguale al prodotto di tutti questi operatori, disposti da destra a 
sinistra in ordine crescente di tempo, e il segno è determinato dalla parità della 
permutazione che è necessaria per ottenere questa disposizione partendo dalla: 
disposizione indicata sotto il segno di prodotto 7. Secondo questa definizione il 
segno del prodotto 7 cambia per la permutazione di due operatori w qualsiasi, 


ad esempio 


Ty; (2) pa (29)= — Tx (2°) pi (2). 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 357 


I due termini di questa espressione si rappresentano mediante È 
seguenti diagrammi di Feynman: 


k, k, 
è e sf 
NN VA 
4ne?i, è*G(f)8,u = 4 
22 (f) 191 f=p,+k, 
Pa P, (75,14) 
4ne*1,0,G(f)éè}u, = 


I terminali liberi tratteggiati dei diagrammi corrispondono aì 
fotoni reali; alle linee entranti (fotone iniziale) è messo in relazione 


il fattore V 4n e, alle linee uscenti (fotone finale) il fattore Y 4x e*, 
dove e è il quadrivettore polarizzazione. Nel primo diagramma il 
fotone iniziale è assorbito insieme con l'elettrone iniziale, e il fotone. 
finale è emesso insieme con l’elettrone finale. Nel secondo diagramma 
l'emissione del fotone finale avviene simultaneamente alla distru- 
zione dell’elettrone iniziale, e l’assorbimento del fotone iniziale 
simultaneamente con la creazione dell'elettrone finale. 

La linea interna continua (che unisce i due vertici) corrisponde 
ad un elettrone virtuale, il cui 4-impulso è determinato dalla conser- 
vazione del 4-impulso ai vertici. A_ questa linea si pone in relazione 
il fattore iG (f). A differenza del 4-impulso di una particella reale, il 
quadrato del 4-impulso di una particella virtuale non è uguale a 
m?. Esaminando l’invariante f?, ad esempio, nel sistema di quiete 
dell’elettrone, è facile trovare che 


P=(pi+k)?>m2, f2=(pi—k)?<m?. (75,15) 


$ 76. Propagatore elettronico 


Il concetto, introdotto nei paragrafi precedenti, di funzioni di 
propagazione (propagatori) svolge un ruolo fondamentale nel for- 
malismo dell’elettrodinamica quantistica. Il propagatore fotonico. 
D,v è la quantità fondamentale, che caratterizza l'interazione tra 
due elettroni. Questo suo ruolo si manifesta chiaramente nella 
posizione che esso occupa nell’ampiezza di diffusione, nella quale 
D,y figura moltiplicato per le correnti di transizione di due particel- 


352 CAPITOLO VII 


le. Un ruolo analogo è svolto dal propagatore elettronico nelle inte- 


razioni elettrone-fotone. 
Passiamo ora a calcolare concretamente i propagatori, iniziando 


dal caso elettronico. 
Applichiamo alla funzione 


Gin (cr-2')= —i(0|T%; (2) ‘pr (2°)]0) (76,1) 


{i, k sono indici bispinoriali) l'operatore Da m, dove p, = idy. 
Poiché ‘p (7) soddisfa l’equazione di Dirac (p — m) w (2) = 0, noi 
‘otteniamo zero in tutti i punti 7, ad eccezione di quelli in cui f = ?”. 
Questo perché G (x — 7°) tende pert + + 0et+t — 0a limiti 
differenti: secondo la definizione (75,8) questi limiti sono rispettiva- 
mente 
i (0: (7, )pr (7, 0)]0) eti (0a (7, pi (+, t)|0) 

che, come vedremo, sul cono di luce non coincidono. Questo fatto 
porta alla comparsa nella derivata 0G/dt di un termine supplemen- 
tare che contiene la funzione È: 


96 _ i 0] TL E, (2)10)+8 (#—#) (Gliae40—Gliwtr=0): 
(76,2) 


Notando che nell’operatore p — m la derivata rispetto a # entra nel- 
la forma iy°0/0t, abbiamo 


(P— m);xGny (1-2) =6(6-t)7%a X 
X (O | {ipa (7, i), pi (7°, t)}, | 0). (76,3) 


Calcoliamo l’anticommutatore che compare qui. Moltiplicando 


gli operatori + (+, #) e * (1°, t) (vedi la (74,6)) e tenendo conto delle 
Tegole di commutazione per gli operatori fermionici a), b,, troviamo 


{pi (7, 3), pa (1°, )}+= Z [ppi (1) pa (11) + 
+ Wp; (7) Por (2°)] , (76,4) 


dove w+p (7°) sono le funzioni d’onda senza il fattore temporale (come 
nei $$ 74, 75, per brevità, non scriveremo gli indici di polarizza- 
zione). L'insieme di tutte le funzioni wip (*), autofunzioni dell’ha- 
miltoniano dell’elettrone, forma un sistema completo di funzioni 
normalizzate, e secondo le regole generali di tali sistemi (cfr. III 
(5,12)) abbiamo 


DI [ppi (7) dia (1°) + eps (7) diga (2°) = nd (e). (76,5) 


La somma a secondo membro dell’uguaglianza (76,4) differisce da 
quella scritta nella (76,5) per la sostituzione di yf con (w*7%), è 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 353 


quindi uguale a yîx è (» — #°). In tal modo, otteniamo 
{pi (7, t), ‘pr (1°, t)}+ =ò (7 sa r') Vik. (76,6) 


Notiamo che da questa formula discende, in particolare, l’affer- 
mazione, già citata nel $ 75, circa l’anticommutatività degli opera- 


tori ‘p e + fuori del cono di luce. Per (x — x’)? <0 esiste sempre un 
sistema di riferimento nel quale # = #'; se inoltre x =£ r'°, allora l’an- 
ticommutatore (76,6) è effettivamente nullo. 

Sostituendo la (76,6) nella (76,3) (e omettendo gli indici bispino- 
riali), troviamo!) 


(p_m)G(xr-—x')=64(c—2). (76,7) 


In tal modo, il propagatore elettronico soddisfa l’equazione di 
Dirac con la funzione è a secondo membro. In altre parole, da un 
punto di vista matematico, questa è la funzione di Green per l’equa- 
zione di Dirac. 

Nel seguito noi avremo bisogno non della funzione G (E) (È = 
= X — T'), ma della sua trasformata di Fourier 


G(p)= | G (}) eivia*t (76,8) 


(propagatore nella rappresentazione degli impulsi). Calcolando la 
trasformata di Fourier di ambedue i membri della (76,7), troviamo 
che G (p) soddisfa un sistema di equazioni algebriche 


(p—m)G(p)=1. (76,9) 

La soluzione di questo sistema è 
64. (76,10) 
Le quattro componenti del 4-vettore p in G (p) sono variabili indi- 
pendenti (non legate dalla relazione p° = pì — 7? = m?). Scrivendo 


il denominatore della (76,10) nella forma pi — (p? + m?), noi vedia- 
mo che G (p), come funzione di p, per un dato 7”, ha due punti sin- 
golari: po = +, dove e = / p® + m?. Integrando in dp,, nell’in- 
tegrale 
GE) = Tae | e iPG(p) dip | Fpreire { dpyre-190%G (p) 
(270)4 (27)4 0 
(76,11) 


(t =? — t’) sorge quindi il problema di come aggirare le singola- 
rità; senza prescrizioni a questo riguardo l’espressione (76,10) rima- 
ne, sostanzialmente, indeterminata. 


1) In forma esplicita con gli indici bispinoriali abbiamo 
(pm) Gin (2_—2")= 8 (22°) din. (76,72) 


354 CAPITOLO VIII 


Per chiarire il problema ritorniamo alla definizione originaria 
(76,1). Sostituiamo in essa gli operatori w sotto forma di somme (74,6), 
notando che gli unici valori medi nel vuoto diversi da zero sono quel- 
li dei seguenti prodotti di operatori di creazione e di distruzione: 


(0|a,a510)=1, (0|b,b4|0)=1. 
(Poiché nello stato di vuoto non ci sono particelle, prima di « distrug- 
gere » una particella con l'operatore ay 0 b,,, è necessario « creare » 
questa particella mediante l'operatore a$ o bj.) In tal modo otte- 
niamo 


Gin (ar-x)=—i di Ppi (7, È) pk (,0)= 
= —i Djetit-t pp; (1) pa (1°) per t—# >0; (76,12) 
p 


Gin (1-2) "2 epr (2°, l') fp (1, 0) = 
=i Det fp; (1) pa (1°) per t-# <0 
pP 


(per t >’ in G danno un contributo solo i termini elettronici, e per 
t <t' solo quelli positronici). 

Immaginando di sostituire la sommatoria su g con l'integrazione 
in d°p e confrontando la (76,12) con la (76,11), vediamo che l’inte- 


grale 
| e-iPo°G (p) dp, (76,13) 


deve avere il fattore di fase ei per t> Vee per 7 <0. Questa 
condizione verrà soddisfatta se converremo di aggirare i punti sin- 
golari po = & e po = —€£ rispettivamente dall'alto e dal basso 


(nel piano della variabile complessa po): 


CIR p PI 76.14 
n (76,14) 


Allora infatti, per t >0 il cammino d’integrazione è chiuso da un 
semicerchio all’infinito nel semipiano inferiore, cosî che il valore 
dell’integrale (76,13) è dato dal residuo nel polo pi = +€; per 
t<0 il cammino di integrazione è chiuso nel semipiano superiore, 
e l’integrale è determinato dal residuo nel polo po = —e. In ambe- 
due i casi si ottiene il risultato richiesto. 

Questa regola di aggiramento (regola di Feynman) può essere 
formulata anche in un altro modo: l’integrazione viene eseguita 
sull'asse reale, ma alla massa m della particella viene assegnata una 
parte immaginaria negativa infinitamente piccola 


m->+m_ i0; (76,15) 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 955 


avremo allora 
e-+V p?+(m—i0)}=V p?+m?—i0=e—10. 
In altre parole, le singolarità po = +£€ vengono spostate al di sopra 
e al di sotto dell'asse reale 
-e+i0 
- (76,16) 


0 e 
+€-10 
e quindi l’integrazione su quest’asse diventa equivalente all’inte- 
grazione sul cammino (76,14)!). Tenendo conto della regola (76,15) 
il propagatore (76,10) si può scrivere nella forma 
pt+m 
La regola di integrazione per uno spostamento della singolarità 
si dimostra utilizzando la seguente relazione: 
1 1 ; 
po =P7 88 (2). (76,18) 
Questa relazione va intesa nel senso che in una integrazione con una 
funzione qualsiasi f (x) si ha 


Î LE dr = x LA. dr inf (0) (76,19) 


(dove il segno sbarrato di integrale, oppure il simbolo P, stanno a 
significare che si considera il valore principale). 

La funzione di Green (76,10) consta del prodotto del fattore bi- 
spinoriale p + m con lo scalare 


1 
GO (p) = pm * (76,20) 
La corrispondente funzione delle coordinate G‘® (É) è, evidentemen- 
te, la soluzione dell'equazione 


(pe— m?) GO (ar -x')= 680 (e 2°), (76,21) 


è cioè la funzione di Green dell’equazione (p? — m?) y = 0. In questo 
senso si può dire che G°‘ (x — x') è il propagatore di particelle sca- 
lari. È facile convincersi con un calcolo (simile a quello fatto prima) 
che la funzione di propagazione del campo scalare si esprime attra- 


1) È utile notare che la regola di spostamento delle singolarità corrisponde 
al fatto che G (x — x’) acquista uno smorzamento infinitamente piccolo in 
| t ss e PA 

23* 


356 CAPITOLO VIII 


verso gli operatori w mediante la formula 
GO (r-2z)= —i(0|Tw(x) p*(2)]0), (76,22) 


analoga alla definizione (76,1). Il prodotto cronologico si definisce 
(come anche per tutti gli operatori bosonici) come segue: 


cin S PO) (7), > 
TW (27) p @)={ pt (2°) p(2), i<i 


(con segni uguali per it >’ e t< #'). 


$ 77. Propagatore fotonico 


Finora noi abbiamo dovuto ricorrere (nei $$ 43, 75) alla forma 
esplicita degli operatori del campo elettromagnetico A solo per il 
calcolo di elementi di matrice relativi ad una variazione del numero 
dei fotoni reali. Per questo scopo ci è stata sufficiente la rappresen- 
tazione, scritta nel $ 2, dei potenziali del campo libero in forma di 
sviluppo in onde trasversali piane. 

Questa rappresentazione, tuttavia, non fornisce, di per se stessa, 
una descrizione completa di un campo arbitrario. Questo risulta 
chiaro già dall’analoga situazione nell’elettrodinamica classica: un 
campo arbitrario (in presenza di cariche) non può venire scomposto 
in onde trasversali; accanto alla parte trasversale del campo (descritta 
dal potenziale vettore, sottoposto alla condizione div A = 0), 
esiste anche una interazione coulombiana statica, descritta dal poten- 
ziale scalare @'). 

In tal modo, noi non abbiamo ancora, in sostanza, una definizio- 
ne completa degli operatori A, e senza di essa è impossibile un cal- 
colo diretto del propagatore fotonico in base alla formula 


D,v(2—2')=i(0|TA,(2) Ay(29)[0). (77,1) 


D'altra parte, la non univocità dei potenziali connessa alla trasfor- 
mazione di gauge, priva, ‘in una certa misura, disenso fisico quegli 
operatori che sarebbe stato necessario introdurre per una quantizza- 
zione completa del campo elettromagnetico. 

Queste difficoltà, tuttavia, hanno solo carattere formale e non 
fisico, e possono essere superate usando alcune proprietà generali 
del propagatore, evidenti a priori dalle richieste di invarianza rela- 


tivistica e di gauge. 
1) Con la condizione div A = 0 le equazioni di Maxwell portano alle 
seguenti equazioni per A e ®: 
QA= — 41 $+V Lo , AM = — 4np. 


Qui A può essere scomposto in onde trasversali (soluzioni dell'equazione omo- 
genea []) A= 0). Il potenziale ® soddisfa l'equazione statica di Poisson. 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 357 


La forma più generale di un quadritensore di rango 2, dipenden- 
te solo dal 4-vettore È = x — 7, è 


Dv (È) = guvD (E°) —- d,0yD* h (E), (77,2) 


dove D, D° sono funzioni scalari dell’invariante È2!). Notiamo che 
il tensore risulta automaticamente simmetrico. 

Corrispondentemente, nella rappresentazione degli impulsi 
avremo 


Duy (k) = D (42) guv+ kykyD® (k2), (77,3) 


dove D (k?), D°® (k?) sono le trasformate di Fourier delle funzioni 
D (8°), DO (82). 

Nelle quantità fisiche, come le ampiezze di diffusione, la fun- 
zione fotonica di propagazione figura moltiplicata per le correnti 
di transizione di due elettroni, cioè in combinazioni del tipo 
jt.Duvits (vedi, ad esempio, la (74,13)). In virti della conservazione 
della corrente (d,j* = 0) i suoi elementi di matrice j,, = wYWi 
soddisfano la condizione di trasversalità quadridimensionale 


leu (j)a1==0, (77,4) 


dove % = p, — pj (cfr. (43,13)). È quindi chiaro che nessun risultato 
fisico cambierà per la sostituzione 


Duv > Duvt+Xukvt ku (77,0) 


dove yy, sono funzioni qualsiasi di Xe ky. Questo arbitrio nella scelta 
di D,y corrisponde all’arbitrio nel gauge dei potenziali del campo. 
Una qualsiasi trasformazione di gauge (77,9) può violare l’inva- 
rianza relativistica della forma di D,y, presupposta nella (77,3) (se 
le grandezze x, non formano un quadrivettore). Ma anche restando 
nell’ambito di forme relativisticamente invarianti del propagatore, 
la scelta della funzione D° (k?) nella (77,3) appare completamente 
arbitraria; essa non si rifletterà sui risultati fisici e può essere stabi- 
lita in base a ragioni di convenienza (L. D. Landau, 1954). 

La ricerca della funzione di propagazione si riduce, in tal modo, 
alla determinazione della sola funzione gauge invariante D (k?). 
Per un dato valore £? e dirigendo l’asse z lungo la direzione di €, la 
trasformazione (77,5) non interesserà le componenti D,, = Dyy = 
= —D (k?°). E quindi sufficiente calcolare la sola componente D,,, 
usando un qualsiasi gauge dei potenziali. 


1) Queste funzioni sono differenti nei tre domini di variazione dell’argo- 
mento, che non si riflettono l’uno nell’altro per trasformazioni di Lorentz: fuori 
del cono di luce (E° < 0), nel semicono superiore (E? > 0, È, > 0), nel semicono 
inferiore (E > 0, Eh <0). 


358 CAPITOLO VIII 


Usiamo il gauge in cui div A = 0, e l'operatore A è dato dallo 
sviluppo (2,17-18): 


A=d VE (crae (Men 1 chaet®*e!8), o=|k| (77,6) 


(l'indice a = 1,2 numera le polarizzazioni). Di tutti i valori medi 
nel vuoto dei prodotti degli operatori c, c*, sono differenti da zero 
solo {0 | cracka 10) = 1. In accordo con la definizione (77,1) otte- 


niamo quindi 
2 ci ; 
Din = | E(D puerto (77,7) 
(04 


(î X = x, y, z sono indici vettoriali tridimensionali; dalla sommato- 
ria su X siamo passati all'integrazione in d*k/(2x)?). 

Dalla (77,7) è evidente che l’espressione integranda senza il fat- 
tore ei'è è una componente della trasformata tridimensionale di 


Fourier della funzione Dix (r, #). Per D., = —D essa è uguale a 
29 -ioni 
(0) 


(la somma sulle polarizzazioni }) | e |? = 1). Per determinare 
Dx (k*) rimane ora da sviluppare questa funzione in integrale di 
Fourier rispetto al tempo. Questo sviluppo è dato dalla formula 


co 
QI tori — 1 dat ana 
ema | que dhe 


Come abbiamo spiegato nel paragrafo precedente, in questa inte- 
grazione si sottintende l’aggiramento dei poli k# = + |X|= +© 
rispettivamente dal basso e dall'alto; per t >O0 l’integrale è deter- 
minato dal residuo nel polo X, = +0, e per t <0 dal residuo nel 
polo k, = —@. 

In tal modo troviamo in definitiva 


D(1)=7t ca n (77,8) 


La comparsa al denominatore del termine -+-i0, al quale noi siamo 
arrivati automaticamente, coincide con la regola (76,15): dalla 
massa (nulla) del fotone si sottrae i0. Dalla (77,8) è evidente che la 
corrispondente funzione delle coordinate D (E?) soddisfa l'equazione 


— 0,0" D(r— 2) = 4n8 (1-2), (77,9) 


è cioè la funzione di Green dell’equazione d'onda. 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 350 


Di solito noi porremo D°‘ = 0, useremo cioè la funzione di 
propagazione nella forma 
4 
Dyw= guvD (1) = To fue: (77,10) 


Indichiamo ora altri tipi di gauge, che possono presentare deter- 
minati vantaggi in alcune applicazioni. 


Ponendo D'° — —D/k?, otteniamo il propagatore nella forma 
4 kyk 
Duv= G7 (Bw-Ga-) (77,11) 


(gauge di Landau). In questo caso abbiamo D,ykv = 0. Tale scelta è 
analoga al gauge di Lorentz per i potenziali (A,k* = 0))). 
Analogo al gauge dei potenziali, determinato dalla condizione 
div 4 =0, è per il propagatore il gauge determinato dalle condi- 
zioni Djk' = 0, Dok!' = 0. Insieme con l’uguaglianza D,, = 


= —D = —4%/k*, queste condizioni danno 
4 k;k 
Dj; = 5 (8, di 2” ). (77,12) 


Al fine di ottenere questo D,;, occorre sottoporre il propagatore 
(77,10) alla trasformazione (77,5), ponendo 


na 4310 = 4nk; 


In questo modo per le altre componenti D,, si ottiene 


4 

Do=— 7: Du =0. (77,13) 

Questo gauge è detto gauge di Coulomb (£. Salpeter, 1952); notiamo 

che Doo qui è la trasformata di Fourier del potenziale coulombiano. 

Infine, analogo al gauge dei potenziali che corrisponde alla con- 
dizione D = 0, è per il propagatore il gauge in cui 

4 k;k 
Di= gra (du), Du=Dw=0. (77,14) 


Questa forma risulta conveniente nell’applicazione a problemi non 
relativistici (Z. E. DzjaloSinskij, L. P. Pitaevskij, 1959). 


) Il propagatore per particelle a spin 1, di massa non nulla, è dato dal- 
l'analoga formula 

Duy= k2 — m2 (cuv— m2 e (77,412) 
In questo caso l’arbitrio, connesso al gauge, manca e la scelta del propagatore 
è univoca, 


360 CAPITOLO VIII 


$ 78. Regole generali della tecnica dei diagrammi 


Il calcolo degli elementi di matrice, eseguito nei $$ 74, 75 per 
alcuni casi semplici, contiene tutti i principi del metodo generale. 
Non presenta ora alcuna difficoltà stabilire, mediante opportune 
generalizzazioni, le regole di calcolo degli elementi di matrice di 
qualsiasi ordine nella teoria delle perturbazioni. 

Come abbiamo già indicato, l'elemento di matrice dell’opera- 
tore di diffusione S per transizione tra stati iniziali e finali qualsia- 
si, coincide con il valore medio nel vuoto dell'operatore che si ot- 
tiene moltiplicando S a destra per gli operatori di creazione di tutte 
le particelle iniziali e a sinistra per gli operatori di tutte le parti- 
celle finali. 

In conseguenza di questa operazione l'elemento di matrice S 
di ordine n-esimo nella teoria delle perturbazioni assume la forma 


{18 |) = 22 (0|... baby... ay... cy | dix... 
se. d'enT{(piAspi) --. (pnAmpn)}ci; .. ai... bii...10) (78,1) 


(gli indici li, 2î, ... numerano le particelle inziali (positroni, elet- 
troni e fotoni separatamente), gli indici 1f, 2f, ... numerano le 
particelle finali; gli indici 1, 2,... apposti agli operatori pe A 
stanno a significare: wp, = + (z;), . . .). Gli operatori, che figurano 
in questa espressione, sono delle combinazioni lineari degli opera- 
tori di creazione e di distruzione delle corrispondenti particelle nei 
diversi stati. In tal modo, le espressioni degli elementi di matrice 
sono costruite mediante i valori medi nel vuoto di prodotti deglì 
operatori di creazione e di distruzione delle particelle e di loro combi- 
nazioni lineari. Il calcolo dei valori medi nel vuoto viene eseguito 
basandosi sulle seguenti proposizioni, che costituiscono il conte- 
nuto del teorema di Wick (G. C. Wick, 1950). 

1) Il valore medio nel vuoto del prodotto di un numero qualsiasi 
di operatori bosonici c*, c è uguale alla somma dei prodotti dei 
valori medi di tutte le possibili coppie di questi operatori (cioè di 
tutte le possibili contrazioni). In ciascuna delle coppie i fattori 
devono figurare nello stesso ordine in cui si trovano nel prodotto 
di partenza. 

2) Per gli operatori fermionici a*, a, b*, b (delle stesse particelle 
o di particelle differenti) la regola cambia solo per il fatto che cia- 
scun termine entra nella somma col segno + o — a seconda della pa- 
rità del numero di permutazioni degli operatori fermionici, neces- 
sarie per formare tutte le coppie, delle quali poi si calcolano le 
medie nel vuoto. 

È chiaro che il valore medio può essere diverso da zero se accanto 
ad ogni fattore a, b, c nel prodotto compare anche il corrispondente 
fattore a*, b*, c*. Si possono contrarre soltanto operatori (a, a*), ... 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 3617 


relativi a stati uguali, e inoltre disposti in modo che at , ... si 
trovi a destra e a, ... a sinistra: la particella deve venire prima 
creata e poi distrutta (i valori medi (0]at a ]0)= 0, ...). 

Se ciascuna coppia (a, a*), ... figura nel prodotto una volta so- 
la, allora il teorema di Wick è evidente (il valore medio si riduce in 
questo caso al solo prodotto dei valori medi di tutte le coppie). Il 
teorema è evidente anche nel caso in cui tutti gli operatori di distru- 
zione a, b, c si trovano nel prodotto a destra degli operatori di crea- 
zione a*, b*, c* (tale prodotto è detto normale); il valore medio in 
questo caso è nullo. Da qui è facile dimostrare col metodo induttivo 
il teorema di Wick per il caso generale, quando una stessa coppia 
di operatori entra nel prodotto più volte (X volte). 

Esaminiamo il valore medio (0 |..cc*..|0), nel quale una 
coppia di operatori bosonici entra % volte (per gli operatori fermio-. 
nici si possono fare ragionamenti del tutto analoghi a quelli che 
seguono). Scambiando in una delle coppie i fattori c, c*, in base alle. 
regole di commutazione otteniamo 


(0|.. ce*.. [0)=(0|.. c*c..]0)+(0[..1..|0). (78,2) 


Il valore medio (0 | . .1..|0) contiene X — 1 coppie, e per esso il 
teorema di Wick si suppone valido. D'altra parte, se si sviluppa il 
valore medio (0 |..cc*..|0) secondo il teorema di Wick, esso 
differirà dal valore medio (0 |..c‘c..|0) esattamente per il 


termine 
(0|..1..]0) (O|cc+[0)=(0][..1..|0) 
(sviluppando (0 |..c*c..|0) il termine analogo (0 |. .1. .[0)x 
x (O|e*'c|0)= 0). Perciò dalla (78,2) discende che se il teorema 
di Wick vale per l’elemento di matrice (0 | ..c*c.. | 0), allora esso 
rimane valido anche dopo lo scambio di c e c*. Poiché per una deter- 
minata disposizione dei fattori (ordine normale) il teorema di Wick 
è chiaramente valido, esso rimane quindi valido anche in qualsiasi 
altro caso!). 
1) Come esempio scriviamo i valori medi nel vuoto dei prodotti di quattro. 

operatori {due coppie uguali). Per operatori bosonici abbiamo 

(0|cc*cc+|0)=cc+ cc+t=1, 

pre Pesnno 
(0|ccctc+]0)=c c c*c*t+c c cte+=2, 
ratti Ne 


dove gli archetti indicano le contrazioni. È facile verificare che questo stesso: 
risultato si sarebbe ottenuto con un calcolo diretto degli elementi di matrice, 


cioè 
(0] cectc+|0)=(0|c]1) (1]cc+*|1) (1]c+|0)=1-2-1. 
Per gli operatori fermionici questa stessa contrazione dà 
(O] aataa+|0)=1, 
(0[aaata+|0)=1—1=0 
(l’ultima uguaglianza è ovvia a priori sulla base del principio di Pauli: la crea-- 
zione di due fermioni in uno stesso stato non è possibile). 


:362 CAPITOLO VIII 


Essendo valido per prodotti di operatori a, b, ..., il teorema di 
Wick è vero anche per qualsiasi prodotto che contiene, oltre agli 


operatori a, b, ... anche le loro combinazioni lineari wp, w, A. Se si 
applica questo teorema all’elemento di matrice (78,1), esso verrà 
ad assumere la forma di una somma di termini, ciascuno dei quali 
sarà un prodotto di valori medi di alcune coppie. Tra questi valori 


‘medi figureranno contrazioni tra gli operatori w, wp, A e gli operatori 
«esterni», gli operatori di creazione delle particelle iniziali o di 
distruzione di quelle finali. Queste contrazioni si esprimono attra- 
verso le funzioni d'onda delle particelle iniziali e finali secondo le 


formule 
(0[Ac[0)= Ap, (0|c,A|0)= 45, 


(0|xpa|0)=pp, (0/app10)=%wp, (78,3) 
(0 bp | 0) cai Pop, (0 | pb', | 0) =, 


dove Ap, w, sono funzioni d'onda fotoniche ed elettroniche con 
impulso p (gli indici di polarizzazione, come anche nei $$ 74, 79, 
sono, per brevità, omessi). Si incontreranno anche contrazioni tra 
‘operatori «interni», che stanno sotto il segno di prodotto cronologi- 
‘co T. Poiché per il teorema di Wick l’ordine dei fattori in ogni 
‘coppia che subisce la contrazione si mantiene, in queste contrazioni 
‘si conserverà anche l’ordine cronologico degli operatori, e quindi 
essi verranno sostituiti dai corrispondenti propagatori!). 

Ciascuno dei termini della somma, in cui si scinde l’elemento di 
matrice per effetto dello sviluppo secondo il teorema di Wick, 
.è rappresentato da un determinato diagramma di Feynman. Nel 
diagramma di ordine n sono contenuti n vertici, a ciascuno dei quali 
si associa una delle variabili di integrazione, cioè uno dei vettori 
1, £g, ... In ogni vertice si intersecano tre raggi: due continui (elettro- 
nici) e uno tratteggiato (fotonico), ai quali corrispondono gli opera- 


tori elettronici (‘p, e +) e l'operatore fotonico (A), come funzioni di 
una stessa variabile x. All’operatore w corrisponde la linea entrante 


nel vertice, e a +p la linea uscente. 
A scopo illustrativo riportiamo alcuni esempi di corrispondenza 
tra i termini dell’elemento di matrice del terzo ordine e i diagrammi. 


1) A proposito dell’ultima affermazione è necessario fare la seguente osser- 
vazione. Nella dimostrazione del teorema di Wick noi abbiamo usato le regole 
.di commutazione degli operatori c, c*, che hanno senso solo per fotoni reali 
‘((« trasversali »). Gli operatori « esterni » c}, c; corrispondono, ovviamente, pro- 
prio a tali fotoni (iniziali e finali). Gli operatori A, invece, (che entrano sotto il 
segno di prodotto 7) descrivono, come abbiamo detto nel $ 77, non soltanto i 
.campi elettromagnetici trasversali. La situazione qui è uguale a quella incon- 
trata nel calcolo di D,, nel $ 77. In virtù dell’invarianza relativistica e dell’in- 
varianza di gauge è sufficiente dimostrare il teorema per quei prodotti (cioè 

er quelle componenti dei tensori (0 | TA,A, ...|0)), che sono determinati 
«dalle parti trasversali dei potenziali. 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 363 
Omettendo il segno di integrale e il segno T, e non scrivendo gli 


argomenti agli operatori, scriviamo questi termini nella forma sim- 
bolica 


- — — - 
Prei Sa 


dad ° (78,4) 
I (AMSA) = e > 

NA 
di GAD(PAi= DI - 

NI Na 


Peryvisualizzare la corrispondenza, le contrazioni elettroniche e foto- 
niche sono disegnate, come anche nel diagramma, rispettivamente 
con linee continue e linee tratteggiate. La direzione delle frecce nelle 
contrazioni elettroniche (da p verso wp) corrisponde alla loro direzione 
nei diagrammi. Per le contrazioni fotoniche interne la direzione 
è indifferente (fatto che trova corrispondenza nella parità del propa- 
gatore fotonico come funzione di x — 2°). 

Tra i termini, ottenuti in questo modo, ce ne sono di equivalenti, 
che differiscono solo per lo scambio degli indici dei vertici, cioè per 
la corrispondenza tra i vertici e gli indici delle variabili 1, 22, . . ., 
‘oppure, semplicemente, per la notazione delle variabili d’integra- 
zione. Il numero di tali permutazioni è nl. Esso si semplifica con il 
fattore 1/n! nella (78,1), dopo di che non è più necessario tenere conto 
dei diagrammi con i vertici scambiati di posto. Abbiamo già incon- 
trato questa situazione nei $$ 74, 75, Cosi, al secondo ordine sono equi- 
valenti i due diagrammi 


SOR RIA 
(pA p) (pA ) = \\ se 


ZA (78,5) 


(PADbAD) = 
e a 


364 CAPITOLO VIII 


Nelle (78,4) e (78,5) sono riportate solo le contrazioni interne, 
alle quali corrispondono le linee interne dei diagrammi (elettroni 
e fotoni virtuali). Gli operatori rimasti liberi si contraggono con 
operatori esterni, e si stabilisce quindi una corrispondenza tra 
i terminali liberi dei diagrammi e queste o quelle particelle iniziali 


e finali. L'operatore (nella contrazione con gli operatori aj o b+;) 
dà la linea dell’elettrone finale o del positrone iniziale, e w (nelia 
contrazione con ai o b;) dà la linea dell’elettrone iniziale o del posi- 
trone finale. L'operatore libero A (nella contrazione con cj o €c,) 
può corrispondere sia al fotone iniziale che a quello finale. In tal 
modo, si hanno gruppi di più diagrammi topologicamente uguali 
(formati cioè da uno stesso numero di linee, disposte allo stesso modo), 
che differiscono tra loro solo per scambi delle particelle iniziali 
e finali nei terminali liberi in entrata o in uscita. 

Ciascuno di tali scambi è equivalente, ovviamente, ad un determi- 
nato scambio degli operatori esterni a, b, ... nella (78,1). É chiaro 
perciò che se tra le particelle iniziali o finali ci sono fermioni identi- 
ci, allora i segni relativi di quei diagrammi, che differiscono per un 
numero dispari di permutazioni di terminali liberi, dovranno essere 
opposti. 

Una successione ininterrotta di linee continue sui’ diagrammi 
forma una linea elettronica, lungo la quale si conserva il verso di 
percorrenza. Questa linea può avere due terminali liberi, o formare 
un cappio chiuso. Così, il diagramma 


(DADUDAG) = el a 


ha un cappio con due vertici. La conservazione del verso lungo la 
linea elettronica è l’espressione grafica della conservazione della 
carica: la carica «entrante» in ogni vertice è uguale alla carica 
«uscente» da esso, 

La disposizione degli indici bispinoriali lungo una linea elettro- 
nica continua corrisponde alla scrittura delle matrici da sinistra ver- 
so destra muovendosi in verso opposto a quello indicato dalle frecce. 
Gli indici bispinoriali di linee elettroniche differenti non si confon- 
dono mai. Lungo una linea aperta la successione degli indici finisce 
ai terminali con funzioni d’onda elettroniche (o positroniche). Su 
un cappio chiuso la successione degli indici si chiude, cioè al cappio 
corrisponde la traccia del prodotto delle matrici disposte su di esso. 
È facile vedere che questa traccia deve essere presa col segno negativo. 

In effetti, ad un cappio con È vertici corrisponde l'insieme di % 
contrazioni 


ATTI 
STAI) GI: 
“_- nel 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 365 


(o un altro insieme che differisce per lo scambio dei vertici). Nella 
(k—1)-esima contrazione gli operatori pe si trovano già in quell’or- 
dine, in cui essi si devono trovare nel propagatore elettronico (sw a de- 
stra di wp). Gli operatori che si trovano ai lati si portano in posizione 
contigua mediante un numero pari di scambi con altri operatori w, 


dopo di che essi risulteranno disposti nell’ordine ww. 
Poiché 


(0|Twwp[0)= — (0| Tp ]0) 


{vedi nota a pag. 350), la sostituzione di questa contrazione con il 
corrispondente propagatore è connessa al cambiamento del segno gene- 
rale di tutta l’espressione. 

Il passaggio alla rappresentazione degli impulsi nel caso generale 
si esegue analogamente a come è stato fatto nei $$ 74, 75. Oltre alla 
legge generale di conservazione dell’energia-impulso devono essere 
osservate anche le «leggi di conservazione» in ciascuno dei vertici. 
Tuttavia tutte queste leggi possono risultare insufficienti per la 
determinazione univoca degli impulsi di tutte le linee interne di un 
diagramma. In questi casi rispetto a tutti gli impulsi interni rimasti 
indeterminati si eseguono le integrazioni (in d*p/(2x)*) su tutto lo 
spazio p (ivi compresa anche l'integrazione in dp, da — co a +00). 

Nei ragionamenti esposti era sottinteso che il ruolo di perturba- 
zione era svolto dall’interazione tra le particelle stesse, « attivamente » 
partecipanti alla reazione (cioè tra quelle particelle il cui stato varia 
per effetto del processo). Si può trattare in modo analogo anche il 
caso in cui nel problema figura un campo elettromagnetico esterno, 
cioè un campo creato da particelle « passive » il cui stato non varia 
nel processo considerato. 

Sia A‘ (x) il quadripotenziale del campo esterno. Esso entra nel 
lagrangiano di interazione insieme con l’operatore fotonico A sotto 
forma di somma A + A°° (la quale poi viene moltiplicata per l’ope- 
ratore di corrente j). Poiché A‘ non contiene nessun operatore, esso 
non può contrarsi con altri operatori. In altre parole, al campo ester- 
no corrispondono, nei diagrammi di Feynman, soltanto linee esterne. 

Rappresentiamo A‘ in forma di integrale di Fourier: 

e "40 -iqx _d4q 
A (2)= | A (et or 
(78,6) 
A (9g) = | A°® (2) e'*d*x. 


Nelle espressioni degli elementi di matrice nella rappresentazione 
degli impulsi il quadrivettore q figurerà accanto ai 4-impulsi delle 
altre linee esterne, relative a particelle reali. A ciascuna di queste 
linee del campo esterno viene associato il fattore A‘° (9), ed inoltre 
la linea va considerata come «entrante» in virtù del segno dell’espo- 


366 CAPITOLO VIII 


nente nel fattore e-'", col quale A‘ (9) figura nell’integrale di 
Fourier (ad una linea «uscente» occorrerebbe associare il fattore 
A°©*(g)). Se la legge di conservazione dell’energia-impulso (per un 
dato 4-impulso di tutte le particelle reali) non basta a fissare in modo 
univoco i 4-impulsi di tutte le linee del campo esterno, allora si ef- 
fettua l’integrazione (in d*g/(2x)*) rispetto a tutti igrimasti « liberi », 
come anche rispetto a tutti i 4-impulsi non determinati delle linee del 
diagramma. 

Diamo qui una tabella riassuntiva delle regole definitive della 
tecnica dei diagrammi, secondo le quali si costruisce l’espressione 
dell’ampiezza di diffusione nella rappresentazione degli impulsi. 

1) All’n-esimo ordine della teoria delle perturbazioni corrispon- 
dono diagrammi con r vertici, in ciascuno dei quali si intersecano 
una linea elettronica entrante, una linea elettronica uscente (linee 
continue) e una linea fotonica (tratteggiata). Nell’ampiezza del pro- 
cesso di diffusione entrano tutti i diagrammi aventi terminali liberi 
(linee esterne) in numero uguale al numero di particelle iniziali 
e finali. 

2) Ad ogni linea esterna continua in entrata si associa l'ampiezza 
dell’elettrone iniziale v (p) o del positrone finaleu(—p) (p è il 4-im- 
pulso della particella). Ad ogni linea continua in uscita si associa 
l'ampiezza dell'elettrone finale u(p) o del positrone iniziale u(—p). 

3) Ad ogni vertice si associa il quadrivettore yP. 

4) Ad ogni linea esterna tratteggiata in entrata si associa l’am- 
piezza del fotone iniziale V 4ney, e in uscita l'ampiezza Y 41 ef del 
fotone finale (e è il 4-vettore polarizzazione). L'indice. vettoriale 
pu coincide con l’indice della matrice y* al vertice corrispondente (in 
modo che appare il prodotto scalare é = ey oppure é*). 

5) Ad ogni linea interna continua si associa il fattore iG (p), 
e ad ogni linea interna tratteggiata il fattore —iD,y(p). Gli indici 
tensoriali pv coincidono con gli indici delle matrici y*, y” ai vertici 
uniti da una linea tratteggiata. 

6) Lungo ogni successione ininterrotta di linee elettroniche le 
frecce mantengono lo stesso verso, e la disposizione degli indici 
bispinoriali lungo queste linee corrisponde alla scrittura delle matri- 
ci da sinistra verso destra muovendosi nella direzione opposta alla 
direzione delle frecce. Ad un cappio elettronico chiuso corrisponde 
la traccia del prodotto delle matrici disposte su di esso. 

7) In ogni vertice i 4-impulsi delle linee, che vi si intersecano, 
soddisfano la legge di conservazione, cioè la somma degli impulsi 
delle linee entranti è uguale alla somma degli impulsi delle linee 
uscenti. Gli impulsi dei terminali liberi sono quantità date (nei limi- 
ti della legge generale di conservazione), e alla linea positronica viene 
assegnato l’impulso —p. Rispetto agli impulsi delle linee interne, 
che restano indeterminati dopo l'applicazione della. legge di conser- 
vazione a tutti i vertici, si effettua l’integrazione (in d*p/(2n)*). 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 367 


8) Al terminale libero in entrata, relativo ad un campo esterno, 
si mette in relazione il fattore 4° (g); il quadrivettore g è legato ai 
4-impulsi delle altre linee dalla legge di conservazione ai vertici !). 

9) Il moltiplicatore generale del diagramma, con il quale esso 
entra in iM,;, è (—ie)". Inoltre, un fattore supplementare (—1) 
è apportato da ogni cappio elettronico chiuso e da ogni coppia di 
terminali positronici esterni, se questi terminali sono l’inizio e la: 
fine di una successione di linee continue. Se tra le particelle iniziali 
o finali ci sono più elettroni o positroni, allora il segno relativo dei 
diagrammi, che differiscono per un numero dispari di permutazioni 
di coppie di particelle identiche (cioè dei corrispondenti terminali 
esterni), deve essere opposto ?). 


$ 79. Invarianza di crossing 


La rappresentazione delle ampiezze di diffusione M;; mediante 
gli integrali di Feynman permette di vedere la loro meravigliosa 
simmetria, che consiste in quanto segue. 

Ciascuna delle linee esterne in entrata di un diagramma di Feyn- 
man si può considerare (senza cambiare la direzione delle frecce) 
come una particella nello stato iniziale o come una antiparticella 
nello stato finale, e ciascuna delle linee in uscita come una particel- 
la finale o una antiparticella iniziale. Simultaneamente al passaggio 
da particella ad antiparticella cambia anche il senso del 4-impulso p 
assegnato alla linea: p = ps per una particella (per esempio, un elet- 
trone) e p= — pp per un positrone. Per il fotone, in quanto particel- 
la realmente neutra, ciò significa semplicemente il passaggio dall’e- 
missione del fotone al suo assorbimento e viceversa: una linea fotonica 
esterna di impulso % corrisponde o all’assorbimento di un fotone 
di impulso kass = £, o all'emissione di un fotone di impulso kemis = 
= —k. 

Tale cambiamento del senso delle linee esterne è equivalente al 
passaggio da uno dei canali incrociati ad altri. Da qui discende che: 
una stessa ampiezza, come funzione degli impulsi dei terminali 
liberi dei diagrammi, descrive tutti i canali di una reazione. 
Passando da un canale all'altro cambia solo il senso degli argomenti 
della funzione: nel passaggio da particella ad antiparticella viene 
fatta la sostituzione p; + —p;, dove p; è il 4-impulso della particella 
iniziale (in un canale), e p; è il 4-impulso della particella finale (in un 


1) La precisazione di questa regola per il caso di un campo esterno cos- 
tante (nel tempo) vedi nella nota a pag. 594. i 

2) Per precisare l’ultima regola aggiungeremo che in ogni caso devono avere 
segni ivi i diagrammi con le stesse linee continue, cioè i diagrammi che 
risultano identici dopo la cancellazione di tutte le linee fotoniche. 

Ricordiamo anche che in presenza di fermioni identici il segno generale 
dell’ampiezza è convenzionale. 


368 GAPITOLO VIII 


altro canale). Questa proprietà dell’ampiezza di diffusione è chiamata 
simmetria di crossing o invarianza di crossing. 

In termini delle ampiezze invarianti, introdotte nel $ 71, come 
funzioni degli invarianti cinematici, si può dire che queste funzioni 
saranno le stesse per tutti i canali, ma per ciascuno dei canali i loro 
argomenti assumeranno valori del proprio dominio fisico. In altre 
parole, gli integrali di Feynman determinano le ampiezze invarianti 
come funzioni analitiche; i loro valori nei diversi domini fisici sono 
un prolungamento analitico della funzione, data in uno dei domini. 
Poiché le espressioni integrande degli integrali di Feynman contengono 
singolarità, anche le ampiezze invarianti hanno singolarità, deter- 
minabili dalle espressioni di questi integrali (tenendo conto della 
regola di aggiramento delle singolarità). 

Sottolineiamo che l’invarianza di crossing è qualcosa di più 
che non le proprietà della matrice di diffusione, derivanti dalle richie- 
ste generali di simmetria spazio-temporale. Queste ultime portano 
all’uguaglianza delle ampiezze di processi che si ricavano l’uno 
dall’altro scambiando di posto gli stati iniziale e finale o con la 
sostituzione di tutte le particelle con antiparticelle (restando in- 
variati gli impulsi p di tutte le particelle e il segno delle proiezioni 
dei loro momenti angolari). Questa è la richiesta di invarianza CP7*). 
L’invarianza di crossing permette di fare questa trasformazione 
non solo per tutte le particelle simultaneamente, ma anche per cia- 
scuna particella separatamente. 


$ 80. Particelle virtuali 


Le linee interne dei diagrammi di Feynman svolgono nella teoria 
invariante delle perturbazioni un ruolo analogo al ruolo degli stati 
intermedi nella teoria « ordinaria ». Il carattere di questi stati, tutta- 
via, è diverso nelle due teorie. Nella teoria ordinaria negli stati 
intermedi si conserva l'impulso (tridimensionale), ma non si con- 
serva l’energia; in questo senso essi sono chiamati stati virtuali. 
Nella teoria invariante, invece, l'impulso e l’energia entrano alla 
pari: negli stati intermedi si conserva tutto il 4-impulso (conseguen- 
za del fatto che negli elementi di matrice S l'integrazione è fatta sia 
rispetto alle coordinate che rispetto al tempo; questo garantisce 
l’invarianza della teoria). Tuttavia, negli stati intermedi viene meno 
il legame tra energia e impulso proprio delle particelle reali (espresso 
dall’uguaglianza p? = m?). In questo senso si parla di particelle 
virtuali intermedie. La relazione tra impulso ed energia per una 


1) Notiamo che la descrizione formale del passaggio da una delle reazioni 
indicate ad un’altra mediante il cambiamento di segno di tutti i 4-impulsi nei 
diagrammi di Feynman corrisponde al senso dell'operazione CPT come inver- 
sione quadridimensionale. 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 369 


particella virtuale è arbitraria: essa è quella richiesta dalla conser- 
vazione del 4-impulso ai vertici. 

Esaminiamo un diagramma costituito da due parti (I e Il), 
unite da una linea. Senza interessarci della struttura interna di queste 
parti, rappresentiamo il diagramma schematicamente nella forma 


(80,1) 


(le linee disegnate possono essere sia continue che tratteggiate). 
In virtù della legge generale di conservazione le somme dei 4-impulsi 
delle linee esterne delle parti I e II sono uguali. Poiché la conservazio- 
ne vale in ciascuno dei vertici sarà uguale ad esse anche il 4-im pul- 
so p della linea interna, che unisce le parti I e II. In altre parole, que- 
sto impulso è univocamente determinato, e perciò rispetto ad esso 
nell'elemento di matrice non si esegue l’integrazione. 

A seconda del canale di reazione il quadrato p? può essere sia posi- 
tivo che negativo. Esiste sempre un canale nel quale p° >0!). 
Allora la particella virtuale diventa per le sue proprietà formali del 


tutto analoga ad una particella reale di massa reale M = V p?. Per 
tale particella si può introdurre il sistema di riferimento a riposo, si 
può determinare il suo spin, ecc. 

Il propagatore fotonico (77,11) coincide, per la sua struttura ten- 
soriale, con la matrice densità di una particella non polarizzata a spin 
1 e di massa diversa da zero: 


4 PuPv 
Puy 73 (eu 47) 


(4-tensore ortogonale al 4-impulso). D'altra parte, il propagatore 
(in quanto quantità quadratica rispetto agli operatori del campo) 
svolge per una particella virtuale un ruolo analogo al ruolo della ma- 
trice densità di una particella reale. Perciò ad un fotone virtuale 
occorre assegnare, come ad un fotone reale, spin 1. Tuttavia, a diffe- 
renza del fotone reale che ha due polarizzazioni indipendenti, il fotone 
virtuale, in quanto «particella» di massa finita, può avere tre polariz- 
zazioni. 
La funzione di propagazione dell'elettrone è 


Gopt+m. 


1) Tale, ad esempio, è il canale (sempre che esso sia energeticamente possi- 
bile), nel quale tutti i terminali liberi della parte I sono relativi a particelle 
iniziali e quelli della parte II a particelle finali. Allora p = 2; (è uguale alla 
somma dei 4-impulsi di tutte le particelle iniziali) e nel sistema del baricentro 
p = (Pî, 0), e quindi p? >0. 


370 CAPITOLO VIII 


Qui m è la massa dell’elettrone reale, mentre la «massa » della parti- 


cella virtuale è M = V/ p?. Scrivendo 


È M-km ,- n ” 
Pm = (54M) + (p_mM), (80,2) 
noi vediamo che il primo termine corrisponde alla matrice densità 
di una particella di massa M e spin 41/2, e il secondo alla matrice 
densità di una «antiparticella » dello stesso tipo (cfr. con la (29,10) 
e la (29,17)). Ricordando che particella e antiparticella hanno parità 
intrinseche diverse ($ 27), arriviamo alla conclusione che ad un elet- 
trone virtuale occorre assegnare spin 1/2 ma non gli si può assegnare 
una parità determinata. 

La peculiarità del diagramma (80,1) consiste nel fatto che lo si 
può dividere in due parti non legate tra loro rompendo, per fare 
questo, la sola linea interna !). Questa linea corrisponde allora ad 
uno stato intermedio ad una particella, ad uno stato cioè che ha in 
tutto una sola particella virtuale. L'ampiezza di diffusione, relativa 
a questo diagramma, contiene il fattore caratteristico (che non 


è sottoposto ad integrazione) 


1 
p°—m2+ i0 


originato dalla linea interna (dove m è la massa dell'elettrone se la 
linea è elettronica oppure m = 0 se la linea è fotonica). In altre paro- 
le, l'ampiezza di diffusione ha una singolarità per quei valori di p, 
per i quali la particella virtuale diventa particella fisica (p° = m?). 
Questa situazione è analoga a quella che si ha nella meccanica quanti- 
stica non relativistica, dove l'ampiezza di diffusione ha singolarità 
per quei valori dell'energia, che corrispondono a stati legati del 
sistema delle particelle collidenti (III, $ 128). 

Esaminiamo il diagramma (80,1) per quel canale di reazione, nel 
quale tutti i terminali liberi a destra sono relativi a particelle inizia- 
li e tutti i terminali a sinistra sono relativi a particelle finali; si ha 
inoltre che p? >Q0. Allora possiamo dire che nello stato intermedio 
il sistema delle particelle iniziali si trasforma in una particella 
virtuale. Questo è possibile alla sola condizione che tale trasformazio- 
ne non contraddica alle necessarie leggi di conservazione (senza 
tener conto della conservazione del 4-impulso): conservazione del 
momento angolare, della carica, della parità di carica, ecc. In questo 
consiste la condizione necessaria per la comparsa, come si dice, dei 
diagrammi singolari. Se sono presenti in uno dei canali, tali diagram- 
mi saranno presenti, in virtù dell’invarianza di crossing, anche negli 


altri canali di reazione. 


1) Di questa proprietà godono i diagrammi di quasi tutti i processi al primo 
ordine di approssimazione non nullo. 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 374 


Ad esempio, le leggi di conservazione citate non impediscono la 
produzione di un elettrone virtuale secondo lo schema e + y+ e. 
Questa possibilità corrisponde ad una singolarità dell’ampiezza 
dell’effetto Compton (e quindi anche di un altro canale di questa 
reazione, l’annichilazione in due fotoni della coppia e'e*). La produ- 
zione di un fotone virtuale secondo lo schema e- + e* + v corri- 
sponde ad una singolarità nell’ampiezza di diffusione elettrone- 
positrone, e quindi anche nell’ampiezza di diffusione elettrone- 
elettrone. Da due fotoni non si può ottenere né un elettrone virtuale 
né un fotone virtuale (la trasformazione y + y— e è vietata dalla 
conservazione della carica e del momento angolare, e la trasformazio- 
ne y + y-> y è vietata dalla conservazione della parità di cari- 
ca). In accordo con quanto detto l'ampiezza di diffusione fotone- 
fotone non può contenere diagrammi singolari. 

L'origine delle singolarità delle ampiezze di diffusione, che noi 
abbiamo esaminato partendo dagli integrali di Feynman, ha, in 
realtà, carattere più generale, non legato alla teoria delle perturba- 
zioni; si può mostrare che queste singolarità sorgono come conseguen- 
za della condizione di unitarietà (72,2). 

Supponiamo infatti che tra gli n stati intermedi, che figurano 
nella (72,2), ci sia uno stato ad una particella. Il contributo di questo 
stato vale 

| Va3 
(Ty TEA PO=i (20) SI | 80 (PDT Tin Fgr 
N 


dove p e À sono rispettivamente 4-impulso ed elicità della particella 
virtuale. Sostituiamo l’integrazione in d*p con l’integrazione in d'p 
(nella regione p° = e >0) 


dp + 2e6 (p?— M?) d'p 


(M è la massa della particella intermedia). L'integrazione elimina 
la funzione 6 (P; — p); passando quindi dalle ampiezze 7; alle 
ampiezze M,;; secondo la (65,10), otteniamo 


(M;— MY) PAD — 2ri6 (p?— M2) DI MjnM%x (80,3) 


Supponendo soddisfatte le invarianze 7 e P avremo (a meno di un 
fattore di fase) M;; = M;;, dove gli stati i’, f' differiscono da i, f 
solo per il segno delle elicità delle particelle (a parità d’impulso). 
Sommando l’uguaglianza (80,3) e la stessa per My; — Miy 
otteniamo 


Im MS PV __ n6(p?— M2) R, (80,4) 
24% 


372 CAPITOLO VIII 


dove sono state introdotte le notazioni 
My=My+Myy, 
R=—- di (MnMiîn + M poalMîn). 


E da qui che discende che M;;, come funzione analitica di p? = 
= Pî = Pj, ha ‘na singolarità per p? = M?°. In accordo con la 
(76,18), per la parte singolare, abbiamo 

77(1 part R 

Mii RES — pe— M2-Li0 (80,5) 
Le transizioni reali allo stato ad una particella sono possibili solo 
per Pî = Pi = M?°. In tal modo, noi abbiamo effettivamente ottenu- 
to la struttura dell’ampiezza di diffusione corrispondente ad un dia- 
gramma del tipo (80,1). 

Soffermiamoci, infine, su una importante proprietà dei diagram- 
mi che contengono cappi elettronici chiusi, proprietà che si può 
facilmente stabilire applicando al fotone virtuale il concetto di pari- 
tà di carica: al fotone virtuale, come a quello reale, occorre assegnare 
ùna parità di carica determinata (negativa)!). 

Se un diagramma contiene un cappio (con un numero di vertici 
N =2) allora accanto a questo diagramma nell’ampiezza del proces- 
so considerato deve figurare anche un altro diagramma, che differi- 
sce dal'primo solo per il verso di aggiramento del cappio (per N = 2 
questo concetto non ha, evidentemente, senso). «Isoliamo » questi 
cappi spezzando le linee tratteggiate che terminano su di essi. 


Otterremo allora i due cappi Cj e Cri 


O. 0 


che si possono considerare come diagrammi, che determinano l’ampiez- 
za del processo di trasformazione di una collezione di fotoni 
(reali o virtuali) in un altro; il numero N è la somma dei numeri dei 
fotoni iniziali e finali. La conservazione della parità di carica vieta 
la trasformazione di un numero pari di fotoni in un numero dispari. 
Quindi per N dispari la somma delle espressioni, relative ai cappi 
(80,6), deve annullarsi. Di conseguenza, si annulla anche il contri- 
buto totale all’ampiezza di diffusione dei due diagrammi contenenti 


1) Questo discende da quelle stesse considerazioni sull’operatore di intera- 
zione elettromagnetica, agente in ciascun vertice, che vennero fatte alla fine del 


$ 13 per i fotoni reali, 


TEORIA INVARIANTE DELLE PERTURBAZIONI 373 


questi cappi come parti costitutive (teorema di Furry, W. H. Fur- 
ry, 1937.) 

Di conseguenza, formando l'ampiezza di un certo processo si può 
tralasciare di considerare i diagrammi, contenenti cappi con un nu- 
mero dispari di vertici. 

Esaminiamo più da vicino l'origine della mutua eliminazione dei 
diagrammi. Ad un cappio elettronico chiuso corrisponde l’espressione 
(per certi impulsi, delle linee fotoniche X,, ka, ..., kn) 


| d'p.Tr[è:G (p)6,6(p+k)) ...1, (80,7) 


dove p, p+k,,... sono gli impulsi delle linee elettroniche (che non 
rimangono completamente determinate dalle leggi di conservazione 
ai vertici). Sottoponiamo ora tutte le matrici y* e G all'operazione di 
coniugazione di carica, sostituiamole cioè rispettivamente con 
Ugly tUc e US!:GU c. L'espressione (80,7) non varia per questo, poiché 
la traccia del prodotto di matrici è invariante per questa trasforma- 
zione. D'altra parte, secondo la (26,3) abbiamo 


UdytUo= — yl, (80,8) 
e quindi 
U#G (p)Uo= att = (-p). (80,9) 


Sostituire a G (p) la matrice trasposta con il segno di p cambiato, 
significa, evidentemente, cambiare il verso di percorrenza del cappio, 
in cui il verso di tutte le frecce cambia nel verso opposto. In altre 
parole, la trasformazione eseguita trasforma un cappio in un altro, 
e simultaneamente compare il fattore (—1)N, originato dalla sosti- 
tuzione (80,8) in ciascun vertice. In tal modo 


Cr=(—1)"Cu, (80,10) 


cioè i contributi dei due cappi sono uguali per un numero pari di 
vertici e opposti per un numero di vertici dispari. 


Capitolo IX 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 


$ 81. Diffusione di un elettrone in un campo esterno 


La diffusione elastica di un elettrone in un campo esterno costante 
costituisce il processo più semplice esistente già al primo ordine 
della teoria delle perturbazioni (prima approssimazione di Born). 
A questo processo corrisponde il diagramma ad un vertice 


(81,1) 


p' p 
dove p, p’ sono i 4-impulsi iniziale e finale dell’elettrone, e g = 
= p' — p. Poiché l’energia dell'elettrone nella diffusione in un 


campo costante si conserva (e = e’), allora q = (0, g)?). 
La corrispondente ampiezza di diffusione è 


Mj;;= — eu(p') °° (g)u(p), (81,2) 


dove A‘ (g) è una componente dello sviluppo spaziale di Fourier del 
campo esterno. In accordo con la (65,26) la sezione d’urto di diffu- 
sione è 


do=-- |M,{?do'. (81,3) 


— 162 
Per un campo elettrostatico A‘ = (A, 0), e quindi 
Mji= — eu(p')y%u (p) AN (g)= — eu* (p')u (p) 45 (9). (81,4) 


Nel caso non relativistico le ampiezze bispinoriali delle onde piane 
u (p) si riducono alle ampiezze non relativistiche (a due componen- 
ti). Per una diffusione senza cambiamento di polarizzazione sì tratta 


1) Nel caso di un campo esterno questo diagramma non è vietato dalla legge 
di conservazione del 4-impulso (come avveniva per il diagramma (74,19) conjun 
fotone reale): il quadrato g?, a differenza del quadrato del 4-impulso di un fotone 
reale, non deve essere nullo; dall’integrale di Fourier, che rappresenta il campo 
esterno, viene automaticamente scelta la componente avente il necessario g. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 375 


di quantità indipendenti da p, e in virtù della condizione di norma» 
lizzazione da noi assunta u*u = 2m. Tenendo conto di questo 
otteniamo 


m dai 
do=|- 32 U(g)|'d', 


dove U (9g) = eA(g) è la trasformata di Fourier dell’energia poten- 
ziale dell'elettrone nel campo; questa espressione coincide con la 
nota formula di Born (III, 126,4). 

Nel caso generale relativistico la sezione d’urto di diffusione di 
elettroni non polarizzati si ottiene mediando il quadrato | M;; |? sul- 
le polarizzazioni iniziali e sommando su quelle finali, cioè formando 
la quantità 

+ dI |M ji 2, 
polar 
dove la sommatoria si esegue sulle direzioni dello spin degli elettroni 
iniziale e finale; il fattore 1/2 trasforma una delle sommatorie in un 
valore medio. In base alle regole esposte nel $ 66fotteniamo 


7 2, Mal=2Tr pAo*tp'A — 
polar 


= 14î° (a) PTr(m+D) #0 (m+p)w. 


Per calcolare la traccia, notiamo che y°p'y° = P', dove p' = 
= (e’, —p') e quindi 
1 S “4 1 Di =} 
7 It(m+p)wx(m+p)xw=-7Tr(m+ p)(m+p)= 
=m+ pp'=e+m?+ pp'= 22 LL. 

Da qui troviamo la sezione d’urto 

e2 | AS) (9) 12 
si 4n2 


e (1-17) do (84,5) 


Per un campo, creato da una distribuzione statica di cariche di 
densità p (r), abbiamo 


AS (= EE, (81,6) 


dove p (g) è la trasformata di Fourier della distribuzione p (+) (fat- 
tore di forma). In particolare, per il campo coulombiano di una 
carica puntiforme Ze abbiamo gp (g) = Ze. Allora la sezione d’urto 
di diffusione diventa 


=. ; 4 (Ze2)2 82 q? 
do = do' (1-13) (81,7) 


376 CAPITOLO IX 


(N. F. Mott, 1929). Abbiamo g? = 4p? sen? (0/2), dove 0 è l’angolo 
di diffusione. Quindi l’espressione a fattore della parentesi può, per 
la sua dipendenza angolare, essere chiamata sezione d'urto di Ru- 
therford: 


4 (Ze2)2 82 Ze2\2 e2 _ 0 
dor = do ELE _ do SL sen (81,8) 


(nel limite non relativistico il coefficiente e°%/p* + 1/m%4). In tal 
modo si ottiene !) 


do=dog(1—vsen?5-). (81,9) 


Notiamo che nel caso ultrarelativistico la distribuzione angolare 
differisce da quella non relativistica per una forte soppressione della 
diffusione all'indietro (per 0 + n: do/dog + m?/e?). 

Nel caso ultrarelativistico, per la diffusione a piccoli angoli la 
(81,7) dà 


4(Ze2)2 ,, 
do = do. (81,10) 


Sebbene questa formula sia stata da noi ottenuta nell’approssimazio- 
ne di Born (cioè supponendo Ze? «€ 1), essa rimane valida (per angoli 
0 < m/e) anche per Ze? — 1. Di questo ci si può convincere mediante 
la funzione d’onda ultrarelativistica esatta (in Ze?) wi, (39,10). 
Questa soluzione, valida nella regione (39,2), rimane, ovviamente, 
valida anche nella regione asintotica, corrispondente a r arbitraria- 
mente grandi. In questa regione 


aVF 
E 


F-1+costante-eiPr- 27), = 1—- così — 02 < 1) 
e quindi il termine correttivo rimane piccolo, come deve essere. La 
funzione d’onda del tipo ei?” F, invece, coincidendo formalmente 
con la funzione non relativistica (con un evidente cambiamento dei 
parametri), ha il suo stesso andamento asintotico, e quindi anche 
per la sezione d'urto si ottiene l'espressione di Rutherford. 

Per calcolare la sezione d’urto di diffusione di elettroni arbitra- 
riamente polarizzati si potrebbe fare uso, seguendo le regole genera- 
li, della matrice densità (29,13). Nel nostro caso, tuttavia, si può 


1) La differenza, espressa da questa formula, tra do e dor, è peculiare per le 
particelle di spin 1/2. Per la diffusione di particelle di spin 0 (se il loro moto in 
un campo elettromagnetico fosse descritto da un'equazione d’onda) si otterrebbe 
do = dog. A prima vista può nascere una certa perplessità in quanto il fattore, 
che esprime questo effetto puramente quantistico, non contiene %. Occorre tutta- 
via ricordare che la condizione di applicabilità dell'’approssimazione di Born 
(e?/hv & 1) è l’opposto della condizione di quasi-classicità per il moto in un 
campo coulombiano e quindi il passaggio al caso classico nella formula (81,9) 
non è possibile. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 377 


ottenere il risultato in un modo meno complicato, rappresentando le 
ampiezze bispinoriali u (p) e u (p’) nella forma (23,9); moltiplican- 
dole, otteniamo 

u* (p')u (p)=w"*{e+m+ (e—m) (n'0) (no)} w, 


oppure, usando la formula (33,5), 


u*(p’)u(p)=uw'*fw, (81,11) 
dove!) 
f=A-+ Bvo, 
A=(e+m)+(e—m)cos0, B=—i(e—m)sen0, (81,12) 
[ren] 
ve ; 
sen 6 


La quantità a due componenti w (uno spinore tridimensionale) 
rappresenta la funzione d’onda di spin non relativistica dell’elettro- 
ne. Il passaggio a stati parzialmente polarizzati si esegue quindi 
mediante la sostituzione dei prodotti w, w$ (a, B, sono indici spino- 
riali) con la matrice densità a due righe non relativistica pg. Occor- 
re quindi fare la sostituzione 


|M: + e1A5° (g)|2Trp (A— Bvo) p' (A+ Bvo), 
dove | 
e=5-(1 +0ò), p'= (1 +08"), 


%, $' sono i vettori che corrispondono alla polarizzazione iniziale e 
finale rivelata dal «detector». Calcolando la traccia si arriva al 
risultato 
n (A2—| B |?) è8'+21B |? (vÉ) (v5°)+241B1|v [387] 
do=do {1 + D Se oO Pel F I Vl), 
(81,13) 


dove do, è la sezione d'urto di diffusione di elettroni non polarizzati. 

Rappresentando la parentesi graffa nella (81,13) nella forma 
{1 + & &'}, troveremo la polarizzazione propria $° ‘dell’elettrone 
finale (diversa dalla polarizzazione è’ rivelata dal detector; vedi 
$ 66)?): 


2 2 2 
Lo) _(A4 [BI TT LIO i (81,14) 


Vediamo cosi che gli elettroni emergenti sono polarizzati solo se 
sono polarizzati gli elettroni incidenti. Questo fatto è una proprietà 
generale della prima approssimazione di Born (cfr. III, $ 140). 

1) Le definizioni di f date qui e nel $ 38 differiscono per il fattore generale. 


2) La formula (84,14) corrisponde alla formula ottenuta nel problema 1, III, 
$ 140 e si ricava da essa ponendo A reale e B complesso. 


378 CAPITOLO IX 


Nel caso non relativistico (e + m) dalla (81,14) si ottiene &9) = 
= $, cioè l’elettrone mantiene nella diffusione la sua polarizzazione 
(come naturale conseguenza del fatto che si trascura l’interazione spin- 
orbita). 

Nel caso opposto, ultrarelativistico, abbiamo 


A = &(1+cos0), B= —i&sen®0 


(in accordo con la formula generale (38,2)). 
Se l’elettrone incidente ha una data elicità (Z = 2An, 4 = + 1/2), 
allora dalla (81,14), dopo calcoli semplici, si ottiene 


pn =2An°. 


In altre parole, dopo la diffusione l’elettrone mantiene il valore 
primitivo dell’elicità (A). 

Questa proprietà, come è stato già spiegato nel $ 38, è connessa 
al fatto che, se si trascura la massa, l'equazione di Dirac in rappresen- 
tazione spinoriale si scinde in due equazioni indipendenti per le 
funzioni È e n. Questo risultato ha anche un significato più generale, 
poiché la corrente 


j=(5*E+n*n, E'ob—n*or), 


e con essa anche l’operatore perturbazione elettromagnetica V = 
= ejA, non contiene termini misti in È e n, e quindi non ha elementi 
di matrice relativi a transizioni tra gli stati È e n. Da qui discende 
che se un elettrone ultrarelativistico ha una determinata elicità 
{cioè se È o n è diverso da zero), allora nei processi di interazione 
questa elicità si conserverà nell’approssimazione in cui si trascura 
completamente la massa dell'elettrone. 


$ 82. Diffusione di elettroni e di positroni su un elettrone 


Consideriamo la diffusione di un elettrone su un altro elettrone: 
due elettroni con 4-impulsi p,, p, entrano in collisione e assumono 
i 4-impulsi p;, p,. La conservazione del 4-impulso è espressa dall’u- 
guaglianza 


P1+ Pa= Pi + Pa. (82,1) 


Più avanti si useranno gli invarianti cinematici introdotti nel $ 67, 
definiti come segue: 


s=(p1+ p.)?=2(m?4- pp»), 

t=(p.— p;}?=2(m°— pipi), 

u=(pi— p.)?=2(m?°— pps), 
sS+t+u=4m?. 


(82,2) 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 379 


Il processo considerato è rappresentato dai due diagrammi di 
Feynman (74,13-14) e l’ampiezza corrispondente è!) 


1 = n s n "4 
M Hi ne? { TE (Un yu) (UsvuUs) ii (U,y"U2) (UoyyUi) } . (82,3) 


In base alle regole indicate al $ 66 per gli stati delle particelle 
iniziali e finali, descritti dalle matrici densità di polarizzazione 
£1.: f;,) - - ., operiamo la sostituzione 


1 i l 
I Man |? — 16n2e4 {-# Tr (P,YP2Y") Tr (PiYuP1Yv) <L 
1 l i 
+7 Tr (PiMtP2Y") TT (Pyvupiv) — 7 TT ("Pa PIPA) — 
4 | , 
— Tr (P;YAP2Y"P:YsP1Ya) } . (82,4) 


Se studiamo la diffusione di elettroni non polarizzati (e non ci 
interessiamo inoltre nemmeno delle loro polarizzazioni dopo la diffu- 
sione) per tutte le matrici densità noi dobbiamo porre p = !/, (p + 
+ m), e moltiplicare il risultato per 2-2 = 4 (media sulle polarizza- 
zioni dei due elettroni iniziali e somma sulle polarizzazioni dei due 
elettroni finali). La sezione d’urto di diffusione è determinata dalla 
formula (65,23), nella quale occorre porre, in accordo con la (65,15a), 
I° = 1/4 s (s — 4m?”). Rappresentiamo la sezione d’urto nella forma 
4ste4 


ia (£, u)+g(t, u)+f(u, )+g(u, î)}, 


s(sS_ 


do = di 

f (8, w) = 7 TrI(D5+ mm) 98 (D+) ) Tr ((D + m) va (D1+) vol, 
g (1, u)=— gg TrI(Di+M) 9 (024) (D+) va (D+) val 

(82,5) 


Nella funzione f (#, u) si calcolano dapprima le tracce (usando le rela- 
zioni (22,9-40)), e quindi si esegue la somma su u e v 2); in g (t, u) 
dapprima si esegue la somma su u e v (usando le formule (22,6)). 
Come risultato si ottiene 


f (1, u)= 5 [(p1pa)®+ (pipi) + 2m? (m— pip))}, 


2 
g(t, u)=-- (Pip, — 2M°) (pypo), 


1) Questa forma di My; corrisponde all'espressione generale (71,5). Nella 
prima approssimazione non nulla della teoria delle perturbazioni, delle cinque 
ampiezze invarianti ne risulta diversa da zero solo una: fs (t, u) = 4re?/t. 

2) Per futuri riferimenti riportiamo la formula 


1 P i 
va Tr (pi +m) y! (po 4-m) y°= e" (m2— pp») + pipi + pipà. 


380 CAPITOLO IX 


oppure, esprimendo queste funzioni attraverso gli invarianti (82,2), 


fé = {44m -m)], 


(82,6) 
g(t,u)=g(u, pz (£- m?) (38m). 
In tal modo, per la sezione d’urto otteniamo 
gori nr (A [ELE Lante] 
[33 a 44m? (u— m9) +7 (nm?) (--3m?)} (82,7) 


(dove r, = e?/m). 
Applichiamo questa formula nel sistema del baricentro. Qui si ha 


s=de2, t= — 4p?sen2 3, u= —4p? cos, 
— dt = — 2 pd cosd = 2° do (82,8) 


(| 2 |, € sono rispettivamente impulso ed energia degli elettroni, 
che nella diffusione non variano e 0 è l'angolo di diffusione). Nel caso 
non relativistico (e = m)!) otteniamo 

sim4 di | I. 1 ) 


— 7.2 Mo NERI TOS 
do =re p2 12 2 tu 


e2 \2 4 1 4 
n ( mv? ) 0 DE pie 1) È) do = 
seni 5 così —— sen? — cos? 3 


2 2 
2 \2 4(14+3cos20 
=() ia. do (non rel) (82,9) 


(dove v = 2p/mèla velocità relativa degli elettroni), in accordo con 
la teoria non relativistica (vedi III, $ #37). Nel caso generale di velo- 
cità qualsiasi la formula (82,7), dopo la sostituzione in essa della 
(82,8) e semplici trasformazioni, può essere ridotta alla forma 


__ 2 m(e2+ p?°)? 4_ - 
cate 4 pie? [ seni @ sen? 6 ta 


p°__\? 
“I e2+ p° (1 ca 79 ) ]do CAO) 
(Ch. Mòller, 1932). Nel caso ultrarelativistico (p? ® e?) otteniamo 
do=r: TE '@+e020? 4 (ultrarel.). (82,11) 


e2 4 sen4 0 


1) La velocità v è supposta piccola (v « 1), ma sempre tale che sia soddisfat- 
ta la condizione di applicabilità della teoria delle perturbazioni: e%/v (= e2/hv) <& 


«1 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 381 


Nel sistema di riferimento del laboratorio, nel quale uno degli 
elettroni (per esempio il secondo) prima dell’urto si trova in quiete, 
esprimiamo la sezione d'urto attraverso la quantità 

A= Soli us al, (82,12) 
che rappresenta l'energia (in unità m) trasferita dall’elettrone inci- 
dente (il primo) al secondo!). Gli invarianti sono 


s=2m(m+e), t= —2m?A, 
u=—2m(e-m—-mA). 


(82,13) 


Sostituendo queste espressioni nella (82,7) arriviamo alla formula 
che dà la distribuzione in energia degli elettroni secondari (0, come 
si dice, degli elettroni 6), che risultano dalla diffusione di elettroni 
primari veloci: 
_9,,3_ dh (Y_41)2 72 2y2+2y—-1 

do=20r 37 {RT At 1)» 82,10) 
dove y = €,/m; mA e m(y — 1 — A)sonole energie cinetiche dei due 
elettroni dopo l'urto; l’identità delle due particelle si manifesta 
qui nella simmetria della formula rispetto a queste grandezze. Se si 
conviene di chiamare elettrone di rinculo quello che ha energia mi- 
nore, allora A assumerà valori compresi da 0 a (y — 1)/2. Per A picco- 
li la formula (82,14) assume la forma 


2° di 2% da 
do=2art 7 a= 4° 4° AKy-1. (82,15) 
Notiamo che questa formula, espressa attraverso la velocità dell’e- 
lettrone incidente (v, = |p, | /81), conserva la sua forma nel passaggio 
al caso relativistico. È quindi naturale che nella forma questa espres- 
sione coincida con il risultato della teoria non relativistica (cfr. III 
(148,17). 

Esaminiamo ora la diffusione di un positrone su un elettrone 
(H. Bhabha, 1936). Questo processo è uno dei canali incrociati di 
quella stessa reazione generalizzata, cui si riferisce la diffusione elet- 
trone-elettrone. Se p_, p. sono gli impulsi iniziali dell’elettrone e del 
positrone e p’, p; i rispettivi impulsi finali, allora il passaggio da un 
caso all’altro si realizza mediante la sostituzione 


Ph > —P3, P. > P-- Pi>—Ps Pa> P-. 
Gli invarianti cinematici (82,2) assumono il seguente significato: 
s=(p-— p+)?, t=(py—p4)?, u=(p-+p+). (82,16) 


1) Per le relazioni cinematiche nel caso di urti elastici nei diversi sistemi di 
riferimento vedi II, $ 13. 


382 CAPITOLO IX 


Se la diffusione ee era il canale s, allora la diffusione ee sarà il canale 
u della reazione. Il quadrato dell’ampiezza di diffusione rimane inva- 
riato, e al denominatore della formula (82,5) occorre fare la sostitu- 
zione s+ u. In tal modo, per la sezione d’urto di diffusione di un 
positrone su un elettrone, invece della (82,7), otteniamo 


di pd do > [EP 4 Am? (im?) [+ 


u(u—4m2?) 2 
+4 [SE 4 me um) ]+ 
44 ($-m)($-0)}. 02 


Nel sistema del baricentro i valori degli invarianti s, #, v differi- 
scono dai valori (82,8) per lo scambio di s e u: 


s=—4p*c085, = —4p? sen +, u=d4£%. (82,18) 


Nel limite non relativistico la formula (82,17) si riduce alla formu- 
la di Rutherford 


2 \2 d 
do=(-7) Mg (non rel.) (82,19) 
2 


(dove v = 2p/m). Essa siricava dal primo termine tra parentesi graffa 
nella (82,17), originato dal diagramma di tipo «diffusione» (vedi 
$ 74). I contributi del diagramma «di annichilazione» (secondo ter- 
mine nella (82,17)) e della interferenza di questo col diagramma 
«di diffusione » (terzo termine) nel limite non relativistico si annulla- 
no!). 
Nel caso generale di velocità qualsiasi i contributi di tutti e tre 
i termini della (82,17) sono dello stesso ordine di grandezza (soltanto 
per angoli piccoli il primo termine diventa dominante grazie al 
fattore #7? co sen" 0/2). Dopo la riduzione dei termini simili la 


1) Nel limite non relativistico le ampiezze u diventano grandezze a due com- 


ponenti (vedi la (23,12); per il 4-vettore elettronico abbiamo uly'u_ = 
= (2mw'*w_, 0), e lo stesso per quello positronico. Il termine « di diffusione » 


nell’ampiezza (74,15) assume la forma 
— (2m)? (w*w_) (ww) U 


dove 


—_— 
—_—r.T—————mz 


(nel sistema del baricentro per un fotone virtuale nel diagramma « di diffusione » 
q° = 0); U, è la trasformata di Fourier dell’energia di interazione coulombiana 
fra cariche opposte (—e?/r). Per un fotone virtuale nel diagramma « di annichila- 
zione » g° = 2m (= 2mc), e perciò questo termine al limite si annulla. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 383 


sezione d'urto di diffusione di un positrone su un elettrone si può 
rappresentare (nel sistema del baricentro) nella forma 


r? (e24 p2)2 4 8e4- m4 1 
ODESSA ET PR Et 
2 


12e44m4 = 4p2(e24 p2) 0, 4pi 9 
+ ea. sen? — + a sn. (82,20) 


La simmetria rispetto alla sostituzione 0 + n — 0, caratteristica 
della diffusione di particelle identiche, nella diffusione positrone- 
elettrone, ovviamente, viene a mancare. Nel limite ultrarelativi- 
stico l’espressione (82,20) differisce dalla sezione d’urto di diffusione 
elettrone-elettrone solo per il fattore cos* 0/2: 


do, = cos* > dose (ultrarel.). (32,21) 


Nel sistema di riferimento del laboratorio, dove una delle parti- 
celle (per esempio, l’elettrone) prima dell’urto era in quiete, intro- 
duciamo nuovamente la quantità 

E, £8) el—m 
cioè l’energia trasferita dal positrone. Analogamente alla (82,13), 
abbiamo ora 
s= — 2m(ey-m—mA), t= —2m2A4, u=2m(m+e)). 
Sostituendo queste espressioni nella (82,17), dopo semplici trasfor- 
mazioni, otteniamo la seguente formula per la distribuzione in energia 
degli elettroni secondari: 


a dA fw 224441 54 


Iv +6y+4 _ 2 
+7 GIR TE RE TEENI TT A}, 


dove y = €4/m; A assume valori da 0 a y — 1. Per A& y— 1 dalla 
(82,23) si ottiene un'espressione uguale alla (82,15), valida per la 
diffusione di elettroni. 

Gli effetti di polarizzazione nella diffusione di elettroni o di posi- 
troni si calcolano in base alle regole esposte nel $ 66. In casi appena 
più generali i calcoli portano a formule molto complesse, per le quali 
noi rimandiamo ai lavori originali o a speciali articoli di rasse- 
gna!). Qui noi ci limiteremo ad alcune osservazioni. 


(82,23) 


1) A.M.Bincer, Phys. Rev. 107, 1434 (1957); G. W.Ford,C.J.M ul- 
lin, Phys. Rev. 108, 477 (1957) (correzione: DE Rev. 110, 1485, 1958); 
W. H. McMaster, Rev. Mod. Phys. 33, 8 (1961). 


384 CAPITOLO IX 


Nell’approssimazione della teoria delle perturbazioni in cui lavo- 
riamo (la prima non nulla), nella sezione d’urto mancano i termini 
lineari rispetto ai vettori polarizzazione delle particelle iniziali 
o finali. Come anche nella teoria non relativistica (III, $ 140), questi 
termini sono vietati dalle condizioni, che discendono dal fatto che la 
matrice di diffusione è hermitiana. Perciò la sezione d'urto di diffu- 
sione non cambia nel caso che sia polarizzata solo una delle particelle 
collidenti, e la diffusione di particelle non polarizzate non porta 
ad una loro polarizzazione. 

Queste stesse richieste impediscono che nella sezione d’urto siano 
presenti termini di correlazione, che contengono prodotti delle pola- 
rizzazioni di tre fra le particelle (iniziali e finali) partecipanti al 
processo. La sezione d'urto contiene, tuttavia, termini di correlazione 
doppi e quadrupli. Nella diffusione di particelle nonidentiche (elettro- 
ne e positrone; elettrone e muone) nel limite non relativistico questi 
termini si annullano, poiché manca l’interazione spin-orbita. Nell’ur- 
to di particelle identiche, invece, i termini di correlazione si hanno 
già nel limite non relativistico grazie agli effetti di scambio. 


PROBLEMI 


1. Determinare la sezione d’urto di diffusione di elettroni nel caso non rela- 
tivistico. 

Soluzione. Nel caso non relativistico le ampiezze bispinoriali in rappresen- 
tazione standard diventano grandezze a due componenti, e le matrici densità 
diventano le matrici a due righe (29,20). Nell’ampiezza di diffusione (82,3) di- 
versi da zero rimangono solo i termini con y = v =0, contenenti le matrici dia- 
gonali y° (in rappresentazione standard). Al posto della (82,4) avremo 


DI 1M 4 P=160206-4m8 { (274+-7) TeA+0) Tr +00) — 


polar 


1 
-—- Tr (1405) (1+ 050) } = 16n2e4.4m4.4 [+ = - (1-+-Exta) | 


(la somma è effettuata sulle polarizzazioni finali degli elettroni). Da qui per la 
sezione d’urto di diffusione troviamo 
senz 0 =, 
adi Co 1+ 3 cos? 6 315) , 
dove 0 è l’angolo di diffusione nel sistema del baricentro, do, è la sezione d’urto 
per particelle non polarizzate (82,9)!). 

La sezione d'urto di diffusione di positroni su elettroni in questa stessa 
approssimazione non dipende dalla polarizzazione (do = doy); di questo è facile 
convincersi se si nota che nel limite non relativistico nelle ampiezze elettroniche 
e positroniche up e u_p, sono diverse da zero coppie differenti di componenti. 

2. Determinare nel caso non relativistico la polarizzazione degli elettroni 
emergenti dalla diffusione di un fascio non polarizzato su un bersaglio polarizzato. 


1) Per elettroni totalmente polarizzati questa formula coincide col risultato 


del problema nel III, $ 137 (dove ora | &,1=|$2] = 1, B16a = cosa, @ 
è l’angolo tra le direzioni di polarizzazione degli elettroni). 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 385 


Soluzione. Calcoliamo la sezione d’urto di diffusione per una data polarizza- 
zione iniziale $, e una data polarizzazione finale rivelata ${ (viene rivelata la 
polarizzazione di uno solo degli elettroni finali). Con lo stesso metodo usato nel 
problema 1, otteniamo 

4 ,. 2C0809(1—così) 
al [161% 143 cos? 0 |. 
Da qui, per il vettore polarizzazione dell’elettrone diffuso, troviamo 
e) Lt 2c0809(1—cos0@) 
alto 1-4+3c0s2 6 i 

3. Determinare nel limite non relativistico la probabilità di spin-flip di un 

elettrone totalmente polarizzato che diffonde su un elettrone non polarizzato. 


Soluzione. Analogamente ai casi precedenti, troviamo la sezione d’urto 

per polarizzazioni $,, e È; fissate: 
NOE ,2c088(1+ cos 0) 
do => doo | 1+&1 1+3 cos? 0 1° 

Ponendo gg = —1, troviamo la probabilità di inversione della direzione dello 
spin: 
do _(1—cos0)/ 
doo = 2(1+3cos?0) 

4. Determinare il rapporto tra le sezioni d’urto di diffusione di elettroni 
dotati di elicità rispettivamente con spin paralleli e antiparalleli nel caso ultra- 


relativistico. 
Soluzione. In accordo con la (29,22), nella (82,4) occorre porre 


1 1 , 1ea,., 1%, 
Pi= 5 Pi(1_-2M17), pa=-> Pa (124215), Pi=<3- Pl Pi= Ps 
2 2 2 2 
dove A, A, = +4/2. Il calcolo delle tracce viene eseguito secondo le regole 
riportate al $ 22; in particolare, 
Tr (pap 6y°) Tr (p5cvu dyv)= 12 (ePtAYa pda) (eourv0”d9) = 
=2(608% — 6084) apbac’d" =2 (ac) (bd) —2 (ad) (be) 
Come risultato otteniamo 
do s4u? , s24+12 252 sa— u2 sì 12 252 
su au + )+4M As (Dry, ). 


dt si 2 u2 tu 2 uz tu 


Poiché gli impulsi degli elettroni collidenti (nel sistema del baricentro) sono 
opposti, allora a elicità uguali (4, = da) corrispondono spin antiparalleli, e a eli- 


cità differenti (A, = — A.) spin paralleli. Sostituendo s, #, u dalla (82,8) (dove 
ora p? = e?), per la relazione cercata troviamo 
SA = (146 così 0+ cost 0) (4) 
do), 8 | 


Questo rapporto è minimo (1/8) per 0 = n/2. 
5. Determinare lo stesso rapporto per la diffusione di positroni su elettroni. 
Soluzione. In questo caso invece della (82,4) occorre calcolare 


1 ; ; 
| M;;|2 > 16n2e4 { da TT (P1y"P-v°) TT (P+YuP4Y0)— 


4 ; ; 
= Tr (p2yp-y'PyvuPivo) +... } 


386 CAPITOLO IX 


(gli altri termini si ricavano da quelli scritti mediante lo scambio di p, e pi). 
Le matrici densità sono 


1 1 . 12,0, 1%, 
o-= > P_(1-24_y°), += Pa (14+-24,99), pi= > Pa py==- P+ 


dove Z,, À_ = +4/2 (sia per il positrone che per l’elettrone Z, = 4/2 significa 
che lo spin è diretto come l'impulso). Il calcolo dà 

do ( stu? 52412 , 252 ( seu? | set 288 

do \ u? tu +77? u2 tu 

Da qui, per il rapporto tra le sezioni d’urto, si ottiene un risultato, che coincide 


con la formula (1) del problema 4. 
6. Determinare la sezione d’urto di diffusione di muoni su elettroni. 


Soluzione. Il processo è descritto dal solo diagramma (74,17). Al posto della 
(82,5) abbiamo 


net di 4rte4 di 
L= Trap mie 1 0 OT TT 


f (0, = TE TB +1) 9° Pu +1) 99] Te [(BL+ ) va (Ber) ve) 


(Per Pu ® Pe» Py, SONO Î 4-impulsi iniziali e finali dell’elettrone e del muone; 
m, u sono le loro masse). Gli invarianti sono 
s=(Pe+ Py)? =m?+ u2-+2pepy, 
t=(Pe— ps)? =2(m?— pep:)=2(12— puPi), 
u=(Pe— py)°=m?+u?—2pepy 
st+t+u=2(m2+ p2). 


Il calcolo porta al risultato 
2 A 1, 
1=5 f (repu?+ (Pep) +3 (+9) f= 


1 2 2 
-> IE, (m2-4-p2) (21—m?— pò) } i (2) 

Le formule (1) e (2) danno la soluzione del problema posto. Nel sistema del 
baricentro abbiamo 


4d 
diven 


8 (ce + €)? p4 sen LI 
lt) 
x [ (008 + pi)? + (Eetu + p? cos 6)? — 2 (m2+ pu?) p2 sen? 7) 9 
dove do = 2n sen 6 dd; €, €, sono le energie dell’elettrone e del muone; p? = e£2— 


—m? = eh — u?. Per p?< p? si riottiene la formula (81,9) per la diffusione di un 
elettrone su un centro coulombiano fisso. Nel caso ultrarelativistico (p? > Lu?) 


0 
4 14+-c0s° — 
do= 77 cn a do. 
p sent — 


2 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 387. 


Nel sistema del laboratorio (in cui prima dell’urto l’elettrone era in quiete) 


eè \2 dA A m° 
BRE (pei VA E GROSSE Tp 
do=2n (7) vi A? (1-08 Amex 1 268° ) 
Qui ey è l'energia e vw, = pu/8y la velocità del muone incidente; mA = 8 — 
—m = €, — €u è l’energia dell'elettrone di rinculo, e 
A cncSh_a 
Max m2-u2+2mey 


è il valore massimo di A. 3 
7. Determinare il rapporto tra le sezioni d’urto di diffusione reciproca di elet- 
troni e muoni dotati di elicità con spin paralleli ed antiparalleli nel caso ultra- 
relativistico (En > HW) 8e> Mm). 
Soluzione. Analogamente al problema 4 troviamo 
s0044 


= così La 


(0 è l’angolo di diffusione nel sistema del baricentro). 
8. Determinare la sezione d’urto di trasformazione di una coppia elettronica 
ìn una coppia muonica (V. B. Berestetskij, I. Ja. Pomeranèuk, 1955). 
Soluzione. Questo è uno dei canali incrociati della reazione cui si riferisce 
la diffusione muone-elettrone. In questo canale abbiamo 


s=(Pe— Pu), t=(pe+ Pe), U=(Pe— Pu), 


dove pe, pe sono i 4-impulsi dell'elettrone e del positrone, e p,, pu i 4-impulsi 
del muone e dell’antimuone. La soglia di reazione si trova in corrispondenza al 
valore 2u dell'energia della coppia elettronica (nel sistema del baricentro), 
e quindi deve essere £ > 4 p?. Nel sistema del laboratorio, in cui prima dell'urto 
l’elettrone è in quiete e il positrone possiede l'energia e,, abbiamo 


t= 2m (E, + m) Z 2me&,, 
e quindi deve essere &,> &s, dove l’energia di soglia es = 2u?/m (qui e nel segui- 
to sono state fatte sostituzioni approssimate, rese possibili dalla disuguaglianza 


pd m). 
La sezione d'urto differenziale (invece della (1) e (2) del problema 6) è 


ds{ s24 u2 


4 
do=-——-;— f (t, u) = 4ne4 TI [+ 2u21— ps | ; 


Per un dato t la quantità s assume i valori compresi tra i limiti determinati dalle 
equazioni su < uf, s+-t 4 u = 24°, cioè 


1 'UTITITX i 1 
pr ViM) <s <p + Vi (42). 


Un’integrazione elementare porta al risultato 


2 2 2 2 
o=- nt pa (14 ). r= — 


t m 


(nel sistema del laboratorio t = 2me£,)!). Questa formula non è applicabile nel- 


1) Questa sezione d’urto raggiunge il valore massimo per e, = 1,7 es. Que- 
sto valore è circa 20 volte minore della sezione di annichilazione in dué fotoni- 
alla stessa energia. 


25% 


388 CAPITOLO IX 


l'immediata vicinanza della soglia: quando e,—-ez — pe, i muoni che si formano 
non possono venire considerati particelle libere (tenendo conto della loro mutua 
interazione coulombiana la sezione d’urto non tenderà per €, + e a zero, ma 
ad una costante; vedi III, $ 147). 


$ 82a. Perdite per ionizzazione da parte di particelle veloci .{ 


Consideriamo gli urti di una particella relativistica con un ato- 
mo, accompagnati dall’eccitazione o dalla ionizzazione di quest’ul- 
timo. Nel caso non relativistico gli urti anelastici di questo tipo sono 
stati studiati nel III, $$ 148, 149; qui verrà data la generalizzazione 
al caso relativistico delle formule là ottenute (H. A. Bethe, 1933). 

La velocità della particella incidente sull’atomo è supposta grande 
rispetto alle velocità degli elettroni atomici (in tal modo, si suppone 
che sia in ogni caso valida la disuguaglianza Za « 1, cioè che il nu- 
mero atomico non sia troppo grande). Con questa condizione viene 
legittimata l'applicabilità dell’approssimazione di Born al processo 
considerato. La soluzione del problema può leggermente differire 
a seconda che la particella veloce sia leggera (elettrone, positrone) 
o pesante (mesone, protone, particella a e simili). Noi esamineremo 
qui il secondo caso, che è anche il più semplice. 

Siano p = (e, p) e p' = (e’, p')l’impulso iniziale e finale della 
particella veloce nel sistema di riferimento del laboratorio, nel quale 
l’atomo si trova in quiete prima dell’urto; la differenza g = p' — p 
dà l’energia e l'impulso trasferiti dalla particella all’atomo. Dividia- 
mo l’intero intervallo dei possibili valori dell’impulso trasferito in 
due parti: 


»L«<m MDLbI, (82a,1) 


dove m è la massa dell’elettrone, mentre / è una certa energia media 
dell'atomo (il potenziale di ionizzazione dell’atomo). Le due regioni 
(82a,1) si sovrappongono per / « g?°/m « m; questa circostanza per- 
metterà di eseguire una precisa saldatura dei risultati che si otterran- 
no per le due regioni. Si parlerà dei valori di q nella prima e nella 
seconda regione come di piccoli e di grandi trasferimenti di im- 
pulso. 


Piccoli trasferimenti di impulso 
In questa regione gli elettroni atomici si possono supporre non 
relativistici sia nello stato iniziale che in quello finale dell'atomo. 
L'ampiezza del processo è data dall’espressione 
Mi = e?Stio(—9) Jp (4) Dux (9), (822,2) 


dove Jno è la 4-corrente dell'atomo per la transizione dallo stato 
iniziale (0) nello stato finale (n), e Jp.) è la 4-corrente di transizione 
della particella veloce; queste correnti sostituiscono qui le espres- 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 389 


sioni (u' y v) che figurerebbero, ad esempio, nell’ampiezza di diffusio- 
ne di due particelle «elementari »: elettrone e muone (cfr. anche 
(140,3)). Le correnti di transizione vengono prese nella rappresentazio- 
ne degli impulsi (vedi (43,14)). La sezione d’urto per il processo nel 
sistema di riferimento del laboratorio è 
d3 p' 

don =2n8 (ee — ono) | Mfi Paper (822,3) 
dove ©n0 = Én — Éo è la frequenza di transizione tra i relativi stati 
dell'atomo. Lo stato finale può appartenere sia allo spettro discreto 
che a quello continuo; il primo caso corrisponde ad una eccitazione 
dell'atomo, il secondo alla ionizzazione. Nella legge di conservazione 
dell'energia (espressa con una funzione è nella (82a,3)) è stata tra- 
scurata l'energia di rinculo dell’atomo, cosa chiaramente legittima 
per piccoli trasferimenti di impulso. 

Nel caso considerato è comodo scegliere il propagatore fotonico 
nel gauge (77,14), nel quale sono differenti da zero solo le componenti 
spaziali, 

Dir (9) = - Ta (8 — SR) . (322,4) 
Allora anche per le 4-correnti di transizione nella (82a,2) sono neces- 
sarie solo rispettive componenti spaziali. 

La corrente di transizione dell’atomo Jny (9) è, nel dato caso, la 
trasformata di Fourier della relativa espressione non relativistica 


Ino(@= |e-te (vw divi) de, (820,5) 


dove ‘o, ), sono le funzioni d'onda atomiche (per semplificare la 
scrittura noi omettiamo qui e nel seguito il segno di sommatoria sugli 
elettroni dell’atomo, scriviamo cioè le formule come se nell’atomo ci 
fosse solo un elettrone). Integrando il primo termine per parti, possia- 
mo riscrivere quest’espressione sotto forma di elemento di matrice 


Ino (9) = (venir + e28"v)no, (822,6) 


dove v = —i/mv è l’operatore della velocità dell’elettrone. 

Per quanto riguarda la corrente di transizione della particella 
diffusa, in conseguenza del piccolo valore relativo dell’impulso da 
essa ceduto (9 |& | p |), essa può essere sostituita semplicemente 
con il suo elemento diagonale 


J pp (0) =2pz, (82a,7) 


corrispondente al moto rettilineo classico (cfr. (96,5)); qui è stato 
introdotto anche il fattore z, che tiene conto di una possibile diffe- 
renza della carica della particella (ze) dalla carica dell’elettrone. 


-390 CAPITOLO IX 


La piccolezza di q comporta anche la piccolezza dell’angolo di 
deflessione @ della particella. In tal caso, le componenti longitudinale 
e trasversale di g (rispetto a p) sono uguali 


, a=|p]®, (822,8) 


Ono 
v 


dp 
— MF LS 


e quindi gp & — 
— Portando le (82a. #8 nella (82a,2), otteniamo 


MA = E ste si 
+(pve- is” +e7ia” pv)|0). 


Notiamo che nel primo termine 
avi + fav = 2if, 
dove f= e-'*2" (vedi III, $ 149); perciò l'elemento di matrice di 


questo operatore coincide con l'elemento di matrice 2ì (f)n0 = 2@nofno- 
Nel secondo termine, invece, essendo q piccolo, si può sostituire 
e-*1" con l’unità. Allora 


a 
Mi = — SF {e (e-19")n0— iDFROONAÌ. 


Il quadrato del modulo di quest’'espressione è 


64n2 (ze2)2 
|M = SE feet (e-107) pp 2+ 


+2 (@Yn0) (PIn0) EOn0 + (PI 10)” di 0} [(82a,9) 


(nel secondo termine qui è stato posto e-*#27 = 1 — igr; nel primo 
termine ciò non si può fare per una ragione che sarà chiarita più avan- 
ti; vedi nota a pag. 392). 

Le perdite di energia da parte della particella veloce per effetto 
dei suoi urti anelastici con gli atomi!) sono determinate dalla 
formula 


x= { no don = 17 D | ono] MS Pdo', (822,10) 


n 


dove la sommatoria è estesa a tutti gli stati possibili dell'atomo, 
e l'integrazione viene eseguita sulle direzioni della particella diffu- 
sa; chiameremo questa quantità frenamento efficace (è chiamata anche 
sezione d’urto per la perdita di energia). 

L’integrazione nella (82a,10) può essere eseguita in due tappe: 
calcolo della media sull’azimut della direzione di p' rispetto a p, 


1) Queste perdite di energia sono chiamate spesso perdite per ionizzazione, 
anche se esse sono dovute non solo alla ionizzazione ma anche all’eccitazione 
degli atomi. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 391 


e quindi integrazione in do’ = 2n%9 dè, dove è è il piccolo angolo di 
diffusione. La prima operazione sostituisce gn, con 


__ Ono 
UTno > Uno = no» 


dove xo è l'elemento di matrice di una delle coordinate cartesiane 
degli elettroni atomici!). L'integrazione in dd può essere sostituita 
con l'integrazione rispetto a è PI che 


2 
piè = O 4. p?92 (822,11) 


—g=-0, +9 —02, 


e perciò 20 dd = d | 2? |/p? ca è la massa della particella veloce). 
Per risultato otteniamo 


u=4n (262)? { { | (e-#2")no |? n Fi 


M?2 i d)q? 
— 0; rw (rta) } 7 (820,12 


Il limite inferiore dell’integrazione rispetto a g° è 


M2 

{2 lmn= 7 pi (Op (822,13) 
Come limite superiore scegliamo, invece, un certo valore | 9° |, tale 
da soddisfare la disuguaglianza 


IK LEL « m, (82a,14) 


un valore, cioè, che cade nella regione di sovrapposizione delle regio- 
ni I e II (82a,1). 

L'integrazione e la sommatoria nella (82a,12) vengono eseguite 
in modo analogo a quello seguito nel III, $ 149 per il caso non relati- 
vistico. Dividiamo l’intero intervallo d’integrazione ancora in due 
parti: a) da [2° Imna[9|]|oeb) da [2°|0a 9? [1, dove il valore 
19? o è tale da soddisfare la relazione 


TT DIEKVIFh « ma (82a,15) 


(la quantità ma, che figura a destra, è dell'ordine di grandezza degli 
impulsi degli elettroni atomici). Nella regione a) possiamo svilup- 
pare e-i9 =1-—igr, e il contributo di questa regione in x assu- 


1) È indifferente di quale coordinata: con la sommatoria, sottintesa, sulle 
direzioni del momento dell’atomo nello stato finale l'elemento di matrice z,0 
non dipende già più dalla direzione dell’asse z. 


392 CAPITOLO IX 


me la forma 


1a2lo 
1 1 M?2 1 
4n (2e2)? dI ) { 2 no | ©no 1? Tel — pi wi, | Cn0 | [qa |2 Ì d| q|zc 
a 192lmin 


— An (268)? 9 142 o p? 2 
3 JI ©n0| Znol [oi — 2]. 
n 


(L'integrazione nel secondo termine può essere estesa fino all'infinito.) 
La sommatoria si esegue mediante la formula 


Y Ono] zno = Z, (82a,16) 


dove Z è il numero di elettroni nell’atomo (vedi III, (149,10). 
Rappresentiamo il risultato nella forma 


Aule {Im ilo pe vw] (82a,17) 


dove / è una certa energia media dell’atomo, determinata dalla 


formula 
dI Ono | 2201? IN Ono 


n 2 r 
In fantngie a ca 5 SI ©no|xno}kIn'ono. (822,18) 


Nella regione b), invece, abbiamo secondo la (82a,11) |g° |] 
x p°8°, cioè | g? | non dipende dal numero n dello stato finale dell’a- 
tomo; non dipendono da n nemmeno i limiti d'integrazione. Perciò 
la sommatoria su nr nella (82a,12) può essere eseguita sotto il segno 
di integrale. Nel primo termine la sommatoria si esegue mediante 
la formula 


D'](e-i0)no POn== d (82a,19) 


(vedi III (149,5)), e l’integrale dell’espressione ottenuta è uguale a!) 
2nZ (2e2)? 192 |a 
a In TE lo” 
L’integrale del secondo termine della (82a,12) su questa regione dà, 
invece, un contributo trascurabile in x. 
Sommando l’ultima formula con (82a,17), troviamo il contributo 
in x dato da tutta la regione dei piccoli trasferimenti di impulso: 


2n1Z (2e2)2 \a2] p? 
— mè [to MET? |. Pr 


1) La divergenza logaritmica dell’integrale nel limite superiore è proprio 
la causa per la quale nel primo termine della (82a,12) non si può sviluppare 


e_*9" in potenze di g. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 393 


Grandi trasferimenti di impulso 


Esaminiamo ora gli urti con un trasferimento di impulso grande 
rispetto all’impulso degli elettroni atomici (9° © m/). In questa 
regione si può, evidentemente, trascurare il legame degli elettroni 
nell’atomo, si possono, cioè, considerare gli elettroni come liberi, 
In relazione a ciò l’urto di una particella veloce con l’atomo costitui- 
rà una diffusione elastica su ciascuno dei Z elettroni atomici. In 
questo caso, per il grande valore della velocità della particella gli 
elettroni atomici possono considerarsi prima dell’urto come in 
quiete. 

Designiamo con mA l’energia trasferita dalla particella veloce 
all’elettrone atomico, e sia do, la sezione d’urto di diffusione elastica 
accompagnata da tale trasferimento d'energia. Il frenamento efficace 
differenziale su tutto l’atomo sarà allora 


du =ZMmA dox. (824,21) 


L'energia massima che può essere trasferita ad un elettrone in 
quiete da una particella di massa M È m che viene con esso in colli- 
sione, è uguale a 

max m24M2+2me © M2-+2me 


dove € e p sono l'energia el’impulso della particella incidente (vedi II 
(13,13)). Supponiamo inoltre che l'energia €, anche se può essere ultra- 
relativistica (e > M), debba soddisfare allo stesso tempo la disugua- 


glianza 
2 
EK Lola (82a,22) 


Allora anche il valore massimo dell’energia trasferita 


mAmer MEO — Im (y=e/M=1/VT=?) (822,23) 
rimane sempre piccolo rispetto all'energia cinetica originaria della 
particella incidente (mA,nax € € — MM). Corrispondentemente, anche 
l’impuslo trasferito gq rimane sempre piccolo rispetto all'impulso ori- 
ginario p della particella. Questa circostanza permette di considerare 
il moto di quest’ultima come se non variasse per l’urto, permette cioè 
di considerare la particella incidente come infinitamente pesante. 
Allora la sezione d’urto di diffusione si ottiene semplicemente tra- 
sformando la sezione d’urto di diffusione di un elettrone su un centro 
fisso (81,7) al sistema di riferimento del laboratorio, in cui l’elettrone 
è originariamente in quiete. Questo è facile da fare notando che nel- 


l’approssimazione indicata 


d aid | q2 
—q° = = 4p? sen —, di =, 


394 CAPITOLO IX 


la velocità relativa è sempre uguale a v in ambedue i sistemi di riferi- 
mento. La formula (81,7) assume la forma 


do = ES (862)? _ _l@] Vele, 
IR Am2y2 ) |qg®|2 


Il trasferimento d'energia A si esprime attraverso il medesimo in- 
variante g° secondo la formula —gq? = 2m?A. Abbiamo perciò!) 


27 (2e2)2 A dA 
doy = (1-0? rr) 3: (822,24) 


Il contributo nel frenamento efficace dovuto alla regione conside- 
rata di valori del trasferimento di impulso si ottiene integrando la 
(82a,24) nei limiti dal valore introdotto prima di | g? |; fino a 
10° |Imax = 2î*Amax- Si ottiene 

27 (ze2)2 Z 2Amaxm* 9 
= mr © (inn ey A (82a,25) 

Sommando, infine, i contributi (82a,20) e (82a,25) otteniamo il 
seguente risultato per le perdite per ionizzazione da parte di una 
particella veloce pesante: 


4nZ (262)? 2mv? 2 
n (1 TE) $) (822,26) 
(1-3) 
C 


(in unità ordinarie). Nel caso non relativistico da quest’espressione 
si ricava la formula nota del III (150,10): 


4nZ (2e2)2 2mv2 
% = pr % (82a,27) 
e nel caso ultrarelativistico abbiamo 
4nZ (ze2)2 2me2 
w= TE (In EI (822,28) 
I | 1 -4) 
Cc 


Il frenamento dipende solo dalla velocità (ma non dalla massa) della 
particella veloce. Il decrescere del rallentamento con l’aumentare 
della velocità secondo la (82a,27) lascia il posto, nel caso relativisti- 
co, ad un lento aumento (logaritmico). 


PROBLEMI 


4. Determinare il rallentamento efficace per un elettrone relativistico 
Soluzione. Il contributo della regione dei piccoli trasferimenti di impulso 
è dato, come prima, dalla (82a,20). Per la regione dei grandi valori del trasferi- 
mento di impulso occorre usare, in luogo della (82a,24), la formula (82,14), che 


1) In questa formula non si tiene, certamente, conto degli effetti peculiari 
delle interazioni forti, se la particella pesante è un adrone. Questi effetti (fattore 
di forma adronico), tuttavia, diventano importanti solo per | 42 | co 1/M? e con 


la condizione (82a,22) tali trasferimenti di impulso sono esclusi. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 399 


tiene conto anche degli effetti di scambio. Integrando Ado, in dA da | 9? |1/2m? 
a (y—1)/2 e sommando con la (82a,20), otteniamo 


Dre m2 (Y2—1)(y—-1)c4 2 (e 1) 
Sat PECE PIO (EL) meg AE] 


(1) 
v=(1— 12/02) 1/2. 
Nel caso non relativistico otteniamo la formula ricavata nel problema del III, 
$ 149, e nel caso ultrarelativistico () > 1) 
2nZe4 m24y3 , 1 
me? (1 2/2 8 î (2) 


— 
— 


2. Lo stesso per il positrone. 
Soluzione. Per do, nella regione dei grandi trasferimenti di impulso occorre 


usare la (82,23), nella quale il limite superiore nell’integrazione in dA è uguale 
a y — 4. Nel caso ultrarelativistico la risposta è 
2nZe4 (10 2m2c4y3 23 


mc? 72 12 


Xx = 


$ 83. Equazione di Breit 


Come è noto, nell’elettrodinamica classica un sistema di particelle 
interagenti può essere descritto mediante una funzione di Lagrange, 
che dipende solo dalle coordinate e dalle velocità delle particelle 
stesse ed è esatta all’ordine — 4/c? (II, $ 65). Questo perché gli effetti 
connessi all’irraggiamento sono dell’ordine di 41/08. 

Nella teoria quantistica a questa situazione corrisponde la possi- 
bilità di descrivere un sistema mediante l’equazione di Schrédinger, 
che tiene conto dei termini del secondo ordine. Per un elettrone, che 
si muove in un campo elettromagnetico esterno, questa equazione 
è stata ricavata nel $ 33. Ora noi ci occuperemo di ricavare un’equa- 
zione analoga, che descriva un sistema di particelle interagenti. 

Prenderemo come punto di partenza l’espressione relativistica 
dell’ampiezza di diffusione di due particelle. Nell’approssimazione 
non relativistica essa diventa l’ordinaria ampiezza di Born, 
proporzionale alla trasformata di Fourier del potenziale di interazio- 
ne elettrostatica di due cariche. Dopo aver calcolato l'ampiezza 
di diffusione al secondo ordine, noi possiamo stabilire la forma del 
potenziale corrispondente, che tiene conto dei termini — 1/c?. 

Supponiamo dapprima che le due particelle siano diverse e abbia- 
no masse 72, e m, (per esempio, un elettrone e un muone). Allora la 
diffusione è rappresentata dal solo diagramma 


1.94 x P, 


49 


396 CAPITOLO IX 


° 


L'ampiezza corrispondente è 
Mj;= e? (u,ytu,) Duy (9) (usy'u2), 
q=P\— P1= Pa— Ps (83,1) 
(qui si suppone che le cariche abbiano lo stesso segno; in caso contra- 
rio e? viene sostituito con —e?). 
I calcoli che seguono si semplificano notevolmente se il propaga- 


tore fotonico D,y viene scelto non nel gauge abituale, ma nel gauge 
di Coulomb (77,12-13) 1): 


43 43 il 
Do= — > Du=0, Dn (Bin). (83,2) 
Allora l'ampiezza di diffusione assume la forma 

M == e2 {(u;y0u,) (uso) Doo + (u;vius) (uv us) Din}. (83,3) 


Trascurando tutti i termini in 1/c, il secondo termine tra paren- 
tesi graffa scompare del tutto, e il primo dà 


Mj= — 2m,-2mp (VO *w0) (00 *0)U (a), (83,4) 
dove 
4ne? 
U (9)= #0 (83,5) 
e con wi”, wu, ... sono state indicate le ampiezze spinoriali (a due 


componenti), introdotte al $ 23, di onde piane non relativistiche. 

La funzione U (q) rappresenta la trasformata di Fourier dell’energia 

potenziale di interazione coulombiana: U (r) = e?/r. 
Nell’approssimazione successiva (in 1/c) la funzione d'onda di 


Schròdinger di una particella libera @schr (normalizzata secondo 


l’integrale { | Pschr dz) soddisfa l’equazione 


H'‘% @sehr = (e e me?) ®schr; (83,6) 
p° pî 
HO =37 Tana: PE 


nella quale si è tenuto conto dei primi due termini dello sviluppo 
dell'espressione relativistica dell’energia cinetica. Con w denotere- 
mo l'ampiezza (spinoriale) di tale onda piana (per 1/c + 0 essa tende 
a wu‘). È proprio attraverso queste ampiezze che deve essere e- 
spressa l'ampiezza di diffusione cercata se si vuole che sia possibile 
determinare sulla base di essa il potenziale di Schròdinger di intera- 
zione nell’approssimazione considerata. 


1) In questo paragrafo in tutte le formule intermedie scriviamo i fattori c, 
e nelle formule finali anche È. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 397 
Secondo la formula (33,11) l'ampiezza bispinoriale vu di una 


particella libera si esprime attraverso l’ampiezza di Schròdinger w, 
con la precisione richiesta, nella forma 


2 
‘(1-2 )w 
na Em2c2 
s-v3(| nia ) , (83,7) 


Mediante questa formula troviamo 


—, n pi? + pì 7 
uspou, == uu, = 2m, ( 1 Snia ww + 


4 , , ld 2 Tu 
td w,* (0p,) (Cp) wu, =2myu,;* { 1 Baia + } Wi, 
NO) , 1 ’ ’ 
u,yu, = u,"au, = # w,* {o (0p:) + (0p,) 0} vw = 
badi 
=— wi; {i [og] +2p1+9}w, 


(dove g = pi — Pi = Pr — Pi). Le espressioni analoghe per 
(u;v0u,) e (usyu,) differiscono per la sostituzione dell’indice 1 con 
l’indice 2 e corrispondentemente di gq con —q. 

Sostituiamo queste espressioni nella (83,3). Poiché il prodotto 
(ujvui) (u,yu.) già contiene il fattore 1/c?, allora in D;x, si può tra- 
scurare ©?/c° al denominatore. Come risultato otteniamo l'ampiezza 
di diffusione nella forma 


My, = — 2my-2m, (w°w,"U (pi, Pa, 9) Vw), (33,8) 
dove 
U (p,, p q)=4ne? iii 
19 Par q° 8mîc2 8m3c2 
De (291) (AP2) ___PP2 no io [Pi] — 
mymog* mymoQ? 4mî c2q? 
___io1lap,] _ io,[9p2] sf ig» [2P:] + 
2m,ymoc2Q2 4mic?g? 2m,mo62q2 
(019) (029) 0199 
19 4Amymoc2g® = 4mimoc? } (80:5) 


(gli indici 1, 2 delle matrici di Pauli indicano su quali indici spino- 
riali esse agiscono: 0, agisce su w,, 0, SU Wy). 

La funzione U(p,, P., 9) è l'operatore di interazione delle parti- 
celle nella rappresentazione degli impulsi. Esso è connesso all’ope- 
e U (p,, ps; r) nella rappresentazione delle coordinate dalla for- 
mula 


{ e Pitt 93721] (P,, Po, r) ei(p1r1t p2r2)d3x,d3x, == 


= (2r)° 6(P1+ P:—- pi P:)U(P1, Pz, 9). (83,10) 


398 CAPITOLO IX 


Se l'operatore U rappresenta solo la funzione U (x) (r = x, — #3), 
allora U (pi, P;, 9) non dipende da ,, p, e la formula (83,10) si 
riduce alla definizione ordinaria della trasformata di Fourier 


| e-sa"U (r) Bx=U (9). 
È chiaro allora che per trovare U (P1: Pa, 1°) occorre calcolare l’inte- 
grale 
d3 
| eie°U (pi, pe 9) Tar 


e quindi sostituire p,, D,, con gli operatori p, = — iV4, pg= — iVa, 
disponendoli a destra di tutti gli altri fattori. 
Gli integrali necessari si calcolano derivando la formula 


r 40 _dq __1 
| = 7 (So) 


Calcolando il gradiente troviamo 


sor 4A  d8q | ir 
| cia = VT=3- (83,12) 
Quindi (a, d sono vettori costanti) 
4 (a9) (09) _; dig _i d° { sie d \ 1 dg . 
g'* di (28 72 (a a), di (047) gr (208 


l'integrale ottenuto, dopo un'integrazione per parti, si riduce alla 


(83,12) e dà 


4r (49) (da) _;ar dg _ __ 1 (ar) (br) 
j g* di (2r1)8 = [e0- r2 | 
(83,13) 
Infine 
4 b : d3 4 
| eten = — (AV) (0V) 


Sviluppando le derivazioni occorre tenere presente che questa espres- 
sione contiene la funzione è (x). Per metterla in evidenza notiamo 
che mediando sulle direzioni rx abbiamo 


1 1 1 4 
— (AV) (6V)—=—7(ab)A—=-7- (ab) 8 (r). 
Sviluppando ora le derivate nel modo solito, otteniamo 
4 (09) (69) ian _P9 ar) LA) 
Î q° e ni — # {ab_ ar = x 


+ ab8(r) (83,14) 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 399 


(nella media sulle direzioni x il primo termine si annulla e come do- 

veva essere, sopravvive solo il termine con la funzione delta). 
Mediante queste formule otteniamo in definitiva la seguente 

espressione per l'operatore di interazione delle particelle: 


2 252 1 { 

U(pi, Pa, 7) = TO (7 +4 a) 
PP1) Po 

nia [pop + EP |_ 


eh eh 
ingr lrP:1 + pars lePallo— 


eh { 
— 2mymyc2r3 


bella {use gente) _ SE co (e)}. (83,15) 


mymoc? r3 rs 


[rp1] 0 — [Yp2] 0} + 


L’hamiltoniano totale di un sistema di due particelle in questa 
approssimazione è 


H=H®+H®+U, (83,16) 
dove H°% è l’hamiltoniano delle particelle libere (83,6). 


Due elettroni 


Se le due particelle sono identiche (due elettroni), allora nell’am- 
piezza di diffusione compare un secondo termine, rappresentato dal 
diagramma «di scambio» 


P, 


} 


P, * 


Non è, tuttavia, necessario calcolare il suo contributo nell’operatore 
di interazione. Infatti, la descrizione di un sistema di particelle 
identiche mediante l'equazione di Schridinger può essere fatta 
mediante lo stesso operatore di interazione impiegato per particelle 
non identiche, a patto di effettuare l’appropriata simmetrizzazione 
delle soluzioni dell'equazione. In particolare, nello studio della 
diffusione di particelle, questa simmetrizzazione tiene automatica- 
mente conto dei contributi all’ampiezza relativi ai due diagrammi 
di Feynman. 

In tal modo, l’hamiltoniano di un sistema di due elettroni si 
ricava dalle formule (83,15-16) semplicemente ponendo in essi 


400 CAPITOLO IX 
m,j = my}): 
= (+) — Fr (+9) +U (PL, Pa, 2), 
U(Pi, ko r)=£-x( sa 6 (7) mar * 
x (p. POR r(7r4) P2 pet FRA {- (0, + 20) X 


x [rp] + (01+-20,) [rp:]}++(-£-)x 
x {epr Sme) SE 0108 (7)}. (83,17) 


Notiamo che la presenza di termini contenenti è (x) non significa 
affatto che ci si trova in presenza di un'interazione particolarmente 
forte. Il valor assoluto integrale di tutti i termini correttivi è lo stes- 
so, e in base al significato dello sviluppo effettuato, tutti questi 
termini devono considerarsi piccoli rispetto al primo: il termine di 
interazione coulombiana. 

I vari gruppi di termini nell’operatore di interazione (83,15) 
hanno carattere differente. I termini della prima riga in U hanno 
un'origine puramente orbitale. Nella seconda riga ci sono i termini 
lineari rispetto agli operatori di spin delle particelle; essi corrispon- 
dono all’interazione spin-orbita. Infine, i termini della terza riga, 
quadratici rispetto agli operatori di spin, descrivono l'interazione 
spin-spin ?). 


Elettrone e positrone 


Un sistema di un elettrone e di un positrone richiede uno studio 
particolare. L’ampiezza di diffusione, in questo caso, consta di due 
termini: 


Mj;= — e [u(pi) yPu (p_)]} Dav(p_— Pi) {U(— p.) wu(— p)l+ 
+e? [u(— p.)vtu(p_)] Du (p_+p.)l(p)ywu(—P))] (83,18) 


(il primo corrisponde al diagramma « di diffusione », il secondo al 
diagramma «di annichilazione »). Poiché la funzione d'onda del 
sistema « elettrone + positrone » non può essere antisimmetrica, 


1) L'equazione d’onda con l’hamiltoniano (83,17) venne stabilita la prima 
volta da G. Breit (1929) e la sua successiva deduzione quantistica venne data da 
L. D. Landau (1932). 

2) Questa interazione è già stata ricordata nel III, $ 72 in relazione alla 
struttura fina dei livelli atomici, e l'interazione spin-spin degli elettroni con il 
nucleo è stata studiata nel III, $ 124 in relazione alla struttura iperfina dei livel- 
li. In particolare, la formula III (121,9) corrisponde al termine con la funzione 
delta nell’operatore di interazione spin-spin. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 401 


ambedue i termini danno contributi indipendenti all'operatore di 
interazione. 

Il primo termine (la cui struttura coincide con la struttura del- 
l'ampiezza (83,1)) porta, naturalmente, ad un operatore che differisce 
dal (83,17) soltanto per il segno complessivo. Occupiamoci ora della 
trasformazione del secondo termine. 

Usiamo a questo scope il propagatore fotonico nel gauge ordinario 


41 4T 
Duy qa 87 TE ; Buy» 
Co 


Nel caso considerato % = p, + p_, ed essendo le particelle « quasi- 
non relativistiche », abbiamo 
rime > (p,+ p_}}= k°. (33,19) 


2 i (e, + e_)2 
ca TT c2 


N 


Perciò per il propagatore fotonico è sufficiente scrivere 
I 
Duv® Fai Buv 


Qui è già contenuto il fattore 1/c?. Perciò è sufficiente prendere 
l'ampiezza u (p) nell'approssimazione di ordine zero 


u(p)=V 2m (a) , u(—p.)=V2m #8 i 


dove ul, vu‘ sono gli spinori tridimensionali che figurano nella 
(23,12) (nel seguito ometteremo gli indici (0)). Con queste ampiezze 
abbiamo 


u(—p,)vu(p)=u"(—p.,)u(p_)=0, 
u(— p.) yu(p_)=u*(— p,)au(p.)=2m(w*ow). 


Dopo la sostituzione di queste espressioni il termine « di anni- 
chilazione » dell’ampiezza di diffusione assume la forma 
MS = — 8-7 (2m)? (v*ow_) (v'*0w'). (83,20) 


“ 


Da qui, tuttavia, non è ancora possibile trarre delle conclusioni 
circa la forma dell'operatore di interazione. In primo luogo gli 
spinori w, attraverso i quali si esprimono le ampiezze u (—p+), non 
sono ancora, in senso letterale, positronici. Le ampiezze positroniche 
si ottengono da u (—p+) mediante la trasformazione di coniugazione 
di carica; secondo la (26,6) gli spinori corrispondenti (che indichere- 
mo con wv+) sono legati a w della relazione w, = 0,w*, dalla quale 
abbiamo 


w =o,jw,= —Wy0y, w= — Qui. (83,21) 


402 CAPITOLO IX 


In secondo luogo l’ampiezza di diffusione deve essere ridotta ad 
una forma nella quale si contraggano tra loro gli spinori elettronici 
(wv_e w.) e gli spinori positronici (wv4 e w)). Questo si ottiene usando 
la formula 


(w*o0w_) (v*ow') = 3 (v°*w_) (v*w') — > (v'*ow_)(wv*ow'), (83,22) 


che discende dalla (28,17). 
Infine, esprimendo w e w' attraverso wy e w) secondo la (83,21), 


troviamo, come è facile verificare, 


(v*w')= (ww), 
(w'ow')= —(v*0w,). (929) 


Sostituendo la (83,23) nella (83,22) e quindi nella (83,20), ottenia- 
mo l’espressione definitiva per la parte «di annichilazione » dell’am- 


piezza di diffusione 


rà; tre? 
MS5°) — — 4m? (CA wi [TA (3+ 010.) | 14) 


(le matrici o_ e 0, agiscono rispettivamente su w_ e w4). L'espressio- 
ne tra parentesi quadra costituisce l’operatore di interazione nella 
rappresentazione degli impulsi. Il corrispondente operatore nella 


rappresentazione delle coordinate è 


h2e2 
Ul (n) = (3+ 040) 8 (7), r=r_—r1, (83,24) 
(Pirenne, 1947; V. B. Berestetskij e L. D. Landau, 1949). L'operatore 
totale di interazione tra un elettrone e un positrone è 


— U+U®®, 
dove U è preso dalla (83,17). 


$ 84. Positronio 
Le formule ottenute nel paragrafo precedente si possono applicare 
al positronio: un sistema idrogenoide costituito da un elettrone e da 


un positrone. 
Nel sistema di riferimento del baricentro gli operatori degli 


impulsi dell’elettrone e del positrone nel positronio sono p_ = 
= —p; = p, dove p= — ikV è l'operatore dell’impulso del moto 
relativo, corrispondente al raggio vettore relativo rx = r_ — r+. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 403 


L’hamiltoniano totale del positronio è 1) 
2 
Has P_ELV+Vi+ Va, 


4 e? 
Vi= prim (e) ta {+ PED, (84,1) 
le 
V,= 6p? I {ene a (Sr) — 38} + 4npî (FS-2)6(r). 


Qui n, = eh/2mc è il magnetone di Bohr, hl = [rp] è l'operatore del 
momento angolare orbitale; S = (0; + 0_)/2 è l'operatore dello 
spin totale del sistema (il suo quadrato S? = 1/2 (3 + 9,0,)). In Vj 
sono inclusi tutti i termini correttivi di natura puramente orbitale; 
V, è l’interazione spin-orbita; V, include in sé l’interazione spin-spin 
e l’interazione « di annichilazione ». 

L’hamiltoniano « imperturbato » 


H=E_£ 


— ——-—— 


r 


differisce dall’hamiltoniano dell’atomo di idrogeno solo per la so- 
stituzione della massa dell’elettrone con la massa ridotta m/2. I livelli 
energetici del positronio sono perciò due volte minori (in valore 
assoluto) dei livelli dell'atomo di idrogeno 
met 
E=— Tare (84,2) 
(n è il numero quantico principale). 

Gli altri termini nella (84,1) portano alla separazione dei livelli 
(84,2), cioè alla struttura fina. I livelli che compaiono si classificano 
innanzitutto secondo i valori del momento angolare totale j. Si vede 
inoltre che gli operatori di spin delle particelle entrano nell’hamilto- 
niano (84,1) solo sotto forma di somma S. Questo significa che 
l’hamiltoniano commuta con l’operatore del quadrato dello spin 
totale S?, e quindi il modulo dello spin totale continua a conservarsi 
anche nell’approssimazione considerata (del secondo ordine in 1/c). 
Perciò i livelli energetici del positronio si possono classificare anche 
secondo lo spin totale, che assume i valori S=0e S= 1.1 livelli 
a spin 0 sono detti livelli del parapositronio mentre i livelli a spin 1 
sono detti livelli dell’ortopositronio. 

Occorre sottolineare che la conservazione dello spin totale nel 
positronio è effettivamente una legge esatta, non connessa all’appros- 
simazione in 1/c; essa discende dall’invarianza CP delle interazioni 


° 


elettromagnetiche. Il positronio è un sistema realmente neutro 


1) In unità ordinarie. 
26* 


404 CAPITOLO IX 


e perciò i suoi stati sono caratterizzati da una data parità di carica 
e una data parità combinata. Quest'ultima è uguale a (—1)St! 
(vedi problema al $ 27); poiché S può avere solo due valori, 0 e 1, 
la conservazione della parità combinata è equivalente alla conserva- 
zione dello spin totale. 

Per $ = 0 il momento angolare totale j coincide con il momento 
angolare orbitale. Per S = 1e per un dato j il numero / assume i valo- 
ri j, j + 1; corrispondentemente ogni livello (n, j) dell’ortopositronio 
si separa, di norma, in tre livelli. Poiché ai valori/ = fel/=j+41 
corrispondono parità differenti, l’hamiltoniano non ha elementi di 
matrice che connettano questi stati. Tuttavia, l'operatore di pertur- 
bazione (il primo termine in V3) ha, in generale, elementi non diago- 
nali, che connettono gli statial = j + 1e/= j— 1; in questo caso 
il numero / perde, ovviamente, il significato rigoroso di momento 
angolare orbitale. 

Nel positronio aspetti peculiari presenta l'effetto Zeeman 
(V. B. Berestetskij, I. Ja. Pomerantuk, 1949). 

Il momento magnetico orbitale del positronio è sempre nullo; 
poiché nel positronio [rp+] = [x_p_], allora 


ni= bo ([(7+p+] — [r-p-]) =0. 
L'operatore del momento magnetico di spin, invece, 
Ms = Ho(0+ — -) (34,3) 


non è proporzionale all'operatore dello spin totale S = 41/2 (0,4 0_), 
e gli operatori S° e u? non commutano tra di loro. Perciò gli stati 
a valori determinati del modulo dello spin totale S e della sua proie- 
zione $, non sono, in genere, autostati del momento magnetico. 

Gli stati di dati S e S, sono descritti da funzioni di spin Yssz, 
che hanno la forma 


Via = 444, Yi = B4P-, 


Xi = TE (a.B_+ Bi), (84,4) 
oo = Ta (c1p__—a_P+), 


dove & e fi sono le funzioni di spin di una singola particella, relative 
alle proiezioni dello spin +1/2 e —1/2 (gli indici + o — indicano 
che la funzione si riferisce al positrone o all’elettrone). Di esse le 
prime due (Y;; € Y1-;) sono contemporaneamente anche autofunzioni 
dell'operatore u,, relative all’autovalore u, = 0. Le funzioni %io 
€ Yoo; invece, non sono autofunzioni di p,; lo sono però le loro combi- 


nazioni 


5 (X10 + Xoo) = %+f-, nei (X10 — Xoo) = ®-B+- (84,9) 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 405 


È facile vedere che gli unici elementi non nulli della matrice 
(S’S: | u, |SS,), calcolati rispetto alle funzioni (84,4), sono gli 
elementi 

(00 | 10)= (40|p, 100) = 2uo. (84,6) 


In campi magnetici deboli (quando u,77 « A, dove A è la diffe- 
renza tra le energie dei livelli a S = 0 e S = 1) gli autostati dello 
spin totale costituiscono l’approssimazione di partenza per il calco- 
lo della separazione Zeeman. In prima approssimazione questa sepa- 
razione è data dal valore medio dell'operatore dell'energia di pertur- 


bazione 
Vy — — u.H. 


Ma tutti gli elementi diagonali dell'operatore pu, (e quindi [anche di 
Vg), calcolati rispetto alle funzioni (84,4), sono nulli. In tal modo, in 
campi deboli l’effetto Zeeman lineare nel positronio manca. 

Nel caso limite opposto di campi intensi (u,7 > A) si può trascu- 
rare l’interazione tra gli spin, che porta a valori $ determinati 
dello spin totale. Le componenti del livello separato corrisponderanno, 
in questo caso, ad autostati u, = +24 (descritti dalle funzioni 
(84,5)), e il valore dello spostamento sarà +2 us. 


PROBLEMI 


1. Determinare la struttura fina di livelli del parapositronio (V. B. Bereste- 
tskij, 1949))). 

Soluzione. L'energia di separazione del livello in esame è data dai valori 
medi dei termini correttivi nell’hamiltoniano (84,1), calcolati rispetto alle fun- 
zioni d'onda degli stati imperturbati corrispondenti a valori diversi di j = / 
(uguali a 0,1,..., n — 4). Per S=0 un contributo non nullo proviene solo 
da V, e dal secondo termine in Vs. 

Le funzioni d'onda imperturbate (che denoteremo con w) soddisfano l’equa- 
zione di Schréòdinger 2) 


po=—Ap=(E+i)w  E=-7r 
Perciò 
pip=p (E+È) y=(E+i)"w-v4 4-2(v1) p= 
=(2+1) viso y+ +. 


Per il valore medio troviamo 


- 771 ld 2 
pi=(£+-) +45 |] (0) 2+ | brado 


1) Per il calcolo della struttura fina dell’ortopositronio vedi V. B. B e r e- 
stetski)j, ZETF 19, 1130 (1949); R. Ferrell], Phys. Rev. 84, 858 (1951). 
2) Nel calcolo risulta comodo usare unità atomiche. 


406 CAPITOLO IX 


L'ultimo integrale è uguale a — fi (0) |?2do; poiché p (0) # 0 solo per {= 0, 


e le funzioni d’onda degli stati S godono di simmetria sferica, allora l'integrale 
è uguale a —4z | p (0) |? e si semplifica con il secondo termine. 
Introducendo l'operatore del momento angolare orbitale 1= [rp] si può 


scrivere ; 
0, 20dp 12 1 
— pe Ca COVER co =. 
Pe=gattà (E+7)v 
Da qui per l’altro valore medio che ci occorre troviamo 


* T_ or {pad 99 s._ 
fu r3 (rp) pp dîz= us r @r2 d°x = 


——————————— ————1nòÒ 


= (+1) 19 (O)2-10+1) 75 


(per 2==0 l’ultimo termine viene a mancare). 
Secondo le note formule della teoria dell'atomo di idrogeno (vedi III (36,14), 
(36,16)), tenendo conto della sostituzione della massa dell'elettrone m con m/2, 


abbiamo 


1 —; 1 1 
POS a de a EI)? 
r3 3 (#0). 


— 4n81(1-+1)(21-+1) 


Mediante queste formule otteniamo, per i livelli energetici cercati 


e. tone 1 re) 
TT ana ® re ala 32n / 


2. Determinare la differenza tra le energie degli stati fondamentali (n = 1, 
tl = 0) dell’orto- e del parapositronio. 

Soluzione. La dipendenza dell'energia dallo spin totale S per ! = 0 è conte- 
nuta solo nel valore medio del secondo termine in V; [il primo termine, invece, 
si annulla quando si esegue la media sugli angoli nello stato S (a simmetria 
sferica)]!). Il livello fondamentale dell’ortopositronio (*5,) è più alto del livello 
fondamentale del parapositronio (1S,) della quantità 


4 
E (35) — E (5)=5 a? e =8,2.10-4 eV. 


$ 85. Interazione di atomi a grandi distanze 


Tra due atomi neutri, che si trovano a distanze r grandi rispetto 
alle loro dimensioni intrinseche, agiscono forze attrattive. Il metodo 
quantistico ordinario per il calcolo di queste forze (vedi III, $ 89) 
diventa, tuttavia, inapplicabile a distanze troppo grandi. E questo 
perché in quel tipo di calcolo si tiene conto solo dell'interazione 
elettrostatica, ma non degli effetti di ritardo. Tale approccio è valido 
solo fino a quando la distanza r rimane piccola rispetto alle lunghezze 
d’onda caratteristiche X, degli spettri degli atomi interagenti. In 
questo paragrafo verrà eseguito un calcolo privo di questa limitazione. 


1) La media sugli angoli deve essere eseguita prima dell’integrazione rispet- 
to a r, come risulta evidente dal metodo di calcolo dell’integrale (83,14), che 
origina il primo termine in V,. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 407 


Noi procederemo all’incirca come nel $ 83, calcolando l'ampiezza 
di diffusione elastica di due atomi diversi (senza cambiamento dello 
stato interno) nella prima approssimazione non nulla. Confronteremo 
quindi l’espressione ottenuta con l'ampiezza che si otterrebbe in una 
descrizione dell’interazione degli atomi mediante l’energia poten- 
ziale U (r). 

In quest’ultimo caso il primo elemento non nullo della matrice $, 
che descrive il processo in esame, sarebbe l'elemento del primo ordine 


Sui | dit (mr) dit (7) U (1) da (10) Va X 
X (7°) dîx, dx, | exp {—i(ej+e,—e/—e)t} dt. (85,1) 


Qui w,. y e y;, w; sono le parti che non dipendono dal tempo delle 
funzioni d’onda (onde piane), che descrivono il moto di traslazione 
dei due atomi con impulsi iniziali e finali rispettivamente; £;, €% 
e €;, €; sono le energie cinetiche di questo moto; le coordinate 7, e r, 
degli atomi, considerati come un sistema unico, si possono intendere 
come le coordinate dei rispettivi nuclei, e la distanza tra questi 
ultimièr = |, — », |. L’integrale temporale nella (85,1) dà, come 
al solito, una funzione è, che esprime la legge di conservazione del- 
l’energia. Per facilitare il successivo confronto è, tuttavia, conveniente 
considerare formalmente il caso limite di atomi con massa infinita- 
mente grande ; per impulsi dati a questo limite corrispondono energie 
e nulle. In altre parole, si può dire che si considerano tempi brevi 
rispetto ai periodi 1/e. Allora la (85,1) assumerà la forma 


Sie —it | | PP2U (7) wap dr dz, (85,2) 


dove t è l’intervallo di tempo su cui si integra. 

Il calcolo concreto dell’ampiezza di diffusione elastica, con le 
supposizioni fatte, si può scomporre in due tappe. Si prende dappri- 
ma la media dell’operatore S rispetto alle funzioni d’onda degli stati 
invariati (fondamentali) dei due atomi (per certi valori delle coordi- 
nate dei due nuclei #, e #,), e poi rispetto allo stato di vuoto fotonico 
(all’inizio e alla fine del processo i fotoni non ci sono). Come risultato 
otteniamo una quantità, che sarà funzione della distanza tra i nuclei; 
indichiamola con (S (r))!). Per trovare l’elemento di matrice di 
transizione cercato occorre quindi calcolare l’integrale 


Su= | | WiWit(S (1) popo dr Prg. (85,3) 


Confrontando con la (85,2) vediamo che se otteniamo l’espressione 
{S (r)) nella forma 


._ 1) Sostituisce la notazione più complessa dell’elemento di matrice diagonale 
in cui sono specificati gli stati dell'atomo e del campo fotonico. 


408 CAPITOLO IX 


allora la funzione © (r) sarà l’energia di interazione tra gli atomi 
cercata. 

Poiché nel caso considerato abbiamo a che fare non con una 
collisione di particelle elementari, ma di sistemi composti (atomi, 
che negli stati intermedi possono essere eccitati), le regole formali 
ordinarie della tecnica dei diagrammi non sono direttamente applica- 
bili, e noi partiremo dall'espressione dell’operaiore S sotto forma 
dello sviluppo (73.10). 

Per l'interazione tra atomi sono essenziali le componenti di Fou- 
rier dei campi che corrispondono a frequenze dell'ordine delle fre- 
quenze atomiche (e frequenze inferiori). Le corrispondenti lunghezze 
d'onda sono grandi rispetto alle dimensioni atomiche. Perciò l’ope- 
ratore di interazione elettromagnetica può essere scritto nella forma 


Vs: — E (1) di E (12) de, (9938) 


dove d,, d, sono gli operatori dei momenti di dipolo degli atomi (si 
intendono qui gli operatori di Heisenberg dipendenti dal tempo), 
e E (x) è l'operatore campo elettrico, il quale viene considerato nei 
punti in cui si trovano gli atomi. 

Come è noto, i valori medi del momento di dipolo di un atomo 
nei suoi stati stazionari sono nulli (vedi III. $ 75). Da qui discende 
che un'ampiezza di diffusione non nulla compare solo nell’approssi- 
mazione del quarto ordine della teoria delle perturbazioni, cioè 
compare come elemento di matrice dell’operatore 


gu {70° | dij... | dt, TV) VU) VU) V(4)}. (85.5) 


In effetti, agli ordini inferiori ciascun termine nei prodotti di opera- 
tori V contiene almeno uno degli operatori d,, d, alla prima potenza 
e quindi si annulla quando si prende il suo valore medio nello stato 
dell’atomo che gli corrisponde. 

Calcoliamo ora il valore medio dell’operatore (85,5) nello stato 
di vuoto fotonico. Secondo il teorema di Wick il valore medio del 
prodotto di quattro operatori E si riduce alla somma dei prodotti 
dei valori medi di coppie di essi (contrazioni). La suddivisione in 
coppie può essere fatta in tre modi, che possono venire rappresentati 
mediante i diagrammi 


f 2 f 2 { 2 
On___—- o a p 9 Y 
[N VÀ | [| 
N Pa I I - » 
Sx | I (35 : 6) 
/ N | I 
O- © « = = O 9 T. f vb 9 è è 9 
3 4 ò 4 i 4 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 409: 


dove le linee tratteggiate rappresentano le contrazioni, e i numeri 
corrispondono agli argomenti t,, t,, #3, ty. Inoltre, ad ogni punto posso- 
no corrispondere le coordinate spaziali x, o x, (a due punti #,, 
e agli altri due 7,; in caso contrario nel termine della somma in esame 
uno degli operatori d,, d, entrerà alla prima potenza e si annullerà 
nella media rispetto allo stato dell'atomo). È evidente che nei punti 
uniti da linee devono trovarsi x, e r, differenti. In caso contrario il 
diagramma (cioè il termine corrispondente nell’elemento di matrice) 
si ridurrà al prodotto di funzioni indipendenti di r, e #,, invece di 
essere funzione della differenza », — #3; e termini di questo tipo non 
hanno nessuna relazione con la diffusione!). Corrispondentemente 
a queste condizioni gli argomenti 7°, e r, si possono disporre nei quattro 
punti del diagramma in quattro modi. Tenendo conto anche della 
commutatività degli operatori d, e d, e mediando rispetto agli stati 
di ciascun atomo, troviamo che tutti i 3 x 4 = 42 termini ottenuti 
in questo modo sono uguali (essi differiscono solo per la notazione 
delle variabili d'integrazione). Come risultato otteniamo 


(S(m=1 \ dt... | dt,(T (E; (#4, t) Ex X 
X (92, t2))) (T (E (#2, #3) Em (#1, La))) X 
X (T' (di; (£1) dim (£4))) (T (dog (#2) d2,(43))}), (85,7) 


dove î, 4, ], m sono indici vettoriali tridimensionali. 
Per il calcolo delle quantità 


DÎî (24 — x2) =(T (E; (21) Ex (22))) (80,8). 


usiamo il gauge dei potenziali, in cui il potenziale scalare D = 0. 
Allora E = —0A/0t e abbiamo 
DE, (21-29) = (T (A; (2) Ax (22) = È Dax (1) 
ih (41 2 dt, dio i \1 kh \42}}/ — 012 ih ? 
dove x = x, — x, Dix (x) è il propagatore fotonico nel dato gauge?).. 
In seguito, sarà più comodo usare il propagatore D;, (®, r) in 
forma « mista » ©, r connesso alla funzione D (#, r) mediante 


; i 
Dix (t, n) = \ Dix (0,7) eriot o, 
Cosicché 
DE (t, r)= i | Di, (0, n) ein de. (85,9) 


1) Essi non danno le correzioni, che a noi qui interessano, alle autoenergie- 


di ciascuno degli atomi. 
2) La derivata prima d/dt Dj (t) ha int = 0 una discontinuità finita. Per- 


ciò la derivata seconda, cioè la funzione DÈ (t), contiene anche un termine con 


la funzione $ (—6° (72 — z)). Questo termine, tuttavia, è nullo per tutti gli. 
Py #3 € qui non ci interessa. 


410 CAPITOLO IX 


A sua volta la funzione D;x (0, 7) si esprime mediante il propaga- 
ttore fotonico nella rappresentazione degli impulsi dalla formula 


‘nu dk 
Dir (0, 7) A { Din (0, xe) eser (203 * (39,10) 


Secondo la (77,14) abbiamo 


4 kik 
Dix (0, k) = — FW (Sn na ; (35,11) 


Sviluppiamo le quantità 
Cin (ty t9)=i (T (d; (4) d, (t2))) (35,12) 
în integrale di Fourier 
00 | a 
an ()= | eristan (0) FE. 
Ponendo per comodità #, = 0, #, = t, scriviamo per definizione di 
prodotto 7, 


(—») 


& 


Gir (0) = J cita, (1) di=i { ei0t(d, (0) d; (1)) dt + 


si i0t (A; (t) d,, (0) dt. (85,13) 


I valori medi (rispetto allo stato fondamentale dell'atomo), che com- 
paiono qui, si esprimono attraverso gli elementi di matrice del 
momento di dipolo 


{da (0).d; (0) ss D (da),n (di)no e'On0', 
(d, (1) dz (0)) i di, (di)on (dx )n0e Ono, 


Per la convergenza degli integrali nella (85,13) nel primo di essi ® va 
‘inteso come © — i0 e nel secondo come © + i0; integrando, ottenia- 
Mo 


DG I(di)on (da)no 1 (da)on (di)no 
ik (0) = 2 ‘Ono — + i0 gear TRE RE Etra o) ° (85,14) 


Se lo stato RT dell’atomo è lo stato S, allora questo 
‘tensore si riduce ad uno scalare: a,, (0) = a (0) d;x, dove 


i 1 | 
a (0) = Ddl (rcatatono). (85,15) 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 411 


Se invece l’atomo possiede momento angolare, allora questo stesso 
risultato si ottiene mediando sulle sue direzioni, cosa che noi sottinten- 
deremo (a noi interessa l’interazione degli atomi mediata rispetto alle 
loro orientazioni reciproche). 

Confrontando la (85,14) con l’espressione (60,17) per la polarizza- 
bilità dell'atomo vediamo che coincidono per © >0 (queste espressio- 
ni, tenendo conto anche della nota 1 alla pag. 294, differiscono solo 
per la direzione dell’aggiramento dei poli nel secondo membro, ciò 
è inessenziale per © >0). I valori di a (©), invece, per © <Osi 
esprimono con l’aiuto della relazione a (—@) = « (0), evidente 
dalla (85,15), per 0 >Q. 

Sostituendo le espressioni ottenute nella (85,7), troviamo 


3 ( db dig do dwg 
(S(r)=> | dis. do 7 2r 2n 20 


X ot (4) 24, (022) 0IDix (01, 1) Dir (09, 7) X 

X exp {— io (t1 — f2) — i02 (13 — fa) — iS, (11 — ta) — iQ, (6, — t3)} 
(r = r, — r., abbiamo tenuto conto della parità della funzione 
D;x (®, x) secondo r). 
L'integrazione rispetto a tre tempi dà una funzione è (in virtù della 
quale — Q, = L, = ©, = ©;), mentre rispetto al quarto dà il 
fattore 4 


(S(r))= — #Ù (r), 
dove 


* i ( do 
U (=> o'a, (0) 7 (0) [Dix (0, #) >. (85,16) 
Questa formula dà l’energia d’interazione di due atomi a qualsia- 
si distanza, grande rispetto alle dimensioni atomiche a. Rimane 
soltanto da fare la trasformazione inversa di Fourier per trovare la 
forma Dix (0, 7). 
Osserviamo prima di tutto che, secondo le (85,10-11) 
1 02 
Dix (0, r)= — (ata) D(0, 7), 
dove 
DI ( eîkr d3k 
D (0, r)=4n | TETI n° 
L’integrale in d*% si calcola facilmente nelle coordinate sferiche con 
l’asse polare lungo r. Integrando rispetto agli angoli otteniamo 


00 00 
Î eikr — ecîhr i eikr 
D(0, 7)= nre | w2— k2 + 10 kdk= “nr | w2— k2 + i0 k dk 
Ù 


— 00 


412 CAPITOLO IX 


(nel secondo termine abbiamo sostituito X + —X). L’ultimo integrale 
si calcola chiudendo il contorno d’integrazione nel semipiano superiore 
k e si ottiene 


D(@0, r)= — 1 gilotr, 
da qui in seguito abbiamo 
i 4 
Dix (0, n) == [Bin ( Lg Ei FTA Primari = Dia 
3 3i il® lr 
+5 (Gatti -1)- (85,17) 


Sostituendo nella (85,16) dopo semplici trasformazioni, otteniamo 
(tenendo conto della parità della funzione a (©)) 


U (r)=-7 | oa, (0) ax (0) exp (2ior) x 
0 


2i h) 
[+ pr Te tar] do. 05.18) 
L'espressione generale (85,18) si può semplificare nei casi limite 
di « piccole » (a& r& 4) e « grandi » (r > Ao) distanze. 
Per r« à, nell’integrale sono essenziali i valori ® — 6 — c/dg, 
cosi che ®© r<« 1. In questo caso si può lasciare tra parentesi solo 
l’ultimo termine e sostituire l'esponente con l’unità. Allora 


00 


UM= 7 x | (0) 22 (0) do. (85,19) 


— 00 


Come era prevedibile, abbiamo ottenuto per l’interazione su queste 
distanze la legge 1/r8. In questa formula l’integrale si calcola facil- 
mente sostituendovi l’espressione (85,15), chiudendo il contorno 
d'integrazione nel semipiano superiore ©; in questo caso l'integrale 
si calcola mediante la sottrazione dell’espressione integranda nei 
poli © = @®n0 — ©. Supponendo, per semplicità, ambedue gli ato- 
mi uguali, otteniamo (in unità ordinarie) 


2 Î don 12] don° |? 
U(rh=—- 37 Di sog tog* (35,20) 


che coincide esattamente con la nota formula di London (vedi III, 
problema del $ 89). 

Nel caso limite di grandi distanze r > À, nell’integrale sono essen- 
ziali i valori © < c/r« o; per 0 > ©; il fattore exp (2i@r) elimina 
l'integrale. Perciò si possono sostituire le polarizzabilità a, (©) 
e x, (©) con i loro valori statici a, (0), a, (0). Dopo di ciò l’integra- 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 413 


zione viene eseguita in modo elementare (per assicurare la convergen- 
za dell’integrale occorre sostituire nell’esponente r + r + (0). In 
questo modo troviamo l’espressione definitiva (in unità note): 


U(r= Pd (85,21) 


che determina l’energia d’interazione degli atomi a grandi distanze!). 


1) Questa formula venne ottenuta per la prima volta da H. B. Casimir, 
D. Polder, (1948). Nella nostra deduzione abbiamo seguito /. E. Dzjaloinskij. 


Capitolo X 


INTERAZIONE DI ELETTRONI 
CON FOTONI 


$ 86. Diffusione di un fotone su un elettrone 
La conservazione dell’energia-impulso nella diffusione di un 
fotone su un elettrone libero (effetto Compton) è espressa dall’ugua- 
glianza 
p+k=p +.k, (86,1) 
dove pe k sono i 4-impulsi dell’elettrone e del fotone prima dell'urto, 
e p" ek'iloro 4-impulsi dopo l’urto. Gli invarianti cinematici in- 
trodotti nel $ 67 sono 
s=(p+k)?=(p'+k)?=m?+2pk=m?+2p"k, 
t=(p— p')? =(k'—k)?=2(m°— pp)= — 2kk, (36,2) 
u=(p—k')?=(p'—k)?=m?— 2pk' =m2— 2p'k, 
S+ti+u=2m?. 
Il processo considerato è rappresentato dai due diagrammi di 
Feynman (75,14), e la sua ampiezza è 
Mj;= — 4ne°egte, (u'OUu), (36,3) 
dove 


(0 ubi pn 


Qui e, e’ sono i 4-vettori polarizzazione dei fotoni iniziale e finale; 
u, u’ sono le ampiezze bispinoriali degli elettroni iniziali e finali. 

Secondo le regole esposte nel $ 66 per stati delle particelle, 
polarizzati arbitrariamente, il quadrato | M;; |? viene sostituito con 


|M pil + 165806 Tr {ppi O PO}. (86,0) 


Qui pî, p‘©* sono le matrici densità dell’elettrone iniziale e fina- 
le; p®, pf" sono le quantità analoghe per i fotoni; gli indici foto- 
nici (tensoriali) sono indicati esplicitamente, mentre quelli elettro- 
nici (bispinoriali) sono sottintesi; il simbolo Tr si riferisce proprio 
a questi secondi indici. Sempre a questi indici si riferisce il segno * in. 
Quy = °° Qu”. 


1 


s—- m2 


v(p+h+ mv +3 (p_f 44m). (86,4) 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 4IE 


Esaminiamo la diffusione di un fotone non polarizzato su un 
elettrone non polarizzato, senza interessarci delle loro polarizzazioni 
nemmeno dopo la diffusione. La media sulle polarizzazioni di tutte. 
le particelle viene eseguita mediante le matrici densità 


1 (Pia, su dl #; 
Piu =Più = — FE P9=3 (p+m), p=3 (p'+m); 


il passaggio alla sommatoria sulle polarizzazioni delle particelle 
finali si realizza moltiplicando ancora per 2-2 = 4 

Usando la formula (65,23) (dove ora è necessario porre /? = 
= 1/4(s — m?)?, vedi formula (65,15a)) per la sezione d’urto otte- 


niamo 


d ret iu 
o= Tp Tr (lb +m) 08% (+ m) Oa. 


Usando le formule (66,2a) troviamo che Qua = Q,y- Separando: 
i termini, che per la sostituzione X ++ — &' (e rispettivamente SU} 
si trasformano l’uno nell'altro, rappresentiamo la sezione d'urto. 


nella forma 


do = di TTT TE [f (s, u)+g(s, u)+f(u, )+g(u, s)], 


dove è stata introdotta la notazione 


f (8, = 7g Tr {D+ m) ++ 
+m)y (p+m)vw(p+k+m)v}. 


(8 = a Tr Mld + m) (0+E+ 


(s-m?) (u— 
+ m)y (p+m)v(p_k+m) yy} 


(introducendo queste notazioni noi abbiamo già presente che il 
risultato dipenderà solo dalle ampiezze invarianti). 

La sommatoria su pu e v viene fatta mediante le formule (22,6); 
tralasciando ; termini con un numero dispari di matrici y, otteniamo. 


f (s, u)= 23 Tr{p' (p+È) D (p+£) + 


+ 4m? (p + k) (k— p')+m?pp' +4m*). 
Calcolando la traccia mediante le formule (22,13) ed esprimendo tutte 
le quantità attraverso gli invarianti s, u, dopo alcune semplici tra- 
sformazioni OREDO 


f(s, u) = “TT {4m'— (s— m?) (u—m?)+2m?(s—-m?)}. 


Analogamente viene calcolato g: 
2m2 


8 (Ss U)= Tam) mt (sm?) +(u—m?)}. 


416 CAPITOLO X 


Come risultato per la sezione d'urto otteniamo 
Do) 


2 di 2 2 2 
do= 8a rta) + 


(ata) a (tiza)). (60 


dove r. = e?/m. Questa formula esprime la sezione d’urto attraverso 
«gli invarianti cinematici. Partendo da essa è facile esprimere la 
sezione d’urto attraverso i parametri d’urto in qualsiasi particolare 


sistema di riferimento. 
Consideriamo per esempio il sistema di riferimento del laborato- 


rio, dove prima dell’urto l’elettrone era in quiete: p = (m, 0). 
Qui abbiamo 
s—-m?=?2mo, u—-m?= — 2mo'. (86,7) 
Scrivendo l’equazione di conservazione dell’energia-impulso nella 
forma p + k — k' = p' ed elevando al quadrato otteniamo 


pk — pk’ — kk' = 0, 


-da cui (nel sistema di laboratorio) 

m(ao-o0)— 00 (1— così) = 
dove è è l'angolo di diffusione del fotone. Questa uguaglianza deter- 
mina il legame tra la variazione di energia del fotone e l'angolo di 


diffusione: 
1 1 1 
7 =7(1_-008%). (86,83) 


L'invariante { è 
t= —2kk' = — 200'(1—cos®). 


Per una data energia w (mediante la (86,8)) troviamo 


dit =20'2dcosì = Lo do' (do' =2nsend dd). 


Sostituendo le espressioni trovate nella (86,6) si arriva alla seguente 
formula per la sezione d’urto di diffusione nel sistema di riferimento 


del laboratorio: 
r3 PAD / , 
do= È (1) (#41 sento) ai © 109) 


W 


(0. Klein, Y. Nishina, 1929; I. E. Tamm, 1930). 
Poiché l'angolo ® è univocamente legato a ©’ dalla relazione 
(86,8), la sezione d’urto può essere espressa attraverso l’energia del 


fotone diffuso ': 
do= mr [4 LELE) 2m(--)], (86,10 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 4417 


dove o’ varia tra i limiti 
—_ <o<o. (86,11) 


Per m< m nella (86,9) si può porre w' ® @, e si ottiene, come 
era logico, la formula classica di Thomson 


do=3 re (1-+ cos? 0) do' (86,12) 


(vedi II (78,7)). 

Per il calcolo della sezione totale torniamo alla formula (86,6). 
Gli invarianti che vi compaiono assumono valori che soddisfano le 
disuguaglianze 
s>m’,t<z0,us<mt. (86,13) 
Queste relazioni erano già state ottenute nel $ 68 (la regione fisica 
corrispondente è il dominio I nella fig. 9). É facile convincersi di 
queste disuguaglianze anche direttamente, scrivendo le espressioni 
degli invarianti nel sistema del baricentro. Qui p+ X% = 0, i valori 
dell'energia dell’elettrone e e del fotone © sono legati dalla relazione 
e =)? + m?. Per gli invarianti troviamo 

s=(2+0) =m?+20(0+e), 
u=m?—20(e+®cos0ì), (86,14) 
t= —20?(1—cos0), 


dove 0 è l'angolo di diffusione (l’angolo tra p ep' o tra X e #'). Le 
tre disuguaglianze (86,13) si ricavano dalle condizioni ® =0, 
A<c0809<1. 

Per un dato s (cioè per una data energia delle particelle) l’inte- 
grazione rispetto a t si può sostituire con l’integrazione rispetto 
au= 2m* — s— t nell'intervallo 


4 
m 
— us2m?'—s. 


Introducendo al posto di s e u le quantità 


ne 2_ 
x= dia , y=7-, (86,15) 
otteniamo 
Dl 4 (data 
STA dipl l5 * x" y di, )] % 


e dopo un'integrazione elementare 


o=25r22{ (4 -—i-3) In (1+2) + 3+i-=E) . (86,16) 


418 CAPITOLO X 


Per 7 <« 1 (caso non relativistico) i primi tre termini dello sviluppo 
danno 
naco 
(1-2). (86,17) 


Il primo termine è la sezione ù urto classica di Thomson. Nel caso 
opposto, ultrarelativistico z > p, lo sviluppo della formula (86,16) dà 


o=21r3 — 4 (In+3 ). (86,18) 
Nel sistema di riferimento del laboratorio 
=, (86,19) 


e quindi le formule (86,16-18) danno direttamente la dipendenza 
della sezione d’urto di diffusione su un elettrone fisso dall’energia 


dor 002 0,05 0102 05 1 25 10 20 50100 
w/m 


Fig. 15 


del fotone. Nella fig. 15 è riportato il grafico della dipendenza di 
o da w/m. 

Notiamo che nel caso ultrarelativistico la sezione d'urto diminui- 
sce con l’aumentare dell’energia sia nel sistema del laboratorio 
(coco 07 In w) sia nelsistema del baricentro (x ® 40°/m?; 0.0 07 In ). 
La distribuzione angolare, invece, nel caso ultrarelativistico ha in 
questi due sistemi di riferimento un carattere totalmente differente. 

Nel sistema del laboratorio la sezione d’urto differenziale ha un 
massimo ben marcato in corrispondenza della diffusione in avanti. 


Nello stretto cono 8 < Vm/® abbiamo ©’ - © e la sezione è 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 419 


do/do' = r2 (e tende al valore rî per & + 0). Fuori da questo cono la 
sezione diminuisce, e nel campo @° > m/o (dove 0’ = m/(1 — cos$)) 
abbiamo 
do 7 m 
do 2 (0(1—così$)' 


cioè la sezione d’urto diminuisce di — w/m volte. 

Nel sistema del baricentro, invece, la sezione d’urto differenziale 
ha un massimo in corrispondenza della diffusione all’indietro. Per 
Tq- 01 dalla (86,14) abbiamo 


ia 402 2__ 2 
.8 m 1) m u (O) 2 
Si a Sita (9 


Il termine dominante nella sezione d'urto (86,6) è 
a a m@ dt 

do = 8rrè mal 
da cui si ricava 


rò do' 
do=----———Giutr. 
2 1+(n—6)? 0%/m2 
La sezione d'urto è do/do' - rî dentro lo stretto cono 7 — 0 < m/o, 
mentre fuori da questo diminuisce di — w/m? volte. 


$ 87. Diffusione di un fotone su un elettrone. 
Effetti di polarizzazione 


Torniamo ora alle formule di partenza del paragrafo precedente 
e mostriamo in che modo devono eseguirsi i calcoli, tenendo conto 
della polarizzazione dei fotoni e degli elettroni iniziali e finali. 

La matrice densità del fotone si esprime, secondo la (8,17), median- 
te la coppia di 4-versori e‘, e‘®, che soddisfano le condizioni 
(8,16). Nel caso considerato questi vettori si possono scegliere in un 
modo unico per ambedue i vettori. Sono i 4-vettori introdotti nel 
$ 711) 
AA , ed) — pae 
Vr V=Pi 

1) Un modo alternativo di calcolo consiste nel prendere sin dall’inizio un 
sistema di riferimento determinato (per esempio, il sistema del laboratorio) e 


scegliere come versori e‘1), e‘2) dei versori spaziali puri (e= (0, e)), trasversali 
rispetto agli impulsi dei fotoni: 


et!) = 


(87,4) 


CDS TRI PMT e] 
per il fotone K, e 
Kk') 4 
ci LEE (QQ) [licet 
S pelo 70 IGO 


er il fotone X'. In questo modo, tuttavia, tutti i calcoli verranno eseguiti in 
orma tridimensionale, e il risultato non avrà una forma invariante. 


27% 


420 CAPITOLO X 


dove 
P K "K 
PP (pr4 pr) — g* EEpE 
N* = eruvoP,,qyKo, (87,2) 


KA = 43, == pp 


Le espressioni QPY nella (86,5) sono date dalla formula (86,4). 
Esse possono essere considerate come le componenti di un 4-tensore 
(nel senso che esse formano un 4-tensore dopo la formazione delle 
quantità u' Qu). Tutte le componenti di un 4-tensore si esauriscono 
proiettando quest’ultimo su quattro 4-vettori mutuamente ortogona- 
li, ad esempio sui vettori definiti sopra P, N, q, K. Poiché i tenso- 
ri pi, pi contengono solo le componenti P e N, praticamente a noi 
occorrono solo le componenti di Q,, su questi 4-vettori. In altre 
parole, è sufficiente cercare in Q,,y solo i termini della forma 


Quo = o (este + eiPeP) +0, (et 
+ ese) — 10: (ee —elPeP) +0; (Pet — ee); (87,3) 
gli altri termini della sostituzione nella (86,5) sarebbero ugualmente 


scomparsi. Le quantità Q, e 03 sono degli scalari, nello stesso senso 
in cui Q,,y è un 4-tensore; esse contengono perciò le matrici y soltanto 


sotto forma di « combinazioni » invarianti: X ed espressioni simili. 
Nello stesso senso Q, e Q, sono degli pseudoscalari (N è uno pseudo- 
vettorel) e perciò devono contenere la matrice y°. 

Proiettando direttamente il tensore Q,,,, troviamo 


1 
06 da 5 QU (ee + e(De®) 


e cosi via. Per i calcoli successivi conviene esprimere Q,y attraverso 


i 4-vettori mutuamente ortogonali P, N, 9, K: 
La La 
» > Ptm > Ptm 4 A AA 
dana VIa E AV-VANI 
I calcoli ulteriori si riducono a trasformazioni algebriche che si 


possono eseguire mediante le formule riportate al $ 22. 
Inoltre in QW si possono fare delle sostituzioni che non si rifletteran- 


no sul risultato nella successiva formazione del prodotto u'Qb*u. 
Ad esempio, poiché 
u'(p + p')u=2mu'u, 
u'yqu=u' (v5p + p'y9)u=2mu'y'u, 
allora in QHY si possono sostituire i termini 
p+ p' — 2m, vg > 2my°. (87,4) 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 421 


Omettendo i dettagli dei calcoli, scriviamo il risultato!): 


Ì A 
o= — May, Q=5 4 K, 
x (87,5) 
Q,= — may, Q3= ma, + 5 a-K, 
dove 
1 1 
di s-—m2 L um? 


Per i successivi calcoli conviene applicare a Q,y lo stesso procedi- 
mento formale descritto al $ 8 per la matrice densità di un fotone: 
consideriamo le quattro componenti del tensore (87,3) lungo le direzio- 
ni et», e‘ come gli elementi di una matrice Q due x due, e scom- 
poniamo quindi questa ultima secondo le matrici di Pauli. Analoga- 
mente alla formula (8,18) otteniamo 


Q=0:1+0Q0, Q =(0, Qa, 03). (37,6) 


Per quanto riguarda il tensore Q,y = v°Q;jyy® che compare nella 
(86,5), dalle formule (87,3) e (87,5) è facile convincersi (mediante le 
regole (66,2a)) che le sue componenti si ottengono dalle componenti 


di Quy sostituendo le quantità Qo, Qi, . . . con Ve, Qi, » - ., dove 
Qo= Lo, Q= — 0, Q,= — 2 Os = 03, (87,7) 


e permutando simultaneamente gli indici uv?). In forma matriciale 
questo significa che 


Q=01+Q0. (87,8) 


Precisiamo ora il senso dei 4-vettori e‘, et rispetto alla polariz- 
zazione dei fotoni. Perciascun fotone le direzioni indipendenti di 
polarizzazione sono determinate dalle componenti trasversali (rispet- 
to all'impulso del fotone X) dei vettori tridimensionali e, e‘), 
È facile vedere che sia nel sistema del baricentro come nel sistema 
del laboratorio (sistema di quiete dell’elettrone iniziale) il vettore P 
giace nel piano X, X', e il vettore N è{perpendicolare a questo piano. 


o) L'espressione (87,3) con i valori (87,5) corrisponde alla forma (71,11-13), 
stabilita nel $ 71sulla base di considerazioni generali. Oltre alle uguaglianze 
fs = fe= 0, che discendono dall’invarianza 7, qui risulta nulla ancora un’altra 
ampiezza invariante (fs). Questa è una peculiarità dell’approssimazione della 
teoria delle perturbazioni qui considerata, e scomparirebbe nelle approssimazioni 
di ordine superiore. 
_ 2) Per la matrice Q,y Della forma originaria (86,4) avremmo semplicemente 
Quy = Qu: Questa proprietà, tuttavia, viene a mancare per trasformazioni che 
includono sostituzioni del tipo della (87,4) e simili. 

3) Le componenti longitudinali di e, invece, (come anche le componenti 
temporali dei 4-vettori e) si possono semplicemente ignorare: l'invarianza di 
gauge garantisce la loro inessenzialità. 


422 CAPITOLO X 


Perciò la direzione e‘ si interpreta come polarizzazione perpendi- 
colare al piano di diffusione, e la direzione e‘® come polarizzazione 
nel piano di diffusione. Occorre anche tenere presente che i parametri 
di Stokes E,, È,, È, sono determinati rispetto agli assi yz, che forma- 
no un sistema destrorso (con l’asse z diretto lungo la direzione K). 
È facile vedere che per il fotone iniziale tale sistema è formato dai vet- 
tori N, P,,X,e per il fotone finale dai vettori N, —P,, k'(P,, Pi 
sono le componenti di P, perpendicolari rispettivamente a Xe X'). 
Il cambiamento di segno di e‘® nella matrice densità del fotone (8,17) 
è equivalente al cambiamento di segno ‘di È, e È,. Perciò le matrici 
densità dei fotoni iniziale e finale, riferite ai versori quadridimensio- 
nali et», e, saranno 


po=3(1+80), 6&=(t, tt); 


4 (87,9) 
por =i (1480), #=(-E —E. E). 
Ora. la traccia tensoriale 
VAI Al Sla 
si calcola come la traccia del prodotto di matrici (87,6-9) mediante 


la (33,0). 
Come risultato otteniamo 


DM 12 = Bn2e® Tr {(pA"Qup'%Qo + PO" Qp° Q)+ 
+ (E+8) (p9" dop Q + pla" Qp'"do) — 
1-90 Pa 
+ (55) (pA"QaplPQo— PI QOp9°Q) + 
+ pl” (EQ) p' (EQ) + pl!" (EQ) p'° ('Q)— 
— i TSE] (p10'OpPQ — p0 QpAdo)}. 


Diffusione su elettroni non polarizzati 


Effettuiamo ora un calcolo completo della sezione d’urto di 
diffusione di fotoni polarizzati su un elettrone non polarizzato, 
sommata sulle polarizzazioni dell'elettrone finale. A questo scopo 
nella (87,10) occorre sostituire 


4 « , 1 4, 
pà=>(p+m), p°°=7(ptm) 


e moltiplicare per 2 il risultato, che deve essere sostituito a |My: 
nella formula della sezione d'urto (62,22) 


a Mal 


ee ciusenià 


do = 3212 (s_ m2)2 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 423 


(q è l’azimut nel sistema del baricentro o nel sistema del laboratorio). 
Un certo numero di termini nella (87,10) si annulla identicamente 
(i termini della terza e della sesta riga e in parte della seconda 
e della quinta). Il calcolo degli altri termini porta al seguente risul- 
tato definitivo (nelle notazioni della (86,15)): 


dodo LIL (04m [-(1-4)°- 


1 1 -{1 1 1 +1 (fx Y 
2 2 ’ 1 1\2 1 1 1 
x(t) Flag) +) 40 
do è la sezione d’urto di diffusione di fotoni non polarizzati, data 
dalla formula (86,9); il fattore 1/2 compare in quanto nella (87,11) 


non c'è sommatoria sulle polarizzazioni del fotone finale. 
Nel sistema del laboratorio la formula (87,11) assume la forma 


r? 


do= ()° do {Fr + Fa (t+5) +Fubt + 
+ Fatoki + Fasti), do =sen 9 dd dp, (87,12) 
dove 


Fo=-2-+£_ sen? è, Fs=sen? è, 
Fx=20089, Fm=(-+-)cos8, Fa=1+cos?8 (87,13) 


(U. Fano, 1949). Notiamo che, sebbene l’espressione (87,12) non 
contenga in forma esplicita la dipendenza dall’azimut del piano di 
diffusone @, questa dipendenza è presente implicitamente poiché 
i parametri È,, È,, és sono definiti rispetto agli assi yz, che sono 
connessi al piano di diffusione. Ricordiamo che l’asse 7 per ambedue 
i fotoni è lo stesso ed è perpendicolare al piano di diffusione: 


x || [260], 
mentre gli assi y giacciono nel piano di diffusione: 
y || [Xe lee], 4° | [RetTReXo]]. 


Sommando le sezioni d’urto che differiscono per il segno di È' 
(ponendo cioè $' = 0 e moltiplicando per 2 il risultato), noi ottenia- 
mo la sezione d'urto di diffusione totale (sommata sulle polarizzazio- 
ni del fotone finale) di un fotone polarizzato su un elettrone non 
polarizzato. Indicando questa sezione con do ($), abbiamo 


do (8) =? ( 2) Fdo, (87,14) 


424 CAPITOLO X 


dove 
F=F,+tF,=0-+£- (1h) senz d. (87,15) 


Si vede qui che la sezione d'urto di diffusione di fotoni polarizzati 
perpendicolarmente al piano di diffusione (Ég = 1) è maggiore che 
per fotoni polarizzati nel piano di diffusione (Èg = —1). La sezione 
d'urto non dipende invece dalla polarizzazione circolare. Essa non 
dipende nemmeno dal parametro É,. Perciò la sezione d’urto di diffu- 
sione coincide con la sezione d’urto per fotoni non polarizzati, se 
manca la polarizzazione lineare rispetto agli assi 2 o y(Ég = 0) 
oppure anche in presenza di polarizzazione rispetto a direzioni che 
formano con questi assi un angolo di 45°, 

Proprietà analoghe possiede la sezione d’urto di diffusione di 
fotoni non polarizzati con rivelazione del fotone polarizzato. Questa 
sezione (che indicheremo con do ($')) si ottiene dalla formula (87,12) 


ponendo in essa È = 0: 
do (@)= ri (L)} Pao, FP=F+kF1. (87.46) 


Dalla formula (87,12) si può trovare anche la polarizzazione del 
fotone secondario come tale; denoteremo i parametri di questa 
polarizzazione con €‘, differenza della polarizzazione rivelata &'. 
Secondo le regole esposte al $ 66 le quantità &sono uguali ai rapporti 
tra i coefficienti di È; e il termine che non contiene È’: 


en ru, stan, piste (87,17) 


In particolare, nella diffusione di un fotone non polarizzato abbiamo 


D_EO0, Vaia, (87,18) 


0/0° + 0/0 — sen? & 


Qui È% +0, cioè il fotone secondario si'polarizza perpendicolarmente 
al piano di diffusione. La polarizzazione circolare del fotone, invece, 
si ha soltanto se il fotone primario è polarizzato circolarmente: 
E9 = 0 solo per È, #0. 

Esaminiamo il caso in cui il fotone incidente è totalmente polariz- 
zato linearmente (è, = 0, E? + È? = 1), e troviamo la sezione d’urto 
di diffusione, in cui viene rivelata anche la polarizzazione lineare 
del fotone secondario. Esprimendo i parametri È; e È; attraverso le 
componenti dei vettori polarizzazione dei fotoni e e e’, otteniamo la 
seguente espressione per la sezione d’urto di diffusione: 


do=%f (2) (24 _244cost0)do, (87,19) 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 425 


dove 8 è l'angolo formato dalle direzioni dei fotoni incidente ed 


emergente 1). 

Come appare da questa formula la sezione d’urto si comporta in 
modo essenzialmente diverso a seconda che le polarizzazioni e e e’ 
siano reciprocamente perpendicolari o giacciano sullo stesso piano. 
Distinguendo questi due casi con gli indici L e ||, nel limite non rela- 
tivistico (0 < m, ®' = ®) abbiamo 


do,=0, do|=ràcos?0 do' (87,20) 
in accordo con le formule classiche. Nel caso opposto, ultrarelativistie 


co, abbiamo ®© © m, 0’ = m/(1 — cos). Qui occorre distinguere le 
regioni dei grandi e dei piccoli angoli (a seconda che sia grande o pic- 


colo il rapporto ©/w'): 


1,390 3, 1 as mdo' mi. 
do ,=d0| Tosi dote o (1—così) PT 2 ©” 
do, =0, do,=rgcos?0do' per da. (87,21) 


Si vede allora che nella regione che corrisponde ad angoli molto pic- 
coli la sezione d’urto di diffusione coincide con la sezione classica. 
L’uguaglianza do, & day per angoli non troppo piccoli’ significa che 
in questa regione nel caso ultrarelativistico la diffusione della radia- 
zione non è polarizzata; sottolineiamo, tuttavia, che questa con- 
clusione è valida solo nel caso di un fotone incidente polarizzato 
linearmente: dalla (87,17) si vede che per un fotone' polarizzato cir- 
colarmente nel caso ultrarelativistico È x cos®-È,. 


Diffusione su elettroni polarizzati 


Nel caso di elettroni polarizzati il calcolo delle tracce nella for- 
mula (87,10) diventa molto complesso anche se non presenta difficol- 
tà di principio. Noi riportiamo qui alcuni risultati finali di questi. 


calcoli?). 
Nel caso generale la sezione d'urto dipende sia dai parametri di 


polarizzazione dei fotoni iniziale e finale È e'$”, sia dalle polarizzazio- 


_ 1) Di per se stessa Ja formula (87,19) si otterrebbe più facilmente ponendo. 
sin dall’inizio nell’ampiezza di diffusione (86,3) e= (0, e), e' = (0, e’) ed ese- 
guendo i successivi calcoli del quadrato dell’ampiezza in forma tridimensionale 
(cioè separando le componenti temporali e spaziali dei 4-vettori). 

Mediando cos? 8 = (ee’)? sulle direzioni di e e e’ (usando la (45,4a)) e rad- 
doppiando Ja sezione d’urto (passaggio alla sommatoria su e’), si torna, ovvia- 
mente, alla (86,9). 

2) Una tabella SOMIDIet: dei risultati si può trovare nei lavori originali: 
F. L ipps, H. A. To ho ek, Physica 20. 85, 395 (1954). Vedere anche gli 
articoli: H. A. Tolhoek, Rev. Mod. Phys. 28, 277 (1956); W. H.McMa- 
ster, Rev. Mod. Phys. 33, 8 (1961). 


426 CAPITOLO X 


ni degli elettroni iniziale e finale, che sono caratterizzate dai vetto- 
ri è e $. La dipendenza della sezione d’urto da ciascuno di questi 
parametri è lineare. La sezione d’urto ha la forma 


3 
Te 


do = do 8,8) + ()° do (ft + 
+ SEE + ghi t+g9' SE + Ginbiln +...}. (87,22) 


Qui do (€, È') è la sezione d'urto (87,12). Sono stati scritti tutti 
i termini contenenti prodotti di due parametri di polarizzazione. 
Sono stati omessi i termini contenenti prodotti di tre o quattro para- 
metri; questi termini sono inessenziali, se a noi interessano le corre- 
lazioni tra le polarizzazioni solo di due particelle: essi scompaiono 
quando i parametri di polarizzazione delle due altre particelle sono 
nulli. Riportiamo i valori di alcuni coefficienti nel sistema di riferi- 
mento del laboratorio: 


f= —— (1—cosÙ)(kcosd+Kk'), 
ft = A (1 — cos d) (X£4 %' cos d), 
g=-—+ (1-cos8)[(cos®+%)—(1+cos9)x (87,23) 


O + d' ' 
ao IR) 


g' = + (1-cos8)[ (&+# cos È) —(14+ cosè) x 


Lt w' , 
x lopIm #_#) |. 

Nella sezione d’urto (87,22) manca il termine della forma G&; 
questo significa che la polarizzazione dell’elettrone non influisce 
sulla sezione d’urto di diffusione totale (sommata su È’ e $) di fotoni 
noni polarizzati. Manca anche il termine della forma G’$'; questo si- 
gnifica che nella diffusione di fotoni non polarizzati l’elettrone di 
rinculo non si polarizza. 

Noi vediamo anche che nei termini bilineari rispetto alle polarizza- 
zioni dell’elettrone e del fotone, entrano solo i parametri È,, &; 
corrispondenti alla polarizzazione circolare del fotone. I vettori 
polarizzazione degli elettroni $ e È’, invece, entrano sotto forma di 
prodotti scalari f$, ..., contenenti solo le proiezioni di questi vetto- 
ri nel piano di diffusione. Perciò, ad esempio, la sezione d'urto di 
diffusione di un fotone polarizzato su un elettrone polarizzato 


do (8, ©) =do (0)+3r2 (È) ft do (87,24) 


(00) 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 427 


differisce da do (È) solo per la presenza nel fotone della polarizzazio- 
ne circolare e negli elettroni di una proiezione non nulla nel piano 
di diffusione dello spin medio. Per questa stessa ragione l’elettrone di 
rinculo si polarizza soltanto nel caso in cui il fotone è polarizzato 
circolarmente; il vettore della polarizzazione che l’elettrone acquista 
giace, invece, nel piano di diffusione: 


ph = tg. (87,25) 


Relazioni di simmetria 


Per concludere, rileviamo che alcune proprietà qualitative degli 
effetti di polarizzazione nella diffusione di fotoni su elettroni seguono 
già dalle richieste generali di simmetria. 

Il parametro di polarizzazione circolare È, è uno pseudoscalare 
(vedi $ 8). Perciò, in virtù della richiesta di invarianza P i termini 
del tipo co É, (oppure c0é;) potrebbero comparire nella sezione d’urto 
solo come prodotto di È, per un qualche pseudoscalare, composto con 
i vettori X# e X’ che abbiamo a disposizione!). Con due vettori polari 
è, però, impossibile formare uno pseudoscalare. Da qui discende che 
i termini indicati non possono essere presenti nella sezione d'urto. 

I parametri di polarizzazione lineare È, e È, sono legati alle com- 
ponenti del tensore simmetrico bidimensionale (nel piano perpendi- 


colare a /%e) 


148 È 
San = (0+088)=4 | E, cal i 


Nel caso considerato uno degli assi di polarizzazione è stato scelto lun- 
go il vettore v = [XeK:'"], e l’altro giace nel piano €, #' (diretto lungo il 
vettore [Zev] o [Xv] per l’uno o per l’altro dei fotoni). I termini SÈ, 
potrebbero apparire nella sezione d’urto solo come prodotti 
Sava lk'vlg (oppure SagvaXg) e simili. Ma poiché v è un vettore 
assiale e %# un vettore polare, mentre Sag è un vero tensore, tali 
prodotti non sono invarianti rispetto alla riflessione spaziale. 
Quindi, nella sezione d’urto non ci possono esser nemmeno i ter- 
mini coé, (oppure coE;). Invece, i termini SÉ; (0 — É;) compaiono 
sotto forma di prodotti del tipo S,gvavs e non sono vietati da consi- 
derazioni di simmetria. 

Nella sezione d’urto i termini proporzionali alla polarizzazione 
elettronica è non sono vietati per parità: tali termini potrebbero 
essere formati come prodotti di due vettori assiali: &w. Tuttavia, 


1) Noi consideriamo un processo nel sistema del laboratorio, dove p = 0, 
p' = k — k'. È evidente che le conseguenze delle richieste di simmetria che ci 
interessano {presenza o assenza nella sezione d'urto di questi o di quei termini) 
non dipendono dalla scelta del sistema di riferimento. 


428 CAPITOLO X 


questi termini non devono comparire nella prima approssimazione 
non nulla della teoria delle perturbazioni in conseguenza del fatto 
che in questa approssimazione la matrice di diffusione è hermitia- 
na ($ 72). 

In virtù di questa proprietà, il quadrato dell’ampiezza di diffusio- 
ne (e quindi anche la sezione d’urto) non cambia per lo scambio degli 
stati iniziale e finale. Allo stesso tempo la sezione d’urto- deve essere 
invariante rispetto all'inversione temporale: scambio degli stati 
iniziale e finale con simultaneo cambiamento di segno dei vettori 
impulso e momento angolare di tutte le particelle (i parametri di 
Stokes È,, È,, É3 per questa trasformazione non cambiano; vedi $ 8). 
Combinando queste due richieste concludiamo che} nell’approssima- 
zione considerata la sezione d’urto non deve cambiare per il cambia- 
mento simultaneo del segno di tutti gli impulsi e momenti angolari 
senza lo scambio degli stati iniziale e finale, cioè per la trasforma- 
zione 


k-> —k,k'> —k,î->--_&,y->_-% (87,26) 


senza variazione dei parametri È, $'. 

La trasformazione (87,26) cambia il segno del prodotto èv, 
e quindi nemmeno tali termini possono figurare nella sezione d’urto. 
Sottolineiamo, tuttavia, che questo divieto non è una conseguenza di 
severe richieste di simmetria e perciò può essere violato nelle 
approssimazioni successive della teoria delle perturbazioni. 

Tra i termini di correlazione doppia tra le polarizzazioni di 
fotoni tra loro, la simmetria relativa alla parità vieta solo i termini 
della forma É,É; e È,É3, mentre per quanto riguarda' la correlazione 
tra fotoni ed elettroni nessun termine è vietato. Tuttavia, tutti i ter- 
mini del tipo E,É,, &6, Esé sono vietati al primo ordine dalla'ri- 
chiesta di invarianza rispetto alla trasformazione (87,26). Ad esem- 
pio, i termini del tipo E,É, e È,$ si potrebbero comporre (dal punto di 
vista della conservazione della parità) a formare degli scalari: 
ESaptava e (Sapfava) (6X); queste combinazioni, tuttavia, cambia- 
no segno per la trasformazione (87,26). 

Termini correlativi permessi, del tipo È,è, possono essere formati 
come prodotti della forma È, ($Z). I vettori polarizzazione degli 
elettroni entrano in questi termini solo sotto forma di proiezioni 
nel piano di diffusione. 

Infine, una serie di relazioni tra i coefficienti nei termini permessi 
discende dalle richieste connesse alla universalità di crossing. I ca- 
nali di reazione, che differiscono per lo scambio dei fotoni iniziale 
e finale, corrispondono allo stesso processo: diffusione di un fotone 
su un elettrone. Perciò il quadrato del modulo dell’ampiezza, e quin- 
di anche la sezione d’urto di diffusione, devono essere invarianti 
rispetto alla trasformazione, che esprime il passaggio da uno dei 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 429 


canali ad un altro 
A > 


keo>-k, e<- e 
per impulsi e polarizzazione invariati degli elettroni. In forma tri- 
dimensionale questa trasformazione equivale alla sostituzione 


o>-- 0, kK->—k', 
È —— È, to >, Ge> i. 


Il cambiamento di segno del parametro È, è evidente dall’espressione 
E, = ilee*]m, nella quale il vettore [ee*] cambia segno nella sosti- 
tuzione e +» e *, e il vettore n=//o per la sostituzione X ++ — €, 
© +» — © non cambia. La trasformazione (87,27), non interessando 
gli impulsi degli elettroni, lascia inalterato il sistema del laboratorio. 
Perciò la sezione d'urto (87,22) non deve cambiare la sua forma per 
questa trasformazione; le formule (87,12), (87,22-23) soddisfano effet- 
tivamente questa condizione. 


(87,27) 


$ 88. Annichilazione in due fotoni di una coppia elettronica 


L'annichilazione di un elettrone e di un positrone (4-impulsi 
p- e p+) accompagnata dalla produzione di due fotoni (k, e k.) 
è rappresentata dai due diagrammi 


negra ra 
88,1 
ka -=-- , © yi n (999) 


Essi differiscono dai diagrammi di diffusione di un fotone su un elet- 
trone per la sostituzione 


P> PD. P' > —P+ ka —k, k' ai ks. (883,2) 
I due processi sono due canali incrociati di una stessa reazione (gene- 


ralizzata). Dopo la sostituzione (88,2) gli invarianti cinematici 
(86,2) assumono la seguente forma: 


s= (p-— ky)", 
t=(p-+ p+)? =(k+-ka)?, (88,3) 
lu=(p-_ ka)? 


o la diffusione del fotone era il canale s, l’annichilazione è il cana- 
e Î. 

. H quadrato | M;; |? per l'annichilazione (mediato sulle polarizza- 
zioni degli elettroni e sommato sulle polarizzazioni dei fotoni), 
espresso attraverso gli invarianti s, u,"coincide con l’analoga quanti- 
tà per la diffusione, cambiando unicamente il significato degli inva- 


430 CAPITOLO X 


rianti!). Nella formula per la sezione d'urto (65,23), nei moltiplica- 
tori di |M}; |? occorre fare la sostituzione s ++ #, e per la quantità /, 
secondo la (65,15a), abbiamo ora /° = 1/4 t (ft — 4m?). Effettuando 
le corrispondenti modifiche nella formula (86,6) otteniamo come 
risultato la sezione d'urto di annichilazione 


DE og mds m? m? 2 
da = bar 74m) età 


m? m? 1(s_-m2 u—m? 

+( s—-m2 La um? )-7 | u— m? + s— m? } (88,4) 
Il dominio fisico del canale di annichilazione è il dominio II nel- 
la fig. 9. Per un dato £ (cioè per una data energia nel sistema del bari- 
centro) l’intervallo di variazione di s è determinato dall’equazione 

su = mò, che insieme con la relazione s + # + u = 2m?, dà 
-—3-3Vi (Cime -m<-1+3 Vi md) i (88,5) 
L'integrazione dell’espressione (88,4) è elementare; il risultato 
deve essere ancora diviso per 2 per tenere conto della identità delle 

due particelle finali (due fotoni). In tal modo, otteniamo 


2nr3 VI+V 7-4 
=: 2 E AA 
o = Zad [a +4Tt—-8)In Va=vazi 


—(r+4)Vt@T—-4) |, (88,6) 


dove © = #/m? (P. A. M. Dirac, 1930). 
Da qui, nel limite non relativistico (t + 4), troviamo 


nr? 
=_= 88,7 
Ai (38,7) 
Nel caso ultrarelativistico (Tt + co) si ha 
2nr? 
o=-—---(Int--1). (28,8) 


Nel sistema del laboratorio, dove una delle particelle (per esempio, 
l’elettrone) prima dell’urto si trovava in quiete, l’invariante t è 


t=2(414%), 1v=®. (88,9) 


Le formule (88,6-8) danno la dipendenza della sezione d’urto totale 
dall’energia del positrone incidente: 


nre [y°+4v+1 _1 VS 
o EA 1) |. (88,10 
1) Inoltre si tiene conto del fatto che fotoni ed elettroni hanno lo stesso 


numero di polarizzazioni indipendenti (due) e perciò è inessenziale rispetto a 
quali polarizzazioni si esegua in| M;; |? la media e rispetto a quali la sommatoria. 


0] 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 431 


In particolare, nel limite non relativistico!) 


e 


ur? 
o=-—, (non rel.) (38,11) 


dove v+ è la velocità del positrone. 
Nel sistema del baricentro l’elettrone, il positrone e i due fotoni 


hanno la stessa energia e = @. Gli invarianti sono 
m°—s=2e(e— cos 0), m?—u=2e(e cos 0), 
(e-|p| Hu (£+]p|cos®) (88,12) 


dove 8 è l'angolo tra gli impulsi dell’elettrone e di uno dei fotoni. 
Sostituendo nella (88,4) otteniamo la distribuzione angolare dei foto- 
ni di annichilazione 


_ Tem® ( e2+p2(1+ sen? 0) 2p4 sen4 0 
se 4e|p| e2— pz cost0 = (e2—p2cos26)? | do. (83,13) 


Nel caso ultrarelativistico questa distribuzione ha dei massimi 
simmetrici nelle direzioni 0 = 0e0 = n. Nelle vicinanze del punto 
0 = 0 abbiamo 
r®m2do 
do RR e — cer é 
282 (02 + m2/82) 


La sezione d’urto totale si ottiene dalla (88,6): 


o=qnr2 nina ti ln Finale -202-»)|, (88,15) 


Di v=|ple=Ve?— m?/e è la velocità delle particelle colli- 
enti. 

Non esamineremo qui dettagliatamente gli effetti di polarizza- 
zione nell’annichilazione?). Ci soffermeremo solo su alcune caratte- 
ristiche qualitative di questi effetti nei casi limite di grandi e piccole 
velocità v delle particelle collidenti. Esamineremo il processo nel 
sistema di riferimento del baricentro. 

Nel limite v + 0 un contributo non nullo alla sezione d’urto è da- 
to solo dallo stato / = 0 (con / intendiamo al solito il momento ango- 
lare orbitale del moto relativo). Ma lo stato S del sistema « elettro- 
ne + positrone » ha parità negativa (vedi problema al $ 27). Negli 
stati dispari di un sistema di due fotoni le loro polarizzazioni sono 
mutuamente ortogonali ($ 9). 

Se l’elettrone e il positrone sono polarizzati, sempre per il caso 
non relativistico si può affermare che la loro annichilazione è possibile 


(ultrarel.) (88,14) 


1) Questa formula, tuttavia, diventa inapplicabile quando v, < @, e non è 
possibile trascurare l’interazione coulombiana tra le particelle componenti la 
coppia (cfr. fine $ 92). 

?) Cfr. L. A. Page, Phys. Rev. 106, 394 (1957); W. H. McMaster, 
Rev. Mod. Phys. 33, 8 (1961). 


432 CAPITOLO X 


solo per spin antiparalleli. Infatti, l’annichilazione avviene nello 
stato S e quindi il momento totale del sistema coincide con lo spin 
totale: delle particelle: 1 per spin paralleli e 0 per spin antiparalle- 
li. Un sistema di due fotoni non ha stati a spin totale 1 ($ 9). 

Nel limite ultrarelativistico (v +41) l’annichilazione di un 
elettrone’e di un positrone (dotati di elicità) polarizzati longitudinal- 
mente è possibile solo se le elicità hanno segno opposto!). In questo 
limite le particelle dotate di elicità si comportano come il neutrino 
(vedi fine $ .84), e quindi l’elettrone e il positrone che subiscono 
l’annichilazione devono essere analoghi al neutrino e all’antineutri- 
no; da qui discende l’affermazione fatta. 

L’annichilazione di un elettrone e di un positrone a elicità dello 
stesso segno può avvenire nel caso ultrarelativistico solo tenendo 
conto dei termini contenenti m. Come ordine di grandezza l'ampiezza 
di questo processo differisce del fattore m/e dall’ampiezza di anni- 
chilazione di una coppia con spin paralleli; la sezione d’urto diffe- 
risce rispettivamente del fattore (m/e)?. 


PROBLEMA 


Trovare la sezione d’urto di produzione di una coppia elettrone-positrone 
‘nell’urto di due fotoni (G. Breit, J. A. Wheeler, 1934). 

Soluzione. Questo processo è l'inverso dell’annichilazione a due fotoni di 
una coppia elettrone-positrone. I quadrati dell'ampiezza dei due processi sono 
‘uguali e il loro legame con la sezione d’urto differisce solo per il fatto che ora 
I? = (kiko)® = 12/4. Perciò 

t-4m2 
doprod = d0an 7 * 


Nel sistema del baricentro (t = 48° = 40?) abbiamo 
doprod = V doan, 


dove v è la velocità delle particelle componenti la coppia. Nell’integrazione per 
trovare la sezione d’urto totale occorre tenere presente la non identità delle due 
particelle finali (elettrone e positrone) e quindi non si deve dividere il risultato 
per 2, come nel caso dell’annichilazione. Perciò (nel sistema del baricentro) 


abbiamo 
ur? 
Oproa =20%0an= = (1-09) {(B-)InjTL —2@-9Ì. (1) 
In un sistema di riferimento generico X, nel quale i due fotoni X, e X4 vola- 
no uno incontro all’altro, (dall’invariànza di X,%,) abbiamo 
010, = 03, 


dove w è l’energia dei due fotoni nel sistema del baricentro. Poiché nel sistema 
del baricentro le energie dei fotoni e delle particelle componenti la coppia 


coincidono, allora © = e = m/V1— v. Perciò per realizzare il passaggio al 


1) Poiché allo stesso tempo sono opposte (nel sistema del baricentro) le 
direzioni ti impulsi delle particelle, a elicità di segno opposto corrispondono 
i. 


spin paralle 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 433 


sistema K occorre porre nella (1) 
j 2 
=} 1 de 
LOZIOLI 


$ 89. Annichilazione del positronio 


In virti della conservazione dell'impulso l’annichilazione di un 
elettrone e di un positrone nel positronio deve essere accompagnata 
dall'emissione di almeno due fotoni. Questo decadimento, tuttavia, 
è possibile (nello stato fondamentale) solo per il parapositronio. Nel 
$ 9 è stato mostrato che il momento angolare totale di un sistema di 
due fotoni non può essere uguale a 1. Perciò l’ortopositronio, trovan- 
dosi nello stato *S, non può decadere in due fotoni. Inoltre, poiché 
nello stato *S, il positronio costituisce un sistema di parità di carica 
dispari (vedi problema al $ 27), in base al teorema di Furry ($ 80) 
è impossibile un suo decadimento anche in un qualsiasi numero pari 
di fotoni. Invece nello stato *S, il positronio ha parità di carica 
pari e quindi è vietato il decadimento del parapositronio in un qual- 
siasi numero dispari di fotoni. 

In tal modo, il processo fondamentale che determina la vita media 
è l’annichilazione in due fotoni per il parapositronio e l’annichila- 
zione in tre fotoni per l’ortopositronio (Z. Ja. Pomerancuk, 1948). 
La probabilità di decadimento può essere connessa con la sezione 
d'urto di annichilazione di una coppia libera. 

Gli impulsi dell'elettrone e del positrone nel positronio sono 
proporzionali a — me?/h, cioè sono piccoli rispetto a mc. Perciò 
nel calcolo della probabilità di annichilazione si può considerare il 
caso limite in cui le due particelle sono in quiete nell’origine delle 
coordinate. Sia 0%y la sezione d’urto di annichilazione a due fotoni 
di una coppia libera, mediata sulle direzioni degli spin di ambedue 
le particelle. Nel limite non relativistico, secondo la (88,11)?), 


abbiamo 
2 
on=n (3) <, (89,1) 


mc? v 


dovevè la velocità relativa delle particelle. La probabilità di annichi- 
lazione w,y si ottiene moltiplicando 0,, per la densità di flusso, 
uguale a v | w (0) [?. Qui w (r) è la funzione d'onda, normalizzata a 1, 
dello stato fondamentale del positronio 


i 
1 == 2h? 

rh= —_e ‘, a-<G 89,2 

vm)= (89,2) 

(il raggio di Bohr a del positronio è due volte maggiore del raggio 

dell’atomo di idrogeno, poiché la massa ridotta è due volte minore). 


1) Le formule (89,1-7) sono scritte in unità ordinarie. 


434 CAPITOLO X 


Questa probabilità, tuttavia, corrisponde allo stato iniziale mediato 
sulle direzioni degli spin. Nel positronio, invece, solo uno dei quat- 
tro stati di spin possibili per un sistema di due particelle (a spin 
totale 0) è atto all’annichilazione a due fotoni. Perciò la probabilità 
media di decadimento w»y è connessa alla probabilità di decadimen- 


to del parapositronio vw, dalla relazione Way = wo/4. In tal modo 
25 =4)% (0) P} (02) =0. (89,3) 


Sostituendo qui i valori presi dalle (89,1-2), per la vita media del 
parapositronio otteniamo 
to= 5 = 1,23-10-1 s. (89.4) 
Notiamo che la larghezza del livello T, = h/t è piccola rispetto 
alla sua energia 
ihe4 2 
| Erona|=7a = me? 7: 
Proprio questo fatto permette di considerare il positronio come un 


sistema quasi-stazionario. 
Analogamente si trova che la probabilità di decadimento dell’or- 


topositronio è connessa alla sezione d’urto, mediata rispetto agli spin, 
di annichilazione in tre fotoni di una coppia libera dalla relazione 


= "5-03 = | (0) |P (009)s=0 (89,5) 


(3/4 è il peso statistico dello stato a spin 1). Anticipiamo qui la 
relazione 


o I (2). (89,6) 


03) 3 3v me? 
Quindi la vita media dell’ortopositronio vale 


= TR a 1A 101 (89,7) 
La disuguaglianza T, « | Étona | è in questo caso osservata, ovvia- 
mente, in misura ancora maggiore che per il parapositronio. 
Eseguiamo ora il calcolo della sezione d’urto di annichilazione 
a tre fotoni di una coppia libera (A. Ore, J. L. Powell, 1949))). 
Secondo la (65,18) la sezione d’urto del processo considerato si 
esprime nel sistema del baricentro attraverso il quadrato dell’am- 


1) Un altro canale di questa stessa reazione è il doppio effetto Compton: 
e up ) > e + v + v (perla sezione d'urto di questo processo vedere F. M a n d I, 
T.H.R.Squirme, Proc. Roy. Soc. A 215, 497 (1952)). 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 495 


piezza mediante la formula 
dos, = ERMINI 6 (4,4 ky + Ro) 8 x 


d3k d3ky d8k 
X (01+ 0, +03 —2m) ario da dor , (89,8) 


dove, secondo la (65,16), / = 2m- 5-V = m?v, e v è la velocità rela- 


tiva del positrone e dell'elettrone (che noi supponiamo piccola); 
les, ks, kg ®,, 0,, 03 sono i vettori d'onda e le frequenze dei fotoni 
emessi; le funzioni è esprimono le leggi di conservazione dell'energia 
e dell'impulso. In virtù di queste leggi le tre frequenze @,, ©, tg 
devono potersi rappresentare come le lunghezze dei lati di un trian- 
golo di perimetro 2m. In altre parole, le quantità X,, X., A3 e gli 
angoli che essi formano tra loro sono determinati dall’assegnazione 
di due frequenze. 
All’annichilazione a tre fotoni corrisponde il diagramma 


-.7 Aizenaia p_ 
ka —eteeli—— 
Kz -_db--- P, 


e ancora cinque diagrammi che si ottengono cambiando di posto i fo- 
toni 41, %,, %3. Scriviamo l'ampiezza corrispondente nella forma 


M == (40)° TRAM (__ pi) Ou (p.), (89,9) 
dove 
oli VG (k3— p+) Y"G (p-— ki) w, = (89,10) 


e la somma viene eseguita rispetto a tutte le permutazioni degli 
indici dei fotoni 1, 2, 3 accompagnate da permutazioni analoghe dei 
corrispondenti indici tensoriali Auv. Il quadrato del modulo dell’am- 
piezza, mediato sulle polarizzazioni dell'elettrone e del positrone 
e sommato sulle polarizzazioni dei fotoni, è 


1 = 
4 Di Î Mi (= (471)? Tr {0+0"""0_Quuv}, (39,11) 


polar 
dove 


Li 3 { 
P-=>3 (P-+tM), p+=5(p+—m). 


Le matrici Q*x differiscono dalle matrici Q%4 per l’inversione del- 
] ordine del fattori in ciascun termine della somma. Noi siamo interes- 
sati al caso limite di velocità piccole dell’elettrone e del positrone, 


28% 


436 CAPITOLO X 


e possiamo quindi porre p_ = p+ = (m, 0). Allora per le funzioni 
elettroniche di Green abbiamo 


__ P_k+4m __ —k+m(y09+1) 
G(p--k)= Tin ST im, ecc., 


mentre le matrici densità si riducono all'espressione 
m 
P3= 7 (x 1). 


Moltiplicando i valori nella (89,11) tra di loro compare un gran 
numero di termini. Tuttavia, il numero dei termini da calcolare può 
essere sensibilmente diminuito se si utilizzano appieno le proprietà 
di simmetria rispetto alla permutazione dei fotoni. Ad esempio, basta 
moltiplicare sei termini in Q** (89,10) per un solo termine (qualsia- 
si) in Qauv. Nelle sei tracce, che in tal modo restano, si possono 
sempre evidenziare alcune parti, che si trasformano l’una nell'altra 
per le diverse permutazioni dei fotoni. I prodotti dei 4-vettori p, 
ki, ko, ks che compaiono sviluppando le tracce, si esprimono attra- 
verso le frequenze @,, ©,, 603. Poiché p = (m, 0), allora pk, = 
= m®;, ... Invece i prodotti k,f,, .. . si determinano dall’equazio- 
ne di conservazione del 4-impulso: 2p = È, + X, + &g; così, riscri- 
verdo questa uguaglianza nella forma 2p — k3 = ki + &, ed ele- 
vandola al quadrato otteniamo 

Kiko = 2m (Mm — %g), ceo (89,12) 


Al termine di un calcolo abbastanza lungo si ottiene 


4 Si 1M x |2= (47)î e8-16 (2 V+(Ert + (Et E} 


Dog 
polar 


Sostituendo questa espressione nella (89,8), otteniamo la sezione 
d’urto differenziale di annichilazione a tre fotoni 


dim giro (AR) + (+) 


rt2m?v 10203 


d3k4y d3ksg d3 
x 8 (+ I2-+ to) 8 (+0, + —2m) SMEZZZS, (89,13) 


‘Qui dobbiamo ancora eliminare le funzioni è. La prima di esse 
viene eliminata con l’integrazione in d*%g; sostituiamo quindi tutti 
gli altri differenziali 

dk, d*ky + 4510? doye 21084 (c08 019) d0sy 


dove 0,, è l’angolo tra X; e 7e,; è sottinteso che è già stata effettuata 
l'integrazione rispetto alle direzioni di X, e all’azimut di X, rispetto 


a K,. Derivando l’uguaglianza 


= Vo +03+ 200 008 02, 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 487 


troviamo 


(O) 
dcos 0, = Mo 
Integrando in dws eliminiamo la seconda funzione è. Come risultato 
otteniamo la sezione d’urto per l’annichilazione con produzione di 
fotoni di energia fissata nella forma 

Si nt 1 8e6 me d3 Me Og m— @i } K 
din=z a { (E V+(e o Y+( audi) do, dos (89,14) 
(avendo presente la successiva integrazione rispetto alle frequenze, 
qui è stato introdotto il fattore 1/6, che tiene conto della identità 
dei fotoni; cfr. nota a pag. 300.). 

Ciascuna delle frequenze ©,, ©,, ©3 può assumere i valori tra 0 

e m (il valore m è assunto da due frequenze quando la terza è nulla). 
Per un dato @, la frequenza ®©, varia tra m — @; e m. Integrando la 
(89,14) in do, tra questi limiti, otteniamo la distribuzione spettrale 
dei fotoni di decadimento 


don= 37 P (0) doy, 


P (0) = Ge + 


2m—-@ se 4) — 
+4 


DE 2m (m— @4)? ] 1 m—_ 
Qm_-0y)3 | mo” 


La funzione f (©;) cresce mono- 
tonamente da zero per @, = 
fino a 1 per ©, = m; nella fig. 16 Fig. 16 
è riportato il grafico relativo. 

La sezione d’urto totale di annichilazione si ottiene integrando 
la (89,14) rispetto alle due frequenze: 


4 6 m m ( }2 

- __ de È ut+da—m 

ope 3 do do, dws. 

L’integrale che compare qui è uguale a (n? — 9)/3 e si arriva quindi 
alla formula già riportata (89,6). 


$ 90. Radiazione di frenamento di un elettrone diffuso 
su un nucleo. Caso non relativistico 


Il presente e alcuni dei paragrafi seguenti sono dedicati all’im- 
portante fenomeno della radiazione di frenamento: radiazione che 
accompagna l’urto di particelle. Noi inizieremo dall’urto non relati- 


438 CAPITOLO X 


vistico di un elettrone su un nucleo. Supporremo che il nucleo riman- 
ga fisso, cioè studieremo la radiazione associata alla diffusione di 
un elettrone nel campo coulombiano di un centro fisso (A. Sommer- 
feld, 1931). 

Prendiamo come punto di partenza la formula (45,5) per la pro- 
babilità di radiazione di dipolo 


du= E | e*à |? doy. (90,1) 


Nel caso considerato gli stati iniziale e finale dell’elettrone appartene 
gono allo spettro continuo, e la frequenza del fotone è 


= — (p?— P), (90,2) 
dove p= mv e p'=mv' sono gli impulsi iniziale e finale dell’elettro- 
ne. Se le funzioni d’onda iniziale e finale dell’elettrone sono norma- 
lizzate con « una particella nell’unità di volume V = 1», allora 
l’espressione (90,1), moltiplicata per d*p’'/(2n)* e divisa per la densi- 
tà del flusso incidente v/V = v, darà la sezione d'urto doxp’ di emis- 
sione del fotone X nell’angolo solido dox con diffusione dell’elettrone 
nell’intervallo di stati d°p’. Sostituendo all'elemento di matrice del 
momento di dipolo d = er l'elemento di matrice dell’impulso secon- 
do la relazione 


1 e 
du=— 35 n Pi 


scriviamo l’espressione per la sezione d'urto nella forma!) 
2 
sa le*Py |P dox dp, (90,3) 


dop’ = mi mp 


dove 
Pii = | pipw. dir = —i | wVw; d°z. 


Come funzioni y; e y; è necessario usare le funzioni d'onda esatte 
in un campo coulombiano attrattivo, scegliendo quelle che asintoti- 
camente contengono un'onda piana e un'onda sferica; in w; l’onda 
sferica deve essere convergente e in wp; divergente (vedi III, $ 136). 
Queste funzioni hanno la forma 


p; = A;einr F (iv, 1, i(pr—pr)), v= Zena : 
Z 2 (90,4) 
sn +4 i , , n) e°m 
pj= AyeiP7TF(—iv', 1, —i(pr+p'r)), v = D° 
con i coefficienti di normalizzazione 
A;=eRIT(1—-iv), Ap=eWRT(A1+iv'). (90,5) 


1) In questo paragrafo si usano le notazioni p=|p|,p'=|p"|. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 439 


Notando che 
3 è 3 r ’ 
VF (iv, 4,i(pr-pr)=i(pt-p)PM=-t(5), 
scriviamo il gradiente Vy; nella forma 
ua ipr P_ dF 
Vi= ppi — der E (L) 


Moltiplicando per yf e integrando, il primo termine si annulla in 
virtù dell’ortogonalità delle funzioni w; e p;. Perciò per l’elemento 
di matrice p;; abbiamo 
; OJ 
Pi = iA;A;p dp’ (90,6) 


dove J denota l’integrale 


e *97 1 ’ , 
JI=\___F(iw, A, i(pr+p'r)) F(iv, 1, i(pr— pr)) dx, (90,7) 
q=P— p. 
Abbiamo portato 0/0p fuori dal segno di integrale poiché è sottinteso 
che nella derivazione di J le quantità v, v’, g devono considerarsi 
come dei parametri indipendenti e soltanto dopo che si è eseguita 
la derivazione si deve esprimere v e gq attraverso p. 

L’integrale viene calcolato mediante la sostituzione di ciascuna 
delle funzioni ipergeometriche confluenti con le rispettive rappresen- 
tazioni in forma di integrali curvilinei. Noi riportiamo qui solo il 
risultato!): 

J=BF(iv', iv, 1, 2), 
B= 4ne-=(—g*— ap)" (g*—2ap')" (gf 1, 
__ 9 2° (pp'+pp’)—2 (ap) (ap') 
ua (g2—2ap')(a%+2ap) (90,0) 
Qui F (iv’, iv, 1, 2) è la funzione ipergeometrica completa. 

Dopo la derivazione nella (90,6) si può porre g = p' — pez 
assumerà la forma 
a°=(p—p)° (1-2) (90,9) 


(2 <0). Notiamo anche che 

—Qa—2ap=9°—29p'= p°—p?>0. 
In conclusione per l'elemento di matrice troviamo la seguente espres- 
sione definitiva: 


Brie NY p+p' \-iv+v) 
(p—P')3(p+p') | p_p' d 
x (1—2)}*tY9?7! [ivpgF (2) +(1—2) F'(2)(p'p—pp')]}, (90,10) 


1) Per i calcoli vedere A. Nordsieck, Phys. Rev. 93, 785 (1954). 


Pii = 4A; 


440 CAPITOLO X 


dove per brevità si è indicato 
F(2)= F(iv', iv, 1, z). (90,14) 


La sezione d’urto si ottiene sostituendo la (90,10) nella (90,3), 
ma la formula generale è molto complessa e difficilmente visualizza- 
bile. Perciò noi passeremo subito a calcolare la distribuzione spettra- 
le della radiazione, integreremo cioè la sezione d’urto rispetto alle 
direzioni del fotone e dell’elettrone finale. 

L'integrazione in dox e la sommatoria sulle polarizzazioni del fo- 
tone si riduce al calcolo della media sulle direzioni e e alla moltiplica- 
zione per 2-4, cioè alla sostituzione 


e;eì dox > Pi 8, 


A questo punto la sezione d’urto assume la forma 


4we > d3p' we p' 
dope = 25: |? Ta = in |P, do do. (90,12) 


Calcoliamo il quadrato | p;; |? usando le formule (90,9-11) e tenendo 
presente che 

ILV 

h sw 


T(1— iv) eg 
Otteniamo 


Î Pri |? sa 327 (Ze2)2 m3 
i P(p+p')2 (p—p')f (1—-e7?9V) (e29V 1) 


x {a epatiti ee_FP)}. (00,19) 


{—-z 1-z 


X 


Per l'integrazione della sezione d’urto (90,12) in doy; = 211 sen è d0 
passiamo dalla variabile ® (angolo di diffusione) alla variabile 
__ __ _ 2pp' da a (p—p')? 

z=_-TG_ pf (1-cosd), dor + =" dz. 


Per calcolare l’integrale in dz trasformiamo l’espressione tra paren- 
tesi graffa nella (90,13). Secondo l’equazione differenziale delle 
funzioni ipergeometriche (vedi III (e, 2)) abbiamo 


z(1-2)F+{[1-(1+iv+iv)z] EF +w'F=0, 
2(4-2)F*+[1-(1— iv— iv')z] P'*+vv'F*=0. 
Moltiplicando queste due equazioni rispettivamente per F* e per F 
e sommando otteniamo 


(1-2) | +2(P'F*+F"*F)-2a |F"P+ 


+OTIE (PF FF)4+-E2|F P]=0. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 441 


Da qui si vede che l’espressione tra parentesi graffa nella (90,13) 


n 


è uguale a 


fu )=-33: (F'F* + FF'*) (90,14) 


e si può integrare direttamente. 
Mettendo insieme le formule ottenute, troviamo l’espressione de- 
finitiva della sezione d’urto per la radiazione di frenamento nell’in- 


dr 1 frequenze do!) 


dor ° Zar ri Die; 
Ces (2703) (-FIFOF) 2, (90,15) 
dove 
sai di =, v=i2, p=VpP_2mho, 
F(E)= F(iv', iv 1, È), E= ia. 


La formula quantistica (90,15) deve coincidere con il risultato: 
della teoria classica (vedi II, $ 70) nel caso limite in cui vò 1 
e ho < p°/2m (la prima di queste disuguaglianze è la condizione di 
quasi-classicità del moto dell’elettrone nel campo coulombiano, e la 
seconda è la condizione di quasi-classicità dell'elemento di matrice 
di transizione). Per effettuare il passaggio al limite occorre ricavare 
le espressioni asintotiche delle funzioni ipergeometriche per grandi 
valori dell'argomento e dei parametri, cosa su cui noi non ci soffer- 
meremo. 

Esaminiamo il caso limite in cui ambedue le velocità v e v' 
sono talmente grandi chev& 1ev'< 1 (ovviamente, però, si ha sem- 
pre v&1e quindi Za« v<« 1; questo è possibile solo se' Z è picco- 
lo). In questo caso, per il calcolo della derivata #" (È) usiamo la for- 


mula 


4 F(a, B, v, 2= È F(0+1,B+1, y+1, 2), 


che si può facilmente ottenere mediante una semplice derivazione. 
della serie ipergecmetrica. Abbiamo 


F'(E) wiveivF(1, 1,2, = -ln(1—t) 


(l’ultima uguaglianza è evidente da un iù diretto delle corri- 
spondenti serie)- Per la funzione stessa / (È) abbiamo semplice- 


mente È 
F (È) ZF (0, 0, di 9) = 1. 


1) Scriviamo le formule (90,15-19) in unità ordinarie. 


442 CAPITOLO X 


Come risultato dalla (90,15) otteniamo 


__ 16 c? v+v do 
rar 
i 1, E 1. (90,16) 


Il fatto che v e v' sono ai piccole ci garantisce che la con- 
«dizione di applicabilità dell’approssimazione di Born nel caso dell’in- 
terazione coulombiana è soddisfatta. Perciò la formula (90,16) si 
‘ottiene più facilmente con un calcolo diretto a partire dalla teoria 
«delle perturbazioni (vedi problema 1). 

Esaminiamo ora il caso in cui l’elettrone veloce (v<« 1) perde 
nella radiazione una parte notevole della propria energia, e quindi, 
U' & v, e v' può anche non essere piccolo. Allora 


4p' i 
tati, F(&)& Fiv, 0,1, 8) =1, 
FE)=-_-w'F(1+iv,1,2,j)xe2—_w', 
‘e la sezione d'urto è 


Ro Dar Datrì (£)° 1 do 


OT i1—exp(—2nZe2/hv') @* 


Digi, Pu (90,17) 


hv hu 7 


Per v'«& 1 questa formula porta alla stessa espressione asintotica 


__ 32 79,3 Ci’ do 
della formula (90,16) per vw « »v. Perciò le formule (90,16-17) 
«coprono insieme (per v< 41) tutta la gamma dei valori di v°. 
Per ®© + ©y (dove 70, = mv?/2) la velocità v' +0 e v'+ co. 
{n questo limite la (90,17) dà 


do = I Zia (L'A (90,18) 


v muv2 


In tal modo, do,/do tende per ®-+ @, ad un limite finito. Questa 
‘circostanza può essere spiegata con considerazioni analoghe a quelle 
esposte nel III, $ 147. Da un punto di vista fisico essa è dovuta al 
fatto che la frequenza ® = ©, costituisce la « frontiera » solo per lo 
spettro continuo della radiazione di frenamento. L’elettrone può ir- 
radiare anche frequenze © > ©, passando in uno stato legato. Ma 
gli stati legati fortemente eccitati in un campo coulombiano diffe- 
riscono poco per le loro proprietà dagli stati liberi vicini alla loro 
frontiera. Perciò la frontiera che separa lo spettro continuo dallo spet- 
tro discreto non è, in sostanza, un punto fisicamente privilegiato. 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 443 


Tutte le formule scritte si riferiscono ad un campo coulombiano 
attrattivo. La sezione d’urto di radiazione in un campo repulsivo si 
ottiene dalla (90,15) mediante la sostituzione v + —v, v> —v”. 
In questo caso, in particolare, la formula nel limite dell’approssima- 
zione di Born non cambia affatto. Invece, nel limite v « 1, v+ 00, 
al posto della (90,18), otteniamo 


128; 3 Imc nZ hi dw 
tonni (TR 0019 


cioè la sezione d’urto differenziale tende per © + ©, a zero secondo 
una legge esponenziale. Questo risultato è anch'esso naturale: in un 
campo repulsivo gli stati legati mancano e la frequenza © = ©y 
è una frontiera reale dello spettro di radiazione. 


PROBLEMI 


4. Trovare nell’approssimazione di Born la sezione d’urto di radiazione di 
frenamento nella diffusione non relativistica di due particelle aventi valori 


differenti del rapporto e/m. 
Soluzione. Il momento di dipolo di due particelle di carica e, e, e massa 
m,, my nel sistema del loro baricentro è 


mym i : 
dove u= = n 3% = Ti —- To. Da qui troviamo 
1 2 
d=(L1-_2) pr=-(&-2) ye 
my Mo ma Ma pe 
L'elemento di matrice 
4 NIC) p?— p'? 
dpn= 7% (d) pp» (CÒ) 2u 


(p=pv, p'=pv' sono gli impulsi del moto relativo) viene calcolato rispetto 
alle onde piane!) 
) = eiPT y — giP'7 
P ’ Z 


mediante la formula 


Come risultato otteniamo 
__ eîei ( 4 eg \2v pu? sr d@ 
dopy= <> (22) ge (0 (e 9) TT p'%x- 


Dopo la sommatoria sulle polarizzazioni la distribuzione angolare della 
radiazione è data dal fattore sen? 6, dove 6 è l'angolo tra la direzione del fotone 
& e il vettore g, che giace nel piano di diffusione (45,42). 


1) La sostituzione di due particelle con una avente massa ridotta è legitti- 
ma, ovviamente, solo nel caso non relativistico, 


4hh CAPITOLO X 


Dopo l’integrazione sulle direzioni del fotone otteniamo 
16 e eg \2v' do sen 8 d6 
do TT — 2 (22) [or v rr mu-- 
og eiei mi Mo v @ ve+v2—2vv' così? 
dove è l’angolo di diffusione. Infine, l'integrazione in d0 dà 
6. e to \2 1 v+v do 
PRENDI TI fi: NI I SL LE n 
d00=F etet (Li 2) v2 ln vv 0° 
Perla radiazione nel campo di un centro coulembiano fisso questa formula coin- 
cide con la (90,16). 
2. Trovare in approssimazione di Born la sezione d’urto di radiazione di 
frenamento nella diffusione non relativistica di due elettroni 1). 
Soluzione. In questo caso la radiazione di dipolo manca e quindi occorre 
prendere in considerazione la radiazone di quadrupolo. Nella teoria classica la 
distribuzione spettrale dell’intensità totale della radiazione di quadrupolo 


è data dalla formula 
1 e 0eé 
lo=%30 I( Diano 1%, 


dove Dix = Ze (3x;zx — r°6;x) è il tenscre del momento di quadiupolo del 
sistema di cariche). Per due elettroni nel sistema del loro baricentro abbiamo 
e 
2 
Nel passaggio alla teoria quantistica occorre sostituire le trasformate di Fourier 
con gli elementi di matrice (cfr. quanto detto nel $ 45 sulla radiazione di dipolo), 
econ una opportuna normalizzazione delle funzioni d'onda (onde piane), dividendo 
per l'energia del fotone @, si ottiene la sezione d’urto di radiazione con diffu- 
sione degli elettroni nell'intervallo di stati dp’: 
1 0 0° di p' 
Dea 
do, 900 Î ( ih) pp | v(271)8 L) 

dove v = 2p/m è la velocità iniziale del moto relativo; la frequenza irradiata 
è ® = (p?° — p'?)/m. 

L'operatore D;y si calcola mediante una tripla commutazione dell'operatore 
Di, con l’hamiltoniano 


Din=-+ (3rith—r?20ih), r=ri—ro 


ed è uguale a 3) 
CIO 2De3 Zi Xi; r x 
Dig=— [6 (E Pr + PE L)+6 (E pit: i) 


m 
TiThZX1 LiXkI TI XI 
9 (a Pit pig )—81 (1 Pitp:55) |. 


1) La velocità di collisione vr soddisfa le condizioni a € e2/fiv < 1. Il caso 
classico (e2/fiv > 1) è stato esaminato nel problema al $ 74 del vol. II. 

2) Questa formula si ottiene dalla II (71,5) allo stesso modo come la II 
(67,11) si ottiene dalla II (67,8). 

3) Questa espressione è analoga alla formula classica che si sarebbe ottenuta 

e 463 Zi Th x; 1 
Dip= 7 [64% Pa +6 Ga Pi -3 S Vi= 3 6 pr |, 
derivando D;, tenendo conto dell’equazione classica del moto 
m è e elr 


—_—— V = 


2 r3 


INTERAZIONE DI ELETTRONI CON FOTONI 445 


Tenendo conto dell’identità delle due particelle (elettroni) gli elementi di 
matrice vengono calcolati rispetto alle funzioni d’onda 


1 A _ 1 ; 0” zag 
po V2 (e'Pr ere), Py = Vv? (PL en), 


dove i segni -- e — corrispondono a spin 0 e 1 degli elettroni (alla permutazione 


degli elettroni corrisponde la sostituzione r + —r). Der 
Calcoli piuttosto complessi !) portano alla seguente formula per la distri- 


puzione spettrale della radiazione: 
4 3x2 12(2—2)1-7(2— x)? x2—3s1 
= Te 2 ar e ©) 


1-ax 
X Arch i_ } Via dx, 
Va 7 
dove x = w/'e, e =p?/mèl'en2rzia iniziale del moto relativo degli elettroni; 
la sezione d'urto è mediata sui valori dello spin totale degli elettroni. La sezione 
d'urto di perdita di energia per radiazione è 
€ 
o | odon=8,1ar2, 
E 
0 


3. Trovare l'energia irraggiata nell’emissione da parte di un nucleo di un 
elettrone non 1elativistico nello stato s. 

Soluzione. La funzione d’onda dell’elettrone emesso dal nucleo è un’onda 
sferica divergente normalizzata secondo un flusso totale uguale all'unità: 


4 eipr 
im ————— 
Ù VV 4nw T 


(vedi III (33,14). Come funzione d'onda dello stato finale dell'elettrone (dopo 
l'emissione del fotone) prendiamo l'onda piana 


ip’r 
u;=e ì 


L'elemento di matrice di transizione è 


Î »* / . n d3 
Dii=(Pi5)* = (| bt py'a2= ) =_= \ e? rbipr ie 


finiogca o si calcola secondo la (57,6a)). L'energia irradiata si ottiene dall 
ormula (45,8) moltiplicando per d*p’/(2r)* e integrando sulle direzioni di p' 
(operazione che si'riduce alla moltiplicazione per 41). In conclusione, otteniamo 
la distribuzione spettrale dell'energia irradiata: 


Per © +0 la velocità finale dell'elettrone v + v e questa formula coincide, 
come doveva essere, con il limite non relativistico del risultato classico (vedi 


1) Per i calcoli vedi B. K. Fedju$in, ZETF 22, 140, (1952). 


446 CAPITOLO X 


problema al $ 69 del vol. II). L'energia totale irradiata (in unità ordinarie) è 
4 v\2 
E= Tn“ (2) di 


dove € = mv?/2 è l’energia iniziale dell’elettrone. 

4. Determinare l’energia irradiata nella riflessione di un elettrone non re- 
lativistico da parte di una « barriera di potenziale » infinitamente alta. 

Soluzione. Supponiamo che l’elettrone si muova normalmente alla barriera. 
Anche se il fotone può venire emesso in qualsiasi direzione, poiché nel caso non 
relativisti